venerdì 27 agosto 2021

Il vento leggero del ricordo

Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo.
(Isabel Allende)

Era una domenica mattina, l’unico giorno che potevo dormire fino a tardi o, almeno, un po’ di più, invece mi era toccato svegliarmi addirittura prima degli altri giorni, alle cinque del mattino, dovevamo accompagnare, con la mia auto, un amico in aeroporto, arrivava in stazione a Bologna alle 6, 30 o alle 7,00 non ricordo bene, però il suo aereo partiva alle 8,00 o alle 9,00 destinazione Los Angeles. La sera prima mi aveva chiamato la mia amica Angela:  

“Domani devi svegliarti presto, dobbiamo accompagnare Vincenzo in aeroporto, così lo possiamo salutare, il treno da Firenze arriva in stazione alle 6,30”

“Cosa! Ma sei matta, mi dovrei svegliare all’alba!

“Ormai gli ho promesso che lo avranno portato noi in aeroporto, e poi sei tu che hai la macchina, perché davvero non vuoi salutarlo!

E certo che no, Vincenzo era come un fratello per noi, e poi partiva per l’America, chissà quando lo avremmo rivisto! Era andato a Los  Angeles per lavorarci un anno e poi tornare, invece ci era rimasto a tempo indeterminato, ormai era già molto tempo che lavorava lì, non c’era speranza che tornasse in Italia. Era passato da Firenze per non so quale incombenza, forse prendere le ultime cose dalla casa in cui era vissuto nel periodo universitario e il passaggio a Bologna - con il suo nuovo aeroporto internazionale - era l’occasione per ritrovarsi per il breve tempo di un saluto.

“Beh, in effetti ho voglia di rivederlo e salutarlo, vengo a prenderti alle 6,00 e poi andiamo in stazione...”

Angela mi dava sempre l’imput per fare le cose con entusiasmo. Così quella mattina passammo a prendere  Vincenzo, per noi ormai l’amico americano,  in stazione abbracci e baci e poi la corsa in aereoporto, facemmo colazione insieme prima che annunciassero il suo volo,  quella mattina parlammo del più e del meno con il nostro solito entusiasmo, avevamo meno di trent’anni e tutta la vita davanti. Così, dopo il check in e la colazione al bar lo scortammo fino all’entrata della zona di imbarco e lì ci lasciammo. Io e Angela passammo insieme il resto della domenica, forse ci ritrovammo in tarda mattinata con alcuni miei amici di Bologna, mi sembra di ricordare per una passeggiata in collina a Parco Cavaioni, forse finimmo la serata in pizzeria, il ricordo di quel giorno così nitido al mattino si fa via via più sfumato. 

Non sono sicura di che anno fosse, probabilmente era il 1991, perché vivevo ancora nella mia prima casa in affitto, e lavoravo anche il sabato mattina; per questo mi sembrava così prezioso il sonno della domenica. Ed ero ancora libera da impegni con quello che sarebbe diventato mio marito, lui monopolizzava tutto il mio tempo del week end e quindi anche la domenica mattina. 

Era la più giovane di noi, eppure è quella che se n’è andata per prima, all’improvviso in una sera di maggio, trent’anni dopo, lasciandoci affranti e senza consolazione

Finché ha studiato a Bologna ci siamo viste assiduamente, ogni occasione era preziosa, il cinema, le serate con amici nelle osterie, il gelato in baracchina nelle prime calde sere estive, e poi il ritrovo in Puglia con tutti gli altri amici. Era sempre lei a fungere da collante anche con gli altri. E poi i suoi bambini, per loro ero l’amica della mamma di Bologna che portava i giocattoli. Era la prima (e spesso anche l’unica) persona che chiamavo quando arrivavo in Puglia, era l’amica che informavo dei miei problemi, anche quelli più segreti e difficili da raccontare, perché con lei riuscivo ad aprire il cuore e non mi sentivo mai giudicata. 

