sabato 20 luglio 2024

Desiderare o determinare?

 


Avere dei desideri significa prima di tutto incanalare le emozioni e le energie verso un obiettivo che si vuole raggiungere (redazione DiLei)


Sono stata parecchio assente in questo ultimo periodo, ma luglio è un mese davvero faticoso, spero sempre di riuscire a fare qualche giorno di ferie nel corso del mese, ma a parte un week end lungo all'inizio poi non sono più riuscita a muovermi, sembra che tutti aspettino questo mese rovente per riaprire i cassetti e riesumare pratiche rimaste ferme tutto l'inverno, così mi sono ritrovata a gestire delle scadenze cascate sulla mia testa tra capo e collo, poi il caldo torrido non ha aiutato. 

E poi con il caldo mi si bruciano le idee e non riesco a trovare argomenti per scrivere un post, talvolta mi viene un pensiero che poi si scioglie alle alte temperature di luglio. Nel frattempo continuavo a leggere i blog amici e così ho preso spunto da un post di Elena Ferro Chiedi e ti sarà dato in cui si parla della legge dell’attrazione e di come i desideri possano essere realizzati manifestandoli, esplicitare un desiderio e “chiedere” all’universo di ottenere una certa cosa “visualizzandola” con la fede di ottenerla porta alla realizzazione di quel desiderio. Ho semplificato molto ma il senso è quello, potete approfondire leggendo il post di Elena che ha parlato di un libro famoso (che io però non conoscevo) di Rhonda Byrne The secret. Sono andata a cercarlo su Amazon e vi riporto uno stralcio della quarta di copertina: 

Il Segreto racchiude la saggezza dei maestri del mondo moderno, uomini e donne che l'hanno usato per ottenere ricchezza, salute e felicità. Mettendo in pratica la conoscenza del Segreto essi portano alla luce storie avvincenti che raccontano di malattie sconfitte, ingenti guadagni, del superamento di ostacoli e del conseguimento di obiettivi da molti ritenuti irraggiungibili.

Serve un manuale motivazionale di auto aiuto per raggiungere degli obiettivi e realizzare i propri desideri? 

In un certo senso può servire, perché focalizzare quello che si vuole realizzare serve molto, ma - ovviamente - é importante focalizzare per “agire”. Non tutti si rendono conto che dietro un successo, un obiettivo, un traguardo importante c’è tanto impegno e fatica. Non esiste il risultato facile, il paniere con il regalo che scende dal cielo. 

Leggendo il post di Elena mi è tornato alla mente un periodo della mia vita in cui ho frequentato un gruppo dedito al buddismo. Era un momento in cui la mia vita era in una fase di grande cambiamento e di crisi, mi ero separata e mi sentivo abbastanza sconfortata.

Quello che avevo tentato di realizzare con il matrimonio, ossia una famiglia con dei figli e il sogno del Mulino Bianco, era miseramente fallito. Vivevo in una casa più piccola, da sola, e mi interrogavo sul senso della vita. Per fortuna avevo ancora il mio lavoro, anche se non avevo raggiunto gli obiettivi che mi sarei meritata. La mia carriera si era fermata a un passo dalla meta, il che era fonte di ulteriore insoddisfazione.

Una vecchia amica, riemersa dalle ombre del passato, mi parlò del buddhismo del Sutra del Loto e mi portò in un gruppo di Bologna. Ogni giovedì sera ci si ritrovava a casa di qualcuno per un meeting durante il quale si trattava un argomento; ognuno poteva esprimere le proprie idee, condividere problemi, pensieri o altro.

Il meeting terminava con la recitazione del mantra tutti insieme. Ero scettica sull’utilità di quegli incontri, ma poiché mi riconoscevo nei valori espressi, continuavo a partecipare. Inoltre, erano nate alcune amicizie, come quella con una ragazza che lavorava per una rivista del Resto del Carlino, una ex giornalista a Milano in crisi per il rientro a Bologna, un professore universitario, una ragazza calabrese trasferitasi a Bologna per lavorare alle poste, e altre persone di età ed esperienze diverse, ma tutte unite da questa pratica.

Frequentare questi gruppi era definito "pratica" e c'era anche la possibilità per chi lo desiderasse di fare volontariato presso il Kaikan, una delle sedi nazionali degli istituti buddisti italiani della Soka Gakkai, situata a Bologna. Io ci sono stata un paio di volte per accompagnare la mia amica giornalista, che aveva abbracciato la causa con totale convinzione e dedizione. Le sedi del Kaikan si trovano anche a Firenze, Milano e in altre città italiane.

