sabato 18 novembre 2023

Volere è potere?

 

Sii selettivo nelle tue battaglie. A volte è meglio avere pace che avere ragione.

Quante volte abbiamo sentito questa frase? Volere è potere. Con la volontà arrivi dappertutto. Pensa positivo. Insegui il tuo sogno con perseveranza. È vero, senza forza di volontà riesci a fare poco, ma non basta solo la forza di volontà. Io sono arrivata a questa conclusione da parecchio tempo, ma era un pensiero che esternavo poco. L’ho toccato con mano nel mio lavoro e nella mia vita personale. Nel lavoro ho lavorato tantissimo per realizzare un’organizzazione efficiente di alcuni servizi, magari me lo chiedevano i grandi capi per rifilarmi un incarico ciofeca che nessuno voleva, non mi sono mai tirata indietro, ma quando raggiungevo l’obiettivo per cui forse potevo raccogliere i frutti del mio lavoro (per esempio una promozione o semplicemente lavorare con più tranquillità) cambiava qualcosa, una legge nuova, nuove esigenze oppure la nuova governarce che riorganizzava gli uffici. É successo diverse volte che quello che avevo realizzato con sudore e sangue venisse smantellato in nome della ennesima riorganizzazione. Negli ultimi 15 anni la mia carriera è rimasta ferma, ma non voglio lamentarmi perché ho una buona posizione, ma mi si chiede sempre di più, ma non solo a me, a tutti i colleghi in generale, solo che io per il mio ruolo di responsabile sono quella su cui grava tutta l’organizzazione e la fatica. Per stare dietro a tutto ormai non faccio più la pausa pranzo, mangio un panino davanti al pc e, sotto scadenze particolari, lavoro nel week end. Insomma la volontà di “fare” non basta, ci sono altri scogli: gli altri, le decisioni che non dipendono da noi, la sfortuna, tipo trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, o semplicemente, la nostra stanchezza che, a un certo punto, ci fa mollare il colpo e dire “chi se ne frega, vada come vada”. Il lavoro è solo un esempio, anche nella vita privata, non é bastata la mia volontà per raggiungere certi obiettivi, certe volte ne ho raggiunti altri che non cercavo, ma quelli a cui tenevo di più sono rimasti incompiuti. Ma è la vita no? A volte bisogna accontentarsi e godere del buono che si ha, perché a ben guardare del buono c’è.

E quindi “Volere non sempre è potere”, soprattutto quando questa frase ci viene detta per costringerci a dare sempre il massimo, in questa società che ci vuole sempre connessi e al top. Ebbene, anche no. C’è stata una pandemia, c’è la guerra in Ucraina, c’è una nuova guerra in medio oriente e chissà tutto questo dove ci porterà, c’è la crisi climatica e la crisi economica, quindi forse è ora di accogliere la nostra fragilità accettandola in modo da vivere meglio.

Così mentre nella mia mente, da tempo, si faceva strada questa consapevolezza ho letto un articolo intitolato “Elogio del passo indietro” di Isabella Fava (DM n. 19 del 4/5/23). In questo articolo si invita a riscoprire la mitezza per affrontare meglio le tempeste della vita, quello che prima era considerato un atteggiamento negativo, non da vincente, diventa un punto di forza che ci consente di sfuggire alla fretta, alle decisioni improvvisate e alla smania di potere e di voler essere sempre i primi. Ci invita alla meditazione, alla ricerca di quello che avviene nella vita interiore nostra e degli altri, ad accogliere le nostre fragilità come espressione di sensibilità e di delicatezza. Un invito a cambiare il passo per essere quello che siamo. “Essere positivi a tutti i costi” non ci aiuta a vivere bene, anzi questa positività diventa una positività tossica. “Volere é potere” è una grande bugia, è la negazione della realtà, perché abbiamo dei limiti e accettarlo può consentire un’esistenza migliore, perché gli slogan che ci vogliono sempre al massimo, a dimostrare di essere i più bravi, in forma, belli pimpanti ed efficienti ci portano al manicomio, ci fanno vivere con una sensazione di inadeguatezza e di malessere. Alleluia, era ora che qualcuno se ne accorgesse, ci voleva la pandemia seguita da un paio di guerre per capirlo. 

