sabato 31 dicembre 2022

Le mie letture 2022

 

Se vogliamo conoscere il senso dell’esistenza, dobbiamo aprire un libro: là in fondo, nell’angolo più oscuro del capitolo, c’è una frase scritta apposta per noi. Pietro Citati

Quest’anno ho letto meno libri, un po’ perché ho avuto meno tempo causa lavoro invadente del mio tempo libero, un po’ perché avevo la mente invasa da pensieri ansiosi, un po’ perché non ho sempre incontrato dei libri che mi hanno catturato con piacevolezza. Sono riuscita a leggere un solo classico Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, un libro che volevo leggere da tempo e che ho apprezzato. 

La mia recensione su Goodreads 

“Un romanzo interessante da leggere e trovo assurdo che il suo autore abbia penato tanto per farselo pubblicare (pubblicato solo dopo la sua morte grazie al figlio adottivo e alle sue lettere testamento). La storia del principe Salina e della sua famiglia causa una certa malinconica nostalgia. Trovo che i frammenti finali dopo l’appendice del romanzo siano fondamentali per la storia e per certi aspetti psicologici dei personaggi. Un classico da leggere e amare.”

Con i classici, purtroppo, mi sono fermata qui, vedrò di recuperare nel 2023. Ci sono state anche alcune letture deludenti di autori famosi per esempio Figlia della cenere di Ilaria Tuti (di cui ho amato molto i libri precedenti, ma questo l’ho trovato un po’ noioso), La ferocia di Nicola Lagioia di cui riporto la recensione sempre su Goodreads dove si evincono i motivi del mancato apprezzamento 

“Un libro estremamente faticoso da leggere, per certi tratti quasi incomprensibile, ho cominciato a capire un pezzetto di trama a metà romanzo quando finalmente il personaggio di Michele viene sviscerato molto meglio degli altri e c’è qualche approfondimento psicologico. In fondo la storia é interessante e l’autore scrive bene quando lascia andare l’autocompiacimento di una scrittura ricercata e difficile per il lettore. Sono arrivata alla fine con sollievo e, purtroppo, anche con molti punti interrogativi rimasti irrisolti.”

Infine ultimo libro deludente è Il pipistrello di Jo Nesbö, il primo della serie sul poliziotto Harry Hole, letto perché ho visto alcuni film tratti dai suoi libri ed ero curiosa di leggere i romanzi delle serie, penso che mi fermerò al primo. 

Per il resto ho apprezzato molto gli altri libri letti, alcuni dei miei amici blogger che secondo me meriterebbero più risonanza di tanti altri autori blasonati, vorrei segnalare in particolare La strada che non scegli di Grazia Gironella, una emozionante storia vera, poi i miei preferiti Gianrico Carofiglio e suo fratello Francesco, Donato Carrisi, ormai una certezza del thriller, il libro di Fabio Genovesi che ha alleggerito le ansie della mia estate e che ho recensito nel mio post Cadrò sognando di volare

Non mi dilungo oltre e vi lascio con l’elenco delle mie letture del 2022 prima di augurarvi buon fine anno.


LETTURE 2022
Gennaio
1. Chiusa nel buio di Riccardo Bruni
2. Stella nera, la promessa di Marco Freccero
3. Una specie di felicità di Francesco Carofiglio 
4. Nessun dolore di Riccardo Bruni 
Febbraio 
5. Le gemelle di Auschwitz di Eva Mozes Kor 
6. Omicidi in pausa pranzo di Viola Veloce 
7. 3A investigazioni Indagine a Rocca Vertunno di Ariano Geta
Marzo
8. Sistema Periodico - Autobiografia elementare di un chimico di Marco Lazzara
9. Le nostre vite di Francesco Carofiglio 
10. L’autunno dei cinghiali assassini di Antonella Mecenero
Aprile
11. Dal passato, all’improvviso di Maria Teresa Steri 
12. Rancore di Gianrico Carofiglio 
Maggio
13. La ferocia di Nicola Lagioia 
14. Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa 
Giugno
15. Tabitha Hardy si difende da sola di Nicci French
16. Chi ha spostato il mio formaggio? di Spencer Johnson
17. Il diario nascosto di Federico Maria Rivalta 
18. Cadrò, sognando di volare di Fabio Genovesi 
Luglio
19. La casa senza ricordi di Donato Carrisi 
20. L’ultimo venerdì della signora Klieman di Giorgio Faletti
21. La strada che non scegli di Grazia Gironella 
22. Per cosa si uccide di Gianni Biondillo 
Agosto
23. Figlia della cenere di Ilaria Tuti 
24. A bocce ferme di Marco Malvaldi 
25. Non si butta via niente di Marco Malvaldi
Settembre 
26. Finché morte non ci separi di Chiara Assi  
27. La scrittrice senza tempo di Monica Brizzi 
Ottobre 
28. La morte ha l’oro in bocca di Nicola Rocca 
29. La collina dei delitti di Roberto Carboni 
30. Io sono l’abisso di Donato Carrisi 
Novembre 
31. Il segreto dell’antiquario di Roberto Carboni 
Dicembre 
32. Il pipistrello di Jo Nesbø
33. La casa delle luci di Donato Carrisi 
34. Misteri, crimini e storie insolite di Bologna di Barbara Baraldi
35. Senza ragione apparente di Grazia Verasani 


Fonti immagini: Pexels 

giovedì 8 dicembre 2022

E siamo a dicembre


E mi addormento come in un letargo, Dicembre, alle tue porte

Lungo i tuoi giorni con la mente spargo tristi semi di morte.

Uomini e cose lasciano per terra esili ombre pigre

Ma nei tuoi giorni dai profeti detti nasce Cristo la tigre.

(La canzone dei dodici mesi di Francesco Guccini)



Ogni anno quando arriva questo mese mi stupisco per la velocità con cui l’anno sembra essere passato, eppure non è così, i giorni sono sempre composti da 24 ore tra luce e buio, ansie ed entusiasmi.
Quest’anno mi è sembrato di scalare una montagna sempre più alta tra le difficoltà del lavoro, in quanto mi hanno regalato un doppio incarico a parità di stipendio, ed eventi dell’Italia e del mondo che ci hanno buttato spesso nello sconforto, perché diciamocelo, la nostra vita personale non può essere sconnessa dal resto del mondo, oggi più che mai. Quando è arrivato dicembre ero talmente immersa nel frullatore, che mi sono dimenticata per diversi giorni di girare la pagina del calendario gattesco che ho in casa, solo ieri mattina mi sono ricordata e ho voltato la pagina scoprendo un gatto grigio chiaro con gli occhi azzurri per fortuna molto poco natalizio che mi ha rinfrancato subito. 
Dicembre è un mese che mi mette ansia che comincia già dall’inizio di novembre quando le giornate si fanno improvvisamente troppo corte e i compiti si moltiplicano anche in vista del Natale in arrivo che appare subito dietro l’angolo. 
Nel giorno dell’ immacolata ho finalmente un po’ di tempo da dedicare al blog ma non mi ricordo più di cosa volevo parlare, dopo tanti giorni di attività intensa al lavoro mi ritrovo con il vuoto in testa, perché in effetti se vogliamo scrivere dobbiamo avere la mente libera e non é poi così semplice. 

Capita anche a voi di voler fare o scrivere qualcosa e poi trovarvi in testa il vuoto pneumatico?

Però adesso che ci penso, spremendo le meningi, mi sembra che volessi parlare di bilanci, non quelli contabili ma quelli dell’anno in corso, l’idea mi è venuta leggendo alcuni post di amici blogger per esempio il post di Luz La pifferava di Hammelin che racconta i momenti dell’anno più difficili e quelli più piacevoli che hanno portato la rinascita e la voglia di riprendersi in mano la vita.

Se dovessi fare un bilancio del 2022 tra le cose positive posso considerare come prima cosa l’uscita del mio romanzo Il male non perdona dopo un paio di anni di limbo, la pubblicazione di un romanzo, sia pure in self, é sempre per me un fatto positivo perché si chiude un cerchio; 
a seguire due vacanze all’isola d’Elba, una a giugno e una a settembre, in cui sono stata molto bene sia pure per il tempo di una settimana, per il resto non c’è molto altro, salvo il fatto di aver evitato gravi sciagure che, se ci pensate, con quello che è accaduto in alcune parti d’Italia non è un fatto trascurabile. 

È stato un anno in cui ho faticato a fare tutto, soprattutto trovare il tempo per scrivere, tra l’ansia della guerra che mi toglieva la prospettiva del futuro, il caldo anomalo che é scoppiato a metà maggio rubandoci la primavera ed è andato avanti fino all’autunno con depauperamento delle energie vitali.

Ciononostante, pur a rilento, sono andata avanti e ora vorrei finire la scrittura del mio romanzo, il sesto episodio de Le indagini di Saverio Sorace; sono quasi alla fine, ma poi la fine non arriva mai, nel senso che non riesco a scriverla, sono ferma da due mesi sull’ultimo capitolo, e stavolta non si tratta di crisi della pagina bianca, no assolutamente, si tratta di crisi per mancanza di tempo, devo mettermi davanti al pc e scrivere l’ultimo atto. Purtroppo negli ultimi week end utili ho scritto non romanzi ma documenti urgenti per il lavoro e così é ancora lì, del resto ho anche avuto la pretesa di riposarmi ogni tanto per evitare di scoppiare, quindi l’ultimo capitolo è fermo. Spero di farcela per la fine dell’anno, chissà.

Anche il blog ha sofferto un po’ perché spesso non solo arrivavo alla fine della settimana senza aver impostato neanche una bozza di post, ma ero così stanca che mi ritrovavo perfino a non avere delle idee da sviluppare per un articolo sensato. Quando la mente è troppo piena, fatichi a trovare ispirazione per scrivere un post.

