sabato 25 aprile 2020

Il nostro tempo che non è più nostro



In questi giorni di clausura da coronavirus abbiamo il tempo di fare alcune riflessioni e di farci domande senza risposta. Mi sono resa conto che facevo un sacco di cose in una giornata: lavoravo, facevo la spesa, andavo in palestra, uscivo con amiche e compagno, scrivevo, leggevo, preparavo la cena, il pranzo per il giorno dopo da portarmi al lavoro, le pulizie di casa e di corsa ecc 
Oggi mi rendo conto che faccio la metà delle cose, pur avendo un tempo più dilatato, per esempio in una giornata lavorativa da casa svolgo meno attività di quando sono in ufficio fisicamente, come se il mio istinto si impigrisse al contatto con la mia casa (che è sempre stata il mio spazio di libertà). Insomma in smart working non faccio straordinari quasi mai, gli altri colleghi invece mandano mail di sabato e domenica o la sera tardi, ma forse fa parte dell'organizzazione personale del tempo che si è ampliato per alcuni, per altri si è ristretto.

Un tempo che  non sembra più appartenerci per davvero.
 
Io resto in casa come tutti e mi manca la normalità, comincio a essere insofferente, ma tutto sommato si tratta di piccoli problemi.
Mi assilla invece il pensiero di chi si ritrova seriamente in difficoltà a causa di questo isolamento, una mia amica che lavora in un bar e che oggi si chiede come farà ad andare avanti, la mia amica che lavora in aereoporto e che adesso è in cassa integrazione al cinquanta per cento (per ora) e tanti altri.
In questo tempo sospeso ho imparato nuove funzionalità tecnologiche che prima ignoravo, perchè in fondo me ne disinteressavo e anche che puoi ritrovare dei contatti lontani negli anni senza paura di disturbare.
Ho ricontattato infatti molte persone, per esempio un mio caro amico medico che non sentivo da tre anni, gli ho mandato un messaggio per sapere come stava, mi ha telefonato e siamo stati al telefono per un'ora. Per fortuna lavora in una clinica privata convenzionata e, in questo frangente, stanno mandando avanti solo gli interventi urgenti, ha fatto il tampone ed è negativo e si alterna tra la clinica e un altro ospedale della zona; non sono centri covid, ma ci sono altre malattie che devono essere curate perché non si muore solo di covid, si muore anche di infarto, di cancro e ipertensione...magari anche di stress.
Mia sorella, che vive in puglia, non ha un bancomat e ha dovuto aspettare quindici giorni prima di riuscire ad andare in banca a ritirare i soldi per fare la spesa (prendendo ovviamente apposito appuntamento), per fortuna che, nel frattempo, le ha fatto un po' di spesa l'altra mia sorella dotata di bancomat, ma chi è del tutto solo come fa? 
Io vado raramente in banca, faccio i bonifici on line, ho tutte le bollette domiciliate sul conto, ho il bancomat e la carta di credito, ma ci sono persone che queste operazioni non le hanno mai fatte, il nostro paese è formato da persone anziane (ma anche più giovani) che non hanno dimistichezza con la tecnologia. Non dimentichiamolo mai: queste persone sono in reale difficoltà. 
Un mio collega invece ha un bambino autistico e fatica a gestire il lavoro agile con suo figlio, si alterna con la moglie, in lavoro agile anche lei, ma senza più l'aiuto del centro che seguiva il bambino è tutto più complicato.
E poi c'è la mia amica che lavora nel turismo stagionale e non sa cosa potrà guadagnare quest'anno, visto che le spiagge non apriranno, forse.
A noi mancano i ristoranti, ma a chi nel ristorante ci lavora manca il lavoro...
Poi ci sono coloro che si sono laureati un mese fa come obiettivo di una vita universitaria e ora la loro ricerca di lavoro sembra un'utopia.
Penso alla mia insegnante di pilates che viveva di un lavoro precario, sempre in giro presso molte palestre di Bologna, richiestissima perché bravissima, ma adesso a casa, disoccupata senza tutele.
L'altro giorno ho scoperto che un negozio gastronomico di Bologna fa consegne a domicilio, così ho ordinato molte cose buone perché voglio aiutare, in qualche modo, l'economia locale, anche se la mia bilancia protesterà.
Siamo tutti immobili o in lento movimento, sospesi e oggi ho scritto un post di pensieri preoccupati in libertà, niente di nuovo in questo tempo di coronavirus. 
Per me il tempo in casa passa senza grandi differenze rispetto a prima, scrivo, leggo, mangio, bevo, dormo, penso.
Pur in lento movimento, il tempo scorre lo stesso e siccome oggi è anche l'anniversario della liberazione vi lascio con un pensiero del presidente Pertini che sembra perfettamente calzante anche con questo momento.

