domenica 29 novembre 2020

Chi dice donna dice danno?

 


L'idea di questo post nasce da un commento lasciato sul blog Volpi che camminano sul ghiaccio di Elena Ferro, intitolato Linguaggio di genere. Asterisco, chiocciolina o..

Questa settimana cadeva il 25 novembre, per me da sempre una data importantissima, ma solo perchè il 25 novembre è il mio compleanno.
 
Per una risoluzione dell'Assemblea generale delle nazioni unite, dal 1999 è anche la giornata internazionale per l'abolizione della violenza contro le donne.
Bene, avere una giornata a ciò dedicato è una buona iniziativa, ma purtroppo delle donne sono morte proprio mercoledì scorso per mano dei propri mariti o compagni, che tristezza.
Giovedì scorso ero iscritta a un corso on line organizzato dal comitato per le pari opportunità della mia azienda, l'argomento del corso riguardava "Le molestie sessuali sui luoghi di lavoro", io non avevo fatto caso al fatto che il corso fosse il 26 novembre, cioè proprio il giorno successivo a questa ricorrenza, ma visto che era il giorno successivo alla giornata contro la violenza delle donne ovviamente si è parlato non solo degli abusi ma anche delle violenze vere e proprie.
Ho seguito il corso con un orecchio solo, è questo il problema dei corsi on line, finisci per fare più cose contemporaneamente, magari leggi qualche mail oppure rispondi al telefono e ti perdi dei pezzi.
Però comunque con la mia cuffietta ascoltavo e sono rimasta piuttosto colpita da alcune affermazioni. 
Premetto che le statistiche parlano anche di uomini molestati, una percentuale molto bassa ma è doveroso citarlo, ma la storia insegna che le donne da sempre siano state discriminate sul lavoro, soprattutto in determinate situazioni di bisogno, è questo che è terribile, quando c'è il bisogno di lavorare e la donna viene ricattata sessualmente ma non solo perchè ha bisogno di lavorare.
 
Io pensavo che per fortuna non mi sono mai trovata in nessuna situazione spiacevole di questo tipo, nella mia azienda ci sono diverse donne in posizioni di comando (e putroppo sono delle vere iene, mi dispiace dirlo, però alcune sono illuminate, oltre che brave e competenti). Io stessa ho un ruolo di responsabile anche se non sono al massimo livello, nè ci arriverò...
Proprio mentre pensavo di essere fortunata l'insegnante del corso ha detto questa frase:

È violenza ogni volta che qualcuno ti chiede di vestirti in un certo modo per poter lavorare.
Ogni volta che qualcuno ti chiede se sei sposata o se hai intenzione di fare figli, ogni volta che in una situazione lavorativa ti fanno pesare il fatto di essere donna, con frasi o atteggiamenti discriminatori...

Insomma se fai un colloquio di lavoro a un uomo non gli chiedi se ha intenzione di sposarsi o di fare dei  figli, non gli chiedi di indossare la minigonna e il tacco dodici.
La frase mi ha colpito perché all'inizio della mia carriera lavorativa mi é successo qualcosa di simile.
Subito dopo la laurea in economia con 110/110 e lode (lo scrivo solo per sottolineare che la mia appariva come una formazione qualificata) una mia amica - che lavorava in una società di selezione del personale - mi fece compilare subito il curriculum e mi disse che avrebbero proposto il mio profilo ad alcune società che cercava del personale.
Bene, dopo alcuni giorni mi proposero un colloquio con una delle più grandi aziende multinazionali del territorio bolognese. Era un'azienda che operava nel campo della moda e cercavano una figura di Responsabile amministrativo o qualcosa del genere, anche senza esperienza lavorativa pregressa. 
Io andai allegramente a fare il colloquio, eravamo tre in lista, un uomo e due donne.
La mia amica mi confidò che il mio curriculum era il migliore in assoluto, la ragazza credo non fosse laureata, il ragazzo era laureato in economia con un voto basso, credo fosse sotto il 100, io invece avevo il profilo migliore. Tutti e tre senza nessuna esperienza lavorativa.
Ovviamente queste erano notizie riservate, ma la mia amica me ne parlò in gran segreto.