Eppure di tutti i ricordi che ho con lei, stranamente, quello che resta più vivo in me è quella mattina in aeroporto con Vincenzo, lui che attraversa il varco e si volta indietro a salutarci mentre noi due gli sorridiamo con affettuosa commozione.

E ancora una volta è stata lei a farci ritrovare, Vincenzo è tornato dall’America per pochi giorni la settimana di ferragosto solo per andare al cimitero e ritrovarsi con noi, il gruppo solito di amici, quelli che non vedevo da una vita. Ogni parola, ogni sorriso, ogni discorso sembravano strani senza di lei, era un dolore sordo non sentire la sua voce e la sua risata così energica e potente, così piena di vita. A ogni istante mi aspettavo che saltasse fuori all'improvviso dicendoci che era stato tutto uno scherzo. 

L'altra sera, rientrata a Bologna,  pensavo a lei camminando verso casa in questo torrido agosto e mi sono sentita sfiorare il viso da una brezza leggera, mi piace pensare che fosse il suo saluto. 

 

Fonti immagini: Pexel

sabato 14 agosto 2021

Aperto per ferie

 


A volte le parole di un libro ci accarezzano con il loro suono al punto che pensiamo di non poter, in alcun modo, eguagliare una simile bellezza.

Questa frase l’ho trovata scritta su un foglietto conservato in un libro di carta, uno di quelli comprati sull’onda dell’emozione e che non ho ancora letto. Un foglio senza data e quindi senza tempo, è una frase che ricordo di aver scritto ma non ricordo bene quando, anche se ricordo bene il senso, volevo esprimere il timore di non poter mai eguagliare con la mia scrittura la bellezza di alcuni libri di cui mi innamoravo follemente. Direi che è un timore sempre attuale. Così ho ricopiato la frase qui nel blog e ho preso il libro per portarlo con me in Puglia per poterlo leggere, chissà che non ci riesca stavolta. Faccio fatica a leggere i libri di carta, alcuni mi dimentico di averli, devo metterli sul comodino finché non ho finito di leggerli, è l’unico metodo. 

Fare spazio in libreria mi ha portato anche questo, ritrovare frammenti di parole e di ricordi dentro i libri, ho almeno una decina di libri che non ho letto e, infatti, li ho conservati nella speranza di farlo, magari ora, che non sono più confusi in mezzo ai tanti già letti e che ho eliminato portandoli presso Tesori di carta, ci riuscirò. 

A proposito mentre tutti chiudono i blog per le vacanze il mio blog è rimasto “aperto per ferie” anche perché ho più tempo adesso che in altri periodi dell’anno. Nei mesi estivi c’è un leggero rallentamento delle attività, perfino durante la settimana lavorativa sembra di avere più tempo, ma è solo un’illusione, certe incombenze sono solo rimandate, magari perché alcuni colleghi sono in ferie, ma poi ritornano e quello che era rimasto fermo ricomincia a pressarti. In questi giorni quindi mi sono dedicata di più alla lettura e anche al blog, nel senso che ogni tanto mi veniva l’idea per un post e impostavo una bozza, non so quante di queste ne pubblicherò davvero. Questo sì perché é un post vacanziero che serve anche per augurarvi buon ferragosto, una festa che io vivo quasi come una maledizione, colpa del caldo e dell’insofferenza che mi assale in questo periodo. Il mese di agosto è sempre un mese sospeso tra l’estate e la sua fine, tra il passato e il futuro, tra rilassatezza e ansia.