La libertà non è mai una conquista definitiva, la libertà è un bene che va difeso giorno per giorno. Sandro Pertini 



Fonti immagini
Pixabay 




26 commenti:

Claudia Turchiarulo ha detto...

Purtroppo posso immedesimarmi in molti dei casi che hai citato.
Mio marito lavora come cuoco (la tua amica del bar) e viviamo in Puglia (le tue sorelle).
Quindi siamo appesi ad un filo e non sappiamo che destino ci attende, come i tre quarti delle persone che qui vivono di turismo.
E' vero che il tempo è tanto ma la voglia di fare sempre meno, perché lo sconforto la fa da padrone.

Bella la citazione di Pertini, e mai più di ora stiamo apprezzando il vero senso della libertà.
Passerà, spero prestissimo.
Buon fine settimana.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Ciao Claudia, benvenuta nel mio blog. Mi sanguina al cuore quando penso alla mia regione natia, la Puglia che vive soprattutto grazie al turismo, alla gastronomia e a un territorio meraviglioso tra mare e cultura. È una situazione però valida per ogni regione e per tutta l'Italia. Io vivo in Emilia Romagna e alcuni amici che sono nella tua situazione, spero che la fase 2 porti una riapertura, anche parziale, sia pure con le dovute precauzioni e spero anche di poter tornare in Puglia a trovare parenti e amici. Un abbraccio sincero.

Claudia Turchiarulo ha detto...

Ti ringrazio per il benvenuto, ma ti seguo da almeno un anno. Però commento poco. Mea culpa. ;)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Claudia, allora grazie del commento e di seguirmi :)

Ariano Geta ha detto...

Sì, purtroppo di situazioni simili ce ne sono tante... Io stesso ne sono in parte coinvolto visto che la ditta in cui lavoro, già in crisi, ora sta veramente arrancando... Sto comunque meglio di un cugino che fa il rappresentante e ora è fermo, senza possibilità di guadagnare, o di un amico disoccupato che cercava lavoro da più di un anno e ora non sa proprio dove sbattere la testa...
Diciamo che la nostra generazione era stata fortunata, non aveva dovuto sopportare né guerra né crisi economiche davvero disastrose (a differenza dei nostri nonni e genitori), ora è toccato anche a noi... Speriamo che questa "penitenza" con tutti i danni collaterali che dovremo subire, sia poi seguita dalla "redenzione" e dalla possibilità di tornare a crescere, come i nostri genitori che sono nati in mezzo alle macerie, hanno avuto una giovinezza piena di privazioni, però pian piano hanno visto il paese ricostruirsi e crescere.

Eleonora Ippolito ha detto...

Ciao Giulia!
Ammetto che, a differenza tua, dal punto di vista lavorativo per me non è cambiato molto: lavoro in smart working da due anni e sono abituata alla "reclusione forzata". Però mi mancano il mare e le lunghe passeggiate che facevo nei fine settimana per raggiungerlo, dato che abito in periferia... E mi manca stare al sole, uscire per incontrare i pochi amici che ho, programmare viaggi e concerti. E l'unica cosa che mi consola è che prima o poi potrò tornare a fare tutte queste cose. Pensare però alla crisi economica che sopraggiungerà dopo questo periodo, tuttavia, mi fa correre un brivido lungo la schiena, e non solo per me che sono precaria da una vita e non so se quanto sta accadendo influirà sul mio prossimo rinnovo. Come hai scritto anche tu, penso a chi lavora nel settore turistico e alberghiero, nei ristoranti e nei bar, a chi ha investito tutti i propri risparmi in queste attività, e mi chiedo che fine faranno tutte queste persone e le loro famiglie. Insomma, sono un po' preoccupata per il futuro già precario che mi/ci aspetta, e il silenzio che c'è fuori sembra quasi una minacciosa quiete prima della tempesta...
Un abbraccio

Sandra ha detto...