Il titolare (uno degli amministratori nonchè proprietario), abbastanza giovane, ma dall'aspetto serio e austero, mi fece il colloquio e molto tranquillamente mi chiese se fossi fidanzata e se avessi intenzione di sposarmi e avere dei figli.
Io risposi che avevo un ragazzo, ma non avevamo fatto nessun progetto per il futuro, ma ovviamente avendo 24 anni era possibile che in un futuro mi creassi una famiglia.
Lui mi fece i compimenti per il percorso di studi con il massimo dei voti e per altro che non ricordo, ma disse molto candidamente che avrebbe preferito assumere un uomo perché le donne "quando fanno dei figli si assentano e hanno problemi a fare straordinari".
Io rimasi interdetta, ma non obiettai granché, credo risposi: lei faccia pure come ritiene opportuno per la sua azienda o qualcosa del genere.
Fu assunto il ragazzo e quando riferii alla mia amica quello che mi era stato detto nel corso del colloquio anche lei rimase basita.
Certo preferiscono assumere un uomo cretino piuttosto che una donna in gamba, disse irritata dall'arroganza di quell'uomo.
Io non mi preoccupai più di tanto, sapevo che avrei fatto altri colloqui e avuto altre occasioni. 
La beffa del destino è che, anche se non per mia volontà, non ho avuto figli, ma a 24 anni non potevo saperlo.
 
Se avessi avuto un registratore avrei potuto fargli causa, chissà, anche se nel 1988 non era poi strano che degli uomini ai posti di potere facessero certe affermazioni, tra l'altro questi discorsi li ho sentiti fare spesso anche da donne al comando, cosa ben più avvilente. 
Quel corso mi ha fatto ripensare a quell'episodio lontano nel tempo.
Questa grande azienda oggi ha chiuso i battenti, era nata nel 1947 e ha chiuso per concordato fallimentare nel 2015, il marchio è stato poi acquistato da una società americana.
Quindi forse è stato un bene non essere assunta, anche se forse, se fossi stata assunta, me ne sarei andata prima, come ha fatto una mia amica che dopo un anno di lavoro senza che gli pagassero gli straordinari (gli avevano promesso un aumento in alternativa che però non arrivò) si licenziò a cinque giorni dall'inizio della stagione  della fiera campionaria autunnale, lasciandoli in braghe di tela. 
Piccole soddisfazioni per interposta persona.

Ora, nel mio piccolo, per fortuna non ci sono stati altri episodi spiacevoli connessi al mio genere, nel mio percorso lavorativo, anche se non sono mancati apprezzamenti o battute "simpatiche" di certi uomini.
Credo che la violenza e l'abuso nascano soprattutto da un fatto culturale ed è questo che bisogna cambiare, questa deve essere la vera sfida.
Del resto non è forse vero che nel corso dei secoli la donna era il demonio che ti portava alla perdizione, tentandoti con il suo corpo? Era la strega che interagiva con il diavolo, era la sirena che ammaliava col suo canto.

Scoprii che più amara della morte è la donna, che è come il laccio dei cacciatori, il suo cuore è come una rete, le sue mani funi.
da Il nome della rosa di Umberto Eco.



Fonti immagini
Pixabay



22 commenti:

giorgio giorgi ha detto...

Il grande problema che ostacola un buon rapporto tra i sessi è che a volte si pensa che l'altro sesso sia qualcosa di completamente diverso da ciò che siamo noi e dialogarci diventa impossibile. Solo se siamo consapevoli che anche in noi la parte femminile e quella maschile esistono e che il loro buon rapporto ci fa stare meglio, possiamo stare bene e contribuire a creare un rapporto di coppia arricchente per entrambi.

Elena ha detto...

Hai chiuso con una citazione dal mio romanzo preferito un bel post Giulia. Grazie per la citazione, credo che l'opportunità di fare quel corso sia stata importante perché spesso siamo convinte che la violenza non vada oltre i terribili femminicidi e invece è molto più diffusa, pervasiva. Facendo il mio lavoro, per chi non segue il blog sono una sindacalista, spesso difendiamo donne violentate e abusate a parole, volgari, di colleghi uomini che pensano di poter insultare e mettere in imbarazzo con frasi a sfondo sessuale, scherzi spinti, toccati, inviti a cena con un dopo. La cosa che mi colpisce ancora è l'indifferenza dei colleghi e la resistenza agli insulti delle donne. Meglio sarebbe dire subalternità. La ragione a mio avviso sta nel fatto che come tu descrivi, il potere è in mano agli uomini. E potere in un'azienda significa poter consentire orari flessibili, percorsi carriera, persino strumenti di lavoro adeguati. Ecco, è questo a mio avviso nel mondo del lavoro la cosa da fare : distribuire più equamente il potere. Qualche settimana fa ho avuto l'opportunità di scegliere un nuovo collaboratore per la mia squadra. In lizza un uomo e una donna. Taglio corto, ho scelto la donna. In fondo cambiare le cose richiede fare scelte ogni giorno in quella direzione. Sono anche io un "capo". Agire una leadership femminile in un mondo maschile è difficile ma anche straordinariamente stimolante. Grazie Giulia per questa profonda riflessione. Buona serata

