mercoledì 27 settembre 2023

Non è un paese per figli

 

I figli sono come gli aquiloni: insegnerai loro a volare ma non voleranno il tuo volo. Madre Teresa di Calcutta

Ogni volta che ascolto il telegiornale e parlano della crisi della natalità in Italia mi innervosisco e faccio questa considerazione “l’Italia non è un paese per figli”, parafrasando il famoso film dei fratelli Coen. Se vogliamo che nascano più bambini bisogna creare i presupposti perché ciò avvenga e precisamente delle politiche baby friendly. Vediamo cosa viene fatto negli altri paesi occidentali.

In Norvegia a mamme e papà hanno quasi un anno di congedo con ben 46 settimane retribuite da dividersi, in Svezia i mesi congedo obbligatorio sono due, in Finlandia madre e padre sono interscambiabili e possono usufruire di 160 giorni di cui 63 trasferibili all’uno all’altro secondo le necessità, ma questi sono i paesi del grande ed efficiente nord Europa. Scendiamo più in basso e vediamo gli altri, al primo posto c’è la Spagna che prevede 16 settimane di congedo per entrambi i genitori (sei obbligatori e dieci facoltative) seguono la Germania con 12 mesi di congedo parentale per la mamma a cui si aggiungono due del papà, invece la Francia arriva a 28 giorni di congedo di paternità. In fondo c’è l’Italia con 10 giorni obbligatori di congedo di paternità, conquista piuttosto recente, ci sono poi dieci mesi facoltativi fino ai 12 anni di vita del bambino da dividere tra i genitori. 

In realtà oltre ai numeri esposti servono delle infrastrutture (per esempio asili nido e scuole materne con orari flessibili, magari aziendali) che supportino i genitori, entrambi i genitori, perché non può ricadere tutto il peso sulle spalle delle donne, capita infatti che molti padri non usufruiscano del congedo di paternità facoltativo e questo in Italia avviene per un fatto soprattutto culturale, oppure accade per questioni economiche visto che il congedo viene pagato al 30 per cento. 

In una società dove i nonni vanno in pensione sempre più tardi e i giovani hanno lavori sempre più precari e sottopagati come è possibile che si abbia la possibilità di mettere al mondo dei figli? lo fanno solo quelle coppie che hanno un minimo le spalle coperte a livello familiare ed economico, e anche in questo caso sono dei coraggiosi. Inoltre oggi abbiamo un nuovo scoglio, in questa “nuova Italia” i figli possono nascere solo in “famiglie tradizionali” mentre le famiglie monogenitoriali non esistono, questi bambini sono stati cancellati dall’anagrafe, mentre in tutta l’Europa si fanno leggi che riconoscono i diritti di tutti in Italia si torna indietro. Però non esistere all’anagrafe significa non avere un’identità che è quella che consente l’accesso all’istruzione, alle cure mediche e ad altri diritti fondamentali. 

E poi parliamo dei bambini che purtroppo nascono con dei problemi, esistono anche loro, una mia amica ha lasciato il lavoro per poter seguire il figlio disabile, vivono con lo stipendio del marito e con il supporto anche economico della famiglia di origine. In un paese in cui si parla tanto di diritto alla vita, con oltre il sessanta per cento di medici obiettori, in cui ci si riempie la bocca con belle parole sulla sacralità della vita, se hai la disgrazia di avere un figlio con dei problemi sono solo fatti tuoi, lo stato non da nessun supporto, spesso questo arriva da associazioni di volontariato che si autofinanziano. Non in tutte le regioni è così ma il supporto è comunque carente anche quando c’è. In un mondo che corre sempre più a discapito di tutto, in cui si pretende l’efficienza a tutti i costi, gestire i figli può diventare un’impresa da supereroi, soprattutto per le donne che si sobbarcano il carico maggiore per diritto di nascita o di genere.