Noi abbiamo ordinato domenica scorsa il pranzo al ristorante del matrimonio facendo un po' festa a casa, non è come uscire ma è stato molto bello. A Milano i contagi sono ancora alti e questo è il punto cruciale, non vedo il 4 maggio come un finalmente tutt'altro e credo che il mio ritmo di vita non cambierà molto, ci vorrà più tempo. Mi spiace enormemente per chi vive di turismo, ho diversi amici, ma non credo proprio che andremo in vacanza.

Marco Amato ha detto...

Conoscendo a cosa saremmo andati incontro, studio le pandemie della storia come ricerca per un mio romanzo da più di venti anni, ero abbastanza preparato all’impatto. Sono passato dall’allarmista pubblico al constatare come ciascuno ha assorbito la calamità e ha trovato un adattamento. A me è cambiato molto poco rispetto ad altri. Lavoravo già da casa e il mio nucleo quotidiano è rimasto invariato. Certo, ho perduto la vicinanza dei miei affetti, cosa per me vitale essendo separato, le possibilità di uscire così come piaceva a me.
Soprattutto sono riuscito a concentrarmi sui buoni propositi. Prima, serviva a mera curiosità sapere che Leonardo Da Vinci e Newton avevano reso estremamente produttivi i momenti d’isolamento dovuti alla peste.
Questi periodi di crisi sociale sono sempre forieri di cambiamenti importanti. Molte attività lavorative chiuderanno, altre sopravviveranno per inerzia, altre ancora innoveranno e avranno uno slancio dirompente. Così, come focus mentale ho cercato proprio questo, di innovare e di innovarmi. Ho ripreso l’attività fisica e recuperato le passioni giovanili della musica e del disegno.
Anche lavorativamente sto innovando parecchio e, a conti fatti, potrei trovarmi nella condizione che finita la pandemia potrei avere uno dei periodi più floridi della mia intera vita.
Per questo dico a molti amici, scrittori e non, non bruciate questi giorni. Il tempo in più che ci ritroviamo, sfruttiamolo appieno, perché al 99%, quando saremo nuovamente travolti da stress quotidiani, frette, traffico, rimpiangeremo tutto il tempo in più che avevamo a disposizione e che abbiamo lasciato scivolare via.
A volte vivo anche con un senso di colpa questa mia crescita. Molti hanno perduto la vita. Altri sono in bilico. Tanta gente ne uscirà distrutta economicamente e psicologicamente. Ma so che posso fare poco per gli altri.
Però, forse, da scrittore posso dare un punto di vista differente e continuare ad esortare gli amici a trarre il meglio da questa difficoltà. Perché il mondo tornerà di nuovo quello di prima. Cattiveria. Egoismi. Competizioni. L’umanità nei suoi difetti non cambia mai. Ma se c’è qualcuno che può fare la differenza siamo noi stessi, nel nostro piccolo.
Se alla fine di tutto questo il virus non ci avrà soffocato nei polmoni, il respiro che non ci avrà tolto almeno sarà servito a rendere migliori i nostri giorni di domani.

Giulia Lu Mancini ha detto...

La nostra generazione era stata fortunata, poi tra la crisi del 2008 e questa pandemia stiamo facendo parecchia penitenza, speriamo di uscirne e di recuperare, soprattutto per coloro che adesso sono fermi del tutto e sono in crisi nera. Molta economia italiana è basata sul turismo, sulla gastronomia, sulla cultura e sull'indotto ad essi connessi, un grandissimo danno che impatta sulla vita delle persone che ci lavorano.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Allora eri già abituata a lavorare da casa! Molti miei colleghi si trovano bene in smart working, alcuni sono addirittura più contenti, una mia collega di un altro ramo dell'azienda che è anche un'amica mi ha detto che le piace lavorare da casa perché si sveglia più tardi e riesce a lavorare con più tranquillità (io invece mi stresso perché passo molte ore con l'auricolare nelle orecchie per fare delle riunioni...dopo un po' mi viene mal di testa). Anche a me mancano le passeggiate fuori, con la bella stagione avremmo cominciato a fare dei giri in moto con il mio compagno, in giro sui colli intorno a Bologna, al mare in riviera o anche una semplice passeggiata al parco per fare un po' di attività fisica. Spero che le attività riprendano per bar, ristoranti e turismo in generale e che possano recuperare un po' di perdite, ma anch'io guardo al futuro con apprensione. Ricambio l'abbraccio

Giulia Lu Mancini ha detto...

