domenica 27 settembre 2015

Un libro lungo un film


"Lasciamo sempre qualcosa di noi, quando ce ne andiamo da un posto: rimaniamo lì; anche una volta andati via e ci sono cose di noi che possiamo ritrovare solo tornando in quei luoghi. Viaggiamo in noi stessi quando andiamo in posti che hanno fatto da cornice alla nostra vita. Non importa quanto questi siano stati brevi e viaggiando dentro noi stessi, ci dobbiamo confrontare con la nostra solitudine. Ma tutto ciò che facciamo, non lo facciamo forse per paura della solitudine? Non è questo il motivo per cui rinunciamo a tutte le cose che rimpiangeremo alla fine della nostra vita? ..."
Amadeu Prado (lo scrittore del film)
Sere fa ho iniziato a vedere un film che davano su Rai movie.
Il titolo era «Treno di notte per Lisbona» sono stata attratta dall'idea di Lisbona (città che ho visitato e amato) ho iniziato a vedere il film quasi per caso e poi sono stata conquistata dalla trama. La vicenda ruota intorno a un libro.
Un professore (Jeremy Irons) che vive a Berna salva una mattina una giovane donna portoghese dal suicidio. La donna dimentica l’impermeabile nella cui tasca c’è un libro “L’orafo delle parole” scritto da uno scrittore portoghese. La lettura di questo libro porta il protagonista sulle tracce del suo autore nella sua città Lisbona e scopre una storia piena di passioni e di ideali. Egli infatti decide di partire improvvisamente per Lisbona al fine di cercare questo autore oltre che ritrovare la donna salvata e da cui è rimasto fortemente turbato. Nel corso del suo soggiorno a Lisbona il professore intraprenderà varie ricerche e incontrerà numerosi personaggi che tempo addietro erano entrati in contatto o avevano conosciuto lo scrittore scoprendone la sua militanza contro la dittatura di Salazar ed infine la sua morte avvenuta per un aneurisma cerebrale. Viene esaminato poco il contesto storico e politico che invece serve da sfondo alla storia d'amore dello scrittore-medico e della sua compagna rivoluzionaria. Il professore riuscirà anche a ritrovare la giovane donna salvata dal suicidio e a capire le motivazioni che l'avevano indotta a ciò. 
Quello che ho apprezzato di questo film è stata la delicatezza della storia e la fantastica fotografia che riprende la città di Lisbona in tutti i suoi angoli e prospettive regalando delle immagini suggestive e rivelando la sua anima più intima ed affascinante. 
Inoltre il fatto che le frasi del libro di Amadeu tracciassero il filo conduttore della storia mi è piaciuto moltissimo. Deformazione di chi scrive, i film che parlano di libri sono sempre irresistibili.
Ho scoperto dopo che il film è tratto da un libro di Pascal Mercier (autore che non conoscevo)

questa la presentazione di Amazon:
“Voleva davvero buttarsi giù dal ponte la donna trattenuta una mattina da Raimund Gregorius, insegnante svizzero di latino, greco ed ebraico? Gregorius non sa nulla della donna se non che era portoghese. La mattina dopo, complice la scoperta in una libreria antiquaria del libro di un enigmatico scrittore lusitano, l'altrimenti prevedibilissimo professore prende un treno diretto a Lisbona, dove spera di rintracciare l'autore. Da questo momento decolla una vicenda che costringerà Gregorius a confrontarsi con le contraddizioni degli affetti e gli orrori della Storia in un modo che mai avrebbe potuto immaginare nella sua rassicurante Berna.”

Ho scritto questo post perché le sensazioni del film mi sono rimaste addosso per un paio di giorni, le parole del libro di Amadeu, come il protagonista cambia la propria vita inseguendo le tracce dell’autore mi hanno fatto pensare a quei libri che ti cambiano la vita, li leggi e dopo vedi il mondo in maniera diversa o semplicemente cambi prospettiva, magari per un giorno o forse per sempre.
Mi è capitato spesso di vedere film che parlavano di libri, oppure dove il libro era il pretesto per raccontare la vita del personaggio e del suo percorso di crescita. Quasi sempre sono film che mi hanno conquistato.

