sabato 30 ottobre 2021

Strani giorni

 


«Matrix è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L'avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.» (Morpheus a Neo, dal film Matrix)

In questo periodo mi sto facendo molte domande e non sono capace di darmi una risposta efficace. Andiamo per ordine:

Nel 2020 una pandemia globale ci costringe a relegarci in casa e a restare isolati per sfuggire al virus, tralascio quello che è successo negli ospedali e nelle famiglie colpite che hanno perso i loro cari. Abbiamo un anno in cui siamo stati privati di molte semplici libertà perché c’era il rischio della diffusione del virus. Siamo passati, a fasi alterne, da zone gialle, arancioni e rosse, con l’angoscia continua dell’ impennata dei contagi, aspettando la salvezza del vaccino.

Il vaccino arriva, anzi arrivano, ce ne sono diversi, e fanno a gara tra loro per imporsi come il migliore. In Italia, tralasciando quello cinese e quello russo, si impongono tre vaccini, il pfizer, il moderna e l’astrazeneca. Dopo una serie di morti sospette per trombi in uomini e donne di giovane età il vaccino astrazeneca é stato bandito, almeno in Italia. Io stessa sono stata contenta di averlo scansato e di  aver fatto il pfizer, anche perché dopo la morte della mia amica di 52 anni (che aveva completato il vaccino astrazeneca due settimane prima, sarà un caso, non lo so) ero abbastanza timorosa. Restavo comunque una grande sostenitrice del vaccino, l’ho fatto con convinzione, in tempi non sospetti pre-green pass. 

Poi arriva il sei agosto, quando tutti pensano alle ferie e alle vacanze (a me questa abitudine del governo di far passare delle leggi a ferragosto mi fa venire il sangue alla testa) comunque in tv e sui giornali se ne parla, ma non tutti ci fanno caso davvero, con un decreto legge si impone il green pass per fare tutta una serie di attività: andare al ristorante al chiuso, al cinema e a teatro, e al lavoro, dal 13 settembre nelle scuole e università e dal 15 ottobre in ogni luogo di lavoro.

A inizio settembre anche i più distratti si accorgono di questa legge di ferragosto. Per quanto io sia una sostenitrice del vaccino, questa imposizione mi disturba profondamente, anche perché dicono che il vaccino non metta del tutto al riparo dal contagio, se sei vaccinato non finisci in terapia intensiva ma puoi prendere il covid e contagiare tutti, quindi mettiamoci sempre la mascherina, manteniamo la distanza di sicurezza e tutte le cautele, anche se sei vaccinato. Quindi perché l’imposizione del green pass a tutti i costi?

Imporre l’obbligo vaccinale potrebbe comportare il rischio di un risarcimento danni oppure si vuole lasciare la libertà di scegliere? 

Se lavori e devi farlo per mangiare e pagare le bollette (come me) non puoi esimerti dal vaccino, cosa fai tre tamponi alla settimana? mi sembra una schiavitù più del vaccino. Io sto andando al lavoro e ogni mattina mi controllano il green pass, mentre alcuni colleghi che non vogliono vaccinarsi (pochi in realtà nel mio settore, ma parecchi in tutta l’azienda) per ora stanno alternando smart working, ferie e tamponi, ma non possono andare avanti molto a lungo.

L’Italia sembra la nazione europea con le restrizioni maggiori in tema di green pass, forse l’unico paese, dopo la Francia, che lo impone per tutti i luoghi di lavoro. Mi sono chiesta il perché e, tralasciando le teorie complottiste (vogliono estinguere buona parte della popolazione perché siamo in troppi sulla terra e non c’è cibo per tutti, vogliono uccidere i pensionati così l’INPS ringrazia, vogliono metterci un microchip per il controllo della mente ecc) penso che uno dei principali motivi sia di tipo economico, imponiamo il green pass e riapriamo tutte le attività, senza concrete rivoluzioni strutturali che necessitano di grandi investimenti pubblici, come aule più grandi nelle scuole, un maggior numero di insegnanti, mezzi di trasporto più capienti (che non si capisce perché poi, il green pass serva solo sui treni interregionali e non sui locali e sugli autobus). 

