venerdì 12 gennaio 2024

Compagni di scuola

 

Compagno di scuola, compagno di niente, ti sei salvato dal fumo delle barricate? Antonello Venditti 


Lo scorso anno un post di Elena Ferro Il tema della mia vita  mi ha fatto ripensare ai miei compagni di scuola e così mi era venuta voglia di parlarne. Il post è rimasto in bozza per molti mesi perché diventa sempre più complicato per me dedicare del tempo al blog, salvo farlo in piccolissimi ritagli di tempo e con lentezza, l’unica lentezza che mi é concessa dipendendo solo da me. 

Quando sento storie di bullismo in tv mi sembra di vivere in un pianeta alieno, perché mi torna in mente la mia classe delle superiori dove invece c’era un sostegno globale, non lasciavamo indietro nessuno, a maggior ragione i più fragili. E sono proprio i più fragili che ricordo meglio, perché le loro storie sono quelle più difficili. La nostra classe era abbastanza uniforme, tutti studenti di famiglie modeste, non ricche ma piene di onestà e buoni principi. Allora chi frequentava l’Istituto tecnico commerciale non aveva aspirazioni universitarie, si sceglieva questa scuola perché con il diploma si voleva poi iniziare a lavorare in qualche modo, a differenza dei ragazzi che frequentavano il liceo classico che avrebbero sicuramente fatto l’università. Le cose poi andavano diversamente perché dopo il diploma molti si iscrivevano all’università, un po’ perché davvero motivati, un po’ perché il lavoro non c’era. Della mia classe almeno la metà ha proseguito gli studi. Ma, facendo un passo indietro, ricordo che per arrivare alla mia scuola dovevo prendere la corriera ogni mattina alle 7,20 per arrivare nel paese vicino, una cittadina di circa 60.000 abitanti, completa di tutte le scuole. Il tragitto in corriera non era lungo c’erano pochi chilometri ma era necessario comunque svegliarsi presto per arrivare a scuola in tempo. Oggi non è più così, il mio paese natio ha tutte le scuole e due mie compagne di classe, dopo anni di supplenze fuori sede, insegnano proprio in una scuola del paese. Comunque allora la classe era formata da gruppi di studenti provenienti da centri diversi della provincia che si aggiungevano ai fortunati che invece abitavano sul posto, che comodità. 

Tra gli studenti della nostra classe ricordo alcuni in particolare.

Fabrizio: era un ragazzo schivo, sempre con l’aria triste, ma ogni tanto esordiva con delle battute sagaci che facevano ridere tutta la classe. Collezionava una sfilza di brutti voti, ma poi a metà dell’anno scolastico recuperava sempre una striminzita sufficienza per essere promosso. Questo avveniva perché molti compagni di classe, incalzati anche dai professori, lo aiutavano a studiare e a prepararsi in vista di un compito in classe e di una interrogazione e così riusciva a recuperare. È capitato più volte che anch’io mi unissi al gruppo per spiegargli un concetto di tecnica o di ragioneria prima di un’interrogazione. In pratica tutti noi lo avevamo un po’ adottato perché Fabrizio aveva una situazione familiare problematica, era figlio di genitori separati e viveva con la nonna, sua madre viveva fuori per lavoro e lui la vedeva solo durante le feste, suo padre, invece, non so quanto fosse presente nella sua vita. Di aspetto anonimo, vestito male e poco curato, Fabrizio sarebbe stato il perfetto bersaglio dei bulli di oggi, invece noi lo avevamo adottato e ce ne prendevano cura per quello che potevamo fare. 

L’episodio più importante avvenne alla maturità. Tra i componenti della commissione per gli esami di stato c’era il nostro professore di ragioneria, un professore severissimo che pretendeva da noi una preparazione precisa e puntuale e ci interrogava quasi tutti i giorni a sorpresa, con lui eravamo costretti a studiare sempre. Non lo ringrazierò mai abbastanza per questo, il metodo e la preparazione acquisita grazie alla sua severità è rimasta un punto fermo della mia formazione scolastica. Era severo ma anche lui molto attento nei confronti di Fabrizio. Lo spronava a studiare la sua materia senza assillarlo troppo ma  non perdendolo mai di vista. All’epoca per gli esami di maturità la commissione era composta da un professore interno all’istituto e tutti gli altri erano membri esterni, c’erano due scritti e all’esame orale si portavano due materie, la prima era scelta dallo studente la seconda poteva essere scelta dalla commissione: in pratica si proponevano due materie ma la seconda poteva essere cambiata su decisione della commissione anche il giorno prima dell’esame. La più grande carognata era cambiare la materia a un candidato. Con Fabrizio successe proprio così, la seconda materia da lui scelta fu cambiata, non ricordo quale fosse la materia scelta da Fabrizio, ma gli imposero Ragioneria. Il professore interno fu informato il giorno prima dell’orale e lui chiamò tutti gli studenti più bravi della classe per avvertirli. Passarono la notte con lui a ripassare ragioneria. Quella mattina eravamo tutti lì a sostenerlo. Ebbene l’orale di Fabrizio fu molto buono e alla fine il voto di maturità fu più alto di quanto tutti noi ci aspettassimo. Tutti fieri di lui come fosse un nostro fratello e, forse, lo era davvero. 