E poi c’è qualcosa di cui spesso ci si dimentica, i figli hanno bisogno di tempo, il tempo dei genitori che devono passarlo con loro a giocare, parlare, crescere insieme. Insomma devi essere presente. In un mondo sempre più fagocitante di tempo non è piccola cosa. Un bambino nei primi anni di vita assorbe tutto e sviluppa la sua personalità dandogli un’impronta quasi definitiva, i primi tre anni di vita sono fondamentali, anche se non sono da meno quelli successivi per una crescita equilibrata. 

Ho trovato in rete un articolo del 2018, guarda caso con lo stesso titolo del mio post, di Alessandro D’avenia che parla del tempo vi lascio il link dell’Articolo, è rivolto soprattutto agli adolescenti, spesso “troppo pieni di oggetti ma carenti di progetti”. 

Infine finora abbiamo parlato di un mondo ideale dove i genitori hanno un lavoro normale e pagato equamente, ma ci sono situazioni al limite della sopravvivenza che non permettono certamente una corretta gestione dei figli, ci sono dei settori come quello dell’agricoltura che impiega, secondo l’istat 233000 donne, dove impera il lavoro nero (circa 57.000 lavoratrici in nero sottopagate e sfruttate secondo una ricerca di Action Aid) a queste lavoratrici in nero il caporalato offre pacchetti all inclusive - lavoro, alloggi, trasporti e asilo, con asili nido irregolari dove le lavoratrici possono lasciare i bambini già alle tre di notte, perché alle quattro devono essere in campagna a lavorare, fino al loro rientro alle cinque del pomeriggio. Ovviamente in questi asili nidi in nero il personale é improvvisato e può non essere qualificato e quindi sicuro. Ma dove lo stato latita entra l’organizzazione criminale, il caporalato in questi casi. (Dati da un articolo di donna moderna n. 31 del 27/7/23 di Marta Bonini sulle schiave del mondo moderno). Siamo tutti maestri nel giudicare ma ci voltiamo dall’altra parte per non guardare in faccia certe realtà. Saliamo sul pulpito per condannare invece di provare a capire mettendoci nei panni degli altri. 

Ho scritto questo post un po’ di getto, un po’ meditato, ma vorrei concludere con alcune considerazioni del tutto personali, i bambini, a volte ce lo dimentichiamo, sono delle persone, già del tutto dotate di personalità fin dai primi anni di vita, lo so bene, un po’ perché mi ricordo come ero io, ma anche perché ho visto crescere alcuni bambini a me molto vicini, figli di amiche e amici, nipoti e ora i piccoli di mia nipote. Credo che sia importante ricordarsene, un bambino nasce già come essere pensante, è soltanto più indifeso, per questo va protetto sempre.

Sono davvero curiosa di conoscere il vostro pensiero in proposito. 


Fonti immagini: pexels

21 commenti:

Davide CervelloBacato ha detto...

Non posso che condividere quanto dici.
Io ho 32 anni, la mia compagna 29, entrambi lavoriamo e siamo forse tra i più fortunati sotto questo punto di vista. Però se dobbiamo semplicemente fare dei conti economici, la situazione è molto difficile. Facendo un figlio sappiamo che ci vorrebbero diversi sacrifici. Abbiamo delle famiglie che potrebbero aiutarci, certo, però in linea di principio questo avvalora ancora di più le tue parole: l'Italia non è un Paese per figli.

Io vorrei essere tranquillo nel mettere al mondo uno, ma anche due figli, sapendo di avere tempo e denaro sufficiente per garantirgli quella vita dignitosa che anch'io, da figlio, ho avuto.
Invece tra affitto, rate dell'auto, bollette e rincari, con gli stipendi, ricordiamocelo, che non crescono, la situazione di sicuro non è così serena.

La cosa strana è che spesso genitori e nonni sembrano non capire questo stato delle cose. Dicono "Ma sì, ai nostri tempi ci facevamo meno problemi, basta qualche sacrificio e si fa" ma io credo che non si rendano davvero conto di quale sia il trend. E purtroppo, meno figli ci sono oggi, meno pensioni pagate avremo domani.