Ho fatto molta fatica perfino con le letture. Quest’anno a fine novembre ho letto solo 31 libri di cui alcuni corti perché racconti, nel 2021 a fine novembre ero arrivata a 43 libri, e il lavoro conta perché lo scorso anno avevo un solo incarico e il mio tempo libero era davvero libero, infatti scrivevo e leggevo di più. 
La colpa però credo sia anche di alcuni romanzi che ho trovato un po’ pesanti, non mi hanno preso granché, per esempio l’ultimo romanzo letto è Il pipistrello di Jo Nesbø il primo della serie di Harry Hole, credo che resterà per me anche l’ultimo, l’avevo comprato perché era in offerta a poco più di 5 euro, così mi sono lasciata tentare, ma ho fatto davvero fatica ad arrivare alla fine, la storia non cattura, si dilunga su una serie di trame di contorno inutili che hanno lo scopo di raccontare la storia dell’Australia, ma sono troppo dispersive e distolgono dalla storia principale sottraendo tensione. Insomma se devo pagare un prezzo alto un eBook di Jo Nesbø (perché é un autore famoso) preferisco spenderne meno per qualche altro autore che apprezzo di più.
Comunque per il mio compleanno mi sono regalata l’ultimo romanzo di Donato Carrisi, un autore che sto apprezzando molto, si intitola La casa delle luci, dopo due giorni di lettura sono già a metà, forse dipende davvero dagli autori.

Per finire faccio una comunicazione di servizio, da un po’ di tempo non riesco a commentare con il mio account google su alcuni blog amici, mi ritrovo così a registrami tutte le volte con il mio URL dove inserisco nome e link del mio blog.
Questo succede con l’iPad mentre con il computer succede solo con alcuni browser ma io di solito leggo i blog altrui con l’iPad mentre sono in relax sul divano oppure a colazione nella mia routine mattutina.
Tuttavia la cosa più strana è quello che succede con il mio blog, l’impostazione ha il commento incorporato ma non riesco più a commentare con il mio account Google, quindi mi tocca cambiare l’impostazione dei commenti con la finestra “popup” per poter rispondere ai vostri commenti, insomma se vedete le risposte ai commenti con “formati” diversi sapete perché...

E voi come vivete il mese di dicembre? 






venerdì 25 novembre 2022

Viaggiare nel tempo

Abbiamo tutti le nostre macchine del tempo. Alcune ci riportano indietro, e si chiamano ricordi. Alcune ci portano avanti, e si chiamano sogni. Jeremy Irons in The time machine, 2002

Cosa fareste se potreste viaggiare nel tempo? Almeno una volta vi siete fatti questa domanda nella vita, vero? Io più di una volta, anche se molto egoisticamente vorrei tornare indietro a un momento preciso della mia vita e fare una scelta diversa, ma se poi le cose non andassero come me lo aspetto? Ok, é un quesito senza risposta, anche perché non si può viaggiare nel tempo, né tornare indietro nella propria vita.

C’è chi ha scritto romanzi e serie sull’argomento, per esempio c’è un romanzo di Stephen King intitolato 22.11.1963 da cui hanno tratto una serie tv ed è proprio per questo che scrivo questo post, ho visto la serie su prime, in pratica l’ho divorata (ma quanto erano belli gli anni sessanta nei film con tutte quelle automobili colorate e l’atmosfera da villaggio da favola, almeno in apparenza), il protagonista Jake, interpretato da James Franco, attraversando un armadio, luogo che lui chiama la tana del Bianconiglio, si ritrova nel 1960 e decide di cambiare la storia cercando di impedire l’assassino di Kennedy. Impresa eroica ed encomiabile ma tutt’altro che facile perché il passato non vuole essere cambiato.



Mentre vedevo la serie non potevo fare a meno di pensare a cosa farei io se potessi tornare indietro e cambiare la storia, premesso che non avrei il coraggio di fare alcunché, ma in che epoca dovrei tornare? Forse tornare indietro e uccidere Hitler o Mussolini? Ma poi in quale epoca avrebbe senso tornare per cambiare la storia? E poi quale storia, la nostra più recente o qualcosa di specifico? Non ha molto senso, magari oggi potrebbe averlo tornare all’inizio del 2000 e cambiare alcune questioni che stanno impattando sul nostro presente, che so impedire l’11 settembre oppure la guerra in Donbass, anche se con tutte le dinamiche in campo non so se sarebbe possibile. 

Oppure si potrebbe tornare indietro al tempo in cui i nostri “soggetti cattivi” erano bambini (anche Hitler e Putin sono stati bambini, anche se sembra strano ora immaginarli), ma forse sarebbe meglio non farli nascere affatto colpendo la madre, vi ricordate Sara Connor nella saga di Terminator? Le macchine mandano un robot umanoide per uccidere la madre dell’eroe della resistenza. Va bene, sono elucubrazioni mentali senza senso, tranne forse per scrivere una storia di fantasia, almeno in quello non abbiamo limiti. Il finale della serie 22.11.63 è piuttosto sconfortante, ma si sa, King non è per il lieto fine, oppure lo é a suo modo. Non dico di più per non fare spoiler a chi eventualmente lo voglia guardare.

Altra serie sui viaggi nel tempo è Life on Mars, una serie che guardavo con molto interesse alcuni anni fa, quando lo davano su Rai 4, il titolo è stato ispirato dalla nota canzone di David Bowie che poi è anche la sigla del telefilm. È una storia particolare, il protagonista, Sam Tyler, dopo un incidente, accaduto nel 2008, si ritrova catapultato nel 1973 nel ruolo di un poliziotto, in ogni telefilm c’è un caso da risolvere e Sam Tyler lo fa brillantemente (anche un po’ con l’ausilio delle sue conoscenze futuristiche ma facendo attenzione a non farle trapelare, chi crederebbe che lui proviene dal futuro?) intanto cerca di capire come tornare alla sua epoca, anche se lentamente si affeziona ai suoi colleghi e nuovi amici del 1973 e comincia a provare il desiderio di restare per sempre... La serie originale é britannica ed è quella che ho visto ma é stata fatta anche una serie statunitense che non mi dispiacerebbe recuperare. Intanto vi riporto sotto il link




Poi c’è un film che parla dei viaggi nel tempo, anche se solo trasversalmente, il titolo é Donnie Darko un film girato nel 2001 la cui uscita, prevista per il 2002, fu rimandata per una scena del film in cui il motore di un aereo cadeva su una casa (l’11 settembre era troppo recente per fare uscire il film) poi uscì dopo qualche tempo negli Stati Uniti solo in streaming ma in Italia arrivò solo nel 2004. Dopo l’inizio sfortunato questo film è diventato un cult. Io ne ho sentito parlare e l’ho visto un paio di volte in tv perdendomi sempre l’inizio (se lo scoprivo troppo tardi) oppure la fine (se crollavo dal sonno sul divano, non per il film ma per stanchezza da lavoro). Finalmente l’ho visto interamente una volta su RaiPlay e l’ho rivisto anchd su  Amazon Prime. È un film che mi è piaciuto molto e, lo ammetto, è giusto che sia un cult, la storia contiene una serie di messaggi in cui tutti in parte possiamo ritrovarci, ma può non piacere a tutti, tuttavia fa riflettere su certe intuizioni un po’ premonitorie.

Comunque anche in questo film si parla di viaggi nel tempo, si scoprirà solo alla fine la connessione con la vicenda, anche qui c’è un coniglio, è l’amico immaginario che Donnie vede apparire ogni notte nelle sue visioni e che lo avverte che il tempo sta per finire (qualche riferimento al coniglio di Alice nel paese delle meraviglie? Chissà, è probabile). Infine c’è una colonna sonora molto accattivante, Mad World, una canzone molto suggestiva che amo molto.

Vi lascio il link del trailer 




Per una strana combinazione da poco ho iniziato a vedere una serie appena uscita su Amazon prime che continuava a mandarmi delle notifiche, per cui ho ceduto alla curiosità e ammetto che questa serie non è male, è intitolata The Peripheral, è una serie americana di fantascienza del regista Scott Smith ambientata  in un futuro prossimo, l'anno 2032, in cui la tecnologia ha alterato leggermente la realtà, una ragazza scopre una connessione segreta con una realtà alternativa che la collega al futuro anno 2079, anche se la scena iniziale della serie è ambientata nel 2099. Questa connessione si presenta inizialmente come un video gioco che lei dovrebbe testare, ma si rende conto, invece, che quella connessione la porta davvero nel futuro e scopre quello che accadrà alla terra, nella sua epoca, nei successivi sette anni. La serie è tratta da un libro scritto nel 2014, autore William Gibson, e guardando la serie sono molto impressionata dalle analogie che trovo con il nostro presente. 




Ma torniamo al presente e parliamo di noi, io non voglio conoscere il futuro dell’umanità perché con le premesse che abbiamo oggi mi fa abbastanza paura, non voglio neanche pensare alla fine dell’anno 2022 perché ogni nuovo anno ha portato qualche sciagura e quindi vorrei restarmene nel 2022 più che posso. Si dice “anno nuovo, vita nuova” ma siamo sicuri che la vita nuova sia meglio della vita vecchia? Non voglio essere pessimista, ma per sicurezza preferisco vivere il presente senza farmi troppe domande sul futuro che non è detto sia meglio del presente, anche se sperarlo è importante e sarò ben lieta di essere smentita.

Voi avete mai visto uno di questi film o serie, oppure avete letto i libri da cui sono tratti?
Vi piacerebbe viaggiare nel tempo e in quale epoca vorreste andare, e per fare cosa?

Fonti immagini: Pexels - Fonti testi: Wikipedia 

mercoledì 16 novembre 2022

La vita non è un libro

Non c’è cura per la nascita e la morte se non godersi l’intervallo. George Santayana 


Quattro anni fa, prima della pandemia, mi telefona una mia cara amica e mi dice: posso dare il tuo numero di cellulare a una mia giovane collega? Vuole istruzioni sull’autopubblicazione perché ha urgenza di pubblicare una storia. Ti spiegherà tutto lei...

Io le rispondo che va bene e intanto penso “ecco sarà una ragazza che ha scritto un romanzo d’amore e vuole pubblicarlo a tutti i costi”, che poi non c’è nulla di male a pubblicare una storia d’amore, per carità, ma io non avrei mai potuto immaginare che mi avrebbe raccontato tutta un’altra storia. Una storia che mi ha spezzato il cuore.

Dopo un paio di giorni, infatti, mi contatta la giovane collega della mia amica - che chiamerò Catia ma è un nome di fantasia - e mi spiega il motivo della sua richiesta.