Troppe contraddizioni e troppe domande senza risposta. Con il paese in rivolta e con disordini che sfociano anche nella violenza.

È molto angosciante vedere il popolo italiano diviso tra buoni e cattivi con una politica che muove ad arte queste divisioni. 

Mi chiedo: viviamo ancora in una democrazia? 

A questo aggiungo alcune mie considerazioni: 

la pandemia doveva insegnarci qualcosa e portarci verso un mondo migliore, doveva farci capire che era possibile vivere il lavoro diversamente con lo smart working, il minor traffico, minore inquinamento, vivere slow per vivere meglio, tutti. 

Neanche per idea! In questi giorni ho assistito al ritorno a tutte le vecchie cattive abitudini, un traffico pazzesco che appare addirittura aumentato rispetto a prima della pandemia (molti evitano i mezzi pubblici per paura di infettarsi); ho dovuto anticipare la sveglia di venti minuti rispetto a prima per poter arrivare in ufficio e trovare parcheggio nell’area dedicata, in azienda abbiamo un certo numero di posti auto per i dipendenti, ma parcheggia chi arriva prima, prima alle otto trovavo ancora parcheggio, ora se arrivo alle sette e quaranta ho già dei problemi, del resto non mi va di prendere l’autobus superaffollato.

E sempre per tornare alle vecchie cattive abitudini, ecco che é stato imposto di tornare tutti in presenza, finora lo svolgimento del lavoro è andato avanti lo stesso e, tolti i primi necessari assestamenti, con piena efficienza; sto parlando ovviamente di quello che conosco nel mio ambito, ci sono colleghi che hanno reso molto di più da remoto rispetto a quando erano in presenza. Per esempio una mia giovane collega, bravissima, con due bambini piccoli, era spesso a casa per malattie varie dei bambini (succede quando i bambini sono piccoli), lavorando da remoto il problema dei bambini non si è mai più posto, ovvio che si ammalassero ancora ma da casa riusciva a gestirli. È solo un esempio, ma serve per dare un’idea. 

Credo che l’organizzazione, con il temperamento delle esigenze dei dipendenti, tra lavoro in presenza e lavoro da remoto, possa essere un ottimo metodo per arrivare a un sistema efficiente, invece no torniamo tutti in presenza in uffici open space (che sono rimasti tali) costretti a lavorare con le mascherine tutto il tempo e con il rischio del contagio (anche se con il green pass). Ringrazio il cielo di avere l’ufficio per conto mio, penso che se dovessi lavorare otto ore con la mascherinafarei una fatica immane.

Finisco le considerazioni e torno ai miei dubbi di inizio post, chi lo sa che cosa è vero in un mondo di bugiardi, cantava Marco Masini in una sua nota canzone. 

E davvero oggi non so più a cosa credere, ogni tanto mi sento come nel film Matrix ve lo ricordate? Quel mondo virtuale, dove l'intera umanità vive in una "simulazione onirica" creata ad arte dalle macchine che hanno preso il controllo, forse perchè anche certi personaggi che ci governano, ogni tanto, mi sembrano degli automi senza anima nè cervello. 

Oppure, secondo la teoria de Il Gattopardo "Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente", come scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e quindi è tutto programmato?

Sono stata molto indecisa se pubblicare questo post oppure no, tuttavia alle soglie di Halloween questo strano mondo reale che si delinea mi sembra del tutto in tema. 

Voi cosa ne pensate?

 

Fonti immagini: Pixabay 

Fonti testi: Wikipedia (per il film Matrix) 






sabato 23 ottobre 2021

Racconti intorno al fuoco


 

Le storie che ascoltiamo da bambini sono quelle che ricordiamo per tutta la vita.
(Stephen King)

Se c’è un rimpianto che mi assale spesso è quello di non aver parlato abbastanza con mia madre, non ne ho avuto il tempo, ma penso che mi sarebbe piaciuto farmi raccontare da lei la sua vita con i miei occhi di scrittrice, che grande ricchezza sarebbe stata per me. 