Nell’articolo sono citati alcuni libri sull’argomento: Mitezza dello psichiatra Eugenio Borgna, la disciplina dell’imperfezione dello psicologo Giulio costa, Positività tossica - sottotitolo “come liberarsi dalla dittatura del pensiero positivo riconoscere le proprie emozioni e stare meglio” - di Whitney Goodman.

Quindi smettiamola di correre, di vivere senza fermarci mai e senza ascoltare la voce del cuore. La mitezza la gentilezza la tenerezza la timidezza e la delicatezza ci consentono di vivere una vita più serena non divorata dalla conflittualità e dall’aggressività ecco il senso del fare un passo indietro. (Eugenio Borgna). 

Comunque questo non è un invito a buttare la forza di volontà nel cestino della spazzatura, ma semplicemente ad accettare i propri limiti, a non incaponirsi nel raggiungimento di obiettivi irraggiungibili quando tutto questo ci fa soffrire e ci porta alla disperazione. Parlo per la mia esperienza, a volte mi sono imposta grandi sofferenze per obiettivi per cui non valeva la pena incaponirsi, ma io continuavo imperterrita a combattere contro i mulini a vento, quando ho acquisito la consapevolezza di questo e mi sono arresa, sono stata meglio e ho ricominciato a vivere. 

La volontà può fare molto, ma non è tutto e non tutto dipende da noi, a volte è meglio avere pace che avere ragione

Quest’ultima frase sulla pace e sulla ragione mi piace moltissimo, vale per ogni situazione, anche per questi tempi terribili funestati dalle guerre. Soprattutto, però, cerchiamo di capire quali sono i nostri sogni, sono davvero nostri o imposti dall’idea che gli altri hanno di noi? È bene farci anche questa domanda ogni tanto. Succede più spesso di quanto non si creda di voler corrispondere all’idea che qualcun altro ha di noi, può essere un familiare, il padre, la madre, un gruppo di amici o la società in cui viviamo, finché si raggiunge la consapevolezza di voler semplicemente essere se stessi e si capisce che quello che stiamo perseguendo è solo il sogno di qualcun altro. Invece, se il sogno è davvero nostro, combattiamo con tenacia per raggiungerlo ma se, nonostante tutti i nostri sforzi, non dovessimo realizzarlo, beh, forse è il caso di arrendersi e cominciare a vivere anche al di fuori di quel sogno. Che c’è tanta vita ancora da vivere. Potremmo anche accorgerci che quello che abbiamo vicino a noi é tutto quello di cui abbiamo bisogno e che ci rende non dico felici, ma almeno sereni (che poi la serenità può essere un dono prezioso da non sottovalutare). 

E voi cosa ne pensate? Volere è sempre potere o rivendicate il diritto di fallire felicemente e senza sensi di colpa? 

Fonti immagini: Pixabay 

mercoledì 1 novembre 2023

Leggere è un lusso

 

Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra - che già viviamo - e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi. Cesare Pavese.



Gli editori si lamentano del calo dei lettori, nessuno legge più eppure, probabilmente, c’è da farsi delle altre domande, perché forse il nocciolo della questione non è nella mancanza di lettori ma nel contorno. Esaminiamo un po’ le motivazioni che stanno alla base del lettore, di solito chi legge lo fa per diversi motivi, per evadere e avere un momento di svago in solitudine, per sognare una storia d’amore oppure farsi travolgere e intrigare da un giallo, chi legge per informarsi e imparare qualcosa di nuovo al di fuori dei canali ordinari come scuola o università, per il semplice gusto di imparare senza essere giudicati sulla propria preparazione. 

I libri soddisfano il nostro bisogno di immaginazione, ci portano altrove. 

Ho elencato le motivazioni principali che, a fasi alterne, ho avuto io negli anni di lettura pura e intendo con “lettura pura” quella che facevo quando non scrivevo. Questo perché quando scrivi cambia la prospettiva, leggi non più solo per i motivi esposti ma anche per “studiare” le modalità di scrittura, farsi un’idea consapevole di un autore di successo con l’illusione di poterne carpire i segreti, insomma cose così. 