Sua zia, la sorella di sua madre, ha appena compiuto cinquant’anni e le hanno da poco diagnosticato un tumore al cervello, subito dopo la diagnosi ha subito un intervento e ha cominciato delle terapie che potrebbero allungarle la vita, ma il tumore è molto aggressivo e, probabilmente, non c’è speranza. Lei però non si arrende e continua le cure, ma ogni notte si sveglia perché non riesce a dormire e scrive.

Scrive una specie di diario, i pensieri e ricordi di una vita, ha riempito quasi tre quaderni nelle sue notti insonni e ha espresso il desiderio di vedere pubblicate le sue memorie prima di morire, peraltro vorrebbe anche che le vendite del libro andassero in beneficenza all’ANT. 

Io e Catia abbiamo parlato per due ore al telefono e ho cercato di spiegarle tutte le procedure da impostare per l’autopubblicazione su Streetlib oppure su Amazon, spiegandole il funzionamento delle due piattaforme per quello che avevo imparato dalla mia esperienza, suggerendo di riportare tutto in word per avere un file da caricare sulla piattaforma e creare quindi l’ebook e volendo il cartaceo. Le dico anche che potrà chiamarmi se avrà bisogno di ulteriori istruzioni e che sono disponibile per ogni aiuto. La ragazza mi ringrazia e mi saluta, però non l’ho più sentita.

Ho pensato a loro tante volte, ma soprattutto ho immaginato la vita di questa donna che, all’improvviso, sa di non avere più tempo davanti a lei e vorrebbe lasciare una traccia di sé in un libro, in un diario, in qualcosa che resti e continui dopo di lei.

Nel frattempo, nella mia vita sono successe alcune vicende pesanti, tra cui un grave lutto familiare, poi c’è stata la pandemia che ha messo in stand by il mondo intero, e dopo, quando il mondo sembrava riprendersi lentamente un altro colpo al cuore che ho raccontato in questo post Il vento leggero del ricordo, insomma non c’è stato modo per pensare ad altro e ho quasi dimenticato la zia di Catia, ma qualche sera fa ho rivisto la mia amica e le ho chiesto notizie della sua giovane collega, la zia di Catia é morta dopo circa sei mesi dall’intervento, come avevano ipotizzato i medici e lei non ha mai pubblicato nulla del diario, forse perché la morte cancella tutto e non hanno fatto in tempo a farlo prima che morisse. Mi sono sentita un po’ triste per questo, ma posso capire la situazione, quando affronti un lutto è difficile trovare un senso quando chi ami non c’è più e, per loro, era importante pubblicare quando lei era ancora in vita e la pubblicazione aveva un senso. 

La verità è che non siamo mai pronti a fare i conti con la morte e quella di persone ancora giovani ci colpisce molto di più e non possiamo fare a meno di immedesimarci. Anche nella malattia c’è una sorta di fortuna, prendere il male in tempo, essere colpiti in una parte del corpo più facile da operare, incontrare il medico giusto, tante variabili che possono portare al superamento della malattia. 

Mi piace pensare che, tra le nuvole, ci sia uno spazio di pace dove si incontrano le persone che sono partite troppo presto e che si fanno compagnia, unite dal filo invisibile del ricordo di coloro che le hanno conosciute in vita e che continuano a pensare a loro. 


Fonti immagini: pexels 

domenica 6 novembre 2022

La mia routine mattutina


La routine fa i tre quarti di quanto è necessario nel lavoro della vita, domani come ieri.
Pietre-Claude-Victor Boiste.

Il proverbio afferma che il mattino ha l’oro in bocca, penso che nel mio caso sia vero perché é al “mattino presto” che mi vengono le idee migliori, poi magari ci metto tutto il giorno per svilupparle districandomi tra mille difficoltà. Comunque sarà che ormai la mia mente ottenebrata dal lavoro fatica a trovare nuovi argomenti per il blog ho pensato di scrivere un post su un argomento molto poco interessante, ma tanto per parlare eccoci qua. 

Ogni mattina punto la sveglia alle 5.30 mi alzo, accendo il fuoco sotto la moka e mi stendo sul divano a dormire ancora un po’ finché non sento la caffettiera gorgogliare, quindi subito dopo mi alzo, a quel punto sono le 5.40 o le 5.50 dipende dalla mia solerzia ad abbandonare il divano, talvolta resto altri dieci minuti, ho puntato la sveglia sul telefonino che suona ogni dieci minuti finché non decido di spegnerla del tutto. Comunque faccio colazione sul tavolo della cucina e allora comincia il mio momento di libertà mattutino.

Ore 5.50 comincio la lettura del settimanale Donna moderna, ho la rivista pronta sul tavolo e mi piace sfogliarla mente bevo il caffè in tazza grande senza zuccheri dove intingo due biscotti integrali. A proposito, a me piace il caffè della moka, non sopporto il caffè con le cialde, ogni tanto lo bevo se me lo offrono, ma per me il caffè con la moka è meglio, tra l’altro mi piace fare un caffè con molta acqua, insomma un caffè annacquato perché quello troppo forte mi da fastidio, dopo nel corso della giornata prendo un paio di caffè al bar e quelli sono normali. Quando sono con il mio compagno (in ferie o al fine settimana) lui prepara delle caffettiere strong con un caffè nero potentissimo, in quel caso bevo solo una tazzina normale perché di più non riesco. Ma sto divagando. La lettura di donna moderna dura venti minuti, leggo davvero, non mi limito a sfogliare le pagine, quindi vado a rilento, in pratica per finire la lettura della rivista ci metto una settimana allungandomi il sabato e la domenica.

Ore 6.10 chiudo Donna moderna e apro l’iPad, mi leggo le mail personali e leggo i vari blog amici e, se riesco commento,  sembra incredibile ma questi venti minuti volano via, talvolta riesco a fare molto poco, questi però sono i venti minuti della giornata più preziosi perché spesso in questi momenti mi viene in mente qualcosa da scrivere e così prendo appunti su un foglio di carta (i miei romanzi e racconti sono nati in mezzo a tanti fogli sparsi che poi inserisco nel pc), in realtà succede lo stesso anche per i post del blog, immagino un argomento e comincio a scriverlo sull’iPad nei miei venti minuti di libertà mattutini, poi proseguo qualche sera nel corso della settimana per completarlo. 

Alle 6,30 smetto e mi preparo per andare in ufficio, mi serve circa mezz’ora per poter uscire di casa alle 7,00-7,10 cerco di non tardare perché se arrivo troppo tardi trovare parcheggio è un’impresa. Prima di arrivare in ufficio mi fermo nel mio solito bar dove prendo un tramezzino da mangiare a pranzo, è un abitudine che ho preso da quando mi capitava di non riuscire a mangiare nulla perché mi mettevano una riunione imprevista o altre beghe in prossimità dell’ora di pranzo. Insieme al tramezzino prendo un caffè e, se nessun avventore se ne è già impossessato, mentre sorseggio il caffè dalla tazzina sfoglio il quotidiano locale, Il resto del Carlino di Bologna, mi piace leggere soprattutto la cronaca locale, ogni tanto trovo anche qualche articolo interessante per i miei post che fotografo come è successo con l’articolo sulla biblioteca americana di cui parlo qui Le vite degli altri

Tra le 7.40 e le 8.00 circa arrivo in ufficio e lì comincia la rumba, il tempo non è più mio. Succede qualche volta che i miei venti minuti di libertà del mattino siano invasi dal lavoro, mi capita quando devo leggere con attenzione qualche documento del lavoro e ho bisogno di essere concentrata, così sacrifico quel tempo per poter finalmente portare a termine qualcosa più volte rimandato, in questo modo spesso risolvo delle questioni lavorative anche se, la cosa non mi piace troppo, hanno invaso il mio esiguo tempo libero.

Ogni tanto penso che siano questi piccoli riti a salvarmi, perché rendono la giornata meno gravosa, quel tempo dedicato a me stessa e ai miei pensieri è molto importante, ognuno in fondo ha le sue fissazioni, ma mi è capitato di seguire qualche tutorial su YouTube di persone varie che parlano dell’importanza della routine mattutina, ognuno in quel tempo ci mette quello che vuole. Ho trovato anche degli articoli in rete sull’importanza della routine mattutina. Una volta riuscivo anche a infilarci dieci minuti di ginnastica sul tappetino, alternavo addominali, stretching e yoga, ora non riesco più, ogni tanto ci provo ma finisco con il fare tardi e non trovare più parcheggio, quindi mi limito a farli nel week end. Voi direte, cosa sono dieci minuti di ginnastica, non serve a niente! Forse, ma servono al mio spirito e poi lo stretching fa davvero bene alle articolazioni, delle volte dopo averlo fatto mi sento molto meglio, soprattutto la schiena ringrazia.

Una volta mi svegliavo più tardi, alle 6,45 circa, facevo tutto di fretta e mi limitavo a un caffè veloce in tazza grande, giusto per svegliarmi un po’ però oggi apprezzo molto quel piccolo tempo che ho per me.

Bene e, dopo questo inutile post sulla mia routine mattutina, vi saluto e vi chiedo, anche voi avete delle piccole abitudini mattutine a cui non sapreste rinunciare oppure siete di quelli che dormite fino all’ultimo minuto e poi scappate al lavoro? 

Fonti immagini:Pexels

sabato 22 ottobre 2022

Scrivere o Vivere?

Ci sono due grazie, di cui è priva la maggioranza degli uomini e di cui essi non apprezzano il valore: la salute e il tempo libero. Maometto.

Rubo, solo per questo post, il nome del blog Scrivere Vivere di Grazia Gironella - mettendoci però una O in mezzo - per una riflessione che mi è nata dall’ultimo week end pure di sole in cui mi sono ritrovata a scrivere. Parto da una premessa, a settembre 2021 o forse fine agosto, non ricordo con esattezza, ho iniziato a scrivere il sesto episodio de Le indagini di Saverio Sorace, molto blandamente dedicandoci più o meno ogni week end, poi ci sono state alcune interruzioni per impegni vari, tra cui nel mezzo la pubblicazione del mio romanzo “Il male non perdona” che era rimasto sospeso per parecchio tempo. Superato il periodo ho ripreso tra alti e bassi la scrittura di Sorace, ma la mia costanza ha subito parecchie battute di arresto per vari motivi:

La guerra: il 24 febbraio ha portato uno sconvolgimento nella vita di tutti, vivere con la guerra alle porte di Europa con i connessi sconvolgimenti non ha stimolato molto la mia vena creativa, per cui ogni volta che mi mettevo a scrivere faticavo a trovare la concentrazione, soprattutto per la mancanza di “futuro”. Non è facile concentrarsi sulle storie da creare quando intorno c’è l’inferno con la minaccia continua di un’espansione. In questi mesi ci siamo assestati pur nell’angoscia continua per le minacce che incombono sul mondo e la vita è ripresa, almeno finché non ci buttano una bomba sulla testa...