Invece mi sono dovuta accontentare dei frammenti di memoria radicati in me, ripescando i suoi racconti lontani nel tempo.

Viviamo distrattamente e, purtroppo, ce ne accorgiamo solo quando è troppo tardi. 


Ripensando un po’ al mio post precedente del black out, mi sono ricordata dei racconti intorno al fuoco della mia infanzia, beh, più che intorno al fuoco erano intorno a un braciere.

Sembra preistoria, ma non tutte le case una volta avevano il riscaldamento. Fino ai miei sei anni abitavo in una casa senza termosifoni, in cucina avevamo però un bel caminetto in un angolo che scaldava abbastanza la stanza, poi c’era la cucina con i fornelli e poi al centro della cucina mia madre metteva un braciere di rame, lo riempiva di carbonella (prendendo la brace dal camino) poi ci appoggiava sopra una specie di tavolino di ferro con le grate, chiamato asciugapanni, su di esso veniva apposto un panno di lana o materiale analogo (non credo fosse ignifugo ma non siamo mai andati a fuoco), poi ci sedevamo intorno ad esso al calduccio e parlavamo del più e del meno. 

Ogni tanto con una una palettina di ferro, mia madre smoveva la carbonella per ravvivare il fuoco che riemergeva luminoso dalla cenere, inoltre aggiungeva una scorza di arancia o di mandarino per profumare l'aria della sala. Ancora oggi quell'odore riesce a riportarmi indietro nel tempo. 


Si finiva sempre per raccontare una storia, quel braciere, di fatto, era la nostra televisione.

La brace era anche un modo per cucinare, ricordo che mia madre metteva della patate o delle castagne sotto la brace e dopo un po’ erano cotte. 

Metteva le patate arrostite in un grande piatto, poi ce le sbucciavamo piano piano e le mangiavamo condite con un po’ di sale, erano buonissime. Era il 1970, un tempo remoto, semplice, dove imperava la povertà, eppure un’epoca di grande fiducia nel futuro in cui tutto sembrava possibile da realizzare.


Ho letto tempo fa in un articolo un concetto che mi ha colpito: la scomodità serve ai ricordi, quello che, nella vita, scorre senza intoppi non lo ricorderai, l’agio è nemico della memoria perché ricordiamo davvero solo ciò per cui abbiamo faticato. 

Questa considerazione mi è tornata in mente ricordando la mancanza di agi della mia infanzia, di tempi in cui certe comodità di oggi erano quasi fantascienza. In realtà non ce ne rendevamo conto, certi oggetti non erano di uso comune ai più (come per esempio la televisione, oppure l’automobile, ma chi ce l’aveva? Erano davvero in pochi a possederle) quindi non era una sofferenza.

A ripensarci oggi non rinuncerei alle mie serate passate intorno al braciere con mia madre, mio padre e le mie sorelle. Nei pomeriggi d’inverno intorno a quel braciere si univa anche mia nonna e qualche zia. Quei racconti hanno permeato la mia infanzia e la mia formazione, alcuni erano racconti dei tempi prima della guerra, la vita dei miei genitori quando erano ragazzi, poi c’erano i racconti del periodo della guerra, quelli a lieto fine, quelli della guerra finita e della rinascita, poi c’erano le storie di paese, d’amore e di amicizia, ogni racconto era ispirato dal momento e dalle nostre richieste di figlie. 

Quelli che preferivo erano i racconti di paura, quasi un preludio di hallowen, ma erano tutte storie vere, per esempio amavo farmi raccontare, da mio padre, la storia di un tale che era andato di notte nel cimitero del paese con degli amici tanto per fare una goliardata e, a un certo punto, mentre tutti gli altri erano usciti lui era rimasto indietro. Mentre correva veloce per raggiungere gli altri, il suo maglione rimase impigliato in un ramo d'albero, lui cominciò a urlare per divincolarsi, convinto che fosse l'anima di un morto che lo tratteneva.