E voi da cosa siete catturati di solito in un film o in un libro o in entrambi?  

domenica 20 settembre 2015

Il tempo è la cosa più preziosa che (non) ho


"Esiste al mondo una cosa più ragionevole di una lancetta dei secondi? Ma a insegnarci la malleabilità del tempo basta un piccolissimo dolore, il minimo piacere. Certe emozioni lo accelerano, altre lo rallentano; ogni tanto sembra sparire fino a che in effetti sparisce sul serio e non si presenta mai più. Julian Barnes"
Il tempo, mi sembra di averne sempre meno.
Non nel senso del tempo della vita, quello può saperlo solo Dio, ma parlo del tempo quotidiano che cerchiamo di dedicare alle nostre principali attività.
Io cerco di strappare un paio di ore al giorno, di solito serali, da dedicare alla scrittura, non sempre ci riesco. C’è spesso qualcuno che tenta di “distrarmi” e soffro, divento ansiosa perché sento che passano i giorni e non riesco a fare neanche un decimo di quello che vorrei fare.
La mia attività lavorativa è ricominciata a pieno regime, uscire in orario dal lavoro è già ridiventata una chimera e quindi mi sento oppressa dalla mia stessa vita.

Dopo questa premessa voglio raccontarvi gli eventi di questa ansiosa settimana nel corso della quale ho imparato tante cose interessanti.
Grazie a una segnalazione ricevuta su facebook ho imparato che nella tastiera italiana nel Word non ci sono le virgolette caporali e che per farle è necessario pre impostare i simboli.

<<esempio 1>> invece che «esempio 2»
Notate la differenza, vero? Il primo esempio non è più replicabile perché adesso ho impostato i simboli nel Word del mio notebook.
È fantastico, prima non lo sapevo, ora sì.

Poi, grazie al blog di Michele, Scrivere per caso Acchiappami e a tutti i commenti ricevuti, nonché ai brevi approfondimenti da me fatti successivamente in rete, ho scoperto la differenza chiara e inequivocabile tra sinossi e quarta di copertina. Quante cose si danno per scontate, si pensa di sapere e invece bisogna approfondire, sempre. E avere il tempo per poterlo fare serve molto, tanto per restare in tema.
La “sinossi” è una sintesi accurata del romanzo, utile al fine di presentare il proprio manoscritto all’attenzione di un editore.
La “quarta di copertina” è il testo che figurerà in quarta di copertina, appunto,  e sugli store on line. A differenza della sinossi, non coincide necessariamente con una sintesi minuziosa della trama. Il suo scopo è quello di suscitare la curiosità del potenziale lettore.
Quindi non è il caso di svelare troppi dettagli e soprattutto non è il caso di rivelare il finale, nella sinossi si può fare per dare una precisa idea all’editore di quello che andrà a leggere, se vorrà farlo, e pubblicare, se sarà convinto.
Nella quarta di copertina no, perché il potenziale compratore deve incuriosirsi, ma non deve conoscere tutti i particolari della trama altrimenti  probabilmente perderebbe interesse per il libro. Ora sta nello scrittore o nell’editore, se si ha la combinazione di averne uno che ti prende sotto la sua ala,  saper scrivere una quarta di copertina accattivante e capace di suscitare la curiosità del lettore al punto da fargli comprare il libro o, nel caso degli e book, almeno scaricare l’estratto gratuito che potrebbe fargli decidere di acquistare.
Sinossi e quarta di copertina hanno quindi scopi diversi e per questo sono differenti.
Anche se può essere facile cadere in confusione, ed è quello che è successo a me, perché negli store on line su Amazon la parte descrittiva del libro si chiama “Sinossi” mentre su ibooks si chiama “Descrizione del libro” e su googleplay si chiama semplicemente “Descrizione” quindi come vogliamo chiamarla? Sinossi breve e Sinossi lunga a seconda del destinatario?
Non ha importanza, quello che davvero conta è averne afferrato il senso e lo scopo.