Giustamente fai anche una parentesi su chi non ha la fortuna di nascere in salute. Ecco, l'abbandono dello Stato verso queste persone per me è gravissimo e inconcepibile. Pochi mesi fa, tra l'altro, ho letto il libro di Ada d'Adamo vincitore del premio Strega: Come d'aria, che parla proprio di una famiglia con una figlia gravemente disabile. Beh, non è un bel vivere. Affatto. E infatti mi fanno veramente incazzare i pro vita che si concentrano su battaglie totalmente sbagliate. Dimostra proprio quanto siano più interessati a rimanere attaccati alle loro idee, che a dare davvero una mano al sostegno di chi vive e ha bisogno.

Ariano Geta ha detto...

Il tema è molto di attualità, da papà posso dire che senza il sostegno finanziario (a fondo perduto, beninteso) dei genitori miei e di mia moglie non avremmo avuto i mezzi economici per "permetterci" di avere figli.
Riguardo l'ultimo paragrafo del tuo post, purtroppo un altro aspetto importante è che questa società è malata di ideologismo, tu magari cresci un figlio con certi valori e ti ritrovi un estraneo dentro casa che ha assorbito tutta la propaganda di uno schieramento al quale non frega nulla di lui o dei suoi genitori, ma solo di alimentare il proprio consenso.
A tutte quelle coppie giovani che esitano a fare figli io dico: fate bene a avere dei dubbi, questo paese non garantisce elementi concreti per guardare al futuro, questo paese ormai offre solo veleno o utopie impossibili.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Davide: benvenuto nel mio blog Davide e grazie del bellissimo commento, capisco bene le vostre indecisioni di coppia che penso siano dovute anche alla scarsa fiducia nel futuro del paese, i nostri genitori e i nostri nonni forse avevano delle prospettive diverse, c’era più fiducia nel futuro ma c’era anche il boom economico di un paese in crescita, quello che oggi si è rivelato un grande flop, perché l’eccesso di crescita (materiale) può portarci solo al baratro. Non voglio però rinunciare al sogno di un miglioramento del mondo in generale che ci faccia uscire da questo circolo vizioso grazie a nuove consapevolezze delle nuove generazioni.
Vi auguro di trovare il coraggio di affrontare i sacrifici e avere un figlio che vi regali grandi gioie come solo i bambini sanno fare solo per il fatto di esistere.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Ariano: ti sento molto sfiduciato Ariano e posso capirti, io stessa che ho desiderato avere figli ora sono quasi grata di non averne. Però è necessario ribaltare il trend perciò nonostante tutto voglio sperare in un miglioramento della situazione, vorrei tanto essere sorpresa dal bene…

Andrea Cabassi ha detto...

Da quanto mi risulta l'umanità non ha grande bisogno di essere rinfoltita, il problema semmai è l'opposto: siamo in troppi già così!

Marina ha detto...

Quello che dici è giusto ed è vero, però c'è un altro fattore che scoraggia le coppie ad avere figli: significherebbe per tanti non avere più libertà, riempirsi di responsabilità, sacrificare abitudini, rinunciare a tante cose, perché è così: avere figli comporta un impegno che molti non sono pronti ad assumersi. Voglio dire che esistono tutti i problemi che hai enunciato nel tuo articolo, ma oggi non è solo l'Italia a non essere un paese per figli, è anche la società che stiamo costruendo a rendere difficile, scomoda e non desiderata l'impresa!

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Andrea: hai ragione Andrea siamo in tanti, fra poco arriveremo a otto milioni (ma solo una parte non patisce la fame, anche se soffre di altri guai…) però la mia è una considerazione sulle “preoccupazioni” enunciate in tv e mi ha portato alcune riflessioni

Brunilde ha detto...