La mattina dopo lo trovarono morto di infarto, con tutti i capelli diventati bianchi, ancora con il maglione impigliato nel ramo. La spiegazione logica era che fosse morto di infarto per la paura, qualcuno però azzardava l'ipotesi che avesse visto un fantasma sul serio...Mia madre, infine, per allentare la tensione concludeva sempre con la voce della sua saggezza: i morti non fanno del male, piuttosto bisogna aver paura dei vivi




Fonti immagini: la foto era in questo articolo Molfetta magazine

 

reperire l'immagine di un braciere dei tempi passati, così come lo ricordavo io, è stato piuttosto difficile, nessun sito free common l'aveva, spero di non violare nessun copyright, nel qual caso la rimuoverò

 

sabato 16 ottobre 2021

Il buio all’improvviso

Amo la luce perché mi mostra la via. Ma amo anche il buio perché mi mostra le stelle.
(Og Mandino)

 

Lo scorso lunedì 4 ottobre, poco prima delle 18.00, all’improvviso ci siamo ritrovati senza Facebook WhatsApp e Instagram perché i server di Facebook sono collassati. Io me ne sono accorta verso le 19,30 quando ho tentato di collegarmi a Facebook e ho visto che non ci riuscivo. Ho pensato a un problema con il mio gestore telefonico, anche se andava google, non mi sono preoccupata troppo. Poi dovevo mandare un messaggio whatsapp a una mia amica, perché dovevamo vederci per una pizza in settimana e lì mi sono accorta che non andava neanche whatsapp, a quel punto ho digitato una domanda su google e ho scoperto che c’era il collasso dei server di Zuckemberg!

Poco male, però ho pensato che non potevo controllare la mia pagina Facebook, proprio quella mattina avevo attivato una promozione per uno dei miei eBook in offerta e non avevo modo di vedere come stava andando... Per me una piccola cosa, ma moltissime aziende non hanno avuto accesso, perdendone completamente il controllo, ai loro account aziendali e relative campagne pubblicitarie.

Questo evento, quindi, mi ha fatto riflettere su come siamo legati a un sistema del tutto esterno che non possiamo controllare in alcun modo.

Il blackout dell’intero ecosistema Facebook ci porta necessariamente a qualche riflessione. Ma in fondo dei social si può fare a meno, almeno per un po’, vero?

Per mandare il messaggio alla mia amica ho usato il vecchio sistema degli SMS che, udite udite, funziona ancora, evviva! E, cosa fantastica, non permette i messaggi vocali, di cui la mia amica fa un vero abuso con grande irritazione della sottoscritta.


Possiamo vivere senza i social, ma non possiamo vivere senza energia elettrica: sicuramente non possiamo lavorare, ormai lavoriamo tutti con un computer e con la rete internet, senza energia elettrica sono davvero poche le cose che si possono fare, mangiare (se non devi cucinare con la piastra elettrica), dormire, rilassarsi e aspettare...

 

È di sabato 9 ottobre la notizia che in Libano c’è stato un blackout totale perché le centrali elettriche del paese sono rimaste senza carburante. Questo evento sembra il preludio di quello che potrebbe accadere anche in altre parti del mondo, restare al buio per mancanza di energia.

Stranamente, proprio quella settimana, stavo leggendo un libro, Il maestro delle ombre di Donato Carrisi, ambientato a Roma, che racconta di un blackout che getta la città nel caos, la storia è abbastanza angosciante, proprio perché non si tratta di eventi improbabili, pensate che sono andata a controllare se avevo in casa una torcia elettrica alternativa a quella del telefonino e anche qualche candela...

Per me che scrivo gialli (o ci provo) c'è tanta materia in questa ipotesi di disastri imminenti, ma al di là di questo, la paura del buio è una paura ancestrale remota e sempre attuale. Restare al buio, senza energia elettrica e senza rete internet è un’idea che fa paura perché dobbiamo rinunciare alle nostre abitudini e alle nostre certezze. 