Il lavoro: alcuni week end del 2022, invece che dedicarmi alla scrittura mi sono dovuta dedicare alle scadenze lavorative, perché quei furbi dei miei capi hanno pensato bene di affidarmi un secondo incarico, al posto di una collega andata in pensione beata lei, così mi ritrovo da gestire due strutture con doppie scadenze, a volte anche triple perché la seconda struttura è particolarmente problematica per un pregresso di adempimenti arretrati incompleti che sono ricaduti sul mio groppone e io per cercare - di fare tutto nei tempi - ho lavorato anche nei week end. 

Il caldo: il grande caldo di questa estate mi ha tolto la volontà. Abbiamo avuto un’estate torrida, forse sarà il cambiamento climatico, forse un grande complotto dell’America o di qualche entità aliena, ops...(questa la capite solo se vedete Crozza) ma alla fine le alte temperature fondono il cervello, quindi, nel corso dell’estate, mi sono preoccupata meno di scrivere e più di provare a vivere.

La vita: per alcuni fine settimana e altri giorni del mio tempo libero ho deciso consapevolmente di dedicarli alla mia vita, una passeggiata all’aperto, una gita fuori porta con un pranzo fuori, un giro in moto, un aperitivo in centro con le amiche. Tante piccole cose per riappropriarmi di frammenti di vita e anche riallacciare rapporti con alcune persone che avevo finito per perdere di vista. Mi sono anche concessa dei momenti di ozio per guardarmi allegramente un film su prime o recuperare delle serie tv, ma perfino navigando su YouTube a guardare dei video simpatici (ho scoperto i jackal e altri simpatici YouTuber).

A fine agosto, comunque, ho cercato di dare una svolta al romanzo, presa di nuovo dal desiderio di scrivere e da una ritrovata ispirazione che mi ha portato ad avanzare nella trama, per poi bloccarmi nuovamente stavolta non per mia volontà ma proprio per mancanza di tempo. Così lo scorso week end mi sono accorta che ero a metà ottobre e, visto che per una combinazione di eventi ero libera da impegni con il mio compagno fuori città, mi sono buttata a capofitto nella scrittura dei capitoli finali. Insomma ho passato due giorni di immersione totale nella scrittura, l’intenzione era quella di scrivere tutto sabato, ma domenica ritagliarmi un po’ di spazio per me per una passeggiata all’aperto, invece ho finito per scrivere anche tutta domenica fino a sera. Il fatto è che avevo la vena giusta, oltre che l’ansia di finire il romanzo e, nonostante il sole piacevole che poteva accogliermi fuori casa, sono rimasta lì davanti al pc.

Premesso che non l’ho finito perché mi manca, in un certo senso, l’epilogo, il mio pensiero domenica sera mi portava questa domanda: ma per me vale più la pena scrivere o vivere?

La voglia di scrivere da parte mia c’è sempre, ma quanta vita mi porta via considerato che per per tutta la settimana devo lavorare. La scrittura è davvero un lusso per ricchi, come affermava Barbara Businaro nel suo post La scrittura è un lavoro per ricchi  oppure nel suo successivo post  La scrittura è un lavoro per ricchi, ma non ricchissimi ?

Noi scribacchini della domenica ci tocca sacrificare il vivere per lo scrivere...ne vale la pena? 

Fonti immagini: pexels 

sabato 15 ottobre 2022

Non esiste più la mezza stagione

Il mio mare di settembre

Eh lo so, sembra una di quelle frasi fatte che si ripetono sempre, ma mai come in questo periodo si tratta di una frase molto aderente alla nostra realtà, potrei aggiungere che non esistono più le mezze misure, ma questa sarebbe un’altra storia.

Qualche giorno prima di partire per una breve vacanza (ultima prima di affrontare l’inverno) ormai a fine settembre, c’erano più o meno 35 gradi, imperversava ancora l’afa e il caldo, poi di colpo la temperatura si è abbassata di quindici gradi, per fortuna è tornato fuori il sole che, in certi momenti della giornata, scaldava moltissimo e abbronzava, mentre la sera arrivava un fresco pungente che imponeva di indossare un piumino leggero. Sono tornata per alcuni giorni all’isola d’Elba dove ho potuto godere del sole di settembre che mi piace tanto, è quel sole fragile ma che sa essere potente quando vuole, ultimi giorni di vacanza prima di un inverno che si annuncia sempre più complicato per un sacco di motivi. Non riusciamo a vedere il futuro con serenità tra una guerra sempre più minacciosa alle porte dell’Europa, il rincaro  dell’energia, la recessione, la stagflazione, l’apocalisse e tutto quello che ne segue, ogni tanto mi capita di pensare “che belli i tempi della pandemia, quando l’unica minaccia era il virus”. Che poi l’estate sembrava eterna e che non dovesse finire mai, certo in questo periodo ci sono ancora temperature piacevoli, ma l’autunno si é insediato, c’è poco da dire. Spesso leggo articoli che parlano di come mantenere “i benefici dell’estate” quando avevamo tempo libero per le passeggiate all’aperto e per la cura del corpo ecc, ma quando mai? A parte il breve periodo di ferie di due settimane (e mezzo) in pieno agosto, non é che poi abbia avuto tutto questo tempo! 

Invece mi capita di leggere nelle riviste che l’estate ci fa sentire belle e abbronzate, spensierate e sgravate dai pensieri pesanti esistenziali, ci ritroviamo più toniche e scattanti perché ci muoviamo di più all’aria aperta, piene di voglia di vivere, ritroviamo il piacere di ascoltare gli altri e di confrontarci, ci lasciamo andare alle letture frivole, ma anche no, comunque leggiamo di più e dedichiamo più tempo anche alla nostra interiorità. Quindi a settembre è importante mantenere i benefici dell’estate, perché non ci sono ancora scadenze pressanti e possiamo concederci un inizio soft e magari concederci ancora una breve vacanza magari un week end lungo da qualche parte. E poi conserviamo le buone abitudini acquisite in vacanza come muoversi e mangiare sano fare lunghe passeggiate passando dal bagnasciuga ai percorsi urbani. 

Ma davvero succede questo, in estate, a noi comuni mortali che lavoriamo tutto l’anno, estate compresa? Sono io l’anomalia oppure per la maggior parte delle persone è davvero così? Non chiedo per un’amica, ma per me...

Posso affermare che tutto questo riuscivo a realizzarlo nei tempi lontani in cui studiavo e avevo tre mesi di stacco dalla scuola; nel periodo universitario già questo periodo si era ridotto perché di solito davo l’ultimo esame della sessione estiva entro la prima metà di luglio, comunque dopo mi concedevo una lunga pausa dallo studio perché riprendevo a studiare il primo settembre, magari un po’ blandamente. Da quando ho iniziato a lavorare, tutta questa spensieratezza legata all’estate è svanita, i tempi dedicati al tempo libero sono diventati sempre più ristretti, eppure finché esisteva ancora un ritmo “umano” con tempi dedicati al lavoro ben distinti da quelli dedicati al tempo libero vigeva ancora una sorta di leggerezza che si concentrava soprattutto in estate, da luglio ad agosto, quando il lavoro si assestava in una modalità più moderata e lenta, tanto che in estate spesso riuscivo a sistemare l’archivio dei documenti, oppure a concludere le pratiche meno urgenti che erano rimaste indietro. 

Ora non è più così, il ritmo è diventato frenetico anche in agosto, quest’anno ho lavorato con l’acqua alla gola fino all’ultimo giorno e se non ci fosse stata la chiusura dall’ufficio per la pausa di ferragosto avrei continuato a soccombere anche dopo. Comunque, per carità, magari è la mia situazione lavorativa che è così mentre per gli altri no, anche se la cosa mi viene confermata anche da altri colleghi e da amici che lavorano in altre realtà pubbliche e private. 

Ma tutto può essere, se c’è qualcuno che si riconosce nella sopracitata spensieratezza dell’estate batta un colpo!

Che poi c’è un’altra questione non trascurabile, almeno per me che soffro il caldo, se sono in città perché lavoro, con l’afa non riesco a fare nulla al di fuori del lavoro, le passeggiate serali nel caldo appiccicoso della città di Bologna non sono contemplate, l’unico mezzo per scappare dall’afa sarebbe salire in collina, ma spesso c’è da affrontare traffico e percorsi a ostacoli, perciò tutt’al più questa opportunità si riduce al week end quando ci sono tutti i forzati del lavoro in città (luogo che non si svuota più come una volta rendendo gli spazi più liberi dal traffico e dal caos) che emigrano verso spazi più freschi tra piscine affollate e altri ameni posti da refrigerio. Il mare della riviera, invece, è inavvicinabile tra tutto esaurito e code in autostrada. 

E allora benvenuto autunno! Almeno possiamo tornare a respirare, perlomeno l’aria, perché riprende tutta la rumba che tra l’altro non si è mai fermata. Per fortuna ho fatto una settimana di vacanza ovviamente lavorando dodici ore al giorno la settimana prima per lasciare tutto in pari perché altrimenti crollava il mondo, anche se poi alla fine in pari non sono mai e, nella mia settimana di vacanza, sono sorte altre urgenze di cui prima non c’era traccia, ovvio, come è ovvio che sono contenta comunque di essermi goduta la vacanza assaporando il sole e il mare di settembre con il sapore di inizio autunno, con il freddo in arrivo ma non troppo. 