Perché oggi invece c’è tanta cattiveria verso i più deboli? Viviamo in un mondo in cui se qualcuno è fragile diventa un bersaglio di odio, qualcuno da umiliare e sottomettere, lo vediamo sempre più spesso nella realtà di tutti i giorni e ovviamente nei social. E la scuola è diventata una trincea per gli stessi professori

Poi ci sono gli altri compagni di scuola, c’era la più bella della classe che si chiamava Angela, bionda con il naso piccolo e le labbra a cuore. Quando Venditti nella sua canzone cantava “quella del primo banco, la più carina” mi veniva in mente lei, niente affatto cretina a dispetto della canzone. Poi c’era Michele che sognava di scrivere come me anche se, leggendo Asimov, preferiva la fantascienza e ogni tanto mi faceva leggere i suoi racconti. Ci siamo scritti delle lettere per tutto il primo anno di Università e poi ci siamo persi di vista. Era uno dei più bravi della classe in generale, ma era sicuramente il più bravo in italiano (che in un istituto tecnico è considerata quasi un’inutilità) iscritto all’università dopo un anno l’ha abbandonata e si è trasferito a Bergamo per lavoro. Per uno strano caso della vita ci siamo ritrovati dopo quasi trent’anni ed è diventato il beta reader dei miei primi quattro romanzi. È lui che mi ha dato notizie degli altri compagni di scuola e ho scoperto che ha sposato la ragazza con cui stava ai tempi della scuola, Rosanna, sorcina della prima ora come me appassionata di Zerolandia, anche lei compagna di classe, di cui mi parlava sempre nelle sua lettere, preoccupato del fatto che vivesse in un’altra città universitaria lontana da lui. Alla fine il loro amore ha superato gli anni, la lontananza e tanti altri problemi. Ci siamo rivisti una volta che sono venuti a Bologna da Bergamo per un week end ed è stato piacevole ritrovarsi e parlare dei vecchi tempi. Ora il nostro rapporto si mantiene prevalentemente via mail e via Facebook.  

Poi c’era Lorenzo che si era iscritto a Bologna alla facoltà di Economia come me, per il primo anno ci siamo ritrovati a lezione insieme, poi avendo un piano di studio diverso ci siamo persi di vista, dopo la laurea è tornato in Puglia e oggi è un affermato commercialista. E poi ci sono altri visi che riaffiorano dai ricordi dei banchi di scuola, Soccorsa la mia compagna di banco, bellissima e con il solo desiderio di raggiungere il diploma per sposarsi e creare una famiglia, desiderio ampiamente realizzato, Maddalena che ho ritrovato a Bologna per caso perché sua figlia vive e lavora qui, dimostrando ancora quanto il mondo sia piccolo, Maria Assunta e l’altra Angela del terzo banco. Poi ci sono i volti ben fermi nella memoria di cui però non afferro più i nomi, eppure resta nitido il loro carattere perché cinque anni vissuti insieme, tra i banchi di scuola, lasciano un’impronta indelebile.

E vi lascio con la canzone di Antonello Venditti che ha accompagnato i miei ricordi scolastici di sempre ed è il manifesto di un’epoca, ancora molto attuale per il sentimento di nostalgia che suscita 


Fonti immagini: Pexels

13 commenti:

Ariano Geta ha detto...