Torniamo al libro e alle sue vicende. Il fatto che la lettura sia un lusso è un pensiero che mi ha sfiorato la mente più volte in questi ultimi mesi, poi c’è anche qualche blogger che fa delle riflessioni interessanti sulla natura del libro come in questo  Post  di Marco Freccero e così ti viene voglia di tornarci sopra. 

Quali sono i lussi della lettura

Tempo: per leggere serve tempo, questo elemento, diventato nel corso degli anni sempre più raro, è molto importante perché quando hai una giornata piena di impegni che sia di lavoro, familiari, e di altro arrivi a sera che l’unica energia che ti rimane è quella di crollare e, talvolta, se ti impegni e apri un libro prima di dormire, ti fermi alla prima pagina per piombare nel mondo di Morfeo. A questo si aggiunge il fatto che il limite tra tempo libero e tempo lavorativo si è sempre più andato restringendo per colpa di questo pazzo mondo che ti vuole sempre connesso, efficiente e pimpante, io non abbocco e fuori dagli orari resto sconnessa ma sembro io quella strana.

Serenità mentale: può capitare di avere tempo, ma non la serenità sufficiente per dedicarsi alla lettura. Mi è successo in alcuni periodi della vita, quando avevo dei “pensieri” più assillanti di altri che mi occupavano la mente, per questo non avevo la piena serenità per dedicarmi a leggere libri. Leggere in fondo è uno stato di grazia che non sempre c’è. 

Prezzo: io leggo prevalentemente eBook per motivi vari, non occupano spazio e mi trovo meglio come modalità di lettura perché ho tutti i libri che voglio leggere sempre con me e ciò mi agevola nella lettura anche prima di dormire, inoltre gli eBook costano meno o meglio dovrei dire “costavano meno” perché negli ultimi tempi gli eBook di autori più famosi arrivano a costare anche 12 o 13 euro per non parlare di alcuni autori come Ken Follet il cui eBook costa ben 16 euro. Io ho sempre comprato eBook fino a 10 euro oltre mi sembra esagerato, per principio se un eBook costa più di dieci euro non lo compro e magari aspetto le offerte, è con le offerte che ho letto molti romanzi di Donato Carrisi o di Ilaria Tuti. Purtroppo però alcune case editrici non fanno quasi mai delle promozioni, così ho quasi smesso di leggere autori che amavo come Maurizio De Giovanni ed Elena Ferrante. Tuttavia nella ricerca di prezzi più abbordabili ho scoperto autori meno famosi ma molto bravi, tanto che ho letto quasi di seguito tutti i loro romanzi; una di questi é Grazia Verasani (con prezzi degli ebook che non vanno mai oltre gli otto euro) di cui ho letto tutta la serie sull’ investigatrice Giorgia Cantini, pubblicata da Marsilio editore, da cui è stata tratta anche una serie tv. É un’autrice che scrive davvero bene e che mi piace molto, tanto che esauriti i libri della serie sto pensando di leggere anche gli altri suoi romanzi. 

Ci sono però delle soluzioni per chi vuole leggere risparmiando.

Prestito bibliotecario: ovviamente prendere i libri cartacei in prestito in biblioteca é un ottimo modo per leggere senza spendere soldi, per chi non ha le mie fisse con gli eBook va benissimo. Per anni ho letto moltissimi libri tramite la biblioteca comunale del mio paesello, ai tempi in cui il libro era solo di carta. Mi piaceva anche scoprire le annotazioni a matita di qualche lettore che li aveva letti prima di me, era come sbirciare nelle vite degli altri. Tra l’altro oggi le biblioteche si sono modernizzate e presentano una vasta scelta anche di libri molto recenti. 

