sabato 2 dicembre 2023

I miei viaggi in treno

 

L’immagine di un vecchio treno dal sito delle Ferrovie dello Stato

C’è stato un tempo in cui viaggiavo spesso in treno, soprattutto ai tempi dell’università quando era anche l’unico mezzo che avevo per tornare in Puglia dai miei. Confesso che ogni volta ero assalita dalla paura di un attentato terroristico perché l’assonanza “stazione di Bologna” e “bomba” era terribilmente inquietante, del resto l’attentato era avvenuto nel 2 agosto 1980 ed io ho iniziato a frequentare l’università a Bologna nel novembre 1983, insomma era passato pochissimo tempo e l’Italia era ancora immersa nell’atmosfera degli anni di piombo. Tanto per ricordarli sono quegli anni compresi tra gli anni 60 e l'inizio degli anni 80 caratterizzati da una serie di eventi di violenza politica e sociale come gli attentati di gruppi armati di estrema sinistra o di estrema destra. Il culmine di questi eventi fu il rapimento e la morte dell'onorevole Aldo Moro nel 1978.

Comunque superato il primo timoroso momento della partenza il mio spirito si sollevava e mi ritrovavo a chiacchierare con i miei compagni di scompartimento. I treni di oggi sono molto diversi da quelli di allora,  prendevo sempre un treno che si chiamava L’Espresso (era il Milano-Lecce oppure il Trieste-Lecce) e che, per il percorso Bologna-Foggia, impiegava ben otto ore (oggi per lo stesso percorso ne servono cinque). La mia fermata era una stazione prossima a quella di Termoli ultimo centro del Molise, ed ero fortunata perché molti pugliesi impiegavano molto più tempo per arrivare a destinazione, la Puglia è una strana regione lunga e stretta di oltre 400 km quindi arrivare a Bari o Brindisi o Lecce era ben diverso che arrivare a Foggia. Le otto ore di viaggio diventano un momento di condivisione con gli altri passeggeri dello scompartimento. Era composto da sei poltroncine strette e si poteva anche chiudere la porta di vetro che dava sul corridoio, luogo in cui stazionavano gli sfortunati che non avevano trovato posto a sedere e che stavano appoggiati alla parete del corridoio oppure seduti sullo “strapuntino” una sedia incassata nella parete che, all'occorrenza, si abbassava per sedersi in corridoio in una situazione di provvisorietà e grande scomodità. Durante il lungo viaggio se si liberava un posto all’interno dello scompartimento perché uno dei passeggeri arrivava a destinazione qualcuno del corridoio guadagnava il passaggio di classe ossia alla poltroncina dello scompartimento. Dopo un inizio di viaggio un po' goffo, durante il quale ognuno fissava davanti a sé in ostinato silenzio, la conversazione cominciava finalmente a scorrere liberamente su argomenti vari e leggeri, insomma si parlava del più e del meno:

Lei dove scende? Davvero? ma sa che anch’io abito ad Ancona, sono andato a trovare mio figlio che vive a Bologna.

Sei una studentessa universitaria? E cosa studi? Scendi a Foggia, ah beata te, io devo arrivare fino a Lecce arriverò stasera alle dieci.

Io ho preso il treno a Milano, eh è un viaggio lungo davvero. 

Era l'era pre-cellulare e quindi comunicavo ai miei genitori che avrei preso il treno da Bologna centrale alle otto del mattino e che sarebbe arrivato alle quattro del pomeriggio circa…l'uso del termine "circa"  era fondamentale perché quel treno accumulava spesso un gran ritardo e poteva arrivare invece che alle 16 anche alle 17. Un'eventualità che, specialmente durante l'inverno, implicava arrivare con il buio della sera invece che con la luce del giorno.

Credo di aver raccontato la mia vita, spesso anche con parecchi dettagli, a molti illustri sconosciuti incontrati in treno. Ho sempre pensato che la comunicazione con persone sconosciute diventi più aperta e spontanea traducendosi in una conversazione più rilassata e senza filtri. L'ho sperimentato di persona nei miei viaggi in treno e ho fatto la stessa esperienza in altri contesti, soprattutto negli incontri con altre persone in vacanza, dove c'è sempre quel senso di libertà. Il fatto è che restare stretti in quello scompartimento era come far parte di una piccola famiglia provvisoria, per la durata del viaggio. La pareti ristrette diventavano una piccola enclave in cui condividere quel tempo forzato, dove non potevamo far altro che respirare quell'atmosfera di attesa, così imparavamo a superare le differenze trovando un equilibrio e un'armonia quasi familiare. 