Vi riporto il concetto principale di questa branca del buddismo dal sito

Il Buddhismo della Soka Gakkai si basa sugli insegnamenti del Budda Nichiren Daishonin (1222-1282) i cui valori chiave, racchiusi nell’insegnamento del Sutra del Loto di Shakyamuni, sono il rispetto per la dignità di ogni forma di vita e l’interconnessione fra tutte le forme di vita. La pratica religiosa consiste nella recitazione quotidiana di “Nam-myoho-renge-kyo” (la Legge Mistica) e nella lettura dei capitoli Hoben e Juryo del Sutra del Loto

Rispetto alle altre forme di buddismo il Buddhismo della Soka Gakkai è più recente e si tratta di un'associazione laica, mentre le scuole appartenenti all'UBI sono quelle della tradizione antica. 

Il buddismo è una delle religioni più antiche del mondo, nata in India intorno al VI secolo a.C. con gli insegnamenti di Siddhartha Gautama, conosciuto come il Buddha. Nel corso dei secoli, il buddismo ha dato origine a diverse scuole e tradizioni. Le principali forme di buddismo sono Theravada, Mahayana e Vajrayana. 

1. Theravada

  • Origine: È la forma più antica di buddismo e significa "La Dottrina degli Anziani".
  • Distribuzione geografica: Prevalente nel Sud-Est asiatico, tra cui Sri Lanka, Thailandia, Birmania (Myanmar), Laos e Cambogia.
  • Caratteristiche principali:
    • Scritture: Utilizza il Canone Pali, una raccolta di testi attribuiti al Buddha.
    • Filosofia: Si concentra sull'insegnamento originale del Buddha e sulla pratica della meditazione per raggiungere il Nirvana.
    • Monachesimo: Grande enfasi sulla vita monastica e sulla disciplina personale.

2. Mahayana

  • Origine: È emerso circa quattro secoli dopo il Theravada, come una nuova interpretazione e ampliamento degli insegnamenti del Buddha.
  • Distribuzione geografica: Prevalente in Cina, Corea, Giappone, Vietnam e Tibet.
  • Caratteristiche principali:
    • Scritture: Include una vasta gamma di testi, tra cui i Sutra Mahayana.
    • Filosofia: Enfatizza la compassione e il concetto di Bodhisattva, esseri che rinunciano al proprio Nirvana per aiutare gli altri a raggiungerlo.
    • Pratiche: Include una varietà di pratiche religiose, rituali e meditazioni.

3. Vajrayana

  • Origine: Si sviluppa dal Mahayana e significa "Veicolo del Diamante" o "Veicolo del Tuono".
  • Distribuzione geografica: Principalmente praticato in Tibet, ma anche in Bhutan, Mongolia e alcune regioni della Cina e del Giappone.
  • Caratteristiche principali:
    • Scritture: Utilizza sia testi Mahayana che propri testi tantrici.
    • Filosofia: Combina insegnamenti Mahayana con pratiche esoteriche e rituali tantrici.
    • Pratiche: Include pratiche avanzate di meditazione, visualizzazioni, mantra, mudra e mandala. È noto anche come buddismo tantrico o tibetano.
    • Lama: I maestri spirituali (lama) giocano un ruolo cruciale, con il Dalai Lama come figura di spicco.
Il Buddhismo della Soka Gakkai deriva dalla forma Mahayana, non so molto di più. Senza dilungarmi troppo sulla pratica, vi parlo di ciò che ho ottenuto da essa. Prima di tutto, recitare il mantra ogni mattina mi aiutava a gestire l'ansia, il che è stato particolarmente utile durante i cambiamenti che ho dovuto affrontare mio malgrado. Inoltre, mi ha aiutato a focalizzare i miei obiettivi quotidiani. Ogni volta che avevo bisogno di mettere a fuoco un obiettivo, la recitazione del mantra mi aiutava, specialmente quando dovevo prendere decisioni importanti e mi sentivo dilaniata dall'incertezza.
Tuttavia, con il passare del tempo, i meeting del giovedì hanno cominciato a soffocarmi. La stanchezza accumulata alla fine della giornata di lavoro contribuiva a rendere il tutto pesante, e inoltre alcuni membri del gruppo erano eccessivamente convinti che la recitazione del mantra fosse la soluzione a ogni problema. Se qualcosa andava storto, la colpa veniva sempre attribuita al fatto che "non avevi recitato abbastanza". Alla fine ho deciso di smettere di frequentare i meeting, riappropriandomi del mio tempo. Tuttavia, ho continuato a usare il mantra per i suoi effetti positivi. 

Non si tratta, però, di una formula magica, ma di un metodo che ho trovato per autosostenermi. Qualsiasi cosa vogliate realizzare richiede forza di volontà, determinazione, impegno e tempo da dedicare. Nulla viene regalato.

Insomma prima di salutarvi da questo unico post di luglio vi lascio con le mie domande.