Scaricare ebook gratuitamente: a volte me ne dimentico, ma spesso ci sono degli eBook interessanti da scaricare, bisogna però fare una piccola cernita tra quelli disponibili, ma se volete andare sul sicuro potete puntare sui classici, spesso sono gratis, su Apple per esempio ho trovato dei racconti di Dostoevsky, Canne al vento di Grazia Deledda letto anni fa che vorrei rileggere e tempo fa avevo scaricato e riletto La coscienza di Zeno di Italo Svevo. I classici in eBook - anche quando non sono gratis - possono comunque costare molto poco, talvolta meno di un euro. Infine per chi è abbonato ad Amazon prime, come me, c’è la possibilità di scaricare gratis diversi eBook, anche se in realtà si tratta di un prestito come quello delle biblioteche, c’è un numero di eBook oltre il quale non si può andare, per prendere nuovi eBook in prestito occorre restituirne qualcuno. Con Prime ho letto diversi romanzi e ho scoperto anche bravi autori che prima ho letto con questa formula gratuita e poi ho continuato a leggere comprandoli, sono autori meno noti con prezzi eBook moderati tra i 3 e i 6 euro.

In questi giorni mi piacerebbe rileggere Pavese, poi però mi accorgo che ci sono ancora tanti libri che vorrei leggere, per esempio qualcosa di Calvino oppure Baricco. Poi ci sono alcuni classici che mi dico: “devi assolutamente leggerli” ma poi c’è il tempo, il primo lusso che non ho, quindi pazienza lo farò se potrò, in fondo la lettura possiede in sé un altro fantastico lusso, é libera. 

E voi cosa ne pensate, come vivete la lettura?


Fonti immagini: la foto è mia, è una sala della bellissima Biblioteca universitaria di Bologna 

venerdì 20 ottobre 2023

Anna mia

 

Molte persone entreranno e usciranno dalla tua vita, ma soltanto le vere amiche lasceranno impronte nel tuo cuore. (Eleanor Roosevelt)


Anna, Anna mia, Anna come l’allegria, Anna come un fiume quando è in piena, Anna come questa cantilena, Anna come il pane a cena…

È strano come la musica riaccenda i ricordi, è bastata questa canzone passata alla radio per scatenare una catena di emozioni perché i versi della canzone di Mimmo Cavallo sono l’immagine perfetta della mia vecchia amica Anna, una ragazza che conobbi all’inizio del secondo anno di università e con la quale cominciò un’amicizia che pensavo indissolubile

Anna era davvero una forza della natura, sempre in attività con qualche progetto nuovo, sempre positiva e ben disposta verso gli altri, un’esplosione di energia travolgente, un fiume in piena, come dice il ritornello della canzone, spesso le cantavo proprio questi versi e lei ogni volta scoppiava a ridere e mi diceva stupita tutte le volte: ma sai che hai una bella voce, sei molto intonata! Potresti fare la cantante. 

La incontrai davanti alla facoltà di Economia e non ricordo se fui io oppure lei a chiedere un’informazione su un corso di studi comune, ricordo che parlammo per circa mezz’ora e in quella mezz’ora davanti alla facoltà passarono alcune amiche che la salutarono e lei mi presentò come una sua nuova amica. Questa cosa a me sembrava incredibile, ma come, ci eravamo appena conosciute ed eravamo già amiche? Pensai che fosse un po’ eccentrica, ma Anna era così, aveva già deciso di adottarmi, mi chiese il numero di telefono e poi mi chiamò per invitarmi a uscire con il suo gruppo di amici bolognesi. Cominciammo a frequentarci a lezione in facoltà, ma anche fuori facoltà, ci trovavamo per studiare insieme in biblioteca oppure a casa sua, solo noi due ma anche con altri compagni di corso e quando non riuscivano a vederci ci sentivamo almeno per telefono per un saluto. 

Ho frequentato la sua compagnia per tutto il periodo dell’Università e poi anche dopo perché in quel gruppo conobbi il ragazzo con cui fui fidanzata (lo so è un termine antico ma mi viene così) per tre intensi anni. E quando la nostra storia finì fu sempre Anna che mi portò fuori tutte le sere per farmi dimenticare il dolore della fine di un amore. 