Condivido quanto scritto da Marina.
Oltre alle oggettive difficoltà credo che ci sia una grande resistenza a sacrificare la propria libertà, il proprio tempo libero, la socialità, gli hobby, per le donne anche lo slancio nella carriera o nella libera professione, facendo un figlio. Che, al netto della meraviglia di una nuova vita che arriva, comporta una faticaccia bestiale, non dimentichiamolo!
Dopo anni di sacrifici per gli studi, per il lavoro, per la carriera, non è facile decidere di affrontare nuove rinunce, nuovi impegni, fatica fisica, privazione di sonno e di energie, e quant'altro comporta accudire un bambino, nei primi anni di vita. E dopo... l'impegno cambia, ma non è meno significativo.
La mia esperienza di madre libera professionista senza aiuti familiari mi porta a comprendere bene chi preferisce una vita senza figli.
Quanto al rischio di cui parla Ariano, di ritrovarsi un figlio cresciuto e ideologicamente distante, forse indottrinato da altri: è una possibilità, certo.
Io ho cresciuto mia figlia senza inculcarle nulla. Ha ascoltato i nostri discorsi, ha osservato i nostri comportamenti, ha osservato le nostre letture e le nostre scelte. Ed è bellissimo vederla ora, adulta, condividere i nostri valori e le nostre idee.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Marina: la società in cui viviamo offre modelli che non facilitano il desiderio di avere figli, hai ragione, però chi desidera davvero un figlio è disposto a superare tutto, in fondo mettere al mondo un figlio è una scelta d’amore, almeno così dovrebbe essere.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Brunella: la fatica è innegabile, i primi mesi di vita di un bambino inoltre sono fagocitanti e per una madre che allatta può essere pesantissimo se non ha un aiuto fisico non solo da parte del padre, proprio per questo servirebbero degli aiuti strutturali (che creerebbero anche lavoro) come avviene in alcuni paesi europei. Se non c’è l’aiuto familiare e grava tutto sui genitori diventa un’impresa sovrumana. E poi c’è il diritto sacrosanto della donna di non sacrificare la sua carriera per poter crescere i figli, non vedo perché dopo anni di studi e di sacrifici una donna debba rinunciare al lavoro, cosa che quasi mai si chiede a un uomo, ma va detto anche che può essere un lusso “non lavorare” per dedicarsi ai figli perché in molte famiglie servono entrambi gli stipendi per mandare avanti la baracca, visto il costo della vita. Molte mie amiche con figli mi hanno confessato che rinuncerebbero a lavorare, ma il marito non guadagna abbastanza e non se lo possono permettere, questa è la realtà della maggior parte delle famiglie italiane, spesso il lavoro della donna é una concreta necessità economica.

Sandra ha detto...

Non frequento trentenni alle prese con la decisione se fare o non fare figli, siamo tutti over e chi i figli li ha avuti ha potuto o avere un concreto aiuto da parte dei genitori, in termini economici o di baby sitter, o una solidità che, va anche sottolineato, nessuno neppure alle generazioni precedenti ha regalato.
Io credo che l'Italia non sia più un paese per nessuno. E' un paese di anziani ma non è un paese per gli anziani, per me il tema centrale è la sanità, pensioni al ribasso e visite specialistiche solo private.
E il lavoro? L'anno scorso ho parlato con una cameriera pugliese a Monaco. Tornare in Puglia? Certo, la cameriere potrebbe farla pure lì, ma guadagnerebbe un quinto.
Io sono completamente demoralizzata, non funziona nulla, vivo nella mia bolla, che grazie a Dio e anche a me stessa, ho potuto costruirmi e vado avanti.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Sandra: mia nipote ha 35 anni e ha due bambini di 6 e 8 anni, non so se la sua sia stata una scelta pienamente consapevole, perché ha sposato un uomo più grande di lei, con un lavoro solido che ha permesso a lei di non lavorare subito, e che desiderava una famiglia e forse ha seguito il desiderio di lui. È anche vero che i figli è meglio farli da giovani perché dopo non solo si fa più fatica ma potrebbero non arrivare (e parlo per esperienza). Mia nipote però ha potuto far dei figli grazie anche all’aiuto di mia sorella che le ha dato una mano concretamente nella loro crescita (suo marito è al lavoro tutti i giorni fino a tardi). Quindi gli aiuti servono e sono fondamentali in queste scelte, oggi più che mai. Hai ragione l’Italia è un paese sempre più per pochi, non è per figli, non è per giovani sempre più precari e non è per anziani sempre più fragili e con una sanità carente. Mi chiedo se è ancora possibile fare qualcosa…