Riuscite a essere determinati e a realizzare i vostri desideri? E come ve la cavate con il caldo? 


Fonti Immagini: pexels


sabato 29 giugno 2024

Palazzina LAF e l’Ilva

 

È indegno dell’uomo perdere la propria individualità e diventare una mera rotella nell’ingranaggio. (Mahatma Ghandi)

Qualche anno fa andai in vacanza nel Salento, eravamo di base a Otranto, ma nel viaggio di ritorno volevamo fermarci qualche giorno a Matera. Nel percorso stradale per arrivare a Matera si passa dalla strada statale che unisce Brindisi a Taranto per poi collegarsi alla strada statale ionica così, ci trovammo a passare vicino all’ex ILVA di Taranto, lungo quella strada che costeggiava la fabbrica c’era un cattivo odore insopportabile, eravamo in moto e non potemmo commentare, sinceramente io, trattenendo il respiro, non vedevo l’ora di superare quel tratto di strada. La fabbrica, sotto il sole di quel caldo pomeriggio di giugno, appariva come un’enorme massa scura maleodorante e sembrava non finisse mai. Documentandomi ho scoperto che il complesso industriale si estende per un intero quartiere, il quartiere Tamburi, e comprende un’area di circa 16 km quadrati, compresa tra la strada statale 7 Brindisi Taranto nota come via Appia e la superstrada Porto Grottaglie, la strada provinciale 49 e 47. 

Al primo distributore di benzina  ci fermammo e il mio compagno togliendosi il casco esclamò:

- Hai sentito che roba? un puzzo insopportabile. 

-Sì, risposi, pensa che noi ci siamo stati per circa 10 minuti, il tempo di passare vicino, ma pensa coloro che ci abitano e quelli che ci lavorano.

Mi sono spesso chiesta come sia possibile lavorare in un luogo che dà la netta sensazione di essere immersi in una nuvola di veleno. La risposta me la sono data guardando Palazzina LAF, un bellissimo film di denuncia sociale,  ma soprattutto disturbante, nel senso che provoca una reazione emotiva intensa, che spinge a riflettere su tematiche difficili o controverse. Ed è proprio questo che porta la visione di questo film. 

Riporto di seguito trama e informazioni ripresi da Wikipedia 

Taranto 1997. L'operaio Caterino Lamanna vive in una masseria caduta in disgrazia a causa della vicinanza al polo siderurgico e sta per sposarsi con Anna con cui condivide il sogno di andare a vivere in città. Quando i dirigenti aziendali decidono di fare di lui una spia per individuare gli operai di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi con lo scopo di denunciarli.

Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina LAF (acronimo di laminatoio a freddo) il reparto-lager dell'Ilva riservato agli operai "scomodi". Sarà lì che Caterino scoprirà che ciò che credeva un paradiso in realtà è un inferno.


Palazzina Laf è uscito nel 2023, diretto e interpretato da Michele Riondino, al suo debutto alla regia.

È tratto dal libro Fumo sulla città dello scrittore Alessandro Leogrande, scomparso prematuramente, che avrebbe dovuto partecipare anche alla realizzazione della sceneggiatura e a cui il film è dedicato.

Ai David di Donatello 2024, il film ha ricevuto cinque candidature, aggiudicandosi infine tre premi, rispettivamente, per il Miglior attore protagonista (a Michele Riondino), al Miglior attore non protagonista (a Elio Germano) e alla Migliore canzone originale (La mia terra, scritta e interpretata da Diodato).


È una denuncia di un eclatante caso di mobbing, qui venivano relegati operai scomodi, ma soprattutto personale qualificato, come ingegneri e impiegati, che veniva confinato nella palazzina LAF a passare otto ore senza lavorare, l’alternativa avrebbe potuto essere il demansionamento accettando di fare gli operai, ma questo senza nessuna preparazione (con pieno spregio della sicurezza sul lavoro). Vi riporto un estratto di un’intervista a Michele Riondino in cui questi concetti sono spiegati con estrema chiarezza.


C’è una scena che mi è rimasta impressa e che mi ha fatto profonda impressione, é una scena in cui Caterino osserva rassegnato una pecora della sua fattoria che, dopo aver perso il suo manto di lana, barcolla e cade morente. È una scena analoga osservata nel film Gomorra nell’episodio su la terra dei fuochi, dove i rifiuti tossici causavano grande moria di animali. 

E poi c’è la scena in cui (non dirò in che punto del film per non fare spoiler) ma c’è sempre il protagonista che tossisce e si capisce che la malattia ha colpito anche lui. 