Si trattava di un gruppo di amici eterogeneo nel senso che la maggior parte di loro lavorava mentre io, Anna e altre tre amiche frequentavano insieme la facoltà di economia. Uscivamo insieme almeno due volte a settimana, di solito il giovedì e il sabato sera. Ogni tanto una nostra amica che aveva la casa in campagna organizzava una domenica all’aperto con tutto il gruppo ed era sempre una grande festa. Anna aveva un ragazzo che chiamerò Emilio con un nome di fantasia ed era il suo grande amore, ma la loro storia era un’altalena di alti e bassi e non per colpa di Emilio che era innamoratissimo di lei. Anche Anna era innamorata follemente di Emilio, ma forse non corrispondeva al ragazzo ideale che i suoi genitori avevano pensato per lei, perché Emilio non era laureato e faceva un lavoro modesto. Che poi non ho mai capito se fossero i suoi genitori a pretendere per lei un certo tipo di ragazzo oppure se fosse Anna ad avere questa idea fissa nella sua testa, perché i suoi li ho conosciuti e non mi hanno dato l’impressione di essere così legati alla forma. Enrico cambiò lavoro più volte, più per accontentare Anna che per una sua reale esigenza e forse alla fine lei fu contenta, ma qualcosa tra loro si incrinò e la loro storia finì, e so che non fu solo per la questione lavorativa. Emilio era un gran bel ragazzo, ma soprattutto era una persona di sani principi e con il gusto semplice della vita. Anna invece, a dispetto della sua apparente solarità, era una persona complicata, piena di paure e contraddizioni, che amava Emilio e - probabilmente - lo amava incondizionatamente, ma lo ha capito solo quando lo ha perso per sempre. 

Anna era di Forlì, ma era una studentessa fuori sede di lusso, infatti aveva una bellissima casa a Bologna, comprata apposta da suo padre e finemente ristrutturata, in cui avrebbe potuto vivere tranquillamente senza problemi. Una casa vissuta bene nel periodo universitario, quando passavamo le ore a studiare per preparare un esame insieme oppure quando diventava il punto di ritrovo per gli amici della compagnia. Dopo Emilio ci furono un paio di storie finite presto, finché Anna si fidanzò con un ragazzo di Forlì che era agli antipodi di Emilio, di buona famiglia, figlio di professori universitari, molto serio e dal carattere chiuso, diventato lui stesso professore universitario, forse perfetto per le aspettative del padre di Anna. Lei asseriva di amarlo alla follia ma gli occhi non le brillavano come quando mi parlava di Emilio, e anche lui - per il poco tempo che l’ho conosciuto - non mi sembrava particolarmente preso, ma forse era solo una persona molto riservata. 

E oggi ripenso a lei, ai suoi occhi azzurri e quel suo sorriso aperto e pieno di vita, quel suo modo di accogliere sempre tutti, quella sua solarità e quel suo entusiasmo, ma soprattutto ricordo l’affetto che aveva per me e la nostra amicizia. Per circa sette anni siamo state quasi inseparabili poi tutto é cambiato, Anna è cambiata, forse avvenne dopo la fine della storia con Emilio, in modo all’inizio quasi impercettibile, ma piano piano si é allontanata da tutti. Dopo la laurea ha iniziato a lavorare presso una grande azienda di Bologna e, pur avendo una casa di proprietà a Bologna, preferiva fare la pendolare e tornare a casa dei suoi ogni sera dopo il lavoro. Mi spiegò che sua madre una volta era stata male e non se la sentiva di passare la notte lontana dai suoi. 

Per circa un anno ci sentimmo tutte le sere per telefono e mi raccontava la sua giornata lavorativa, i suoi pensieri, i suoi desideri e progetti, ogni tanto traspariva nei suoi discorsi, senza ammetterlo mai chiaramente, il suo rimpianto per Emilio. Tuttavia ogni volta che le proponevo di vederci di persona, fosse solo per un aperitivo veloce subito dopo il lavoro, declinava l’invito perché doveva correre a prendere il treno. “Potresti fermarti a Bologna almeno una sera ogni tanto, magari organizziamo l’uscita anche con le altre ragazze” le proponevo, ma niente, per Anna era diventato impossibile fermarsi a Bologna oltre il tempo del lavoro. 

Con il vecchio gruppo di amici, per qualche anno ci siamo un po’ persi di vista, ma oggi vedo ancora con regolarità le amiche di allora e spesso ci ritroviamo tutti insieme nella stessa casa di campagna per fare una grigliata all’aperto assieme al resto del gruppo con i rispettivi consorti, compagni, fidanzati e figli, in una specie di grande compagnia allargata. Ho rivisto anche Emilio, per lui il tempo non sembra essere passato, ha solo qualche capello grigio ed è sempre bello come allora, ha una moglie e due figli ormai grandi e mi sembra felice. Ogni tanto chiedo di Anna alla mia amica che lavora nella stessa azienda ma anche lei fa fatica a vederla, capita in una grande azienda di non incontrarsi mai.