Non so da voi ma qui a Bologna ci sono ancora delle splendide giornate di sole, io oggi a mezzogiorno al sole, in pausa pranzo, ero in maniche corte, con un clima da ottobrata (anzi sembra che sia un' ottobrata bis visto che c'è già stata all'inizio del mese). Del resto dopo un'estate anomala possiamo aspettarci anche un autunno altrettanto anomalo.

E quindi l'estate sta finendo o forse ancora no. Voi cosa dite? 


Fonti immagini: la foto è mia, Isola d'Elba

venerdì 7 ottobre 2022

La gestione del tempo


Qualità significa fare le cose bene quando nessuno ti sta guardando. Henry Ford


Sono passati due anni ma ne sembrano passati venti se guardiamo il tempo lavorativo in cui ci troviamo oggi. Una volta c’era la settimana lavorativa di 5 giorni con il week end in mezzo di riposo. Poi, con la tecnologia, ci siamo ritrovati sempre più immersi nel lavoro. Già prima della pandemia ci si ritrovava ogni tanto a leggere le mail lavorative la sera dopo l’ufficio oppure nel corso del week end, magari non sempre ma solo in prossimità di una scadenza finché anche le scadenze sono diventate la regola, così si é cominciato a parlare di diritto alla disconnessione. Però c’era ancora una certa divisione tra tempo del lavoro e tempo libero. Poi è arrivata la pandemia e si è scoperto che si poteva lavorare da casa, si faceva già un po’ prima ma era un’eccezione con condizioni ben definite invece con l’esigenza di restare tutti a distanza è diventata la regola. Con lo smart working possiamo gestire meglio il tempo. Si lavora di più o si lavora di meno? Io posso parlarvi della mia esperienza.

Nel corso del 2021, tra alti e bassi, misure restrittive e allargate, dopo lo shock iniziale dovuto alla pandemia quando ci siamo dovuti organizzare in fretta e furia per digitalizzare tutte le attività, alla fine ci siamo assestati. Ora si può fare tutto on line, la contabilità è on line, la gestione dei documenti può avvenire on line tramite la firma elettronica, la PEC, lo SPID, e quant’altro, le riunioni si fanno on line, tutto può essere fatto a distanza tramite la tecnologia. Nella mia azienda erano anni che si parlava di dematerializzazione e digitalizzazione ma nel 2020 c’è stata una spinta notevole e un’accelerazione in tal senso. Io ho il contratto di telelavoro e posso lavorare da casa due giorni a settimana gestendo le giornate secondo le esigenze lavorative. Vi confesso che già prima del contratto mi ritrovavo certe domeniche a gestire delle pratiche urgenti, per questo, quando me ne è stata data la possibilità, ho fatto domanda anch’io.

I vantaggi secondo me

non ho il problema del parcheggio: la mia azienda ha messo a disposizione dei parcheggi gratuiti per i dipendenti con un numero di posti limitati, una volta mi bastava arrivare al lavoro entro le 8.30 e non avevo problemi a trovare posto, ora mi tocca arrivare sempre più presto, entro le 7.30 altrimenti il mio parcheggio solito è pieno e rischio di trovare pieno anche il parcheggio più grande ma più lontano. Il motivo è che molti dipendenti che prima usavano l’autobus ora si muovono in auto per evitare il contatto e il rischio virus. Quindi lavorando da casa non sposto la macchina ed evito lo stress del parcheggio.

non perdo tempo in chiacchiere: quando arrivo al lavoro spesso vengo disturbata da colleghi vari dalla chiacchiera facile e iniziare a lavorare diventa un percorso a ostacoli (il periodo in cui ho lavorato meglio è stato quando tutti i colleghi erano lontani a casa loro e io ero in presenza). Può sembrare che io sia una persona asociale, beh un po’ lo sono, almeno con certe persone, ma il fatto é che dalle 8.00 alle 9.00 del mattino riesco a sistemare delle pratiche con molta più lucidità ed efficienza, prima che si scateni il finimondo, telefonate, riunioni e altre attività, si dice che il mattino ha l’oro in bocca e infatti per me quella è l’ora più preziosa della giornata e non voglio che mi venga rubata dalla pausa caffè, che poi non ho bisogno di fare una pausa se sono appena arrivata al lavoro.

ottimizzo il mio tempo: la mattina prima del telelavoro ho un’ora per me da utilizzare per correre oppure per fare le pulizie, questo perché mi sveglio presto lo stesso, ma volendo posso anche decidere di dormire un po’ di più e recuperare il sonno. Insomma l’ora che di solito spendo per prepararmi e andare al lavoro la uso per le mie esigenze personali, vi assicuro che fare le pulizie alle sei del mattino per me è molto più facile che farlo a fine giornata lavorativa quando desidero solo stendermi sul divano distrutta. Inoltre mentre lavoro a casa posso incastrare qualche piccola incombenza tipo una lavatrice o aspettare un corriere senza lo stress dell’orario e della presenza in casa.

potrei mangiare in modo più sano: qui il condizionale è d'obbligo perché in realtà potrei mangiare in modo più sano, se riuscissi a fare la pausa pranzo, ma la cosa almeno finora non è avvenuta, anche a distanza mi lascio travolgere dal lavoro e dalle scadenze e arrivo alla pausa troppo tardi e finisco per mangiare qualcosa di veloce, solito panino  

Gli svantaggi secondo me

eccesso di ore di lavoro rispetto alle ore riconosciute: mi ritrovo a lavorare sempre oltre l’orario, spesso senza neanche fare la pausa come dicevo nel punto sopra, mangio qualcosa al volo e continuo a lavorare, tutte le volte che ho tentato di fare una pausa decente arrivava la telefonata urgente, il messaggio su teams ecc, la riunione improvvisata e altro. Inoltre mi sono accorta che, a livello mentale, non stacco realmente, quando finalmente spengo il computer mi resta in testa il pensiero di dover finire qualcosa, quella mail che non ho mandato, quel controllo che non ho fatto, quel documento che non ho completato. È qualcosa che non mi succede quando lavoro in presenza, perché quando esco dall’ufficio mi basta il tragitto per tornare a casa per portarmi verso altri pensieri e una volta arrivata non penso più al lavoro, almeno fino al giorno dopo.

consumo di elettricità e gas in casa propria: certo risparmio il consumo dell’auto ma non è davvero una equa contropartita perché nel mio caso non sono lontanissima dal luogo di lavoro, non sarebbe stato un problema fino a qualche tempo fa, ma con la crescita delle bollette può diventarlo.

lavoro e basta: se sono a casa lavoro e basta, nel senso che non riesco a fare altre cose, tipo andare al supermercato o passare da qualche negozio o andare dal parrucchiere. Mi spiego meglio, quando esco dall’ufficio di solito faccio delle cose proprio perché sono già in giro, se devo vestirmi e uscire apposta mi impigrisco e rimando al giorno dopo, per esempio questa settimana dovevo andare dal parrucchiere e ho fissato l’appuntamento dopo l’ufficio (anche perché il mio parrucchiere è a 300 metri dal luogo di lavoro...) 

Al momento non mi viene in mente altro, insomma ci sono vantaggi e svantaggi, ma la giusta contemperanza tra lavoro in presenza e lavoro a distanza può essere una soluzione.

Secondo le statistiche (Articolo di donna moderna del 30/6/22 Il futuro del lavoro agile di Miriam Defilippi) in uno studio dell’Università Cattolica le ore lavorate in smart working sono superiori a quelle del lavoro in presenza ed è per questo che occorre tutelare il lavoratore da se stesso per garantire il diritto alla disconnessione con una modalità che non faccia diventare usurante il lavoro da casa, perché si gestisce male questa flessibilità. In effetti prima si riusciva a infilare nella giornata lavorativa anche palestra e aperitivo con gli amici, ora sembra sempre più difficile. Dobbiamo evitare di mandare mail di sera e nel week end per evitare di essere costantemente connessi, ma soprattutto di sabotare il tempo di ricarica degli altri (alcuni miei colleghi purtroppo lo fanno,  mandano mail a tutte le ore, alcune anche assolutamente inutili, mentre per quelle veramente importanti mi fanno aspettare giorni e infine mi arrivano il venerdì pomeriggio a ridosso dell’orario di fine lavoro.

Molte aziende hanno siglato degli accordi sullo smart working riducendo le giornate lavorative (la Ducati di Bologna ha ridotto la settimana a 4 giorni mentre altre aziende la Velvet Media di Castelfranco Veneto lascia la scelta ai dipendenti quante ore lavorare e se farlo in presenza o a distanza). Sembra che le aziende illuminate vadano in questa direzione. 

È stato scientificamente provato che il rendimento lavorativo cala dalla quinta ora di lavoro, infatti gli errori e gli incidenti avvengono sempre nelle ultime fasi del turno. Invece laddove si è operato una riduzione dell’orario la produttività è perfino aumentata. Lo smart working apre inoltre nuove possibilità  per i giovani, sono loro quelli più smart nelle tecnologie e questo è indubbiamente una nuova opportunità, infatti i nostalgici delle riunioni in presenza sono spesso i più vecchi, questo posso affermarlo con cognizione di causa perché molti miei dirigenti “anziani” insistono sulle riunioni in presenza, io invece mi trovo molto meglio se posso operare a distanza, anche perché non devo stampare i documenti e, una vota inviati via mail, posso semplicemente condividere il documento on line nel corso della riunione e scorrere i punti essenziali su cui dobbiamo discutere, semplice no? Invece tempo fa ho dovuto fare una riunione in modalità mista stampando la documentazione per alcuni e condividendo il video per altri, una fatica doppia, tutto perché c’era un dirigente che voleva fare la riunione in presenza,  alla fine eravamo in quattro in presenza e gli altri collegati on line, perché non tutti potevano spostarsi dall’ufficio o da casa, insomma “mentre molti boomer preferiscono tornare in presenza, la generazione Z abbraccia con entusiasmo lo smart working” tutto vero a parte che io sono boomer, ma forse sono giovane dentro chissà.

Insomma per il futuro bisogna calibrare l’attività lavorativa con il necessario recupero, come dicevano i classici latini calibrare negotium con l’otium

Ovviamente io non ho bambini o altre persone in casa da gestire e quindi, sotto questo aspetto, non condivido lo spazio della mia piccola casa con nessuno, altrimenti sicuramente avrei qualche problema in più e forse non avrei fatto la domanda di telelavoro.