Ho cercato di documentarmi sui danni provocati dall’ILVA, ha causato significativi danni ambientali, sanitari ed economici nel corso degli anni. Ecco un riepilogo dei principali impatti:

Danni ambientali

1. Inquinamento dell’aria: Emissioni di diossine, polveri sottili, benzene e altri inquinanti atmosferici hanno gravemente contaminato l’aria di Taranto e delle aree circostanti.

2. Inquinamento del suolo: I terreni nei dintorni dello stabilimento sono stati contaminati da metalli pesanti e altre sostanze tossiche, rendendo molte aree inadatte all’agricoltura.

3. Inquinamento delle acque: Gli scarichi industriali hanno inquinato le acque marine e sotterranee, con impatti devastanti sulla fauna acquatica e sull’ecosistema marino.

Danni sanitari

1. Malattie respiratorie: L’incidenza di malattie respiratorie, come l’asma e la bronchite cronica, è significativamente più alta tra i residenti di Taranto rispetto alla media nazionale.

2. Malattie oncologiche: Un aumento dei tassi di cancro, in particolare dei tumori polmonari, è stato rilevato tra la popolazione locale, attribuibile all’esposizione a inquinanti industriali.

3. Altri problemi di salute: Studi epidemiologici hanno evidenziato un incremento di altre patologie come malattie cardiovascolari e disturbi dello sviluppo nei bambini.

Danni economici

1. Costi sanitari: Le spese mediche e i costi legati al trattamento delle malattie causate dall’inquinamento hanno gravato sul sistema sanitario locale e nazionale.

2. Danni all’agricoltura e alla pesca: L’inquinamento ha compromesso attività agricole e ittiche, causando perdite economiche per gli agricoltori e i pescatori locali.

3. Deprezzamento immobiliare: La qualità dell’ambiente compromessa ha portato a un deprezzamento del valore degli immobili nella zona, penalizzando i residenti.

Interventi e risanamento

Nel corso degli anni, sono stati avviati diversi interventi per mitigare i danni e risanare l’area, inclusi piani di bonifica del suolo, miglioramento delle tecnologie di abbattimento delle emissioni e investimenti per la riqualificazione ambientale. Tuttavia, il processo è complesso e richiede ingenti risorse e tempo per vedere risultati tangibili.

Nel 2012 il referendum per la chiusura dell’Ilva di Taranto non ha raggiunto il quorum. Ora mi chiedo, quanto può essere ingiusto dover scegliere tra la salute e il lavoro, è mai possibile produrre senza inquinare? Si può, ma ovviamente costa, servono investimenti e lungimiranza. Quello che investiamo bene oggi ritornerà centuplicato in termini di crescita, salute e ambiente. 

Vi lascio con la splendida canzone di Diodato, la mia terra.




Fonti immagini: la prima foto è di Pexels

sabato 15 giugno 2024

Viaggiare leggeri


Il mio luogo di vacanza 

Recentemente sono tornata da una breve vacanza che mi ha ispirato a scrivere su un tema che ritengo fondamentale: viaggiare leggeri. Nella mia esperienza, ho imparato che portare con sé poche cose non solo alleggerisce lo zaino, ma anche lo spirito, un bagaglio leggero può trasformare completamente il modo in cui viviamo e apprezziamo i nostri viaggi.

Devo confessare, non è affatto semplice; ogni volta è un’impresa titanica decidere cosa portare e cosa lasciare a casa. Sempre c’è qualcosa che sembra indispensabile, solo per rendersi conto, una volta arrivati, che tutto sommato avremmo potuto farne a meno.

Del resto, viaggiando in moto, la leggerezza del bagaglio é un’esigenza oggettiva, io devo ridurre tutto ai minimi termini e ho imparato nel corso degli anni a ottimizzare il mio bagaglio. I viaggi in moto, di solito, li facciamo in estate e questo ci aiuta, anche se siamo stati anche in luoghi freddi, ma per ora tralasciamo questo punto. Parliamo della nostra ultima meta che era un luogo di mare.

Quello che serve al mare è davvero minimo, un costume (di solito ne porto due ma il secondo non l’ho mai usato, lo lavo la sera e al mattino è asciutto o quasi, così questa volta ne ho portato uno solo), una tenuta da mare, ossia un pantalone comodo e alcune magliette, io uso un pantalone di lino fantasia e delle magliette e canotte in cotone con i colori giusti da abbinare. Aggiungo un giacchino in cotone + una felpa nel caso in cui cambiasse il tempo e abbia bisogno di coprirmi di più. Quasi sempre la felpa resta nel bauletto della moto e il giacchino me lo lego in vita insieme al marsupio. Ai piedi scarpe da ginnastica. 