L’ultima volta che ho incontrato Anna di persona è stato per un caso fortuito, era l’inizio della primavera di non so quale anno ed ero a Milano Marittima a fare una passeggiata con colui che una volta era mio marito, lei era assieme al fidanzato perfetto che non ha mai sposato, ci salutammo con un abbraccio affettuoso, parlando per dieci minuti del più e del meno e poi ci facemmo una vaga promessa di risentirci presto, pur sapendo di mentire.

E oggi ascoltando le parole di questa canzone ripenso a lei e mi dico che, se è vera la frase di Eleanor Roosevelt, anche se non ci vediamo più, Anna ha comunque lasciato un’impronta nel mio cuore, e anche nella mia vita, in tutte le persone che sono ancora intorno a me.








sabato 7 ottobre 2023

L’importanza della sintesi

 

La sintesi è usare più verità del necessario e meno parole del dovuto. (Fabrizio Caramagna)


In questi ultimi mesi ho rallentato molto le letture dei libri, é stato un processo inconsapevole ma inesorabile, un po’ per la mia cronica mancanza di tempo libero, ma anche per una motivazione ben precisa, guardo di più le serie su Prime e NOW. Visto che un giorno é sempre composto da 24 ore nel corso delle quali lavoro, mangio, faccio i lavori di casa, magari la spesa e ogni tanto dormo, alla fine della giornata dopo aver fatto tutto quello che il dovere mi chiama a fare resta quella mezz’ora prima di dormire che decido di utilizzare per liberarmi la mente e quindi scelgo di leggere oppure di guardare qualcosa sul tablet.

Se sto leggendo un libro che mi prende scelgo il libro, ma è capitato spesso di scegliere una serie e come la scelgo? In base alla durata - certo anche in base al tema - ma se mi piace l’argomento il mio fattore di scelta è il tempo, se l’episodio di una serie dura più di un’ora lascio perdere, scelgo quasi sempre quelle che durano tra i 45 e 55 minuti. Succede lo stesso per i video su YouTube, devono durare meno di venti minuti altrimenti lascio perdere, il tempo ideale sarebbe un quarto d’ora, ma dipende dagli argomenti, non tutti possono essere trattati in breve tempo. Insomma preferisco guardare delle “pillole” di qualsiasi argomento, perché so che posso arrivare fino alla fine, se un video è troppo lungo non lo inizio neanche.  Forse per altri non è così, forse è un problema solo mio, ma io preferisco la sintesi. So che non è facile riassumere certi argomenti in uno slot di tempo limitato, ma proprio qui sta la bravura di chi vuole catturare l’attenzione, puntare sui concetti essenziali ed evidenziarli subito nelle prime immagini

Confesso che ho sempre avuto difficoltà a esporre concetti sintetici, più l’argomento trattato è complesso, più è difficile sintetizzare, però si può fare, con il tempo ho imparato a scrivere mail di lavoro che vadano subito al punto e detesto quelli che scrivono fiumi di parole senza dire nulla oppure sfumando il concetto importante in una frase nel contesto del discorso che non fa capire nulla, così come quelli che in una comunicazione con un oggetto specifico inseriscono altri argomenti su cui si apre una discussione infinita che non c’entra nulla con l’oggetto della prima mail. Così ti ritrovi in una “conversazione” con oggetto “bilancio” in cui si parla di organizzazione del lavoro e delle questioni di lana caprina di qualche collega, tanto per fare un esempio. Ora non sarebbe grave se stessimo al bar a parlare del più e del meno, ma nelle mail o nelle riunioni lavorative questo comportamento fa solo perdere tempo e non risolve il problema, perché se parli di organizzazione del lavoro al responsabile del bilancio stai parlando all’interlocutore sbagliato che non potrà risolvere la questione che ti sta a cuore. Tanto vale prenderne atto e non far perdere tempo agli altri che più che darti una pacca sulla spalla non possono fare. 