E voi cosa ne pensate del telelavoro? Qual è la vostra esperienza?


Fonti immagini: Pixabay 

Fonti testi: donna moderna numero del 30/6/22

sabato 10 settembre 2022

Le vite degli altri

 

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. Marcel Proust

Le vite degli altri è il titolo di un famoso film apprezzato e rimasto impresso nella mia mente, ci ho ripensato un mattino mentre sfogliavo velocemente il giornale del bar dove solitamente prendo il caffè, uno dei miei riti quotidiani, quando vado al lavoro mi fermo a prendere il caffè nel mio solito bar e, quando riesco, do un’occhiata al quotidiano di Bologna, il resto del carlino, di solito leggo solo i titoli e poi se c’è un articolo che mi interessa gli do una scorsa veloce. Sono cinque minuti di relax prima di buttarmi nella rumba dell’ufficio. La scorsa mattina nel bar c’era un’insolita pace e sono riuscita a sfogliare il giornale con un po’ di calma. 

Un articolo ha colpito la mia attenzione: scoperte in biblioteca, recupero i bigliettini nei libri e trovo le vite degli altri. 

Ho letto velocemente le prime righe, poi ho fatto una foto all’articolo pensando proprio di scriverci un post. L’argomento mi ha colpito perché quest’anno mi sono liberata di diversi miei libri, li ho lasciati andare a nuova vita, portandoli nelle casette dei libri, c’è un’area verde proprio vicino al parcheggio del mio ufficio con una casetta dei libri, così ogni tanto faccio una cernita dei libri da lasciare andare e poi al mattino li porto lì. Mentre sfoglio i libri che vorrei lasciar andare, controllo che al loro interno non ci sia nulla di importante o qualche scritta con un dato personale, a volte quello che trovo mi riporta al passato: un biglietto del cinema di un film amato, un foglio di appunti con un pensiero dimenticato, la pagina di un articolo, uno scontrino sbiadito. Si tratta di piccole cose che mi fanno ripensare al momento in cui ho comprato il libro e l’ho letto, alla vita che stavo attraversando in quel periodo e che avevo dimenticato. Di solito tolgo quei foglietti prima di mettere da parte i libri da lasciar andare, ma forse - tranne quelli con i dati personali - non  lo farò più, li lascerò al loro interno per raccontare una storia fuori da quella che racconta il libro in sé, quella che si vorrà immaginare.

Tornando all’articolo del Resto del Carlino, scritto da Simone Arminio, questo cominciava con una domanda: quante storie contiene un libro? Si può leggere il contenuto, si può leggere tra le righe, nelle fessure, negli spazi vuoti alla ricerca del significato nascosto. Poi c’è un terzo modo ed é quello che usa Shannon McKellar capo della sezione adolescenti della biblioteca di Oakland, California, da l’otre dieci anni. Ogni volta che un libro rientra dal prestito lei lo scuote e dopo qualche scossone ecco che cadono a terra segnalibri, scontrini, foto dimenticate, biglietti d’amore, disegni di bimbo. Ogni cosa trovata in un libro costituisce un mondo parallelo. La nostra bibliotecaria raccoglie questi biglietti, li scansiona e li pubblica sul sito della biblioteca.

Shannon McKellar ha raccolto più di 350 fogli, foto e disegni dimenticati tra le pagine. Per lei è un modo per immaginare la vita dei lettori. Prende quei biglietti e li mette in una vecchia scatola prima di pubblicarli sul sito. Qualcuno ha ritrovato una vecchia foto ed é tornato in biblioteca a prenderla, tutta contento di averla ritrovata, la foto dei nonni che non ci sono più o la foto di se stessi da bambini. Sembra strano esserseli dimenticati nei libri presi in prestito in biblioteca, vero? Shannon racconta anche alcuni episodi particolari, per esempio di un libro restituito dopo 46 anni, mentre sistemava la cantina un giovane ha trovato un libro che suo nonno aveva preso in prestito dalla biblioteca di Hamilton. C’era ancora la data della riconsegna (o meglio di quando avrebbe dovuto avvenire), il 26 luglio 1976. E dopo 46 anni il libro è stato restituito. Poi c’è il caso di un foglietto scritto a mano con la ricetta contro la costipazione infantile. L’autore del foglietto ha riconosciuto la ricetta e la sua calligrafia, ma afferma di non aver mai preso un libro in prestito dalla biblioteca di Oakland. Probabilmente chi ha ricevuto la ricetta l’ha messa nel libro e se ne è dimenticato, forse la madre del bambino a cui la ricetta poteva servire. Le vite degli altri ci affascinano perché sono anche un po’ le nostre vite, almeno quelle che abbiamo immaginato qualche volta, sono immagini di qualcosa che avrebbe potuto essere oppure è stato ed è passato.

In un mio libro ho ritrovato un foglio con la ricetta della pizza e sull’altro lato la ricetta della crostata di mele. Risale ai tempi dell’università, quando abitavo con delle altre ragazze e spesso il sabato sera preparavamo la pizza, ricordo che mettevo l’impasto a lievitare al mattino perché fosse pronto per la sera, così passavamo il sabato sera mangiando la pizza quando fuori era molto freddo ed era un lusso andar fuori a mangiare. Invece la crostata di mele era una mia specialità, era l’unico dolce che sapevo fare ed era economico perché compravo sempre molte mele ed era un modo per consumarle in maniera non dietetica.  Ho conservato le ricette perché chissà che non mi venga voglia di riprovarle in un prossimo futuro.

Nei libri, da ragazzina, spesso lasciavo dei fiori ad essiccare, mi piacevano le margherite per esempio, altro particolare conservavo lo scontrino di acquisto del libro che usavo come segnalibro, oppure quando ancora si usava spedirle tenevo in mezzo al libro una cartolina che, a distanza di tempo, mi portava un piccolo tuffo al cuore perché era diventata un ricordo, poche parole ma dense di un significato che capivo solo io. E poi ho ritrovato biglietti di un concerto o di un entrata a un museo, pagine strappate da un giornale con un articolo interessante e tanti altri piccoli frammenti di vita e di ricordi.

Ritornando alle vite degli altri c’è una canzone di Enrico Ruggeri che adoro e che esprime molto bene il senso di attrazione, curiosità ma anche sottile nostalgia che possiamo provare al riguardo. Ecco il link



Voi cosa lasciate nei libri come segno del vostro passaggio?


Fonti immagini: Pixabay 

sabato 3 settembre 2022

Impressioni di settembre


Settembre è il mese dei ripensamenti sugli anni e sull’età, dopo l’estate provi il dono usato della perplessità. (Francesco Guccini La canzone dei dodici mesi)


Come accennavo nel mio ultimo post, settembre è un mese di bilanci, è qualcosa di comune a molte persone, questo mese porta la sensazione di un nuovo inizio spesso molto più marcata del mese di gennaio. Sarà perché porta nell’aria la fine dell’estate, sarà che comincia un nuovo anno scolastico, se ci pensate per una grande fetta di popolazione è proprio così, professori, maestri, studenti e loro famiglie preparano diari e quaderni per il nuovo inizio didattico. Poi c’è quella nuova energia che vibra nell’aria finalmente più fresca che ci toglie dall’abulia in cui ci ha gettato il caldo afoso dei mesi estivi, per me è così, nel corso di questa lunga estate calda la mia volontà si era quasi del tutto azzerata, non riuscivo a fare nulla - a parte lavorare con estrema fatica e insofferenza per il caldo soffocante che mi perseguitava anche in ufficio dove l’aria condizionata latitava - il mese più angosciante è stato luglio, mese lunghissimo e caldissimo, senza tregua. Negli ultimi giorni di agosto e di ferie ho cercato di recuperare il tempo perso, infatti ho ripreso la scrittura dei post ma soprattutto ho ripreso a scrivere il romanzo che languiva da tempo, tra alti e bassi. In realtà sentivo già settembre nell’aria degli ultimi giorni di agosto e ho approfittato della rinfrescata energia per mettermi avanti con alcuni lavori, prima di ritrovarmi indietro come sempre. 

Che bella questa ritrovata energia se non fosse che senta riemergere anche un sottile senso di paura per il tempo che verrà, per quel futuro indefinito che si prospetta davanti con incredibile incertezza. Che poi negli ultimi tempi ne abbiamo tutte le ragioni, cosa ci aspetta non lo sappiamo: tornerà la pandemia, si inasprirà la guerra, riusciremo a pagare le bollette di gas e luce, avremo un governo decente dopo le elezioni? Sono tutte domande inquietanti e poco confortanti. Per la prima volta ci troviamo anche a votare a settembre, non era mai successo prima che io mi ricordi, ma perché questi “politici da fiera” come cantava la Bertè non se ne sono stati zitti e buoni ad occuparsi delle emergenze che pure non ci mancavano e ci hanno rifilato le elezioni a settembre? In questi giorni sui social leggo le opinioni (e le offese) più disparate e mi viene lo sconforto, mi sembra sempre più che il popolo italiano sia un popolo di litigiosi, ognuno vuole avere ragione ma non è capace di valutare le ragioni dell’altro, vagheggia l’uomo forte al potere ma poi se c’è un’imposizione su cui non è d’accordo si indigna e parla di affronto nei confronti della Costituzione e accusa il governo di dittatura. Questa estate tra i vari libri letti c’è una frase di un romanzo di Marco Malvaldi A bocce ferme che mi ha colpito” Ci sono molti modi per far rimanere il popolo immobile. Uno è quello di tenerlo fermo e si chiama schiavitù. Un altro, molto più subdolo, si chiama demagogia.”

Non mi dilungo oltre perché tanto non c’è soluzione, sono solo le mie riflessioni di settembre, tanto per parafrasare il titolo del post e della canzone sopra citata della Premiata Forneria Marconi.

A proposito di riflessioni ho visto di recente un film molto bello del 2016 intitolato Le confessioni di Roberto Andò, una specie di thriller politico, mi é piaciuto tanto e credo, purtroppo, sia aderente alla nostra realtà. Vi riporto una breve descrizione ripresa da Wikipedia. 