Forse questa sensazione era dovuta alla vacanza che mi aspettava, in quanto partivo a Natale oppure in estate dopo la sessione estiva, ma nei miei ricordi quei viaggi erano belli.

E poi c’erano i viaggi di ritorno verso Bologna, quasi sempre pervasi da un senso di malinconia, per la vacanza finita, da parte di studenti che come me rientravano per studiare, oppure per coloro che rientravano al lavoro. Quanti incontri in quei viaggi, alcuni sono ricordi vaghi, altri sono piuttosto nitidi. Una volta conobbi una giovane signora di Ancona che si svegliava tutte le mattine alle quattro perché lavorava in un ufficio postale di Bologna, ogni giorno si faceva andata e ritorno in treno perché, mi disse, non voleva lasciare la sua città, ma soprattutto perché aveva un figlio piccolo che andava a scuola e non voleva fargli perdere i suoi punti fermi, visto che si era separata da suo padre da poco. Ovviamente c’era la nonna che si occupava di lui mentre lei lavorava. E poi c’è un ricordo indelebile della fermata del treno alla stazione di Cesena, una piccola città della Romagna, l’unica che non conosco dopo tanti anni che vivo in questa regione. Accanto alla stazione c’era un campo di bocce e, tutte le volte che il treno stazionava in stazione, mi incantavo a osservare il gruppo che giocava a bocce, erano per lo più persone anziane e guardarli mi dava serenità. Ora il mio treno non ferma più a Cesena, tante fermate sono state eliminate per i treni a lungo percorso riservandole solo ai treni regionali, forse un giorno prenderò un regionale e andrò a visitare finalmente Cesena, mi hanno detto tutti che è molto bella. 

Infine qualcosa che solleticava spesso la mia fantasia, credo anche la mia più recente vena scrittoria, erano le scene di vita che mi capitava di osservare dal finestrino del treno, case e strade che intravedevo, le persone sui balconi, le luci nelle case di sera. Mi facevo domande su chi abitasse quelle case, se erano felici oppure tristi, se fosse bello vivere in quei luoghi attraversati velocemente dal treno in corsa.

A pensarci ora sembra una vita fa, oggi i trasporti si sono velocizzati tantissimo, percorsi che un tempo richiedevano quattro o cinque ore si sono ridotti a tre ore o due e mezza, è tutto più efficiente però non sono sicura che sia stato un miglioramento in tutto, per esempio ora i treni li trovo claustrofobici, con quei finestrini sigillati che vanno bene finché non si rompe l'aria condizionata. E poi non ci sono più gli scompartimenti, ora la carrozza del treno è del tutto aperta, come l’interno di un aereo. C’è solo un problema, come l’interno di un aereo non c’è spazio per le valige, sopra il sedile c’è un piccolo scomparto angusto dove puoi infilare un borsone oppure un trolley non troppo grande, quindi occorre viaggiare leggeri. Che dire, non si può avere tutto nella vita, viaggi più velocemente ma con minore ingombro.

Treni moderni dal sito FS Italia 

Mi capita di viaggiare ancora in treno, ogni tanto. Può capitare per lavoro, se proprio non posso esimermi, ma anche per raggiungere la Puglia, quando è più opportuno non usare l’auto. È un’esperienza diversa, si parla molto poco, un po’ perché siamo tutti immersi nei nostri telefonini o nei nostri tablet, un po’ perché manca lo “scompartimento” quel piccolo spazio che favoriva la condivisione e la confidenza. 

Non è nostalgia, ma a volte sento la mancanza di alcuni dettagli suggestivi del passato. O forse è solo il senso inesorabile del tempo che vorrei arrestare, almeno nell’immagine di un ricordo. 




25 commenti:

Sandra ha detto...