Ma la prolissità impera e dilaga, esistono per esempio quelle persone che se tu chiedi “come va?” per mera gentilezza, ti raccontano la storia della loro vita e magari ti fanno la lista delle loro sfortune (asserendo che non c’è nessuno che soffre più di loro) oppure coloro che per raccontarti una cosa partono dalle origini con dovizia di particolari e magari te lo hanno già raccontato più volte “ti ho già detto di quella volta che?” “sì certo almeno venti volte” “ah bene, ma adesso ti spiego meglio”. 

Ora, non è che stia dando i numeri, è solo che in questo momento della mia vita non ho più troppa voglia di perdere tempo, soprattutto nel tempo libero ho bisogno di scegliere bene le cose a cui dedicare il tempo, quindi il criterio della “brevità” mi sembra appropriato. Anche per questo mi sto disaffezionando alla tv (che resta sempre un ottimo rimedio all’insonnia) soprattutto perché i programmi serali cominciano sempre troppo tardi, nel frattempo ti propinano cose che non hai voglia di vedere, oppure argomenti interessanti ma di cui faresti a meno in quel momento perché sai che quando arriverà finalmente la fiction che stavi aspettando crollerai nel mondo di Morfeo. Sempre più spesso decido di spegnere la tv alle 20,30 e guardarmi un film oppure la fiction che ho perso dormendo, direttamente sull’iPad; non posso più perdere tempo con intermezzi non desiderati. Insomma ho sposato la tesi di Jep Gambardella de La grande bellezza, di quel film questo è il punto che mi è rimasto impresso (anche se non ho ancora 65 anni)…


E voi cosa ne pensate? State seguendo qualche serie che duri meno di un’ora?

mercoledì 27 settembre 2023

Non è un paese per figli

 

I figli sono come gli aquiloni: insegnerai loro a volare ma non voleranno il tuo volo. Madre Teresa di Calcutta

Ogni volta che ascolto il telegiornale e parlano della crisi della natalità in Italia mi innervosisco e faccio questa considerazione “l’Italia non è un paese per figli”, parafrasando il famoso film dei fratelli Coen. Se vogliamo che nascano più bambini bisogna creare i presupposti perché ciò avvenga e precisamente delle politiche baby friendly. Vediamo cosa viene fatto negli altri paesi occidentali.

In Norvegia a mamme e papà hanno quasi un anno di congedo con ben 46 settimane retribuite da dividersi, in Svezia i mesi congedo obbligatorio sono due, in Finlandia madre e padre sono interscambiabili e possono usufruire di 160 giorni di cui 63 trasferibili all’uno all’altro secondo le necessità, ma questi sono i paesi del grande ed efficiente nord Europa. Scendiamo più in basso e vediamo gli altri, al primo posto c’è la Spagna che prevede 16 settimane di congedo per entrambi i genitori (sei obbligatori e dieci facoltative) seguono la Germania con 12 mesi di congedo parentale per la mamma a cui si aggiungono due del papà, invece la Francia arriva a 28 giorni di congedo di paternità. In fondo c’è l’Italia con 10 giorni obbligatori di congedo di paternità, conquista piuttosto recente, ci sono poi dieci mesi facoltativi fino ai 12 anni di vita del bambino da dividere tra i genitori. 

In realtà oltre ai numeri esposti servono delle infrastrutture (per esempio asili nido e scuole materne con orari flessibili, magari aziendali) che supportino i genitori, entrambi i genitori, perché non può ricadere tutto il peso sulle spalle delle donne, capita infatti che molti padri non usufruiscano del congedo di paternità facoltativo e questo in Italia avviene per un fatto soprattutto culturale, oppure accade per questioni economiche visto che il congedo viene pagato al 30 per cento. 

In una società dove i nonni vanno in pensione sempre più tardi e i giovani hanno lavori sempre più precari e sottopagati come è possibile che si abbia la possibilità di mettere al mondo dei figli? lo fanno solo quelle coppie che hanno un minimo le spalle coperte a livello familiare ed economico, e anche in questo caso sono dei coraggiosi. Inoltre oggi abbiamo un nuovo scoglio, in questa “nuova Italia” i figli possono nascere solo in “famiglie tradizionali” mentre le famiglie monogenitoriali non esistono, questi bambini sono stati cancellati dall’anagrafe, mentre in tutta l’Europa si fanno leggi che riconoscono i diritti di tutti in Italia si torna indietro. Però non esistere all’anagrafe significa non avere un’identità che è quella che consente l’accesso all’istruzione, alle cure mediche e ad altri diritti fondamentali. 