Credo anch'io che il 4 maggio non comporterà una effettiva ripresa, ma si muoverà qualcosa, spero. Lo spero soprattutto per il lavoro di certi settori che stanno soccombendo con la pandemia...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Spero che il tuo romanzo per il quale hai studiato le pandemie nel corso della storia lo pubblicherai prima o poi. L'impatto che la pandemia sta avendo nella nostra società è sicuramente enorme e, per certi aspetti, può diventare una nuova opportunità. Nel lavoro la necessità di operare in smart working può essere una occasione per crescere e cambiare, io per esempio che abito vicino alla sede di lavoro sto considerando la possibilità di andare a vivere fuori città lavorando da casa, essere vicini al luogo di lavoro non é più così necessario. Sicuramente c'è stato un cambiamento sotto l'aspetto ecologico, abbiamo impostato una serie di attività amministrative producendo meno carta, sicuramente potremo eliminarla del tutto e ora che abbiamo raggiunto questo risultato non torneremo certo indietro. Questo per il lavoro che faccio, invece per la scrittura non è cambiato molto, il tempo che posso dedicarvi è sempre quello del week end, non ho più tempo di prima, così come il tempo che passo in casa, forse sapere di non poter uscire mi spinge a concentrarmi meglio. Con il ritorno alla normalità è probabile che si ritorni anche ai soliti difetti dell'umanità ma non è detto. Purtroppo molti non si rialzeranno dopo la batosta economica, ma spero di sbagliarmi.

Grazia Gironella ha detto...

Non credo che la vita possa tornare com'era, ma lo dico senza rimpianto. Spero fortemente che questa crisi ci spinga a fare un salto qualitativo come esseri umani, e a trovare un nuovo equilibrio che un domani verrà di nuovo messo in discussione. Per assestarci ci servirà tempo e buona volontà, ma troveremo nuove vie e nuovi modi di incontrarci e di seguire le nostre vecchie e nuove passioni.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Credo anch'io che non tutto tornerà come prima, spero che si riconsideri la frenesia del lavoro con un equilibrio che metta la persona al centro e non il profitto. Se pensi che molte produzioni sono stare spostare all'estero per lucrare meglio e oggi si riscopre l'importanza delle produzioni locali. Molti hanno capito che aver impoverito il nostro sistema sanitario con una politica sbagliata è stato un grande errore, speriamo che questo serva da monito per il futuro, noi gente comune lo sapevamo già.

Marco Amato ha detto...

Se non muoio prima, quel romanzo magari entro altri quattro anni lo pubblico. :P
Ecco, le innovazioni tecnologiche sul lavoro, sulla scuola, sono cose che resteranno e faranno progredire il paese.
Per il resto ci aspettano tempi complicati a livello economico. L'altro giorno parlando con un tizio dell'editoria, per loro è un'ecatombe essendo già in crisi da tempo, dicevo che per il loro settore la pandemia equivale a subire uno tsunami mentre erano già sotto l'acqua per l'esondazione di un fiume.
Sull'umanità, i singoli possono migliorare traendo consapevolezza da questi accadimenti, ma la massa tornerà a fare esattamente ciò che faceva prima e a vivere con gli stessi difetti. Semplicemente perché le pandemie hanno sempre flagellato il mondo e a livello di rapporti umani le generazioni non sono poi cambiate di molto.

Chiudo sul tempo. Però già il fatto stesso che non devi recarti fisicamente sul lavoro, è un risparmio di tempo. Che fra andata e ritorno potrà incidere anche mezz'ora o un'ora al giorno. Se il tuo risparmio fosse soltanto di un'ora giornaliera, significherebbe che ogni otto giorni è come se avessi un giorno lavorativo in più da dedicare a te stessa.
Praticamente, a parità di fattori, è come se il tuo mese durasse 4 giorni in più rispetto alla vita precedente. E in un anno avresti in più quasi 50 giorni.
Quando anni fa facevo il negoziante, sprecando per gli spostamenti tre ore al giorno, col nuovo lavoro da casa è come se mi fossi ritrovato con una vita più lunga. Anni interi da dedicare a me stesso e a chi amo, anziché al traffico.
E anche se a molti questo può sembrare poca cosa, io non mi dimentico mai di chiamarla con il suo nome: felicità.

Lisa Agosti ha detto...