Pantolone in lino con elastico e canotte/magliette da mare


Per la spiaggia uso sempre un telo in microfibra che è leggero da trasportare e occupa poco spazio, un pareo che serve sempre, può diventare anche un foulard per coprire la gola in caso di vento e cambio repentino del tempo, come borsa mare uso una borsa di stoffa in cotone “gadget ricordo” di una vacanza di tanti anni fa. Tuttavia di borse di stoffa in commercio ce ne sono diverse che costano meno di 5 euro, sono ecologiche, lavabili e riutilizzabili. 

Telo mare, pareo e borsa di stoffa 


Borse in tela di cotone viste in un negozio di Bologna

Poi ci sono i vestiti da usare la sera o durante il giorno se non si va in spiaggia. Anche qui con il tempo ho ridotto sempre più le mie esigenze, porto un pantalone di lino e alcune magliette più carine (o pseudo “eleganti” in senso molto ma molto lato) con colori abbinabili tra loro, in realtà sono piuttosto monocromatica, anche perché per la sera abbino anche una felpa con giubbino di jeans “leggero” per non avere freddo (di sera anche in piena estate servono sempre) in pratica il bianco e l’azzurro sono predominanti, ma ognuno può scegliere i colori che preferisce. Infine aggiungo il pigiama e un paio di cambi di biancheria e la borsa è fatta.


Pantaloni di lino, maglia bianca e azzurra, felpa e giubbino 

Organiser di varie dimensioni 


Uso un paio di organiser in cui metto tutto, compresi un paio di sandali e le infradito che uso sia come ciabatte da camera sia per il mare, il resto lo porto addosso nel viaggio dove indosso un giubbino di jeans più pesante e un kway antipioggia e anti vento. Abbiamo dietro anche un completo “serio” anti acqua da moto - giacca e pantalone - che speriamo di non usare e di lasciare piegato sul fondo del baule. L’ultima volta é andata bene, ma non succede spesso, qualche acquazzone lo becchiamo sempre. Se piove poco il k-way è sufficiente.

K-way preso da un sito internet molto simile al mio

Da quando ho scoperto gli organiser riesco a ottimizzare il bagaglio. Metto quello che mi serve avere a portata di mano in quello più piccolo (pigiama, biancheria ma anche un cambio veloce) e il resto in quello più grande. Li ho comprati per caso, un paio di anni fa, in un negozio di Bologna che si chiama D-mail che vende un po’ di tutto comprese queste soluzioni per i viaggi, ma si trovano anche on line, soprattutto adesso che si sono diffusi. Sono comodi anche perché quando arrivi in albergo non è necessario disfare tutto il bagaglio, io appendo solo i pantaloni e quello che avevo già fuori. Sembra incredibile ma alla fine uso sempre meno di quello che porto, perché in vacanza la mente si libera totalmente e anche l’ossessione modaiola viene relegata in un angolo. Ovviamente in estate, con il sole e il caldo, è tutto più facile perché serve davvero poco per vestirsi. 

Oltre alla moto ci sono altri mezzi di trasporto che impongono di viaggiare leggeri, il treno per esempio impone dei bagagli piccoli e maneggevoli altrimenti non trovano posto nei nuovi treni moderni più veloci ed efficienti, ma senza più il vecchio “scompartimento”, ne ho parlato in un mio vecchio post  I miei viaggi in treno per non parlare poi dell’aereo dove portare un bagaglio in più é diventato un lusso pagato a peso d’oro (e non è un eufemismo). Ormai viaggiare leggeri é una necessità, del corpo e dello spirito. 

La veduta dal terrazzo del nostro bed and breakfast 


Magari vi state chiedendo, ma dove sono andata? Siamo tornati all’isola d’Elba e precisamente a Marciana Marina dove abbiamo goduto anche dell’anteprima di alcune riprese de I delitti del Barlume e incrociato diversi attori del set. Abbiamo trovato posto in una villa sopra la collina da cui si godeva una veduta meravigliosa e la mattina prendere il caffè in terrazza con quella visuale era davvero speciale.

E anche questa vacanza è terminata e questo viaggio “in leggerezza” é già diventato una nuova pagina dell’album dei miei ricordi preziosi da custodire. 

E voi, a prescindere dal mezzo di trasporto, riuscite a viaggiare leggeri?

sabato 25 maggio 2024

Che fine ha fatto la mia scrittura

 

Non indugiare sul passato, non sognare il futuro, concentra la mente sul momento presente. Buddha.





Da circa un anno ho smesso di scrivere, che poi a pensarci bene è anche più di un anno, ma fino a metà del 2023 sono stata impegnata con l’ultima uscita dell’episodio di Saverio Sorace e quindi ero concentrata su quello, poi il periodo di riposo dopo l’uscita, lo scorso 23 giugno 2023,  un po’ di sano dolce far niente, che poi vuol dire che mi concedevo dei week end liberi senza scrittura, ho pensato” lascio passare l’estate, e poi riprendo”.