A proposito, il libro che non ho ancora letto si intitola I segni sulla pelle di Stefano Tassinari, l’ho comprato una sera dopo lo spettacolo all’ITC teatro di San Lazzaro, un piccolo teatro che organizzava sempre delle serate interessanti, serate che facevano parlare i libri e i loro autori, la rassegna si chiamava “La parola immaginata” in pratica c’erano degli attori che leggevano estratti del romanzo con sullo sfondo alcune scenografie del romanzo. Al termine della rappresentazione l’autore veniva intervistato da Stefano Tassinari, giornalista e autore di libri e testi teatrali, era lui il curatore di questi spettacoli. Ogni anno venivano organizzate due o tre serate di questi spettacoli raccontati, ci andavo sempre con alcune amiche appassionate di letteratura, l’organizzatore era davvero molto bravo. La sera che comprai il romanzo però lui non c’era, era morto qualche mese prima e quella sera, il 18 ottobre del 2012, era stata organizzata in sua memoria. Sono così precisa perché dentro il libro ho conservato il biglietto di quella sera tenuto come ricordo e come segnalibro. Il romanzo parla del G8 di Genova e mi sono resa conto che, a vent’anni da quell’evento, non ne so abbastanza e allora è giunto il tempo di leggerlo. Nel luglio del 2001 i movimenti ti no-global sono scesi in piazza per chiedere qualcosa che oggi è tornato terribilmente attuale e urgente: la salvaguardia dell’ambiente e combattere i pericoli della globalizzazione, qualcosa che oggi è sotto gli occhi di tutti nella sua piena evidenza. 

Così, con qualche spunto di riflessione in questo torrido periodo, vi auguro buon ferragosto. 

Fonti immagini: Pexel

sabato 7 agosto 2021

I sette segreti di Bologna

 


In questi giorni ho finito di leggere un libro molto interessante intitolato “Alla scoperta dei segreti perduti di Bologna” di Barbara Baraldi, ho comprato l’ebook parecchio tempo fa e ho letto alcuni capitoli in modo un po’ sparso, solo di recente mi sono decisa a leggerlo tutto, è un libro che mi ha catturato e mi ha fatto scoprire storie su Bologna che non conoscevo. Così con il recente riconoscimento dei Portici di Bologna come patrimonio dell’umanità dell’Unesco mi è venuta voglia di raccontare le mie impressioni in questo post. 

Il libro è veramente ricco di storie dal medioevo ai giorni nostri, alcune piuttosto sanguinarie connesse alla ferocia del potere temporale dei papi del periodo del medioevo, Bologna infatti è stata una delle principali sedi del tribunale dell'inquisizione; altre molto più belle come la firma del documento Liber Paradisus, con cui nel 1257 il Comune di Bologna liberò 5.585 servi della gleba, riscattandoli dai loro padroni e restituendo loro la libertà. In pratica un atto di liberazione dalla schiavitù nel territorio bolognese con seicento anni di anticipo rispetto alla guerra civile americana. 

Non potendo trattare tutte le storie, ho scelto l’argomento, secondo me, più leggero e intrigante che riguarda i cosiddetti sette segreti di Bologna. 



Il voltone del Podestà e il "telefono senza fili". Passando sotto il voltone di Palazzo del Podestà (chiamato anche Palazzo vecchio perché è il più antico edificio pubblico di Bologna e fiancheggia piazza maggiore) ogni tanto si possono notare delle persone di spalle intente a parlare nei quattro angoli, questo perché i suoni vengono trasmessi da un angolo all'altro del Voltone. Io ovviamente l’ho provato con i miei amici già il primo anno che vivevo a Bologna. La spiegazione di tale fenomeno? Questo canale di comunicazione a distanza era stato architettato in epoca medievale per permettere ai monaci di far confessare i lebbrosi tenendosi a debita distanza per evitare il contagio.  