Amo molto viaggiare in treno, anche se lo uso meno rispetto a quando ero ragazza che era il mio principale mezzo di trasporto. Ci sono stata martedì e me lo sono proprio gustato il viaggetto, 100 km (200 da tra andare e tornare di cui in parte sul lago bellissimo)
Più che delle vite fuori dal finestrino, ho condiviso quelle negli scompartimenti, come dici tu, ricordo perfettamente diverse conversazioni assai piacevoli, credo siano tempi defunti, morti sotto i colpi della tecnologia.

Sandra ha detto...

Anch'io, scusa il doppio commento, ho un ricordo bello della stazione di Cesena. Quando prendevamo il treno per Rimini ogni estate, all'epoca ci volevano 4 ore, a Cesena tiravamo giù le valige dalla rastrelliere e l'agitazione iniziava a essere tanta, io bambina, ragazzina, ragazza felicissima di arrivare al mare e ritrovare gli amici di ogni estate.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Sandra: grazie per il doppio commento, pensa che il ricordo della stazione di Cesena l’ho aggiunto stamattina in exstremis perché mi è tornato in mente leggendo un articolo su Donna Moderna sugli sport soft ma utili tra cui le bocce (lo so è incredibile).
Che poi Cesena è la spiaggia di Cesenatico (che invece conosco benissimo e ha un posto speciale nel mio cuore, come nel tuo immagino, visti i ricordi estivi che hai).
Le conversazioni fatte in treno erano speciali secondo me, perché libere da condizionamenti, spesso si dicevano cose che faticavamo a condividere nella vita di tutti i giorni. Oggi accade meno, forse perché queste confessioni le facciamo sui social…

Brunilde ha detto...

Quando ero molto giovane usavo il treno per spostarmi, andare in vacanza, raggiungere amici e parenti in altre città. All'epoca ero la classica persona alla quale gli sconosciuti, più spesso le sconosciute, raccontavano la storia dela propria vita, per filo e per segno. Col senno di poi, peccato non aver preso appunti!
Non vedevo l'ora di prendere la patente, e infatti la macchina mi ha affrancato dalla dipendenza dal treno. Nostalgia? No. Non amo particolarmente i treni e l'antipatia dev'essere ricambiata dal momento che ogni volta che ne prendo uno succede di tutto ( ritardi apocalittici per i motivi più disparati...).
In treno, quando mi capita, cerco di leggere, e mi infastidisco per gli squilli dei cellulari non silenziati, le videochiamate a voce alta, il mancato uso degli auricolari che mi costringe a sentire rumori di fondo non graditi ( odio in particolare quelli che mi ha infliggono le telecronache sportive ...).
Insomma, la ragazza che ispirava fiducia e confidenze ai passeggeri dei treni è diventata una vecchia signora insofferente e malmostosa!!!

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Brunilde: vedi ispiravi fiducia e ti raccontavano pezzi di vita, in effetti a prendere appunti potevi avere spunti per scrivere delle storie. Anch’io sono stata felice di poter usare l’auto rendendomi indipendente dal treno per molti viaggi, però in certi casi prendere un treno può essere più semplice, soprattutto nelle lunghe distanze, forte dell’esperienza di incubi vissuti in autostrada in certi periodi dell’anno. Ovviamente anche il treno presenta degli imprevisti, ritardi o guasti al motore o altri problemi.
Anch’io ora in treno leggo e parlo poco, purtroppo c’è sempre quello che parla al telefono a voce alta oppure fa di peggio (tipo la telecronaca sportiva). Sono cambiati i tempi, ora ognuno parla con il suo cellulare!

Ariano Geta ha detto...

Anche io ho viaggiato parecchio in treno quando i vagoni erano con corridoio e scompartimenti, li ricordo con nostalgia anche io. Nel mio caso il viaggio era breve, Civitavecchia-Roma, un pendolarismo quotidiano che comunque a volte dava ugualmente vita a lunghe e cordiali conversazioni con perfetti sconosciuti.
Cesena l'ho vista, non è la più bella fra le città capoluogo romagnole, però ha un suo centro storico e, soprattutto, la Biblioteca Malatestiana che merita davvero la visita se ti piacciono gli antichi libri manoscritti.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Ariano: Cesena mi incuriosisce, in effetti una biblioteca di libri antichi è senz’altro interessante da visitare, a Bologna ne abbiamo una molto bella (c’è la foto nel mio post sulle letture), non sapevo ce ne fosse una a Cesena, motivo in più per andarci.
Anche un viaggio un treno breve da pendolare può dare occasione di conversazioni interessanti, i treni con il corridoio erano più semplici ma forse più suggestivi, mi fa piacere Ariano che condividi.