Questi ricordi che hai sono una ricchezza preziosa, anche per il modo di rapportarsi agli altri: quando stai in un contesto solidale, poi diventa più facile avere fiducia negli altri.
Nel mio caso è stato l'esatto contrario, anzi quando fai riferimento ai problemi di bullismo come una cosa di oggi, ti dico che in realtà c'era anche "ieri", era solo questione di finire nella classe giusta o sbagliata, e io purtroppo finii in quella sbagliata...
Anch'io ricordo i miei compagni delle superiori, ma con pochissime eccezioni evito proprio di pensare a loro, li ho rimossi dalla memoria, non solo i peggiori, ma anche quelli che sono stati semplicemente indifferenti, che a volte sorridevano malevoli anche loro pur da semplici spettatori, per così dire.
Quello che lascia un'esperienza del genere è anche, come avevo premesso, una scia lunga nei rapporti con gli altri, la difficoltà a fidarsi delle persone, il sospetto sempre presente, purtroppo la certezza che certe persone (non tutte ovviamente, ma qualcuna purtroppo sì) potrebbero recitare la loro parte davanti a te e agli altri, per poi, non appena ti sei allontanato, pugnalarti alle spalle quando rimangono da sole con gli altri e tu non puoi ascoltare i loro discorsi, le loro trame.
I miei compagni di classe, come spesso capita, organizzano talvolta delle cene per rivedersi. Hanno invitato anche me, ma non ci sono mai andato accampando la scusa di impegni vari. Perché la verità è che non ho proprio voglia di rivederli, anche perché essendo una cena fra "compagni di classe" io mi sentirei un estraneo, uno che è sempre stato trattato come se, anziché un "compagno", fosse piuttosto il reietto.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Ariano: mi dispiace che la tua esperienza sia stata così negativa, stando così le cose fai bene a mantenere le distanze dai tuoi ex compagni di scuola. Il bullismo è una grande piaga, forse oggi è molto più evidente ma, come tu confermi, c’era anche in passato. Vivere questa esperienza negativa lascia degli strascichi nel carattere in termini di fiducia e del modo di porsi degli altri. Anche la mia classe non era del tutto perfetta, c’erano anche quelli che facevano la battuta cattiva o malevola nei confronti di qualcuno, tuttavia prevaleva la maggioranza. Posso dirti comunque che esperienze negative nei rapporti personali ne ho avute anch’io anche se al di fuori della mia classe. Frequentavo una compagnia di “amici” che si comportavano piuttosto male, sempre battute velenose e, quasi per certo, sparlavano alle mie spalle, così dopo un paio di anni di frequentazione ho deciso di tagliare i ponti, ho smesso di vederli e mi sono sentita finalmente più leggera. Dopo di loro ho conosciuto nuovi amici con cui sono in contatto ancora oggi dopo anni.

Sandra ha detto...

Se parliamo di compagni di scuola potrei farci non dico un post ma addirittura tenere un blog intero di aneddoti, episodi felici, ma anche di bullismo che secondo me c’era già. Forse oggi tutto è enfatizzato dai social. Ma voglio focalizzare l’attenzione sull’unità speciale che ho vissuto soprattutto alle elementari e nei primi tre anni di superiori (ho frequentato un corso di studi 3+2 quindi in quarta ho cambiato istituto). E’ stato un tempo memorabile, maestra top alle elementari e buona parte del corpo insegnati dalla I alla III davvero in gamba. Malinconia, ricordi, contatti per lo più persi, ad eccezione delle donne del mio anno, una di loro per i 50 anni ha deciso di organizzare una pizzata. Nel quartiere le elementari avevano 4 sezioni + 1 alla scuola privata delle suore, ipotizzando 25 alunni per classe arriviamo a 125 persone, dimezziamo perché l’operazione rimpatriata ha riguardato solo le femmine (io non ero d’accordo ma vabbeh non ho organizzato io quindi mi sono adeguata) quindi una sessantina di cinquantenni da ritrovare, quelle recuperate al momento sono solo 23 di cui non tutte hanno partecipato alle cene. Però dalla primavera del 2018 la cosa va avanti e in barba a proposte alternative ci si trova sempre nel quartiere originale, dove alcune abitano ancora (non io, ma non sono lontana) ed è bellissimo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Sandra: deve essere bello ritrovarsi con i compagni di scuola dopo tanti anni, purtroppo per me non è accaduto perché siamo sparsi in città diverse, obiettivamente diventa difficile. Una mia collega che ha sempre vissuto e studiato a Bologna ha già fatto diverse “pizzate” con i suoi compagni delle superiori e quando me ne parla provo una bonaria invidia, quindi cara Sandra conserva e continua con questi preziosi ritrovi dalla primavera del 2018.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Luz: io ho avuto una bella classe ma rimpiango un po’ di non aver approfondito il rapporto con alcuni di loro, troppo impegnata a studiare e ad andare avanti per la mia strada, forse però accade in tutti i gruppi, si lega con qualcuno più che con altri, è la vita.
Anche nel liceo classico del mio paese c’erano i figli di papà e alcuni di loro con la puzza sotto il naso, io ero amica con due ragazze mie coetanee che andavano al liceo e, di conseguenza, avevo conosciuto diversi ragazzi e ragazze della loro classe, senza che si siano creati legami veri. Con le mie due amiche liceali invece c’è stata una lunga amicizia, ma con la lontananza ci siamo perse.