 

Poi sempre questa settimana ho imparato che, anche se percorri una strada con la tua auto con tutta la prudenza possibile e a velocità moderata e hai diritto di precedenza non è detto che te la diano (la precedenza intendo). E può accadere che qualcuno si catapulti sulla tua auto facendoti un certo danno, così mentre stavi cercando di tornare a casa in orario con una lista di cose urgenti da fare (per esempio la spesa al supermercato perché il frigo era vuoto e disperato) ti ritrovi a compilare moduli quasi indecifrabili dove inserire informazioni da reperire al volo cercando nel cruscotto, mentre tenti di mantenere la calma e non maledire il destino che ti ha portato su quella strada. E sai già che il tempo che ti serviva si sta volatilizzando e pensi che non avrai modo di preparare il post, né di continuare con il lavoro di revisione cominciato oltre un mese fa e che, a volte, vorresti soltanto un giorno, solo un misero giorno alla settimana nel quale alzarti la mattina e non dever correre al lavoro, o fare le pulizie né la spesa né accompagnare qualcuno da qualche parte, insomma un giorno tutto tuo nel quale poter fare quell’unica cosa che vuoi fare cioè scrivere.
Poi vorrei anche un giorno in cui rilassarmi e godermi una piccola fetta di tempo libero, ma forse è pretendere troppo.

Scusate se in questo post ho mescolato diversi argomenti parlando del tempo, delle sinossi e dei miei  imprevisti automobilistici, ma anche questa confusione è frutto del tempo che non ho.
E voi che rapporto avete con il tempo?

martedì 15 settembre 2015

Storie che ti cadono addosso

"La fantasia, per mettersi in moto, ha bisogno di una condizione: la leggerezza d'animo." M. Catarozzo, business coach.
Da quando scrivo in forma "stabile" nel senso che dedico ogni giorno parte delle mie giornate alla scrittura, blog compreso, mi è capitato spesso di scavare nella mente alla ricerca di idee e pensieri, non necessariamente originali, ma perlomeno utili e condivisibili.
In particolare per il blog cerco di trattare argomenti che possano interessare non solo me, ma almeno altre cinque o dieci persone...
Per il romanzo invece la mia vena creativa è molto più ampia, è lì tutto nella mia testa e devo solo scriverlo, ho già in mente le scene, i dialoghi, le emozioni che voglio trasmettere.
Bello vero? Devo solo trovare il tempo di mettermi lì e scriverlo.
Il mio problema è che io non scrivo dappertutto, ho bisogno del mio spazio e dei miei accessori.



Per scrivere ho bisogno di stare a casa mia, nel mio angolo, con le mie piccole manìe e abitudini.
Per esempio di quanto vedete in foto:
il notebook per scrivere in word, l'Ipad per consultare eventuali informazioni su google,
carta e penna dove scrivo appunti e promemoria
bottiglia di acqua e bicchiere per ricordarmi di bere e idratarmi
libro di grammatica (non si vede ma è dietro il notebook )
biscotti o qualcosa per calmare gli attacchi di fame
e infine spazio e possibilmente solitudine



E poi cosa mi serve? Ah le idee, quelle servono, perchè a volte non ci sono oppure sono troppe, tutte ingarbugliate che girano vorticosamente nel cervello e fanno tanta confusione.
Quindi devo metterle in ordine e in fila e magari inserirle in una storia.
Poi c'è la storia che invece ti cade addosso, gira nella mente da diversi giorni e si insinua lentamente attraverso il ricordo e tu cerchi di scansarla perchè non sei sicura che sia una buona idea.
Non sai quando vedrà la luce, ma qualche riga l'hai già buttata giù sui tuoi appunti, hai già scritto alcune pagine sul tuo tablet e quando le rileggi ti illumini e trovi altre idee, altri spazi e il pensiero finisce sempre lì in quella storia.
Poi quando non te l'aspetti la storia bussa alla porta e ti sorprende e, a quel punto, non resta che scriverla.