 


La piccola venezia, la finestrella sul canale di via Piella. Bologna una volta era una città di acque con canali navigabili e porticcioli. I canali principali erano il Reno, l’Aposa, il Savena e il Vallescura. Ricordo che dopo la laurea ho abitato per anno vicino via Valdaposa ed era una strada che percorrevo spesso, non sapevo di passare sopra un ... canale. Proseguendo dopo via Valdaposa a circa metà di via Saragozza c'è una strada che va verso le colline e che si chiama Via Vallescura, anche in questo caso non sapevo di passare sopra un canale interrato. Ma ciò che è più famoso è l'affaccio su Via Piella sul canale delle Moline che è la prosecuzione del canale del Reno. In pratica a Bologna c'è una piccola venezia che si può osservare da questi affacci. Una volta su Via Piella c'era una finestrella che si affacciava sul canale, quello rimasto fra i tanti che nel XII secolo, venivano usati per la navigazione mercantile. Ora la finestrella non c'è più, è stato aperto l'intero spazio e ci si può affacciare su un muretto (la foto sopra l'ho scattata questa primavera). Ci sono altre strade di Bologna da cui si può ammirare il canale delle Moline,  via Oberdan ossia la strada di fronte che si intravede dalla mia foto e Via Malcontenti.

 



“Panis vita, canabis protectio, vinum laetitia”, ovvero: “Il pane è vita, il vino è allegria, la cannabis è protezione”. Questa scritta, tuttavia, non inneggia alle droghe ma fa riferimento alla ricchezza che la coltivazione della canapa ha portato a Bologna. La scritta si trova in via Indipendenza, quasi all'angolo con via Rizzoli, sotto la Torre Scappi, sulla volta del Canton de’ Fiori (chiamato così perchè un tempo c'erano molti negozi di fiorai). La canapa veniva utilizzata per ricavarne corde e vele per le imbarcazioni, dai tempi delle repubbliche marinare e fino alla fine dell'ottocento Bologna e Ferrara sono state le maggiori produttrici di canapa nella penisola. Non so se le scritte si vedono in questo mio collage di foto fatto in casa...

Il vaso rotto in cima alla Torre degli Asinelli. Proprio in cima alla Torre degli Asinelli, sulla quale gli universitari più scaramantici non salgono fino al raggiungimento della laurea (si dice che chi sale non si laurea) dovrebbe esserci un vaso rotto che simboleggia la capacità politica di Bologna nel risolvere i conflitti e, in generale, la risoluzione dei problemi. In realtà, è scritto nel libro, il vaso rotto non c’è (fidatevi del libro perché io sulla torre non sono mai salita né ho intenzione di farlo, soffro di vertigini ed è un’esperienza che non anelo…non so in futuro), insomma il vaso rotto è una leggenda, una storia che sta a simboleggiare la resistenza alle avversità

“Panum resisovvero il pane della conoscenza. Bologna è nota come la Dotta (oltre che Grassa e Rossa ): questo perché è sede della più antica università del mondo, risalente al 1088, essa è nata come una libera associazione di studenti che provvedevano a scegliere e a finanziare i docenti. Quindi un’organizzazione molto democratica rispetto al modello parigino di associazione di docenti soggetti all’autorità dell’imperatore e del papa. Sembra che nel 1158 Federico Barbarossa con il documento Privilegium Scholasticum sancisse l’indipendenza da ogni potere dell’università di Bologna. Ora come per il vaso rotto sembra che su un tavolo della sede dell'Alma Mater Studiorum di Bologna (a Palazzo Poggi) c'è la scritta: “Panum resis”, la traduzione letterale è pane della resistenza che, comunque, indicherebbe che la conoscenza sta alla base di tutte le decisioni. La scritta però in tempi recenti non è mai stata localizzata, l’ipotesi è che in passato ci fosse e poi sia.

A proposito vorrei sfatare un mito, mentre per Bologna la Grassa il significato è abbastanza chiaro, è legato al cibo e al fatto che, fin dal medioevo, l’arte culinaria della città fosse molto elevata, così come la qualità e la varietà del cibo, per Bologna la Rossa il significato non è quello che molti vi attribuiscono, non ha nulla a che fare con la politica, è detta la Rossa per il colore rosso dei tetti in terracotta, colore dominante anche per legge e cornici nell’architettura della città.