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Proprio a luglio ho avuto la fortuna di fare un piccolo tour sul lago di Costanza che come sai è circondato da tre nazioni (Germania, Austria e Svizzera). Oltre alla bellezza dei luoghi, era inevitabile per noi, comitiva tutta italiana, non venire colpiti dall'enorme quantità di bambini e genitori giovani. Le famiglie tedesche hanno da due a tre figli piccoli. Perché? Perché ovviamente ricevono sussidi e servizi dallo stato. Anni fa mi colpì un servizio in Francia, dove una famiglia francese diceva di poter detrarre dalle tasse le spese per la baby-sitter quasi interamente. E un altro servizio con una famiglia italiana trasferitasi in Patagonia con un bambino piccolo dove spendeva per il nido l'equivalente di 25 euro (quando qui ce ne vorrebbero almeno mille). Queste sono le politiche per aumentare la natalità, non riempirsi la bocca con "fate più figli" e basta. Noi in famiglia abbiamo fatto i salti mortali per cercare di gestire lavoro e unico figlio, in mancanza quasi totale di nonni nei paraggi.
P.S. D'Avenia è un dei pochi che seguo assiduamente, non mi perdo nessun articolo de L'ultimo banco.

Elena ha detto...

Non ho figli com'è noto, per scelta. Credo che la narrazione imperante sulla denatalita nel nostro paese sia conforme a questa idea di nazione e dunque di difesa del'italianita che impera. Un esempio? Il Ministero del Made in Italy, la campagna antiabortista e il finanziamento delle associazioni così dette pro life, (come se noi pensassimo a distruggerla la vita) eccetera eccetera. Vivo in una città che in una decina di anni ha perso quasi duecentomila abitanti. A Torino si fermano meno, le ragioni le hai ben indicate tu Giulia. Il lavoro è povero e carente, sfruttato, i servizi sociali e di supporto alla genitorialita scadenti e inadeguati. La colpa naturalmente è dei migranti! Penso che il punto di vista di Andrea aiuti a contestualizzare meglio il tema. L'umanità sta mangiando il pianeta. Ma le risorse non sono distribuite. I nostri figli possono ancora scegliere il proprio futuro, la maggior parte degli altri no. Aggiungo poi che non basta farli i figli serve educarli e lasciarli liberi. La mela non cade troppo distante dall'albero. Se i valori sono forti e autentici non può esserci conflitto. Il resto è ideologizzazione. Questa si fa paura. Un abbraccio e buona domenica

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Cristina: cara Cristina il tuo racconto non fa che confermare quello che penso, certi slogan propagandistici non servono assolutamente a far nascere dei bambini, servono aiuti concreti quindi sussidi, finanziamenti e supporti strutturali, basterebbe anche poter detrarre completamente le spese sostenute per i figli, come quelle di una baby sitter a tempo pieno. Una mia collega che non poteva far affidamento sui nonni (entrambi i genitori suoi e del marito vivevano lontano) aveva una baby sitter a tempo pieno e per tre anni ha letteralmente consegnato buona parte del suo stipendio alla baby sitter, se avesse potuto detrarre queste spese per lei e suo marito sarebbe stato un grande aiuto, questo è solo un esempio. Le famiglie con figli fanno i salti mortali per mantenerli, per gestirli e contemporaneamente lavorare, per questo ci si ferma a un solo figlio, averne due è una rarità.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Elena: la scelta di non fare figli è un sacro diritto, come sai ne abbiamo parlato nel nostro post comune e non mi piace affatto questo governo che spinge alla natalità (senza crearne i presupposti concreti). Peraltro si parla tanto e solo della famiglia tradizionale mentre si discriminano le famiglie omogenitoriali (questo governo con un colpo di spugna ha cancellato le identità di questi bambini, cancellando i loro diritti). Mi irrito molto quando sento certi slogan, di fronte al lavoro precario, la mancanza di strutture e la mancanza di prospettive future (anche a livello climatico ed ideologico) serve molto coraggio (e ovviamente amore) a far nascere dei bambini.

Elena ha detto...

È un argomento che fa discutere, al di là del nostro bel post di scambiare personali, è giusto se ne parli ancora...