LunaDiPassaggio ha detto...

(E pensavo dondolato dal vagone: “Cara amica il tempo prende, il tempo dà. Noi corriamo sempre in una direzione, ma quale sia e che senso abbia chi lo sa. Restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento, le luci nel buio di case intraviste da un treno… Siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno").
https://youtu.be/0jhQH03GS8E?si=Qbl_-Iy397U_fDEj :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

@LunaDiPassaggio: bellissimi i versi del grande Francesco Guccini, lui sapeva condensare benissimo certe sensazioni

Barbara Businaro ha detto...

Sto recuperando ora il mio rapporto con i treni. Sono stato uno studente universitario pendolare, avevo 30 minuti di treno per raggiungere Padova, su linea poco servita e treni affollati nell'ora di punta. Spesso era una vecchia littorina FIAT del 1975, a gasolio, puzzolente. Una volta si è rotto il motore, fumo dentro il vagone, tutti scesi in attesa di un altro treno, sempre littorina. La mia tratta finì anche su Striscia la notizia, perché avevano eliminato dei vagoni e la gente, ammassata peggio delle bestie, si era sentita male. Le uniche volte che si parlava era per lamentarsi dello schifo a cui eravamo costretti, dopo aver pure aumentato il costo del biglietto/abbonamento. Credo di aver viaggiato però un paio di volte su treni con lo scompartimento, tra Venezia e Trieste mi pare. Non c'era molta gente, è vero che si chiacchierava di più (forse l'effetto bolla dello scompartimento, sembrava un piccolo salottino) ma soprattutto mi sembrava di essere in uno di quei treni dei romanzi di Agatha Christie (beh, questo a discapito del treno, era segno della sua vetustà!)
Quando ho cominciato a lavorare, l'azienda preferiva usassi l'auto per questioni di orari e disponibilità (il treno non garantiva mai puntualità), solo quando le trasferte erano lontane e più di un giorno, viaggiavo in treno (allora conveniva in termini di costi). Sono stata una delle prime a usare le Frecce e subito dopo Italo. Le mie tratte sono tipicamente verso Venezia, Milano e Bologna. Su quei treni il posto per le valigie c'è, sia all'inizio di alcuni vagoni (per la valigione da stiva, 20-30 kg), sia a terra tra una fila di sedili e l'altra, dove c'è una V rovesciata di spazio (lì trolley da bagaglio a mano, reclinati). Il viaggio più lungo verso Roma, dove però le gallerie aad alta velocità (Italo mostrò sullo schermo 305 km/h) mi lasciarono le orecchie bloccate per mezza giornata almeno (stesso effetto ce l'ho anche nelle discese veloci degli aerei). Sul viaggio per Roma mi capitò un bambino maleducato, con genitore assente al seguito: scorrazzava per il corridoio del vagone e, vedendomi con lo smartphone in mano, si è fermato e si è messo alle mie spalle a curiosare lo schermo. Forse pensava stessi guardando dei video, in realtà stavo leggendo la mail aziendale, e di certo non costituiva pericolo che lui leggesse e non capisse, se n'è pure andato sbuffando. Mah. Io sono invece quel viaggiatore che curiosa imperterrito i titoli dei libri dei pochissimi lettori cartacei. Capita rarissimamente di parlare. L'ultima volta verso Milano un signore francese, viaggio con la moglie, mi ha chiesto indicazioni sul treno, in inglese, non si trovava. Sono stata l'unica a formulare una risposta in lingua, con fior di manager lì presenti, Macbook ultimo modello sul tavolino, io invece col mio striminzito cellulare, che si sono guardati smarriti. :P

Cristina M. Cavaliere ha detto...