E poi parliamo dei bambini che purtroppo nascono con dei problemi, esistono anche loro, una mia amica ha lasciato il lavoro per poter seguire il figlio disabile, vivono con lo stipendio del marito e con il supporto anche economico della famiglia di origine. In un paese in cui si parla tanto di diritto alla vita, con oltre il sessanta per cento di medici obiettori, in cui ci si riempie la bocca con belle parole sulla sacralità della vita, se hai la disgrazia di avere un figlio con dei problemi sono solo fatti tuoi, lo stato non da nessun supporto, spesso questo arriva da associazioni di volontariato che si autofinanziano. Non in tutte le regioni è così ma il supporto è comunque carente anche quando c’è. In un mondo che corre sempre più a discapito di tutto, in cui si pretende l’efficienza a tutti i costi, gestire i figli può diventare un’impresa da supereroi, soprattutto per le donne che si sobbarcano il carico maggiore per diritto di nascita o di genere.

E poi c’è qualcosa di cui spesso ci si dimentica, i figli hanno bisogno di tempo, il tempo dei genitori che devono passarlo con loro a giocare, parlare, crescere insieme. Insomma devi essere presente. In un mondo sempre più fagocitante di tempo non è piccola cosa. Un bambino nei primi anni di vita assorbe tutto e sviluppa la sua personalità dandogli un’impronta quasi definitiva, i primi tre anni di vita sono fondamentali, anche se non sono da meno quelli successivi per una crescita equilibrata. 

Ho trovato in rete un articolo del 2018, guarda caso con lo stesso titolo del mio post, di Alessandro D’avenia che parla del tempo vi lascio il link dell’Articolo, è rivolto soprattutto agli adolescenti, spesso “troppo pieni di oggetti ma carenti di progetti”. 

Infine finora abbiamo parlato di un mondo ideale dove i genitori hanno un lavoro normale e pagato equamente, ma ci sono situazioni al limite della sopravvivenza che non permettono certamente una corretta gestione dei figli, ci sono dei settori come quello dell’agricoltura che impiega, secondo l’istat 233000 donne, dove impera il lavoro nero (circa 57.000 lavoratrici in nero sottopagate e sfruttate secondo una ricerca di Action Aid) a queste lavoratrici in nero il caporalato offre pacchetti all inclusive - lavoro, alloggi, trasporti e asilo, con asili nido irregolari dove le lavoratrici possono lasciare i bambini già alle tre di notte, perché alle quattro devono essere in campagna a lavorare, fino al loro rientro alle cinque del pomeriggio. Ovviamente in questi asili nidi in nero il personale é improvvisato e può non essere qualificato e quindi sicuro. Ma dove lo stato latita entra l’organizzazione criminale, il caporalato in questi casi. (Dati da un articolo di donna moderna n. 31 del 27/7/23 di Marta Bonini sulle schiave del mondo moderno). Siamo tutti maestri nel giudicare ma ci voltiamo dall’altra parte per non guardare in faccia certe realtà. Saliamo sul pulpito per condannare invece di provare a capire mettendoci nei panni degli altri. 

Ho scritto questo post un po’ di getto, un po’ meditato, ma vorrei concludere con alcune considerazioni del tutto personali, i bambini, a volte ce lo dimentichiamo, sono delle persone, già del tutto dotate di personalità fin dai primi anni di vita, lo so bene, un po’ perché mi ricordo come ero io, ma anche perché ho visto crescere alcuni bambini a me molto vicini, figli di amiche e amici, nipoti e ora i piccoli di mia nipote. Credo che sia importante ricordarsene, un bambino nasce già come essere pensante, è soltanto più indifeso, per questo va protetto sempre.

Sono davvero curiosa di conoscere il vostro pensiero in proposito. 


Fonti immagini: pexels