Potrebbe sembrare una domanda retorica perchè chi scrive spesso lo fa perchè è un suo bisogno insopprimibile, ma capita anche a voi di avere storie che non vi lasciano stare finchè non le scrivete? 

 

lunedì 7 settembre 2015

Letture sotto il sole rovente e quello che viene dopo


Avevo iniziato a scrivere questo post nel mese di agosto, perché volevo parlare delle mie letture sotto il solleone, poi sono stata sopraffatta da altro.
All’inizio di agosto dopo aver dedicato le mie energie alla pubblicazione di Fine dell’estate, ho iniziato a leggere Zero Zero Zero di Roberto Saviano che era sul mio Ipad già da un po’.
Il libro parla del narcotraffico e di tutto quello che c’è dietro, quindi non è un libro facile, anche se Roberto Saviano scrive di argomenti difficili maledettamente bene e riesce a incollarti alla pagina con la terribile e cruda verità della parola. La feroce realtà che lui descrive, che non è purtroppo  opera di fantasia, è talmente terribile che cominci ad avere degli incubi, tanto che mi sono sentita precaria come quando la terra in Emilia ha tremato nel maggio 2012 e non riuscivo più a dormire nel mio letto.
Così ho sentito il bisogno di inframezzare la lettura del suo libro con altri più leggeri.
Mi sono lasciata tentare dal best seller “La ragazza del treno” di Paula Hawkins.


Ho pensato “così per qualche giorno sono a posto”.
Invece, niente di tutto questo, l'ho letto in meno di due giorni.
Nel leggere questo libro non mi sono entusiasmata per il tipo di scrittura, però la vicenda aveva il potere di tenermi lì saldata alla pagina.
Rachel è un personaggio così sfortunato (o forse dovrei scrivere "sfigato" per dare meglio l'idea) che la vita degli altri al confronto sembra splendida.
È lei stessa causa del suo male, perché, anche se abbandonata dal marito per un'altra, lui sembra averne avuto tutte le ragioni.
Rachel spia la vita degli altri attraverso il finestrino di un treno che ogni giorno la porta apparentemente al lavoro e, senza che lei se ne renda conto, si ritrova invischiata in una storia più grande di lei e in un mistero che sembra non avere soluzione. 
La vita magnifica della ragazza scomparsa comincia a manifestarsi e a mostrare un lato non così fantastico.
Insomma i personaggi sembrano non essere quello che sono e anche la sfortunata Rachel forse non è poi davvero causa del suo male, forse è stata solo vittima degli eventi o di qualcuno...
Credo che il pregio di questo libro sia proprio in questa ambiguità dei personaggi che mostrano pian piano un lato oscuro e fino alla fine non riusciamo mai a intuire qual’é la verità. Ci sembra tutte le volte di intravederla, ma poi accade qualcosa che ribalta la situazione. Fino al finale a sorpresa.
In questo romanzo ci sono tre voci narranti femminili: Rachel,  la vittima e la nuova moglie dell’ex marito di Rachel. 
Ognuno racconta la storia dal suo punto di vista e con orizzonti temporali leggermente sfalsati.
Ho notato in diversi libri questa tecnica narrativa, in "Santa degli impossibili" di Daria Bignardi oltre alla voce narrante della protagonista alcuni capitoli hanno come voce narrante il marito della protagonista e la figlia dodicenne. 
Insomma si scrive sempre in prima persona, ma il punto di vista degli altri personaggi è inserito nella vicenda con le loro voci narranti.
Non per niente ci sono interi romanzi, sequel di libri già famosi, dove si narra la storia dal punto di vista dell’altro protagonista principale, un esempio che vale per tutti il mister “Grey” delle famose 50 sfumature.
Quello che una volta veniva realizzato attraverso la terza persona, che permetteva di raccontare nello stesso romanzo il punto di vista dei vari personaggi, con questa tecnica viene costruito su  capitoli o romanzi diversi.
(Sì lo so nell'ultimo caso più che una tecnica narrativa è una studiata operazione commerciale, ma va bene così.) 
Io personalmente preferisco leggere tutta la storia in un solo libro piuttosto che leggerne diversi per avere il punto di vista di tutti i personaggi,  però come si dice “de gustibus non dispuntatum est” 
e, con questa citazione, ho esaurito le mie nozioni di latino, siete avvertiti. 