Però l’estate 2023 è passata ed è cominciato l’autunno, e io non ho ripreso a scrivere. Di solito dopo il dolce far niente di agosto, tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre venivo solleticata da un pensiero per una nuova trama e cominciavo a scrivere un capitolo di un nuovo episodio di Saverio Sorace invece a settembre non è successo e poi arrivato il 7 ottobre, nuovo orrore, nuova guerra in media oriente e  non ho più scritto. L’autunno è per me un periodo di super lavoro di bilanci e chiusure di fine anno che poi proseguono con la riapertura dell’anno e altre scadenze, insomma perdere l’occasione di agosto vuol dire perdere l’inizio di un nuovo libro. Tra il lavoro sempre più fagocitante e il desiderio di vivere alla giornata perché ogni giorno potrebbero essere l’ultimo, scrivere è diventato l’ultimo dei miei pensieri. Ogni tanto ci penso ma poi passa. Il senso di precarietà in cui ci siamo ritrovati a vivere in questi ultimi anni, ne ho parlato nel mio post Chissà, chissà domani non ha sicuramente aiutato. La crisi era cominciata già da un po’ di tempo, visto l’impegno che questa mia passione richiedeva e la vita che mi assorbiva continuamente mi chiedevo spesso se ne valesse la pena, ma finché avevo l’urgenza di raccontare delle storie, tutto sommato, non me ne curavo, andavo avanti per la mia strada con determinazione. In fondo per me scrivere era un impegno ma anche un piacere, una piccola fonte di felicità. 

Questo piacere tuttavia è stato sempre più minato dalle problematiche di contorno, per esempio i messaggi senza senso sulla mia pagina social, i messaggi via messenger di gente varia e sconosciuta con consigli non richiesti che avevano lo scopo di vendere il loro prodotto, tanto che ho disattivato messenger sulla mia pagina. Ad oggi permangono gli attacchi spam alla mia pagina social, tipo “la tua pagina ha violato le normative di Facebook e sarà disattivata entro 24 ore, ma puoi opporti alle decisioni cliccando nel link sottostante”.

Questi messaggi me li ritrovo spesso nella posta indesiderata ma ogni tanto anche nella posta normale. Ho sempre evitato di cliccare il link che potrebbe portare dritto dritto a un virus con effetti deleteri, però tutte le volte mi assaliva il dubbio se avessi davvero violato qualche norma, anche se ormai è tanto tempo che non faccio promozioni e pubblico sempre meno post sulla pagina. Ho cambiato le impostazioni del mio account per renderlo più sicuro, ma i messaggi continuano e, non posso farci nulla, mi irritano profondamente.

Ecco cosa scrive Chat Gbt (eh già, quando non so a chi chiedere chiedo a lui)

I messaggi che ricevi su Facebook, che ti accusano di aver violato delle regole e ti invitano a cliccare un link, sono molto probabilmente tentativi di phishing. Il loro scopo è:

1. Rubare Informazioni Personali: Il link potrebbe portarti a una pagina fasulla che imita il sito di Facebook, dove ti viene chiesto di inserire le tue credenziali di accesso. Se lo fai, gli hacker avranno accesso al tuo account.

2. Installare Malware: Cliccando sul link potresti scaricare e installare involontariamente un malware o un virus sul tuo dispositivo, che potrebbe danneggiarlo o permettere ai malintenzionati di accedere alle tue informazioni personali e finanziarie.

3. Propagare il Phishing: Il tuo account potrebbe essere compromesso e usato per inviare ulteriori messaggi di phishing ai tuoi contatti, ampliando la rete di vittime.

Per proteggerti:

Non cliccare sui link sospetti.

Verifica la legittimità dei messaggi direttamente dal sito ufficiale di Facebook, accedendo al tuo account senza utilizzare il link del messaggio.

Attiva l’autenticazione a due fattori sul tuo account Facebook.

Mantieni aggiornato il software antivirus sul tuo dispositivo.


Quindi continuo a cancellare queste mail e queste notifiche sulla pagina, ma ogni tanto mi sento sotto assedio e mi verrebbe voglia di cancellare la mia pagina autrice, forse potrei semplicemente sospenderla per un po’. Certo non è per questo che non scrivo più da molto tempo, però la mancanza di stimoli a scrivere sicuramente viene incentivata anche da questi piccoli fastidi. Il motivo di fondo è tuttavia quello che ho esposto all’inizio del post: la mancanza di tempo e il senso di impotenza di fronte agli eventi più grandi di noi che hanno travolto il nostro presente.