Elena ha detto...

Che bello quando una tua riflessione ne ispira un'altra, grazie Giulia! I ricordi delle superiori sono per me i più preziosi e di tanto in tanto riaffiorano, anche leggendo post come il tuo. Noi non avevamo un Fabrizio da supportare, ma ricordo le serate e le nottate a studiare insieme per l'esame di maturità, o le gite nelle case di campagna dei genitori in cui prendevamo le prime misure con la sessualità. E poi molti volti che ho dimenticato, altri che tornano improvvisamente. Prima di Natale ero a pranzo con una mia collega in centro a Torino ed è entrato un vecchio compagno di scuola che ho riconosciuto subito, anche se il suo look era di molto cambiato. Istintivamente l'ho chiamato per cognome, perché così si faceva un tempo, almeno da noi. Lo ricordavo come una specie di pallone gonfiato che pensava solo a ingrossare i muscoli con la palestra per coprire le sue insicurezze e l'ho ritrovato abile uomo d'affari che poteva permettersi giornate di pausa a pranzo vestito all'ultima moda, come un dandy. Mi ha fatto sorridere: per me è e sarà sempre quel ragazzone che non riusciva a prevalere se non fisicamente. Quanto siamo cambiati Giulia da allora? O siamo sempre gli stessi? io sono fermamente convinta che il mio carattere e la mia personalità si sia affinata allora e mi sento ancora quella ragazzina di media bellezza con tante idee e tanta passione nel cuore.
Ci credo che ci tornino continuamente in mente quei ricordi, sono i nostri ricordi del cuore. Un abbraccio.
PS: finalmente mi è arrivata la mail con la notifica del tuo nuovo post!!!!

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Elena: sì anche noi ci chiamavamo per cognome, però ho citato solo i nomi per una questione di privacy, ma effettivamente di alcuni compagni di scuola ricordo ancora i cognomi mentre i nomi assolutamente no. Credo che sotto sotto siamo gli stessi, ma il tempo ci ha reso più corazzati alle avversità della vita e, probabilmente, abbiamo imparato ad affrontare certe questioni diversamente (spero meglio di prima, chissà).
Credo che i ricordi della scuola e del nostro percorso di formazione siano i ricordi del cuore grazie alla nostra giovane anima in crescita.
Mi fa piacere che ora ti sia arrivata la mail del mio post! Un abbraccio

Barbara Businaro ha detto...