I vecchi treni affollati mi hanno fatto venire in mente i nostri rientri dal mare, dalla Liguria a Milano, io e mia madre. Non c'era la possibilità di prenotare e spesso viaggiavamo nel corridoio, in piedi oppure sullo strapuntino che hai menzionato. Dato che la signora della casa in affitto ci regalava di tutto, avevamo frutta, verdura e ogni ben di Dio... una volta persino una gallina cui aveva appena tirato il collo, e che mia madre però aveva buttato nel primo bidone perché le faceva impressione. Dei vecchi treni mi ricordo anche le cuccette per i viaggi lunghi, sembrava proprio un'avventura.
Adesso c'è molta meno comunicazione, non soltanto tra estranei come hai raccontato, anche tra amici che viaggiano e che trascorrono il proprio tempo incollati agli smartphone.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Barbara: all’epoca dei miei treni “espresso” i treni dei pendolari erano terribili le littorine me le ricordo, credo di aver preso anch’io un regionale simile (è un vago ricordo). I viaggi con le Frecce sono sicuramente un altro livello, veloci con belle poltrone. Ricordo che per lavoro sono andata un paio di volte a Roma per un corso tutto pagato, però stavo sempre male perché i vagoni erano troppo caldi, ricordo che quando scendevo dal treno ero a un passo dal vomitare, la collega con cui viaggiavo ricordo che mi disse: hai la faccia verde, stai male?
Anch’io sbircio i titoli dei libri che la gente legge sul treno, è un vizio di noi amanti dei libri 😉

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Cristina: lo strapuntino del corridoio era una vera tortura ma quando stavi in piedi a lungo anche quella seduta di fortuna era oro!
È vero c’erano anche i vagoni letto, su quelli non ho mai viaggiato, anche se ho viaggiato anche di notte sempre “sull’espresso notte” era un treno che veniva dal Brennero, l’ho fatto solo un paio di volte con una mia amica che aveva la fissa di recuperare un giorno di viaggio.
Oggi purtroppo l’uso degli smartphone ha ridotto drasticamente la comunicazione, è avvilente.

Andrea Cabassi ha detto...

Io feci la carta verde, che mi dava diritto a sconti su regionali e interregionali... il treno è sicuramente il mio modo preferito di viaggiare per le lunghe tratte!

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Andrea: la carta verde che ricordi! L’ho fatta anch’io ai tempi. Il treno può essere un buon mezzo di trasporto, libero e piacevole, salvo scioperi e imprevisti.

Marina ha detto...

Viaggio in treno ogni anno per Natale, quando saliamo a Milano per raggiungere i miei cognati. Un bel viaggiare: poche ore e la comodità non manca. Ricordo anch'io qualche vecchissimo viaggio in treno per andare a Palermo; capitava che non prendessi il pullmann, ma me ne pentivo sempre: erano carriole lente, terribile! (e forse sono ancora così!)Impiegavo una vita per arrivare, però è vero, mi facevo delle belle chiacchierate con le persone con cui dividevo lo scomparto... e non esisteva il cellulare, quindi mia madre aveva mie notizie solo quando mettevo piede nella stazione di Palermo. Altri tempi! Uno dei pochi casi in cui dico: meglio adesso! :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Marina: sì oggi è sicuramente meglio, oggi con cinque ore di viaggio arrivo a destinazione, ma anche Bologna Roma in sole due ore e trenta, Bologna Milano in un’ora e un po’, insomma le distanze si sono accorciate, tutto é più a portata di mano. È solo un pizzico di nostalgia per certi aspetti del viaggio che non ci sono più (e poi era la scusa per scrivere un post 😉 nel mio mondo dei ricordi).

Ninfa ha detto...

Avevo letto il tuo post, penso appena dopo la pubblicazione, in una notte passata mezza in bianco a causa di un'indigestione ed è stato un salto nel tempo di cui ti ringrazio tanto. Sono piombata in quell'atmosfera ormai perduta dei viaggi nei treni di una volta: gli scompartimenti, gli strapuntini, i finestrini che si abbassavano e da cui si guardava fuori, l'immaginazione che correva come la tua alle persone che vivevano dietro a quelle finestre illuminate nella notte. E poi gli anni di piombo, il rapimento di Moro, l'attentato alla stazione, le paure, il tenermi lontano quando c'era una manifestazione...tutte cose successe quando andavo io all'Università, sei anni prima di te. E poi...il tuo ricordo del campo di bocce accanto alla stazione. Sai, ne ho un ricordo molto vago e sono contenta che tu lo abbia risvegliato, perché me ne ero dimenticata. Mi raccomando Giulia, se prenderai quel regionale per venire a Cesena, avvisami che andiamo assieme alla Biblioteca Malatestiana, ne vale la pena!