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sono io che ringrazio te Elena, senza il tuo post non sarebbe nato neanche il mio, è un periodo che sono a corto di idee e faccio fatica a trovare argomenti, non so, tuttavia questo post dopo aver interagito con te, l'ho scritto quasi di getto ieri e poi l'ho completato stamattina. Mi fa piacere che tu abbia scelto una donna come collaboratrice, non è sempre così scontato anche quando chi comanda è donna. Certo servono le comptetenzd giuste ed è importante non discriminare al contrario. Bellissimo il romanzo Il nome della rosa, ciò che viene descritto nel romanzo a proposito della ragazza è proprio un caso di bisogno, il bisogno più grande: la fame.

Ariano Geta ha detto...

Certamente il problema sono in genere le singole persone, poiché per fortuna non siamo tutti uguali e tra i "superiori" del lavoro c'è la persona brava così come il montato insopportabile e purtroppo pure il disgraziato. Bisogna avere la fortuna di avere a che fare con quella giusta (nel corso della mia carriera lavorativa ho cambiato tre volte ditta e hi avuto a che fare con tutte e tre le tipologie di "superiori" succitati).
Nel caso delle donne il problema è più ampio poiché sono più facilmente vittime di un antico pregiudizio culturale e, col maledetto capitalismo selvaggio, anche dell'assurdo criterio della produttività a ogni costo in base al quale una cosa tanto bella come la maternità viene considerata quasi come un'assenza ingiustificata dal lavoro...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Io penso che uomini e donne sia uguali sotto molti aspetti e ci sia una possibilità di comunicazione totale che deve essere basata sul rispetto. Molti uomini sono dei compagni perfetti per le loro donne, ma forse è la cultura dilagante che è rimasta ancora un po' indietro.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sono fermamente convinta che dipenda sempre molto dalle singole persone ed esistono uomini correttissimi non solo nei confronti delle donne ma nei confronti di tutti, credo che il mondo sia pieno di persone per bene che sono ben di più dei disgraziati. In effetti, il problema per le donne è ben più ampio, c'è il pregiudizio della donna bella ma cretina, della donna che, se arriva al potere, è perché è andata a letto con qualcuno, della donna che se fa dei figli non può fare carriera, e gli esempi potrebbero continuare. Le leggi a tutela oggi ci sono, ma manca una ferma convinzione e diffusione culturale del ruolo della donna.

Monica ha detto...

Intanto auguri, Giulia! ^_^
Ho visto che hai letto il mio ultimo libro e credo che tu abbia capito come la penso. Si parte dalle piccole cose e dobbiamo essere anche noi donne a cambiare il modo di vedere di ciò che siamo e dobbiamo essere, passarlo a figli, nipoti e nuove generazioni. Non mi dilungo, perché sai già tutto!
A proposito, sono contentissima che ti sia piaciuto! *_*
Grazie per le belle parole della recensione! <3

Maria Teresa Steri ha detto...

Brutta esperienza, la tua, che dà la misura di come certi modi di pensare ancora influenzino il mondo del lavoro (e non solo). Anche a me sono capitate situazioni spiacevoli di questo genere che se ci ripenso mi fanno una gran rabbia. A cominciare dallo stipendio che era la metà di quello di due miei colleghi uomini che lavoravano tra l'altro molto meno di quanto facessi io. Purtroppo quello su cui si dovrebbe far leva è proprio la mentalità, ma siamo ancora molto lontani dalla menta.