Certo potrebbe essere anche un’occasione di pace, restiamo sconnessi per un po’ e ci godiamo il tempo sconnesso e il meraviglioso silenzio che ne deriva. E il buio? Beh, accendiamo qualche candela e proviamo a rilassarci. 

Ricordo una canzone di Guccini intitolata proprio “blackout” che inneggiava a questo evento come un fatto liberatorio, un vero momento di libertà dall’oppressione della nostra civiltà.

Insomma, forse è meglio pensare al blackout come Francesco Guccini, pensare che è una canzone scritta quando ancora non c’erano i social, chissà cosa avrebbe cantato oggi! 

Vi lascio con il link di YouTube, per ascoltarla, è una canzone molto allegra, con un pizzico di saggezza gucciniana.






E voi cosa ne pensate? Che tipo di blackout temete di più?



Fonti immagini: Pexel

 

venerdì 8 ottobre 2021

I due volti di Ottobre

Ottobre, il mese dei ricordi, il mese del caldo abbraccio della natura tra il verde dell’erba e il bruno degli alberi. (Stephen Littleword)

Ottobre è un mese piacevole in cui possiamo godere ancora di qualche giorno di sole e le giornate sono belle da vivere, e questo mi piace; purtroppo per me è anche un mese in cui si concentrano delle scadenze pesanti che mi causano ansia: prima di tutto la predisposizione del bilancio di esercizio per l’anno successivo, ciò comporta una serie di operazioni contabili con le relative quadrature che mi fanno scoppiare la testa. Non voglio tediarvi con i miei problemi lavorativi, ma questa incombenza avvolge la mia vita quotidiana in modo abbastanza soffocante. Peraltro ottobre é solo il primo mese di lavoro fitto, segue poi novembre in cui dobbiamo completare il lavoro di rifinitura e poi dicembre in cui sono da chiudere tutti le attività contrattuali. Alcuni anni fa ero riuscita ad avere un incarico diverso in azienda che non mi portava ad occuparmi di bilancio, purtroppo c’erano altre scadenze altrettanto pressanti con altre problematiche, ma nel complesso lo preferivo, poi nel 2017, per problematiche varie ed esigenze nuove sorte nel frattempo, sono tornata a occuparmi di bilanci. Si vede che é il mio destino, del resto avendo una laurea in economia non posso neanche dire che non sia un lavoro in linea con la mia formazione. 

Solo questa settimana ho partecipato (per fortuna on line) a due riunioni al giorno per organizzare le attività del bilancio, incastrando tutte le scadenze, che sono poi sequenziali e per questo ancora più ansiogene. Un giorno c’è stata una riunione fiume di cinque ore senza pausa, le cattive abitudini non sono cambiate neanche con la pandemia...

Nello stesso tempo mi è tornata la voglia di scrivere, forse perchè - per reazione - vorrei sgombrare la mente almeno per parte del week end e buttare giù qualche pagina. Ho voglia di scrivere ma ho la mente vuota, tanto che il 4 ottobre, per Bologna giorno festivo per la festa del Patrono San Petronio, mi ero messa lì a metà mattina e davanti alla pagina bianca mi sono chiesta “è arrivato il blocco dello scrittore anche per me?”

A dire il vero, alla fine, qualcosa ho scritto (poco) e si è perfino affacciata un’idea nella mente, quindi vedremo, conto su Saverio Sorace che scalpita per vivere ancora tra le mie pagine. Sono anche indecisa sul periodo in cui ambientare la storia, visto che siamo ancora immersi nei problemi della pandemia, vorrei staccarmene ma non so come fare, poi la newsletter di uno scrittore che seguo, Riccardo Bruni, mi ha illuminato, lui scrive che comunque un romanzo è “sempre testimonianza di un tempo” e quindi perché non dovrei testimoniare il mio tempo, visto che ho sempre tratto dalla realtà molti dei miei spunti letterari?  