Il dito del Gigante (ossia della statua del Nettuno). Adiacente a piazza maggiore c’è Piazza del Nettuno con una meravigliosa fontana sulla quale spicca in tutta la sua imponenza la statua in bronzo del dio del mare Nettuno (che i bolognesi chiamano affettuosamente il Gigante). La statua è stata realizzata nel 1564 dallo scultore fiammingo Jean Boulogne de Douai (noto come il Giambologna). La leggenda vuole che ci fosse stato un burrascoso litigio del Giambologna con il cardinale Borromeo che gli impose di rimpicciolire i genitali della statua per rispetto della divinità. Si dice che lo scultore si sia vendicato creando una prospettiva particolare del dito indice del dio Nettuno con la mano stesa in un atto volto a calmare le acque tempestose del mare e che, grazie a un simpatico effetto ottico, diventa un fallo in erezione. Per vedere questo effetto occorre posizionarsi su una mattonella davanti all’edificio della Salaborsa che si trova di fianco alla fontana del Nettuno. Ovviamente è una delle prime cose che uno studente fuori sede (e non solo) va a verificare appena arriva in piazza del Nettuno. Non sappiamo se sia stato davvero uno scherzo del Giambologna oppure un bizzarro caso, ma la prospettiva un po’…ehm… oscena è verissima. Sembra che negli anni passati la nudità della statua (con la sua la prospettiva “fallica”) e la fontana con le ninfe che spruzzano acqua dalle mammelle abbia creato qualche imbarazzo, tanto che qualcuno pensò di vestire la statua e coprire le ninfe con abiti di bronzo. Per fortuna che questi progetti non furono realizzati, sarebbe stato uno scempio…

Pensate che le torri di Bologna sarebbero state molto di più, ma negli anni sono state demolite per fare spazio...



Le tre frecce del portico di Corte Isolani. Lungo la via denominata Strada Maggiore c’è uno splendido portico molto particolare, in legno, è il più elevato portico in legno di Bologna ed è uno dei rari esempi di architettura del XIII secolo presente in città, all’ingresso di Corte Isolani, una galleria che collega le due abitazioni dell’antica famiglia Isolani, attraverso la quale si arriva in piazza Santo Stefano, altra meravigliosa piazza famosa per le sette chiese. Comunque nel portico dalla parte di strada maggiore, se si guarda in alto, ci sono tre frecce conficcate nel soffitto. Ci sono tre leggende al riguardo: potrebbe essere stato uno scherzo goliardico alla famiglia Faccioli che, nel 1877 restaurò l’edificio, oppure un duello maldestro tra due signorotti locali con scarsa mira, oppure la leggenda più simpatica che racconta di tre sicari intenzionati a colpire a morte la moglie fedifraga di un signorotto bolognese, ma costei si affacciò alla finestra senza vestiti e i sicari…sbagliarono clamorosamente la mira. 

Non conoscevo questi sette segreti o, almeno, sapevo di alcuni di essi ma non sapevo si chiamassero “sette segreti”; conoscevo la storia del dito del Nettuno e del telefono senza fili, nonché le frecce e, ovviamente, della piccola venezia visto che ci passo davanti molto spesso e l’ho fotografata migliaia di volte (è anche la foto che ho messo nel mio profilo autore su amazon). Non so se vi è venuta voglia di venire a visitare Bologna, nel qual caso vi consiglio di farlo quando è meno caldo, anche se mi tocca ammettere che in questi giorni di turisti temerari ne sto vedendo in giro parecchi... Vi lascio con il link Youtube della canzone di Francesco Guccini che fa un quadro della città incredibilmente azzeccato.

 


Conoscevate queste storie e cosa ne pensate? A proposito siete mai stati a Bologna?