All’ozio ci si abitua più che alla fatica. E la paura del futuro crea la brama di vita, per questo stento a mettermi davanti al pc a scrivere, anche se ho ancora voglia di raccontare storie. Il nostro tempo non ce lo restituisce nessuno una volta perduto, é una consapevolezza che si é radicata sempre più in questi mesi, ogni volta che dovevo scegliere tra scrivere o uscire. Così ho scelto altro e ho riallacciato dei rapporti di amicizia che avevo trascurato e ripreso delle attività all’aperto che non facevo più. Il tempo libero è sempre troppo poco ma proprio per questo non voglio sprecarlo. 

Qualche giorno fa è arrivata la mail di Amazon che mi ricordava: “Comincia il Premio Letterario Amazon Storyteller 2024!” e, con un po’ di sofferenza, ho pensato che è la prima volta che non ho nulla da pubblicare, non che abbia mai avuto speranze di vincere o, almeno, di piazzarmi in qualche modo, ma questa mail mi ha ricordato che una volta era un appuntamento a cui tenevo.

Inoltre, come accennavo sopra, non faccio più promozione dei miei libri, non solo perché non ho tempo, ma perché non ne ho più voglia. Una volta mi divertivo a creare delle immagini da postare sulla mia pagina e poi promuovere il post su Facebook con una spesa minima, ora tendo a non farlo, un po’ per evitare commenti insulsi o antipatici sulla mia pagina, un po’ perché non serve a molto per le vendite, un po’ perché me ne dimentico, visto che non sono più concentrata sulla scrittura.

Poi però il tarlo di scrivere torna ad assillarmi, mi viene in mente una storia o un pensiero e mi dico: ecco questa sarebbe una trama da sviluppare. In questi giorni sto rileggendo La luna e i falò di Cesare Pavese, un autore che ho adorato durante la mia adolescenza, nella prefazione viene raccontata la vicenda in cui Pavese scrisse il romanzo, l’ha scritto in meno di due mesi, circa un capitolo a settimana; leggendo ho pensato che potrei farlo anch’io per recuperare (pensate un po’ che delirio, paragonarmi a Cesare Pavese), ma in realtà nelle note finali al romanzo è scritto che il tempo di incubazione del romanzo è durato sedici anni, perché Pavese meditava la storia da lungo tempo. In tv una sera parlarono di George Simenon raccontando che scrisse l’ultimo romanzo di Maigret in meno di un mese e anche lì ho drizzato le orecchie. Insomma scrivere è ancora un pensiero importante nella mia testa e forse tornerò a farlo di nuovo. E quindi aspettiamo gli eventi, anche se, intendiamoci, il mondo va avanti benissimo senza che io scriva una nuova storia, ma c’è un personaggio che mi chiama ogni tanto e chiede vita; e prima o poi dovrò ascoltarlo

Fonte immagini: Immagine creata con App Imagine AI



venerdì 3 maggio 2024

Sono esaurita di Sophie Kinsella

 


Leggere attraverso la biblioteca digitale mi permette di leggere libri che probabilmente non comprerei, non tanto perché non mi piacciano, ma semplicemente per una questione di costi. Così quando mi sono registrata al sito della biblioteca digitale di sala borsa mi sono divertita a spulciare il catalogo con i libri più richiesti e sono stata subito attratta dal romanzo di Sophie Kinsella Sono esaurita, eh sì già il titolo era una promessa, libro molto richiesto tanto che sono stata in lista di attesa per oltre tre mesi. Quando finalmente è arrivato il prestito, l’ho letto molto velocemente, il romanzo mi è piaciuto soprattutto nella prima parte quando racconta dei problemi lavorativi e di come la protagonista si sente. 

Avevo già iniziato a scrivere questo post quando è arrivata la notizia della malattia della scrittrice, un colpo al cuore, mi dispiace molto e spero che ci sia una possibilità di guarigione anche se un glioblastoma al cervello non sembra lasciare scampo. Già la morte di Michela Murgia lo scorso anno mi ha addolorata e lasciata senza parole. 

Tornando al libro, leggendolo, mi sono resa conto che certe dinamiche delle attuali situazioni lavorative sono ormai diventate universali, la causa è quello che è diventato il mondo del lavoro, ma anche le nuove tecnologie che permettono una deriva pericolosa, ossia impadronirsi del tempo anche fuori dagli orari e dagli spazi del lavoro. Il mondo attuale gira a ritmi frenetici e tutti vivono nella costante sensazione di essere in debito con il tempo. Troppe mail, troppe notifiche sullo smartphone, troppe invasioni del proprio tempo libero che libero non è più. È necessario - ora più che mai - arginare queste invasioni di campo e mettere dei paletti. Il lavoro non deve succhiare via ogni energia vitale. Bisogna lavorare per vivere e non vivere per lavorare. 