“È un film che affronta il tema del potere, in particolare della grande finanza, e delle debolezze degli uomini che lo gestiscono. Il cast internazionale vede protagonista Toni Servillo affiancato da Daniel Auteuil, Connie Nielsen, Pierfrancesco Favino, Lambert Wilson, Marie-Josée Croze e Moritz Bleibtreu. In un albergo di lusso di una località tedesca sta per riunirsi un G8 dei ministri dell’economia, pronto ad approvare una manovra segreta che avrà conseguenze pesanti per molti paesi.”

Chissà se ancora una volta la realtà ha superato la fantasia, qualche dubbio mi viene. Vi lascio con il link di una scena del film 



Vi piace il mese di settembre? Suscita in voi malinconia o sollievo?


Fonti immagini: Pexels 

domenica 28 agosto 2022

Pubblicità e bilanci libreschi

La pubblicità crea il superfluo per far dimenticare il necessario.
(Fabrizio Caramagna)

Negli ultimi tempi mi sono arrivate le mail più disparate, quelle di agenzie pubblicitarie per promuovere i miei libri, tutte scritte in inglese che finivano nello spam e che io cercavo di leggere per pura curiosità prima di cancellarle, poi parecchie mail di dipendenti di Facebook che mi proponevano appuntamenti telefonici per mettere a punto una adeguata strategia pubblicitaria con l’account della mia pagina autore. 

Una volta, incuriosita, ho risposto, mi hanno dato un appuntamento telefonico in una fascia oraria del tardo pomeriggio, l’unica che io potessi accettare dopo il lavoro e ci siamo sentiti. Ho capito una cosa importante: per organizzare delle campagne pubblicitarie mirate con Facebook occorre avere del tempo e anche la disponibilità a spendere un certo budget. Infatti al mio appuntamento telefonico mi parlarono della strategia da impostare partendo da un minimo di tot euro al giorno (ora non ricordo bene la cifra, non era altissima ma neanche piccola per una come me che imposta il budget di 1 euro al giorno) comunque la cifra di partenza mi sembrava accettabile, ma dovevo prendere un nuovo appuntamento telefonico per i giorni successivi; io però avevo una settimana piena di riunioni, in pratica non avevo modo di trovare una fascia oraria nell’immediato per un nuovo appuntamento, inoltre avrei dovuto fissare più incontri per monitorare la campagna, così la persona del primo contatto ha detto che era meglio rimandare a un periodo successivo quando avrei avuto l’agenda meno piena sul lavoro (mi era sembrata anche stupita la ragazza, ma come? Lavori? Non passi il tempo a pubblicizzare i tuoi libri? Eh no cari se dovessi vivere con gli introiti dei miei libri sarei già morta di fame, ho delle vendite sì, piccole soddisfazioni, ma non é con i libri che pago le bollette...)

Così, sollevata dall’incombenza del supporto Facebook ho capito che avrei continuato a fare da me. Inoltre mi tocca dirlo: la dipendente Facebook mi dimostrò con alcune frasi che non aveva studiato granché il mio account, non sapeva che il libro per cui avevo fatto le ultime pubblicità facesse parte di una serie, eppure bastava un po’ leggere i miei post oppure semplicemente guardare bene la copertina, confondendo peraltro il titolo con la frase che lo pubblicizzava nel post. Insomma non ho bisogno di persone così poco attente per la mia pubblicità. 

In realtà mi sono accorta che queste pubblicità funzionano meno negli ultimi tempi, forse è solo colpa del caldo, magari la gente passa meno tempo sui social oppure non ha tanta voglia di leggere. Al di là di questo continuerò con le mie abitudini perché non mi interessa cambiarle, poi si vedrà.

Chiusa l’idea della parentesi Facebook con supporto, nel frattempo continuo a impostare le mie pubblicità da sola, ma da due mesi continuo a ricevere nuove mail che mi propongono un incontro telefonico: “Controlla le tue inserzioni con un professionista meta!” dovrei rispondere che non dispongo di abbastanza tempo nè sufficiente budget per fare le pubblicità su Facebook come vogliono loro. Ogni volta che cerco di impostare una promozione il budget minimo che mi propone Facebook  é di 35 euro, strano perché io ho sempre impostato pubblicità da 1 euro al giorno per 10 o 15 giorni con discreti risultati, capisco che potrei aumentare il budget giornaliero e probabilmente otterrei risultati migliori, ma per ora mi accontento di quelli avuti con il minimo sindacale, forse sbaglio ma è così.

Tra l’altro una cosa l’ho imparata in questi anni, il mercato è imprevedibile, non sempre le pubblicità servono, vi racconto come sono andate le ultime due campagne: a luglio avevo messo in offerta Una inutile primavera (#Sorace5) a 0,99 e avevo impostato la pubblicità Facebook a 1 euro al giorno per 10 giorni, di solito parto da 10 giorni poi se la campagna ingrana proseguo per altri 5 o 10 giorni. Risultati: copie eBook vendute a luglio n. 2, in pratica ho buttato via 10 euro, pazienza.

In agosto avevo aderito alla promozione del romanzo L’ombra della sera (#Sorace3) sempre a 0,99 anche qui ho impostato la solita promo di 1 euro al giorno per 10 giorni (anche se Facebook mi proponeva 10 euro al giorno argh) risultati: ad oggi ho venduto n. 40 eBook e il mese non é ancora finito, ho venduto anche  alcuni eBook della serie a prezzo pieno (2,99) n. 12 Il respiro dell’alba (#Sorace4) e n. 8 Una inutile primavera (#Sorace5). Sarà perché nel mese di agosto molta più gente era in vacanza? Sarà perché molti avevano letto i primi due episodi e avevano voglia di leggere il terzo? E chi lo sa, misteri della pubblicità e del mercato. 

Vi ho già raccontato l’esperienza di un’agenzia letteraria che mi ha inviato una mail per promuovere il mio romanzo con la spesa di 200 euro e risultato zero? Ero agli inizi, facendo delle piccole promo su Facebook avevo venduto oltre un centinaio di eBook, poi più nulla, così in quel periodo mi è arrivata la mail di un’agenzia letteraria che mi proponeva di fare pubblicità al mio primo romanzo “La libertà ha un prezzo altissimo” attraverso la loro newsletter. Ora non mi dilungo molto su questo episodio, sono tranelli in cui si può incappare quando si è alle prime armi, ma se avessi investito 200 euro in promozioni Facebook avrei sicuramente avuto migliori risultati, perché in quel periodo - giuro - non vendetti neanche un eBook, è però una lezione che ho imparato bene, la pubblicità migliore è quella che faccio io in autonomia. 

Infine rispondendo alla mia esigenza di fare un bilancio - visto che siamo prossimi a settembre mese di bilanci per antonomasia - e anche all’invito nato dal post di Elena Ferro con il suo articolo Riflessioni sulla mia scrittura  riporto anche alcuni risultati di vendita, mi limito al 2021 perché il 2022 è ancora in corso. 

Dati Streetlib 2021

totale 800 copie di tutti gli eBook così suddivisi:

343 Fragile come il silenzio 

259 La sottile linea del male 

116 L’ombra della sera 

82  i restanti romance 

Dati Amazon 2021

Se considero tutti i libri che vendo su Amazon nel 2021 sono arrivata a 281 + 26.000 pagine lette per ku (queste pagine prevalentemente per Sorace5 Una inutile primavera)

Il libro che ha venduto di più è sempre L’ombra della sera con 110 eBook, poi seguono Il respiro dell’alba e Una inutile primavera, infine ci sono i romance con numeri poco rilevanti, complessivamente meno di 30 copie nell’anno.

Una piccola postilla informativa: i primi due libri della serie sono venduti esclusivamente su StreetLib  perché quando ho cominciato a scrivere i gialli pubblicavo solo lì, poi ho voluto provare la piattaforma di Amazon, così con ogni nuovo romanzo parto con la pubblicazione sempre da Amazon, con un periodo iniziale di esclusiva aderendo a Kindle Unlimited, per poi estendere in un secondo tempo anche agli altri store attraverso Streetlib, non rinnovando KU di Amazon. Perché lo faccio? Amazon è sempre una piattaforma fortissima, tuttavia a un certo punto mi piace poter vendere anche sugli altri store e poi ci sono  molti che leggono su kobo e IBS, un mercato che si sta ampliando sempre più. Tra l’altro tempo fa un lettore affezionato a Saverio Sorace mi ha scritto una mail in cui chiedeva perché non trovava l’ultimo romanzo della serie anche su Kobo, così gli ho risposto che avrei pubblicato anche sugli altri store appena scaduta l’esclusiva con Amazon. Insomma un lettore che ti scrive per dirti che aspetta di leggere il nuovo episodio di Sorace è sempre molto stimolante. 

Fare bilanci non è sempre agevole, per esempio con Steeetlib devo fare delle estrazioni in Excel e poi fare i conteggi libro per libro con i filtri (chi conosce excell sa di cosa parlo), invece con Amazon è più semplice controllare i report, soprattutto da quando hanno aggiornato la piattaforma e, l’ho scoperto solo recentemente, puoi impostare i risultati di vendita libro per libro, mese per mese, anno per anno, ma riesci ad avere i risultati immediati solo per l’ultimo anno e per l’anno in corso, dopo devi impostare i periodi personalizzati e diventa più laborioso, ma direi che è ragionevole che sia così. 

Indico i numeri e non il guadagno anche perché vendo di più quando faccio le offerte a 0,99 che poi è anche il momento in cui imposto le promo Facebook. Credo che la serie di gialli venda benino perché, a parte il prezzo irrisorio, c’è l’affezione per il personaggio, insomma chi ha letto il primo romanzo poi ha voglia di leggere il seguito, certo tutto dipende da quanto piaccia il genere, comunque spesso ho visto che alcuni ebook venivano comprati insieme,  per esempio se era in offerta L’ombra della sera (agosto) veniva comprato anche il seguito a prezzo pieno (2,99 che è comunque un buon prezzo). Ovviamente non si vive di scrittura con questi numeri (e questi prezzi) tuttavia, nel mio piccolo, mi ritengo soddisfatta. Credo che se avessi tempo per investire e studiare bene le promozioni Amazon e Facebook potrei ottenere risultati migliori, ma come sapete il mio tempo libero è davvero ridotto, per cui come diceva quel tale chi si accontenta gode. 