Sempre per inframezzare la lettura di Zero Zero Zero ho acquistato “Una lunga estate crudele” di Alessia Gazzola, l’ho comprato perché era in offerta a 3.99 ed era un ebook la cui trama mi aveva incuriosito già tempo fa quando costava molto di più e a parità di prezzo (più o meno) avevo preferito la Ferrante.



Una cosa che mi è piaciuta di questo libro, che ho trovato a tratti strano in quanto oscillante tra le introspettive indecisioni amorose della giovane protagonista, specializzanda medico legale, e la trama del giallo con risvolti sicuramente originali, è stato l’aver intitolato ogni capitolo con citazioni di canzoni e libri di autori vari, classici e moderni.

Ormai quando leggo un libro è più forte di me: “osservo” con ossessiva pedanteria le modalità di scrittura, i titoli dei capitoli, se ci sono, le espressioni usate, la punteggiatura, l'uso della prima o della terza persona ecc ecc

Proprio oggi pensavo che nell’evoluzione della scrittura nel corso degli anni ci sono stati parecchi cambiamenti, per esempio l'uso molto più intenso dei dialoghi e, in particolare, la tendenza ad usare sempre meno la terza persona rispetto alla prima.
Considerato che ho usato la terza persona nel mio secondo romanzo, è sorto in me l'amletico dubbio sul fatto che tale forma sia più o meno gradita al lettore
A me la terza persona piace molto perché ogni personaggio può esprimere se stesso, senza necessariamente farlo “parlare” con un dialogo.

Ma domenica mattina, mentre finivo un capitolo di Saviano (sono a metà libro) mi sono ricordata che, incuriosita dal post di M. che trovate qui , volevo scaricare l’estratto di "Io che amo solo te" di Luca Bianchini, che da tempo pensavo di leggere (la trama mi entusiasmava parecchio) e così ho scoperto che è scritto in terza persona. Ovviamente dopo l'estratto ho comprato l'intero ebook!
Che meraviglia, ho pensato, allora non sono così fuori moda!
E voi che tecniche narrative prediligete?

martedì 1 settembre 2015

Settembre

Ahi settembre, mi dirai, quanti amori porterai … cantava Alberto Fortis parecchi anni fa

 
Settembre è un mese che mi dona sempre una strana malinconica inquietudine
Sarà l'avvicinarsi dell'autunno, il rientro alla quotidianità
Saranno le giornate che si accorciano e le ore di luce che diminuiscono
Sarà il ricordo dei primi giorni di scuola e il sapore dell’infanzia
Sarà l’aria più fresca e il cielo più azzurro
Ma nonostante l’aria malinconica si apre nel cuore anche una gioia leggera e un senso di liberazione,
da cosa bene non so,
forse dalla cappa del caldo e dalla frenesia dell’estate.
È comunque un mese che ho sempre amato perché mi dona serenità.
E mi viene spontaneo fare il punto della mia vita e dell’anno che volge al suo ultimo quarto.
Mi vengono in mente buoni propositi per l’inverno che quasi sicuramente non rispetterò.
Ritorno con il pensiero ai viaggi brevi di fine estate che vorrei ripetere e che probabilmente non farò. 
E a settembre la mia mente ripropone per l’ennesima volta la poesia
Autunno di Vincenzo Cardarelli che puntualmente riecheggia a memoria dentro di me
e che secondo me è bellissima.

 
 
Già lo sentimmo venire nel vento d'agosto,
nelle piogge di settembre torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
 
Ora passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.