Interrompere la scrittura per diversi mesi mi ha un po’ arrugginita e, in questi giorni, davanti al pc, ho avuto la riprova che l’ispirazione non sia qualcosa che cada dal cielo, ma che vada costruita e stimolata. Per me è così, quindi non mi resta che riprendere e rimettermi lì con pazienza e costanza per riannodare il filo delle mie trame. 

E poi c’era un progetto che era rimasto sospeso per tutta l’estate che, proprio a inizio ottobre, si è sbloccato, però non voglio parlarne per scaramanzia, vi dico solo che è un progetto molto impegnativo e non riguarda la scrittura e che, se tutto va bene, concretizzerò nel 2022. Che ansia.

E voi come vi sentite in questo mese che porta inevitabilmente l’entrata ufficiale nell’autunno?


 Fonti Immagini: Pixabay

 

venerdì 1 ottobre 2021

Vivere senza plastica

 

Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli.
(Proverbio del popolo Navajo)

Da qualche tempo mi preoccupo sempre più dell'impatto ambientale delle mie azioni, non che prima non ci pensassi, ho sempre fatto la raccolta differenziata, ho sempre cercato di avere un atteggiamento attento, però ero un po' distratta, facevo tutto senza pormi troppi problemi. Ero poco consapevole. 

Quando ero bambina ricordo che mia madre andava al mercato a fare la spesa con una borsa verde, aveva i manici di osso e la struttura in tela sottile leggermente metallica, una borsa indistruttibile, tanto che mia sorella ce l’ha ancora e ogni tanto la usa quando compra la verdura al mercato. Ci ho ripensato proprio in questi giorni mentre scrivevo questo post, una volta non si producevano così tanti imballaggi inquinanti perché si faceva una spesa quotidiana al mercato locale. 

Gli avvenimenti recenti, covid compreso, mi hanno portato maggiore consapevolezza e mi sono detta che dovevo fare di più, in fondo, le azioni dei singoli, per quanto piccole, possono fare tanto se si sommano a quelle degli altri. Così ho deciso di eliminare (o ridurre fortemente) la plastica nella mia vita quotidiana. Non è affatto facile, anzi è difficilissimo, siamo circondati dalla plastica in ogni momento della nostra vita!

Ho fatto un elenco delle cose che facciamo che ci portano a usare la plastica:

-il caffè, le bibite e l'acqua alla macchinetta 

-il cibo da asporto (alcuni usano la carta, ma i bar vicino al mio ufficio usano solo la plastica)

-quello che compriamo al supermercato (yogourt, mozzarelle e formaggi, detersivi per piatti e bucato e altri detergenti, shampo e bagnoschiuma, affettati in vaschetta, gelati, surgelati ecc ecc)

-l’acqua minerale in bottiglie di plastica 


 

L’elenco potrebbe continuare all’infinito, ma intanto vi ho dato già un’idea di quanta plastica ci sia nelle mie abitudini quotidiane. Cosa posso fare quindi, mi sono chiesta? Potrei evitare di prendere caffè e bibite alla macchinetta, per l’acqua lo faccio già, mi porto ogni giorno in ufficio la mia bottiglietta riempita d’acqua (é di plastica ma la uso ormai da un anno, avrei anche quella di alluminio, ma non mi piace il fatto che non sia trasparente...), il caffè però o lo prendo al bar in tazzina oppure rinuncio, in tal modo non uso il bicchierino e la paletta di plastica monouso, non sempre ci riesco però, a volte durante il lavoro sento l’esigenza di un caffè e non sempre posso andare al bar. Altra soluzione è quella di evitare il cibo da asporto oppure ripiegare su un panino che viene semplicemente incartato, finora ho fatto così, ma la cosa più semplice è portarsi il cibo cucinato da casa. 