A proposito, qualche mese fa mi ha scritto una piccola casa editrice dicendosi interessata a Fragile come il silenzio, io ho declinato l’invito spiegando che si trattava del primo romanzo di una serie e che preferivo continuare ad essere indipendente. Non conoscevo questa casa editrice e non ho neanche approfondito, ma      potrei cedere i diritti della mia serie solo a una CE super big, ma questa è una chimera, quindi proseguo con la mia scrittura indipendente, almeno finché avrò voglia di scrivere. In questo momento vivo la scrittura con relativa serenità e senza troppe ansie, perciò mi godo l’attimo. 

Eccomi alla fine di questo post, spero di non avervi annoiato, io credo che la pubblicità sia utile per far conoscere un prodotto e quindi anche un libro, perché non puoi comprare qualcosa di cui non conosci l’esistenza, poi ognuno può decidere in autonomia se comprare o meno. 

Voi cosa ne pensate, qual è la vostra esperienza?


Fonti immagini:Pexels

venerdì 19 agosto 2022

Le Medee

 

Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini. Dante Alighieri

Era un giorno di primavera o forse autunno, insomma c’era quel clima piacevole che ti fa camminare per strada senza fatica. Attraversavo piazza Verdi nelle zona universitaria per raggiungere un ufficio in via Marsala per lavoro, era molto prima della pandemia, a un certo punto un bimbetto di circa cinque anni cominciò a piangere disperato e solo. Ci avvicinammo in cinque, due studentesse universitarie, uno dei camerieri del bar che stava servendo un caffè all’aperto, una signora anziana e io.

Che succede piccolino, come mai sei solo?

Non trovo più la mamma! 

Mobilitazione generale di tutti e cinque che ci guardammo intorno per vedere se ci fosse la mamma. Io ero già pronta con il cellulare a chiamare la polizia, una delle studentesse si abbassò verso il bambino per tranquillizzarlo parlando con parole dolci. Furono cinque minuti o forse molto meno, ma una giovane donna corse verso il bambino gesticolando e lui le corse incontro e la abbracciò. Il bambino si era allontanato di pochi metri dalla mamma. Tutti noi tranquillizzati tornammo alle nostre occupazioni. Nel corso di quella giornata lavorativa ogni tanto pensavo a quel bambino e al suo pianto disperato e mi veniva una specie di magone, piccolo chissà che spavento pensavo, pensavo anche alla mobilitazione veloce della piazza per soccorrerlo, perché non puoi restare indifferente al pianto di un bambino, si muove una comunità. Un bambino tra le braccia della mamma è al sicuro. Almeno così dovrebbe essere.

Poi ci sono le storie di questa torrida estate, la storia della piccola Elena uccisa da sua madre, quanti di noi hanno guardato con una stretta al cuore il video in cui la madre va a prendere la bambina all’asilo che le corre incontro e la abbraccia. Poi c’è la storia della mamma che ha lasciato volontariamente la sua bimba Diana di soli sedici mesi, la bambina abbandonata per sei giorni è morta di stenti, non riesco a pensare alla sofferenza di questa creatura indifesa, senza sentirmi male. Non so cosa sia più terribile, la mamma che pugnala la sua piccola o quella che la abbandona lasciandola morire.

Sono storie che feriscono, ci straziano il cuore. Quand’é che abbiamo smesso di occuparci dei bambini? Una volta i bambini erano una cura di tutti, ricordo che da piccola ero sul balcone e salii su una sedia, dei vicini corsero a chiamare mia madre perché potevo cadere dal balcone, io mi stupii di tutta quella attenzione, un’altra volta ero a giocare con altri bambini e arrivò mia madre di corsa a prendermi allarmata, una vicina l’aveva chiamata perché un ragazzino aveva in mano un coltello (in realtà era una spada di plastica color metallo) fingevamo di trovarci nella giungla e con la spada si tagliavano le alte foglie di una lussureggiante vegetazione immaginaria. Era il tempo in cui si giocava per strada e nessuno sembrava stupirsi più di tanto, oggi non accade più, i bambini non vengono mai lasciati da soli, tantomeno per strada eppure sono molto più indifesi di un tempo.

Oggi viviamo in una società distratta in cui a malapena conosciamo i nostri vicini, dove i bambini diventano invisibili e, per questo, più fragili.

In realtà le storie di madri assassine dei propri figli ci accompagnano dalla notte dei tempi. La tragedia greca di Medea racconta proprio questo, ricordo di averla studiata a scuola e di esserne rimasta profondamente colpita. Medea è una madre che uccide i propri figli per vendicarsi del marito infedele che l’aveva abbandonata per una donna più giovane che gli avrebbe garantito il trono di Corinto, essendo la figlia di un re. Uccidendo i figli Medea nega quindi una discendenza a Giasone. 

Esistono molte versioni di Medea, a me piace quella di Euripide che potete leggere a questo link Medea Wikipedia

Le storie di questa torrida estate assomigliano a quella di Medea, questo perché al primo posto nel cuore di queste donne non c’era l’amore materno o, almeno, quello che dovrebbe essere, ma solo l’affermazione di sé. Nel caso della piccola Elena, secondo gli inquirenti, la motivazione era la gelosia nei confronti dell’ex convivente e padre della bambina che aveva una nuova relazione. Nel caso della piccola Diana, di sedici mesi, abbandonata a se stessa per sei giorni, chiusa in casa con un caldo torrido e morta di stenti, perfino un adulto sarebbe morto in quelle condizioni figuriamoci una bimba piccola, la madre l’ha lasciata per raggiungere il compagno, al quale avrebbe mentito dicendo di aver lasciato la bimba a un familiare. Ora io non so se siano meglio undici coltellate o la morte di fame, sete e disidratazione, non riesco neanche a pensarci. Mi chiedo perché queste donne non sappiano vedersi senza un uomo accanto e antepongano la cura e la vita dei propri figli; sicuramente servono analisi più approfondite della loro fragile psiche, io posso solo provare pena e dolore.

Avevo iniziato a scrivere questo post a fine luglio, sull’onda dell’orrore che queste storie mi avevano suscitato, poi il caldo mi aveva sopraffatto gettandomi in una sorta di abulia. Oggi, mentre l’estate sembra volgere al termine dopo tanto caldo che ci toglieva la ragione (non so da voi, ma qui le temperature si sono abbassate moltissimo) ho ripreso la scrittura di questo post, è una riflessione che non pretende di trovare alcuna soluzione, ma solo la condivisione di uno sgomento comune a molti. 

Fonte immagini: Pixabay 

sabato 9 luglio 2022

Divagazioni sul caldo



Cari amici, anche voi siete cotti dal caldo come me? 

Immagino di sì, ma di solito avviene sempre così a luglio, quando c’è molto caldo e afa, tranne che quest’anno il caldo “torrido” é cominciato a metà maggio. Ricordo che a inizio maggio, la mattina, per andare al lavoro indossavo ancora la giacca antipioggia e il foulard per proteggermi la gola, un giorno ho perfino riacceso i termosifoni, giusto per dare una scaldata alla casa e al bucato e poi, di colpo, ci siamo ritrovati immersi nel caldo, non il caldo di maggio, ma il caldo di luglio.

Ed è così che io mi sento immersa nel mese di luglio già da maggio. Questa sensazione di lunga estate torrida non mi piace molto, perché io amo la primavera, amo le giornate che si allungano con l’aria che si intiepidisce piacevolmente, dopo il rigido freddo dell’inverno (che poi rigido freddo ne abbiamo avuto poco), insomma l’estate non è proprio la mia stagione preferita, lo sarebbe nella mia mente, ma di fatto preferisco la primavera o il malinconico autunno. Quando fa troppo caldo le mie energie si azzerano, non riesco a fare più nulla, lavoro e basta (che da quello non posso esimermi) ma poi ogni giorno, dopo il lavoro, mi trascino come uno zombie a casa, accendo l’aria condizionata e mi stendo sul divano in modalità catatonica, in cui il massimo che riesco a fare è guardare la tv, quando non mi addormento, oppure al limite leggo. Insomma riesco a fare davvero poco, qualche sera esco, ma solo se si organizza qualcosa con gli amici (perché io piuttosto sto in casa chiusa al fresco, visto che a Bologna è caldo anche fuori, perlomeno in centro, per trovare il fresco bisogna spingersi nell’alto delle colline). 

Questi sono i mesi in cui odio di più lavorare e in cui mi sento proprio una condannata ai lavori forzati, perché nonostante sia estate non c’è nessun rallentamento delle attività anzi, certe pratiche rimaste ferme durante l’inverno, all’improvviso vengono ridestate e diventano urgenti perché si vogliono chiudere prima di ferragosto con l’ultimo consiglio di amministrazione di luglio. Dulcis in fundo in uno dei miei due uffici (visto che ho un doppio incarico) non va l’aria condizionata, si è rotto l’impianto l’anno scorso e nessuno l’ha riparato, l’ufficio è esposto al sole dall’una del pomeriggio, così adotto la strategia di trasferirmi nell’altro ufficio che è all’ombra, anche lì l’aria condizionata va a giorni alterni, ma almeno é un ufficio abbastanza fresco (è in un palazzo storico del centro, al piano terra sotto il portico, buio anche in pieno giorno, ma con queste temperature è diventato il mio ufficio ideale). 

Non voglio assillarvi oltre con le mie lamentele, ma tra il caldo e le scadenze quest’anno non credo di andare oltre questa data con il blog, mi sa che mi fermo qui e, salvo forse qualche escursus informativo, riprendo a settembre. 

Per rinfrescarvi ho messo una foto del Borgo al cotone di Marciana Marina un comune dell’isola d’Elba dove la vita sembra più leggera, ma forse solo perché c’è il mare...e comunque lì nel borgo al cotone, delizioso angolo del paese sopra un porticciolo antico dotato di panchine e gerani con vista sul mare, c’è una splendida arietta fresca anche alle tre del pomeriggio, è l’ora in cui ho fatto la foto. 

Se volete saperne di più eccovi un link Borgo al cotone

Penso che se vivessi in un posto di mare la vita sarebbe più leggera, é un’idea fissa che ho, voi cosa ne pensate?