Dalla rete vi riporto una definizione del burnout: uno stato di esaurimento fisico, emotivo e mentale causato da un’eccessiva e prolungata esposizione allo stress lavorativo o da situazioni di lavoro intense e disfunzionali. Si manifesta con sintomi come stanchezza cronica, irritabilità, disillusione, e una sensazione di inefficacia e impotenza. Il burnout può compromettere seriamente il benessere e le prestazioni sul lavoro, oltre alla salute mentale e fisica della persona coinvolta.

Nel romanzo Sono esaurita il tema è trattato con maestria e competenza, oltre che con la solita vena comica dello stile dell’autrice. Sasha ha un bellissimo lavoro, era il lavoro dei suoi sogni, la responsabile di un settore in una start up di grande successo

“Non sono le mail a mandarmi nel panico. Non sono neanche le mail che ti inseguono. Sono quelle che inseguono le mail che ti inseguono. Quelle con ‼️ due punti esclamativi rossi. Queste sono le mail che mi provocano una fitta al petto e il tremito all’occhio sinistro.” 

Io sono la responsabile del reparto offerte speciali, che copre quattordici territori. Ed è davvero un lavoro figo. Sulla carta. Zoose è una realtà giovane, sta crescendo velocemente, nel nostro ufficio open space c'è una parete di piante verdi e le tisane sono gratis. Quando ho cominciato mi sono sentita fortunata. Tutte le mattine mi svegliavo e pensavo "beata me". Ma a un certo punto quel pensiero si è trasformato in: "Oh, mio Dio, non posso farcela, quante mail ho, quante riunioni, cosa ho dimenticato, come me la caverò, che faccio adesso?"

Non so bene quando è successo. Ma mi sembra di essere in questa condizione da sempre. Una specie di tunnel, in cui l'unica scelta possibile è continuare ad andare avanti. Solo andare avanti.

I momenti drammatici e divertenti (con un sorriso però un po' amaro) sono quando la responsabile di Sasha le ricorda che non ha mai scritto nulla sulla "bacheca delle aspirazioni" una bacheca creata per il benessere del personale dove ognuno dovrebbe condividere "i momenti di gioia".

Dove lo trovo il tempo per riflettere? Come faccio a vivere momenti di gioia se sono perennemente in preda al panico? Come posso scrivere le mie aspirazioni quando la mia unica aspirazione è "stare al passo con la vita" e non ci riesco?

La verità è che Sasha svolge il lavoro di tre persone da quando due collaboratori si sono licenziati e non si parla assolutamente di rimpiazzi, una situazione generalizzata e che mi ricorda qualcosa...e la bacheca delle aspirazioni mi fa pensare ai questionari che ogni tanto manda la mia azienda sulla soddisfazione dei dipendenti, sulla conciliazione lavoro-vita privata degli orari di lavoro. Sono questionari dove puoi rispondere solo sì o no a domande pilotate e alla fine sembra che tutto sia idilliaco, ho smesso di compilarli da tempo. 

E così questo libro mi ha fatto arrabbiare ma anche sorridere, forse sperare che il lieto fine ci sia.

La mia recensione su Goodreads 

Il romanzo tocca un tema importante, il burnout e l’autrice lo tratta con la sua solita verve umoristica. La prima parte del romanzo è davvero efficace nel descrivere la situazione che si crea sul lavoro quando si chiede troppo. “…faccio il lavoro di tre persone e continuo a perdermi dei pezzi”; “Ogni sera, quando rientro, mi sento come se avessi fatto la maratona trascinandomi appresso un elefante”. Queste alcune delle frasi che rendono pienamente il senso della situazione. Così Sacha, ormai in piena crisi, non riesce a vedere una soluzione tranne quella di scappare dal lavoro e rifugiarsi in un luogo di mare, una vacanza fuori stagione per ritrovare se stessa. Dopo varie situazioni paradossali arrivano tanti lieti fine, l’amore e la rivincita sul lavoro e tante altre cose magnifiche, sarebbe bello credere che arrivino anche nella realtà, ma intanto accontentiamoci di sognare leggendo questo romanzo.

E visto che è appena passato il primo maggio, non posso non fare una breve considerazione sul lavoro in generale e su quello che ci dobbiamo augurare: stabilità, non precariato, salari dignitosi, non elemosine, sicurezza (di non morire o farsi male) sempre. 

Mi sembra che tutto questo non ci sia, anzi stiamo perdendo sempre più dei diritti e mi chiedo se stiamo facendo davvero tutto il possibile per evitare questa deriva sociale generalizzata. A me viene in mente un film visto tempo fa che, sempre in forma di commedia tragica, parlava del mondo del lavoro. Vi lascio il link