Barbara Businaro ha detto...

La Norvegia ha 6 milioni di abitanti, la Svezia ne ha 10 miloni, mentre in Italia siamo 60 milioni di abitanti. Non possiamo confrontare né la popolazione né il territorio, come estensione e tipologia, di conseguenza nemmeno pensare di poter adattare le loro politiche nello stesso identico modo. Probabilmente per noi non sarebbe né ecoomicamente né fisicamente sostenibili. Potremmo confrontarci con la Spagna, salvo che culturalmente sui temi sociali sono dieci anni luce più avanti di noi. In Germania e Francia, per quel che mi raccontano gli amici trasferiti là, è tutto un altro vivere e sentire. Si lavora, focalizzati, niente riunioni inutili, e alle 17.00 tutti a casa. Quindi, prima delle soluzioni che funzionino, dobbiamo rivedere la nostra mentalità. Quella vergognosa modalità di non assumere una donna in età da gravidanza o con figli piccoli perché "non affidabile", che corrisponde alla malsana idea che l'unico valore tangibile del lavoro è il tempo impiegato, invece di analizzare l'effettiva produttività. Basterebbe poi fare un conto veloce di quanti posti di lavoro produrrebbero dei migliori servizi per l'infanzia e di come tutto alla fine, come un volano, genererebbe ulteriore benessere economico per l'intero paese. Non dovremmo nemmeno stare qui a discuterne. E invece certi luoghi di lavoro sono esclusivamente maschili e questa cosa non la comprendono. Questo perché nelle generazioni precedenti la donna era a casa, ad occuparsi solo dei figli e della vita domestica. Lo poteva fare finanziariamente, perché il reddito del marito era sufficiente (sì, siamo proprio più poveri rispetto ai nostri nonni, nonostante abbiamo studiato il quadruplo!) Questa mentalità della donna a casa è rimasta, solo che non ce lo possiamo più permettere (e non sarebbe nemmeno corretto: una donna deve poter scegliere, anche di lavorare per la propria soddisfazione personale). Ed è questo il nostro tallone d'Achille.
Non credo invece alla difficoltà di rinunciare alla propria libertà per i sacrifici che comporta un figlio. Anche qui è una questione di economia e mentalità, non di libertà: rispetto alle generazioni precedenti, ci sono molte più opportunità di coinvolgere i figli nelle attività dei genitori e viceversa (come la piscina per madri-neonati, mia nonna non l'ha mai vista!) Vedo le giovani coppie che, al netto di problemi economici, non hanno questo pensiero della libertà. Forse la nostra generazione ne aveva il concetto, loro oggi hanno proprio un'altra visione. Quel che manca è uno stipendio certo e dei servizi adeguati.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Barbara: sono del tutto d’accordo con la tua efficace analisi sociologica, in effetti i paesi nordici hanno molto meno abitanti rispetto all’Italia, quello che avvilisce dell’Italia, però, è la totale mancanza di volontà di assicurare una politica efficace. Come affermi si creerebbero nuovi posti di lavoro con i servizi dedicati all’infanzia e un indotto positivo.
Riguardo alle politiche del lavoro come non darti ragione, è assurdo che si debba fare i salti mortali per poter fare il lavoro ordinario (comunque complesso e impegnativo) facendo lo slalom tra una riunione e l’altra.

Luz ha detto...

È proprio come scrivi. Da insegnante, assisto alle difficoltà dei genitori, in particolare di quelli che hanno più figli di cui alcuni nati da poco. Molti durante la pandemia hanno anche perso il lavoro. Io non ho fatto esperienza di maternità ma ho visto tutto l'aiuto occorrente nei primi tempi e la necessità di allevare un figlio senza troppo perdersi importanti momenti della sua crescita. Sì, in Italia le tutele sono al minimo, e ciò concorre al nostro livello di natalità "0".

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Luz: purtroppo non intravedo prospettive di miglioramento nelle politiche italiane, solo tanta propaganda, inoltre con quello che succede nel mondo la voglia di mettere al mondo dei figli si fa sempre più rara.