Ci saranno tante storie legate al 2020 e saremo fortunati se potremo esserci a raccontarle. Io mi sento spesso sopraffatta dalle difficoltà e cerco di ripetermi che l'importante è che io e la mia famiglia respiriamo bene. Far fatica a respirare dev'essere una sensazione orribile ed essere malati in questo periodo ancora più pauroso che in circostanze normali.
Mi dispiace molto per i tuoi amici e spero che tutto si risolva in breve e per il meglio.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Allora aspettiamo il tuo romanzo!
Sai Marco, riguardo al tempo, se non devo andare a lavorare fisicamente, finisco per svegliarmi molto più tardi e il tempo rimane quello solito, tra l'altro io abito vicino al luogo di lavoro e non passavo molto tempo nel traffico, con la bella stagione andavo a lavorare a piedi e diventava un'occasione per fare movimento.
Infine pur svegliandomi più tardi non sono più attiva ma addirittura più stanca, forse perché nel complesso dormo male...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sai che ho pensato anch'io alla fatica di respirare e agli effetti di questo terribile virus, solo l'idea mi causa angoscia, però è un sentimento che ho già vissuto perché l'anno scorso mio cognato è morto per una crisi respiratoria (se fosse stato vivo quest'anno non avrebbe retto al coronavirus)...speriamo bene per tutti

Barbara Businaro ha detto...

Da una parte mi dispiace molto per le singole situazioni di difficoltà, dall'altra mi pare che il non riuscire ad affrontare questo periodo è frutto dell'eccessivo benessere e della mancanza di una visione del futuro, ci hanno lasciato indietro di trent'anni rispetto agli altri paesi europei (quindi capisco pure la loro diffidenza a volerci aiutare).
Sapevo che sarebbe stata una cosa lunga, ho pur sempre una laurea in Statistica e metà dei corsi erano in Demografia e Clinical data. Dato poi che frequento un gruppo internazionale e lì già se ne parlava, leggevo i report giornalieri dell'OMS molto prima che in Italia ci si preoccupasse. Ho cercato di avvisare ma senza spaventare. E non sapevo se ridere o piangere quando qualcuno all'inizio scriveva che "ne avremo ancora per 10 giorni" (era un mese e mezzo fa). Chi ha studiato le pandemie sa che la globalizzazione è un fattore di moltiplicazione esponenziale per la diffusione del contagio, e quindi annulla i confronti col passato quando le persone si spostavano molto più lentamente e le epidemie (più che pandemie) duravano anche vent'anni o ricomparivano dopo trenta.
Ora ci troveremo ad affrontare la parte più gravosa: la rabbia di chi vuole uscire a tutti i costi e il panico di chi teme per il proprio sostentamento, qualcuno è arrivato a mettere in dubbio persino i morti. Per questo si teme un secondo picco, il nemico non è visibile e la negazione del pericolo è più semplice.

Dal punto di vista economico, purtroppo questa crisi sarà davvero opportunità per alcuni e la chiusura definitiva per altri. Non dipende dal virus e nemmeno dai settori, ma dalla capacità di trovare strade alternative. Ci sono ristoranti che hanno chiuso tutto e non sanno come riaprire, ce ne sono altri che si sono convertiti alla consegna a domicilio in tempo zero: continuano a cucinare, prendono ordinazioni via telefono, whatsapp, mail, pagina Facebook (ma avevano già una pagina Facebook avviata!) e fanno le consegne con le loro auto personali stracariche. Nessun utile, ma pagano l'affitto ed hanno mantenuto i clienti. Perché altri non l'hanno fatto? Questa è la domanda fondamentale.
Allo stesso modo le librerie. Quelle indipendenti, chiuse al pubblico, ricevevano ordini sempre via internet e spedivano tramite corriere o consegna nel quartiere. Quelle di catena sono paradossalmente messe peggio perché in questo momento lavorano gli store online del marchio, che non ha interesse a tenerle aperte quindi. La logistica di fatto continua a funzionare, non ho mai visto consegne ritardate da Amazon o altri corrieri, pur con tutte le precauzioni.
Anche in altri settori ho osservato le stesse dinamiche, confrontandomi con altri manager: chi ha chiuso tutto e attende, chi sta progettando, vagliando, cercando affannosamente un'alternativa e bene o male almeno i costi fissi riuscirà a coprirli.
Poi c'è chi si è svegliato ora sull'uso del web per il commercio. Sviluppatori miei amici che fino a ieri continuavano ad incassare rifiuti su rifiuti ai preventivi per siti, ecommerce e gestione social media, ritenuti della piccole imprese come spreco di risorse (in qualche caso venivano addirittura derisi!), adesso sono tempestati da richieste urgenti a cui non possono far fronte, perché è effettivamente tardi ed è rimasto solo che piangere.