Maria Teresa Steri ha detto...

volevo dire meta, non menta :D

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Monica! Nel tuo romanzo affermi delle grandi verità sulle donne e sul modo di porsi della società e degli uomini. Hai ragione, bisogna cambiare il modo di vedere e di comportarsi partendo dalle nuove generazioni...è una strada lunga ma non impossibile se tutti si impegnano.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Concordo con te Maria Teresa, siamo lontani dalla meta (anch'io sono spesso vittima del correttore automatico, non preoccuparti). Quel mio colloquio di lavoro, a pensarci adesso, fa rabbia anche a me, soprattutto perchè quelle affermazioni furono fatte come se fosse una cosa normale, oggi almeno lo penserebbero senza dirlo...

Lisa Agosti ha detto...

Te l'ha detto proprio in faccia, non posso crederci. Allora si poteva dire di tutto a chi faceva un colloquio di lavoro, per fortuna non ci tenevi particolarmente a quel posto e l'hai presa come una lezione di vita.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Infatti, una faccia tosta incredibile, per la serie "il padrone sono io e assumo chi mi pare". Era il mio primo colloquio di lavoro, dopo la laurea, quindi ero anche Un po' ingenua e rimasi senza parole, ma forse non c'era molto da dire.
Eh sì, è stata una lezione di vita.

Marina ha detto...

Non mi sorprende quello che racconti: io, avvocato, ho lavorato per una società consortile che si occupava di fare ottenere alle imprese i finanziamenti europei per l'avvio e lo sviluppo della loro attività. In ufficio, lavoravo con un ingegnere e un commercialista, ma io per questi esimi signori imprenditori ero sempre e soltanto la signorina (manco signora). Al telefono, dicevano: "signorì, che fa mi passa il dottore tizio o l'ingegnere Caio" e, quando qualcuno faceva notare loro il mio ruolo, rimanevano interdetti: "ah, la segretaria è avvocato?" (viene da ridere se non fosse vero e drammatico!)

Lisa Agosti ha detto...

hahaha "la segretaria è avvocato" è terribilmente fantastica! Una barzelletta!

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Marina e @Lisa questo è un altro atteggiamento irritante, discriminatorio, la donna in uno studio è la "segretaria", pensare che secondo le statistiche, le ragazze sono le migliori come tempi e voti di laurea perfino nelle cosiddette STEM ossia le materie scientifiche, ma in uno studio associato saranno sempre viste come le "segretarie" (con tutto il rispetto per le segretarie che spesso fanno un lavoro egregio). Una mia amica è diventata magistrato, prima nel corso di laurea e nel concorso, a soli 29 anni, lei mi ha detto che è grata al fatto di poter indossare la toga così capiscono subito il suo ruolo...

Barbara Businaro ha detto...

Vuoi l'elenco di tutte le volte che qualcuno ha fatto osservazioni, insinuazioni o discriminazioni per l'essere donna, sposata o non sposata, madre o non madre?! Le peggiori sono sempre state quelle da parte di altre donne, perché "Sorella, se non cambi atteggiamento tu, chi credi mai lo farà?" Del resto, se consideriamo che ogni maschio ha una madre, capisci che il pesce puzza dalla testa.
E non bastano né le giornate di sensibilizzazione né le chioccioline. Questa cultura deve rinnovarsi dalla scuola elementare.

Potrei dirti del mio primissimo impiego, solo come ragioniera, dove il proprietario, di ritorno un po' brillo dal pranzo con i clienti, si permise di chiedermi con una battuta se fossi bionda anche nelle parti intime. Se lo sguardo può incenerire, l'ho fatto secco. Non ho proferito parola e mi ha chiesto scusa. Era pure un conoscente di mio padre, e la cosa peggiore infatti fu che mio padre, a cui raccontai l'accaduto, lo scusò. Mia madre fulminò mio padre col medesimo sguardo.

Poi ho avuto un capo donna meraviglioso per un breve periodo, perché era solo uno stage e non c'era gran futuro per me lì. Anche lei se ne andò poco dopo, mettendosi in proprio. Di più, la costrinsero ad andarsene perché a furia di straordinari e di responsabilità che nemmeno le competevano, stava rischiando la gravidanza.