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Ninfa: cara Ninfa sono contenta di aver risvegliato dei ricordi e spero che l’indigestione si sia risolta bene! Sono anni in cui molti si possono ritrovare, anche se sembra passato un secolo (in effetti il salto di secolo è stato fatto, ormai anche il 2000 sembra lontano). Deduco che prendessimo lo stesso treno, almeno la stessa linea. Chissà se c’è ancora il campo di bocce a Cesena, forse bisogna proprio fare un passaggio per scoprirlo…

Elena ha detto...

Adoro il treno, ho sempre viaggiato tanto su questo mezzo, fin da ragazzina, quando girovagavo a costi limitati per l'Europa con l'Inter Rail. La prima foto che hai postato riguarda un treno che io ricordo bene e se non sbaglio quella era la prima classe. La riconosco dalle poltroncine in velluto. I corridoi erano caratterizzati da scomparti lunghi e stretti per le valigie su cui ammetto di aver dormito, sì, dormito, in alcuni viaggi notturni.
Oggi viaggio praticamente solo più con l'alta velocità, ma quando mi capitano brevi tratte, con i regionali, anche io mi diverto a immaginare paeselli come la tua Cesena, che non ho mai visitato ma che ormai per esserci passata tante volte mi sembrano quasi familiari.
Tra auto, aereo e treno, vince senza dubbio quest'ultimo. Di quei viaggi con le poltrone distese fino a generare un tutt'uno di cuscini ho molta nostalgia. Non c'è nessun mezzo di trasporto romantico come il treno, secondo me.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Elena: carissima, hai ragione quella della foto dovrebbe essere la prima classe, che occhio, io non ho fatto caso alle poltrone, non è stato facile trovare delle vecchie foto. Ho fatto anch’io dei viaggi notturni nel corridoio, pensa che viaggiavo di notte per guadagnare un giorno (oggi non potrei farlo visto che durante il giorno sarei uno zombie, ma allora ero giovane e con grandi energie). Ora il treno che passa nei paeselli si chiama regionale veloce e quelli nuovi sono anche belli (sempre senza spazio per le valigie ma per i regionali ci può stare) la scorsa notte c’è stato un tamponamento di un regionale è un freccia rossa sulla linea Bologna Rimini, argh, per fortuna nessun danno grave alle persone…
Anche per me il viaggio in treno è romantico se non ci sono intoppi tipo ritardi, incidenti e compagni vari.

Rajani Rehana ha detto...

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Rajani Rehana ha detto...

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Luz ha detto...

È vero, i treni di un tempo erano un'altra cosa. Anch'io posso dire di avere ricordi significativi, ma non molti a riguardo, perché a differenza di te che sei stata studentessa in una università lontana, io percorrevo i 40 km che mi separavano dalla mia università nel trenino locale. Conversazioni brevi, pendolarismo.
Ben diversi i viaggi che ricordo feci per raggiungere i parenti lontani in occasione di feste e matrimoni. Per esempio, il viaggio più lungo dalla Calabria alla Lombardia, iniziato a sera e terminato il giorno dopo nel pomeriggio, stremati ma anche pieni di ricordi fra parenti che si avvicendavano negli scompartimenti. Oggi ti dico amo molto usare il treno. Con l'AV raggiungo Reggio Emilia (da mia madre e sorella) da Roma in tempo breve, ma anche mete come Venezia, Firenze. Incentivare l'uso del treno oggi oltretutto è molto importante.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Luz: i treni dei pendolari sono diversi tra viaggio più breve e situazioni differenti, certo può esserci la compensazione della regolarità dei viaggi. Comunque il viaggio in treno può essere una interessante esperienza di condivisione. Oggi il treno più veloce ed evoluto può essere un ottimo modo di viaggiare tra necessità e turismo.