Molto belli i tuoi ricordi di scuola, e davvero stupendo quello che avete fatto tutti insieme per Fabrizio. Quasi un capitolo del libro Cuore di De Amicis.
Purtroppo non ho memorie altrettanto piacevoli della scuola, nonostante abbia pochi anni meno di te, non c'è un'intera generazione di mezzo.
Alle elementari mi prendevano in giro perché ero bassa e mingherlina, sempre in testa alla fila, sempre davanti alla maestra. Alle medie anche peggio, perché ero l'unica dell'intero comprensorio a portare l'apparecchio fisso ai denti (all'epoca veramente antiestetico, tutto acciaio, non trasparente come oggi) e mi associavano al ragazzino sfigato del film, appena uscito, Il tempo delle mele. Ero ancora bassa e mingherlina, tanto da "meritarmi" l'associazione col Mostro di Lochness (adesso mi fa quasi piacere, la Scozia era già nella mia vita!) Causa apparecchio ai denti, mi portavo uno yogurt per merenda e qualcuno si è divertito a schiacciare il mio zaino (arrivano presto, la scuola ancora chiusa, toccava lasciare lo zaino - pesantissimo - fuori dalla porta), così da rompere lo yogurt sopra i libri di testo. E invece di aiutarmi, riderne pure. L'episodio peggiore che ricordo è una mattina di neve, non tanta, ma sufficiente per tirarsi le palle bianche addosso. Non partecipavo, ma mi sono beccata comunque una palla con dentro un sasso, dritta in un occhio. Il preside in persona (dato che ero comunque entro il cancello della scuola, nella pausa di metà mattina, sotto la sua giurisdizione) dovette portarmi a casa e da lì in pronto soccorso. Ancora oggi, quello è l'occhio che mi dà più problemi. Alle superiori è andata meglio, perché l'istituto era in un altro comune, nel frattempo ci eravamo trasferiti. Il clima, o il periodo storico, era diverso. Forse avevo anche imparato a difendermi. Fatto sta che gli unici con i quali si è riusciti ad organizzare davvero qualcosa, con tanto di maestra novantenne, sono solo i compagni delle elementari, appena 9 bambini all'epoca (la scuola è stata chiusa nel frattempo). Ho perso l'unica riunione con quelli delle medie (ero in Scozia), non se ne sono più fatte altre. Uno di loro, che è stato pure mio compagno di banco, è un missionario in Brasile. Non l'avrei mai detto! Pochi contatti con quelli delle superiori, qualcuno ce l'ho collegato su Facebook ma non sono molto attivi.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Barbara: caspita che cattiveria, tra lo yogurt schiacciato e la palla di neve (e di pietra) nell’occhio, mi dispiace molto ed è terribile per dei bambini delle elementari. Credo che i bambini riescano a essere davvero cattivi e forse non si rendono conto della loro efferatezza, a meno che non siano gli adulti (genitori o insegnanti) a farglielo notare. Ricordo che alle elementari c’era una bambina sovrappeso e le altre bambine la prendevano in giro, poi smisero perché la maestra fece un bel discorso alla classe (cosa non sempre scontata). Le fasi della crescita sono difficili, altezza, magrezza o apparecchio ai denti non aiutano (ho portato l’apparecchio anch’io alle medie ma era mobile, però a scuola lo mettevo su consiglio del dentista, avevo deciso di fregarmene, se qualcuno mi prendeva in giro dicevo che da grande volevo avere i denti dritti, chissà perché questo mio discorso li zittiva (magari però sparlavano alle mie spalle, chissà).

Caterina ha detto...

Hai dei bellissimi ricordi legati alle superiori e questa è una ricchezza. Eravate una classe favolosa. Non si può dire lo stesso per me che ho frequentato il liceo classico e non ero una privilegiata. Stavo in una classe in cui anche quelli appartenenti al ceto medio venivano considerati poveri. Si veniva emarginati perché non si indossavano vestiti di marca. La classe non era per nulla unita e tutti o quasi tentavano di prevaricare sugli altri. Non ho bei ricordi, più uno era in difficoltà più veniva abbandonato, dalla classe intendo. che ci vuoi fare, succede. Ormai è acqua passata.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Caterina: grazie Caterina è stata una bella esperienza avere una classe unita, siamo cresciuti insieme perché siamo stati nella stessa classe (salvo qualcuno perso per strada) dal primo anno fino alla maturità.
Riguardo al liceo classico alcune mie amiche hanno vissuto la tua stessa situazione, molti guardavano l’apparenza tra cui il vestito firmato, c’era chi si indebitava per poterli comprare, davvero assurdo ma qualcosa di quanto mai diffuso.

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Bellissimo questo post, e davvero bella la solidarietà che si era creata nella tua classe. Per me i ricordi scolastici sono un po' a fasi alterne: parlando sempre di rapporti con i compagni, buone le elementari, a parte il pugno che mi presi da parte di un compagno esagitato e che secondo me aveva problemi psichici. Terribili le scuole medie dalle suore, potrei scriverci un libro nello stile "Le mie prigioni", c'era un ambiente esclusivamente femminile e molto competitivo, a parte poche compagne con cui legavo non ho dei bei ricordi (nemmeno dei professori). Ottimo, invece, il periodo del liceo linguistico commerciale, ho avuto bellissimi legami con le compagne, ricordi davvero preziosi. Anche lì eravamo quasi tutte ragazze, anche se era misto, ma la tipologia delle studentesse era molto variegata. In generale ci si spalleggiava a vicenda e ci si aiutava con i compiti e le interrogazioni. I professori in genere di alto livello, ho degli strepitosi ricordi delle professoresse di francese.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Cristina: grazie, sono contenta che il post ti sia piaciuto, alle superiori c’era una bella solidarietà tra noi compagni di classe, mi sembra sia stato così anche per le tue scuole superiori. Il percorso scolastico, essendo abbastanza lungo, dalle elementari alle superiori, può essere caratterizzato da esperienze diverse, le scuole con le suore poi non ne ho mai sentito parlare bene. Nel mio caso andavo dalle suore in scuola materna e, a parte una suora dolcissima che ovviamente era la preferita di tutte le bambine, le altre le detestavo.