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Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo. (Isabel Allende) |
Era una domenica mattina, l’unico giorno che potevo dormire fino a tardi o, almeno, un po’ di più, invece mi era toccato svegliarmi addirittura prima degli altri giorni, alle cinque del mattino, dovevamo accompagnare, con la mia auto, un amico in aeroporto, arrivava in stazione a Bologna alle 6, 30 o alle 7,00 non ricordo bene, però il suo aereo partiva alle 8,00 o alle 9,00 destinazione Los Angeles. La sera prima mi aveva chiamato la mia amica Angela:
“Domani devi svegliarti presto, dobbiamo accompagnare Vincenzo in aeroporto, così lo possiamo salutare, il treno da Firenze arriva in stazione alle 6,30”
“Cosa! Ma sei matta, mi dovrei svegliare all’alba!”
“Ormai gli ho promesso che lo avranno portato noi in aeroporto, e poi sei tu che hai la macchina, perché davvero non vuoi salutarlo!”
E certo che no, Vincenzo era come un fratello per noi, e poi partiva per l’America, chissà quando lo avremmo rivisto! Era andato a Los Angeles per lavorarci un anno e poi tornare, invece ci era rimasto a tempo indeterminato, ormai era già molto tempo che lavorava lì, non c’era speranza che tornasse in Italia. Era passato da Firenze per non so quale incombenza, forse prendere le ultime cose dalla casa in cui era vissuto nel periodo universitario e il passaggio a Bologna - con il suo nuovo aeroporto internazionale - era l’occasione per ritrovarsi per il breve tempo di un saluto.
“Beh, in effetti ho voglia di rivederlo e salutarlo, vengo a prenderti alle 6,00 e poi andiamo in stazione...”
Angela mi dava sempre l’imput per fare le cose con entusiasmo. Così quella mattina passammo a prendere Vincenzo, per noi ormai l’amico americano, in stazione abbracci e baci e poi la corsa in aereoporto, facemmo colazione insieme prima che annunciassero il suo volo, quella mattina parlammo del più e del meno con il nostro solito entusiasmo, avevamo meno di trent’anni e tutta la vita davanti. Così, dopo il check in e la colazione al bar lo scortammo fino all’entrata della zona di imbarco e lì ci lasciammo. Io e Angela passammo insieme il resto della domenica, forse ci ritrovammo in tarda mattinata con alcuni miei amici di Bologna, mi sembra di ricordare per una passeggiata in collina a Parco Cavaioni, forse finimmo la serata in pizzeria, il ricordo di quel giorno così nitido al mattino si fa via via più sfumato.
Non sono sicura di che anno fosse, probabilmente era il 1991, perché vivevo ancora nella mia prima casa in affitto, e lavoravo anche il sabato mattina; per questo mi sembrava così prezioso il sonno della domenica. Ed ero ancora libera da impegni con quello che sarebbe diventato mio marito, lui monopolizzava tutto il mio tempo del week end e quindi anche la domenica mattina.
Era la più giovane di noi, eppure è quella che se n’è andata per prima, all’improvviso in una sera di maggio, trent’anni dopo, lasciandoci affranti e senza consolazione.
Finché ha studiato a Bologna ci siamo viste assiduamente, ogni occasione era preziosa, il cinema, le serate con amici nelle osterie, il gelato in baracchina nelle prime calde sere estive, e poi il ritrovo in Puglia con tutti gli altri amici. Era sempre lei a fungere da collante anche con gli altri. E poi i suoi bambini, per loro ero l’amica della mamma di Bologna che portava i giocattoli. Era la prima (e spesso anche l’unica) persona che chiamavo quando arrivavo in Puglia, era l’amica che informavo dei miei problemi, anche quelli più segreti e difficili da raccontare, perché con lei riuscivo ad aprire il cuore e non mi sentivo mai giudicata.
Eppure di tutti i ricordi che ho con lei, stranamente, quello che resta più vivo in me è quella mattina in aeroporto con Vincenzo, lui che attraversa il varco e si volta indietro a salutarci mentre noi due gli sorridiamo con affettuosa commozione.
E ancora una volta è stata lei a farci ritrovare, Vincenzo è tornato dall’America per pochi giorni la settimana di ferragosto solo per andare al cimitero e ritrovarsi con noi, il gruppo solito di amici, quelli che non vedevo da una vita. Ogni parola, ogni sorriso, ogni discorso sembravano strani senza di lei, era un dolore sordo non sentire la sua voce e la sua risata così energica e potente, così piena di vita. A ogni istante mi aspettavo che saltasse fuori all'improvviso dicendoci che era stato tutto uno scherzo.
L'altra sera, rientrata a Bologna, pensavo a lei camminando verso casa in questo torrido agosto e mi sono sentita sfiorare il viso da una brezza leggera, mi piace pensare che fosse il suo saluto.
Fonti immagini: Pexel