 

Fonti immagini: le foto sono mie, forse non sono perfette, ma era una calda e afosa mattina di sole          Fonti testi: Wikipedia e l’ebook Alla ricerca dei segreti perduti di Bologna di Barbara Baraldi (oltre alla mia esperienza diretta)

domenica 1 agosto 2021

Fare spazio intorno

 

Ci crediamo liberi ma siamo prigionieri
di case invadenti che ci abitano e ci rendono impotenti. 
Franco Battiato (da La polvere del branco)


In questi giorni sto cercando di fare pulizia o, come si dice con un termine ormai tanto di moda, sto facendo “decluttering”, riporto sotto una definizione trovata su google.

 Decluttering” è un termine inglese che vuol dire fare spazio, eliminare gli ingombri: con il decluttering andiamo a disfarci di ciò che non serve per ritrovare un luogo più funzionale e organizzato, inoltre sembra che questa pratica avrebbe anche dei risvolti positivi a livello psicologico. Insomma per dirla alla Marie Combo: il magico potere del riordino.

E che ci vuole! Sembrerebbe facilissimo, ma non è affatto così.

Fare spazio nell'armadio 

Mi ero messa in testa, all’inizio dell’estate, di liberarmi di moltissimi vestiti che non metto più, anche quelli che mi piacciono, ma che non mi vanno, rinunciando alla folle idea di poterci rientrare, anche perché alla fine non li metterei lo stesso essendo cambiate le mie abitudini...del resto ho smesso di acquistare dei vestiti nuovi, salvo ciò che sia veramente necessario, per esempio ho acquistato in un anno due paia di pantaloni (perché sono ingrassata!) e in pratica sto mettendo quasi solo quelli, sto adottando il sistema di Mark Zuckerberg di vestirmi sempre allo stesso modo, beh quasi, ho tante magliette carine che metto ancora (quelle mi vanno sempre bene).

E a proposito di capi da eliminare una volta usavo molto le giacche, ora proprio non le sopporto più, le trovo scomode e finisco per non metterle. Ne ho un paio che metto in ufficio, anzi le mettevo, perché anche quando ho delle riunioni ormai le faccio on line e spesso disattiviamo anche la telecamera per non avere problemi di ricezione della rete. Quindi posso tenere un paio di giacche, ma le altre posso eliminarle, giusto? In effetti mi sono liberata di parecchi vestiti con l'ultimo cambio dell'armadio, le ho messe in una bella busta sigillata e l'ho inserita nel bidone di raccolta dei vestiti. Tuttavia avevo ancora tanti vestiti in ottimo stato anche firmati (sono lì da oltre 10 anni) che mi dispiaceva mettere nel bidone, quindi in questi giorni ho preparato un bel sacco per portarli in un negozio dell'ANT.

Per preparare il tutto mi è servito un intero sabato mattina, in cui ho tralasciato la pulizia della casa per fare questo lavoro, perché, non so voi, ma io prima di decidere definitivamente di liberarmi di qualcosa me la provo un'ultima volta. Così, tutta soddisfatta, il lunedì successivo sono andata al negozio dell'ANT dove ho trovato un bel cartello esposto in cui era scritto che nel mese di luglio e agosto non accettavano donazioni di vestiti, scarpe e altro. ARGH!

Niente, ho riportato la mia roba a casa; qualcosa l'ho rimesso nell'armadio e qualcos'altro in un sacchetto per il solito...bidone dell'usato. Insomma questo lavoro non è semplice, peraltro mi dimentico sempre delle scarpe, sarà che sono allocate nelle loro scatole in un apposito "deposito" ma mi dimentico sempre di eliminarle...