Dal punto di vista psicologico, questo virus sta fungendo da macchina della verità. Chi ha accesso a determinati dati in punta di dita, in questo momento osserva dei cambiamenti controversi nel comportamento delle persone. Le maschere, se c'erano, sono cadute all'improvviso (e non parlo di quelle filtranti). Ti accorgi della diversità di immagini, condivisioni, commenti e idee da prima e dopo l'arrivo della pandemia. La gente scrive sui social, sui forum, sui siti dimenticando che la rete ha una memoria infallibile. Sarà dura al termine del periodo per questi soggetti rifarsi la verginità ai pensieri.

Barbara Businaro ha detto...

Un'amica mi ha riportato una riflessione importante: chiuse in casa, le persone sono costrette a fare i conti con sé stesse, a rimanere da sole con la propria anima. Chi ha costruito bene non ha problemi, ma chi ha costruito male soffre molto, e non sempre trova aiuto. O, peggio, non lo vuole affatto.
(Scusa, ho quasi scritto un altro post...)

Sandra ha detto...

Questo è un commento pieno di buon senso e viene da una persona che abita non lontano da 1 dei primi tremendi focolai. Chi era rimasto indietro, penso agli editori che non facevano l' e book, ha dovuto recuperare di rincorsa facendo il triplo della fatica. Ma se molti avevano gli strumenti e l'inventiva, come il ristorante del matrimonio che già almeno 12 anni fa chiedeva la mail a ogni tavolo e ha nel tempo messo insieme una mailing list quanto mai preziosa oggi è ha sempre lavorato con grande efficienza, nessuno era davvero pronto. Tutti abbiamo stravolto le nostre vite, come dico io per continuare ad averne una, lasciare che la rabbia sia la dominante non porta da nessuna parte.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Barbara sei riuscita a superare Marco Amato in quanto a lunghezza dei commenti. In questa situazione ci sono quelli che riescono a organizzarsi per poter coprire i costi fissi e coloro che invece si disperano e basta, c'è sempre quello più organizzato con pagina facebook e sito web che riesce a rimediare in qualche modo, dipende però sempre dal settore in cui si opera. Per esempio un parrucchiere può fare ben poco, non può consegnare taglio e piega a domicilio, il suo è un servizio a contatto ravvicinato con le persone, anche un ristorante può consegnare menù a domicilio e ci sarà qualche cliente che ordina la cena come ha fatto Sandra per qualche occasione speciale, io però che sono costretta a stare in casa da sola non ordino un menù al ristorante da consumare da sola senza il mio compagno che vive in casa sua e non può venire da me. Non tutti i lavori sono realizzabili on line, qualcosa andrà avanti, altri chiuderanno o si riconvertiranno. Io faccio più o meno le stesse cose di prima, lavoro come prima (con qualche modifica), leggo eBook e li leggevo già prima, scrivo più o meno come prima, del resto con me stessa sono sempre stata molto bene, non mi pesa stare in casa, certo se avessi un balcone starei meglio...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Come scrivevo nel commento sopra sto molto bene con me stessa, anzi sono anche un po' "orso", non mi mancano troppo i rapporti sociali, mi manca di più l'aria aperta.

Barbara Businaro ha detto...

Come mi spiegava un'amica parrucchiera, il guadagno più rilevante non ce l'ha nel taglio e piega ma nella vendita di prodotti impiegati in salone e da portarti a casa poi per il mantenimento. Lei rivende già da tempo anche su Ebay, e in questo periodo si è organizzata a seguire le clienti in videochat, non fanno taglio e piega ma spiega come accorciarli (se proprio impicciano) e soprattutto questo è il periodo di maschere e fortificanti. Lei continua a vendere, non tanto ma lo fa. Non si dice nemmeno preoccupata, sa benissimo che appena riapre dovrà fare turni tripli per stare dietro alle richieste.

Monica ha detto...

Questo post è vero, reale. Racconta la situazione di molti, la storia di tanti. Io lavoro in una scuola per turisti, quindi credo sia facile immaginare le problematiche correlate. Che casino. Speriamo che possiamo venirne fuori presto, bene. Speriamo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Già, è un post che nasce dalle testimonianze di miei amici e parenti, anche il tuo settore Monica mi pare sia coinvolto trattando il turismo, quindi mi unisco al tuo augurio, speriamo di uscirne.