Il rimedio più difficile riguarda la spesa al supermercato, riuscire a comprare alimenti senza plastica è quasi impossibile, mentre per detersivi, shampoo e bagnoschiuma ho scoperto che è possibile acquistare on line dei prodotti che non usano plastica, si tratta di detergenti ecologici che si sciolgono nell’acqua di rubinetto in un contenitore che puoi usare all’infinito, sia per le pulizie di casa sia per il bucato. Poi ci sono shampoo e bagnoschiuma solidi, sono come delle saponette da tenere in un apposito contenitore tra un utilizzo e l’altro, diventano comodissimi anche in viaggio, occupano poco spazio e non rischi di rovesciarli nella valigia...

Tra i miei buoni propositi c’è quello di acquistare detersivi, shampoo e bagnoschiuma senza plastica, al momento si comprano solo on line e questo per me costituisce un problema, perché io lavoro in presenza e quindi devo capire come fare per ricevere la merce, con Amazon al momento dell’ordine cerco di ricevere il pacco di sabato, ma con questo sito non c’è questa possibilità...quindi devo organizzarmi in qualche modo, ma lo farò. Non sarà molto ma costituisce un primo passo, poi cercherò di aggiungere altre buone abitudini senza plastica. Del resto il danno più grave all’ambiente è costituito proprio dalle plastiche monouso, usa e getta, quella plastica che si accumula nell’ambiente giorno dopo giorno...e che viene usata solo una volta, uno scempio...

E poi ci sono le bottiglie di acqua minerale, al momento è complicato, si potrebbe mettere un depuratore e bere l'acqua del rubinetto, ma per ora non riesco a farlo, resta l'alternativa di comprare l'acqua in bottiglie di vetro.

Nel commercio al dettaglio, comunque, ho già trovato qualcosa di più sostenibile, per esempio le saponette e le spugnette struccanti non usa e getta (ho riportato la foto sotto) la saponetta è ottima, di origine vegetale, con un profumo delicato e confezionata con il cartoncino, quindi senza plastica. La spugnetta vegetale per struccarsi fa evitare l’uso giornaliero di dischetti usa e getta, insomma lo scopo è quello di produrre meno rifiuti, ed è meglio per l’ambiente. 


Sto cercando di limitare nella mia spesa l’acquisto di prodotti con la plastica, è necessario eliminare tutto ciò che è preconfezionato con la plastica, ma non riesco ancora a rinunciare ad alcuni prodotti, per esempio gli yogurt...mica facile! Nel frattempo mi guardo intorno e quando scopro dei prodotti ecosostenibili prendo nota (per esempio i gelati e i surgelati in contenitori di carta sono una bella invenzione, perché non lo fanno tutte le aziende? Forse basterebbe una legge che incentivi l’ecosostenibilità degli imballaggi, se la tua produzione non danneggia l’ambiente paghi meno tasse, sarebbe semplice, invece c’è la tendenza a lasciare l’iniziativa alle singole imprese che fanno una scelta (per fortuna) ma con dei maggiori costi per il consumatore. Sono disposta a pagare di più un prodotto più sostenibile, ma forse non tutti possono farlo...
Il fatto è che “non esiste un pianeta B” e ce ne stiamo accorgendo sempre più, questa estate gli eventi climatici nefasti sono aumentati e sembra che finalmente chi comanda si stia ponendo il problema dell’ambiente.
 
Vi lascio con un piccolo elenco delle cose che possiamo acquistare senza plastica:

•    Spazzolino da denti in bambù (l’ho trovato alla Lindt)
•    Saponette vegetali confezione di cartone/cartoncino
•    Surgelati plastic-free con contenitori o buste in carta o 100% compostabili
•    Detersivi per piatti e lavatrice (è possibile comprare i detersivi alla spina oppure comprare on line i prodotti ecologici che permettono di non usare la plastica, ci sono diverse ditte)
•    shampoo e bagnoschiuma solidi sempre acquistabili on line come i detersivi

Non mi viene in mente altro, ma sicuramente ci sono altri prodotti che salvaguardano l’ambiente e sono senza plastica, voi li conoscete? Anche voi sentite l’urgenza di fare qualcosa di più per il futuro del pianeta?

Fonti immagini: Pexel (a parte l'ultima che è mia)