Poi ho avuto capi uomini straordinari, uno dei quali con una figlia che compiva gli anni il mio stesso giorno, e penso che mi ha preso sotto protezione per quello. Una volta abbiamo litigato sul lavoro (due teste dure, va detto), gli ho augurato di avere un'altra figlia per calmarsi gli spiriti e tadah! La moglie gli ha annunciato la gravidanza una settimana dopo, la bimba è nata al 12 dicembre, un giorno dopo l'altra. Non ha più litigato con me! :D

Ho avuto un altro capo donna, alto dirigente, che a parole sembrava sempre dalla parte delle dipendenti. Nei fatti sono stata discriminata proprio in un momento grave della mia salute, quando avevo necessità di visite mediche fuori regione. E' stato proprio lì che ho capito che la discriminazione sul mondo del lavoro la perpetrano le donne stesse.

Cambiato qualcosa oggi? L'ultimo colloquio mi hanno chiesto se sono sposata e se ho figli. Risposta: "Beh, non è rilevante, comunque sono sposata e non ho figli, ma questo non significa che non ho incombenze famigliari o altri impegni, fuori dall'orario di lavoro."
Non hanno ancora capito l'antifona. Perché purtroppo chi non ha figli dovrebbe, nel loro cervellino, lavorare sempre. Che altro vuoi fare a casa sennò? Godermi la vita, tanto per cominciare.

Resta poi un'altra questione importante: c'è una fetta di donne che sanno di avere un certo ascendente col loro fisico e si prestano fin troppo volentieri a questo gioco. Se non ci arrivano col cervello, ci arrivano con la minigonna. In questa pandemia ho sentito pure donne lamentarsi di lavorare da casa, perché così non riescono ad avere la giusta "attenzione" da parte dei colleghi maschi. Dubito che questo atteggiamento aiuti a cambiare la cultura sessista.
Altro che chioccioline.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Certe donne sono più nemiche delle donne degli uomini, purtroppo, è un dato di fatto: c'è la donna che usa la propria bellezza per emergere a scapito di donne meno belle e più competenti; c'è la donna che arriva al potere e diventa una vera iena proprio con le collaboratrici donne, pensa che una mia dirigente ha richiamato una collaboratrice perchè un giorno ha preso un giorno di malattia e ha telefonato la mattina dopo le nove (il giorno prima era andata a fare la chemioterapia per un tumore al seno) questa collega mi ha telefonato piangendo e io ho cercato di consolarla come potevo, assurdo che in una situazione simile ci si comporti così.
Era una donna che, a parole, era dalla parte delle donne, salvo poi comportarsi così.
La questione che se non hai figli DEVI fare straordinari senza problemi, ovviamente mi irrita profondamente perché se non ho figli ho però una vita - che vorrei vivere- fuori dal lavoro, vita che potrebbe anche essere dormire sul divano...
Che poi un uomo, in ambiente di lavoro, si permetta di fare allusioni al colore dei peli pubici è sconvolgente, ma non mi stupisce, ne ho sentite anch'io di battute becere in ambiente di lavoro...

Grazia Gironella ha detto...

Siamo ancora lontani dal vedere sparire le discriminazioni. Magari gli stessi che alzano il sopracciglio all'idea che un'impiegata abbia dei figli sono convinti che le loro mogli abbiano tutto il diritto di accudire i figli senza esserne danneggiate dal punto di vista professionale.

Giulia Lu Mancini ha detto...

È vero Grazia, credo che ci sia anche un concetto errato del mondo del lavoro, voglio dire che è possibile lavorare ed essere moglie e madre con le strutture a supporto della famiglia, strutture che sosterrebbero anche i padri ovviamente. Oggi c'è il concetto errato, ma sempre più radicato, che devi dedicare al lavoro sempre più tempo altrimenti non sei bravo/brava invece non è così che deve essere, c'è un tempo per il lavoro e un tempo libero per se stessi, la famiglia o quello che ognuno desidera. Insomma anche questo concetto deve essere cambiato, perché non è vincente per una società.

Luz ha detto...

Questo è un problema che ha l'aspetto di uno di quelli irrisolvibili, essenzialmente perché, parere mio, la maggior parte delle donne non lotta per risolverlo. Mi ricordo mia zia, impiegata in un diverse agenzie di assicurazioni. Lei che aveva imparato perfettamente il mestiere e si occupava del grosso delle pratiche, era trattata come una segretaria da principale. La chiamava Teresa e le dava del "tu", lei invece dava del "lei" e lo chiamava "signor...". E non era neppure la sua segretaria.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Questo è il grande limite che spesso le donne devono sopportare, forse bisogna imporre il lei di default, oppure il "tu" deve essere reciproco soprattutto nei rapporti di lavoro.