Fare spazio in libreria 

Per i libri avevo trovato la soluzione di portarli (e regalarli) al negozio "Tesori di carta" e ho dovuto aspettare i periodi in cui era aperto (il negozio si trova in un centro commerciale e finchè ci sono state le chiusure non era praticabile sabato e domenica, quindi era difficile talvolta trovare il tempo durante la settimana), ciononostante ho eliminato diversi libri. Anche questa, però, è un'operazione difficile, perchè - quando decido di volermi disfare dei libri - finisco sempre per sfogliare il romanzo e avere dei ripensamenti. Tra l'altro per i romanzi e i fumetti, non c'è problema, ma i libri di studio non posso portarli in quel negozio perchè accettano solo romanzi, fumetti, DVD e CD, quindi per i libri - cosiddetti di studio - il problema resta.

Non riesco ancora a smaltire tutto quello che vorrei, perchè serve tempo ed energia.

Oltre ai libri ho cercato di eliminare anche una quantità elevata di "carte" tipo documenti bancari, vecchi articoli di giornale che avevo conservato perchè trattavano argomenti che mi interessavano e altro. Ho quasi fuso la distruggi documenti...ma c'è ancora tanto da smaltire.

Fare spazio nella posta elettronica 

In questo calderone di roba da eliminare è finita anche la mia casella di posta elettronica, intendo quella personale. Ormai, tutte le volte che apro la casella di posta, mi appare il messaggio costante di avere lo spazio occupato per il 90% (ovviamente a pagamento potrei espandere lo spazio della casella, ma non ne vedo l'utilità) così mi sono messa a eliminare i messaggi più vecchi, soprattutto quelli con degli allegati pesanti che occupano spazio. 

Mi sono resa conto che avevo delle mail risalenti al 2003! Diciotto anni fa, una vita. Ovviamente scorrere la posta per eliminare delle mail comporta non solo dispendio di energia ma anche un tuffo nostalgico nel passato, ho ritrovato foto che non ricordavo più e scambi di mail con amiche che ormai non vedo quasi più. Tra l'altro ripercorre con la mente certe situazioni mi riporta indietro nel tempo con un certo sgomento, mi sembra impossibile che sia passato tanto tempo. Comunque ho cancellato circa dieci anni di mail, ora anche nella mia casella di posta c'è più spazio.

Fare spazio nel cellulare

Non è stato un lavoro particolarmente oculato, è quasi finita come con i romanzi della mia libreria, però ho cercato comunque di eliminare qualcosa: le app che non uso mai (e mentre lo facevo ho scoperto app utili che non sapevo di avere, quelle di default del cellulare), le foto e i video che non mi interessa conservare (come quelli che ti finiscono nella galleria delle immagini tramite un messaggio whatsapp), i social li ho riorganizzati, disattivando le notifiche e silenziando quei contatti che non mi interessa seguire, infine da tempo ho l’abitudine di svuotare periodicamente le chat dei gruppi whatsapp.

Ho fatto anche un po' di decluttering del blog, in realtà ho eliminato pochissimo, solo un paio di gadget nel layout laterale che proprio non servivano a niente. Anzi approfitto per fare una comunicazione di servizio: per chi volesse ricevere le mail di notifica dei nuovi post ho inserito il link di Follow.it potete iscrivervi, se lo desiderate, nel caso fatemi sapere se funziona. In realtà volevo inserire il servizio di Mailchimp, come suggerito da Maria Teresa Steri del blog Anima di carta, ma non ci sono riuscita, sono una perfetta imbranata tecnologica. 

Ho notato che in molti canali yuotube è tutto un fiorire di consigli su come eliminare il superfluo e su cosa non comprare più, sembra che molti abbiano scoperto l'importanza di queste attività, anche alla luce dell'esigenza sempre più pressante di rispettare l'ambiente, cosa che aiuta rallentando i consumi superflui, appunto.

Per quanto mi riguarda ci sarebbe ancora tanto spazio da liberare nella mia vita, ma per ora mi fermo qui, anche perchè serve del tempo, non è qualcosa che si fa in un minuto e neanche in un'ora. Voi cosa vorreste eliminare nella vostra vita? Siete accumulatori oppure minimalisti?


Fonti immagini: Pexel