venerdì 26 gennaio 2024

Chissà, chissà domani

 

Quando il fato decide altrimenti, le decisioni dell’uomo sono inutili. (Publilio Siro) 


Ogni anno che comincia porta con sé il suo bagaglio di buoni propositi, per me una volta era così, ora invece più che ai buoni propositi (che un po’ ci sono) penso a sopravvivere. È una sensazione che mi avvolge soprattutto dal 2020, anno bisestile in cui ogni equilibrio mondiale è stato sconvolto. Ogni anno ha portato con sé nuove tragedie, la lotta sui vaccini, la guerra in Ucraina, la morte della sinistra, la vittoria delle destre, il cambiamento climatico, le alluvioni, la guerra in medio oriente. Questi anni sono stati caratterizzati da una costante paura del futuro, manifestandosi come un’ansia persistente e una preoccupazione costante riguardo agli eventi imminenti, generando così stress e incertezza.

Ed eccoci arrivati a un altro anno bisestile da cui non so bene cosa aspettarmi.

É un anno che per me si preannuncia più difficile già per il lavoro, perché tra un mese due collaboratrici bravissime vanno in pensione (compiono 67 anni quindi è una pensione più che legittima) di conseguenza il mio lavoro subirà uno scossone non da poco, la sostituzione forse arriverà ma sarà, come al solito, al risparmio una persona al posto di due, i grandi capi stanno valutando, ma le scadenze e le attività non sono diminuite anzi aumentano ogni anno di più. Poi nella città di Bologna da gennaio c’è una novità, anche se era annunciata da alcuni mesi, ma ora entra effettivamente in vigore: tutta la città diventa con il limite dei 30 km orari, salvo alcuni brevi tratti, dove resterà il limite dei 50. Questo vuol dire che ogni percorso urbano in auto sarà difficilissimo, per andare al lavoro percorro un tratto di circa 3 km su una strada ampia dove il limite dei 50 era perfettamente sostenibile, fare i 30 invece è davvero arduo, per stare nei 30 non vado mai oltre la seconda marcia. Se si supera il limite e si arriva a 36 km orari fioccano multe. Non sto parlando del centro storico, ma di strade fuori dalle mura, perciò una zona piuttosto estesa. Ora, io sono una che ha sempre sostenuto la chiusura del centro alle auto e, di fatto, in centro giro soltanto a piedi, mi avvicino con l’auto oppure con l’autobus e poi giro a piedi. Nel centro storico di fatto è corretto fare i trenta. Questa estensione a tutte le strade fuori dalle mura, di colpo, mi sembra invece un’assurdità, anche perché non hanno creato altre infrastrutture tipo piste ciclabili decenti o parcheggi scambiatori sufficienti e a prezzi equi. Mi sembra la solita cosa all’italiana, prima facciamo la legge sulla pelle dei cittadini,  poi creiamo le infrastrutture. Non so se diminuiranno gli incidenti sicuramente, per ora, aumenta lo stress del percorso casa lavoro, per questo sto andando a lavorare a piedi, l’autobus a trenta vuol dire un percorso in mezzo a una folla di gente più lungo e stressante, quindi camminare per ora mi sembra l’unica soluzione, avendo la fortuna di abitare abbastanza vicino alla sede di lavoro (ma sono sempre circa 3 km a piedi). Il problema è che spesso devo camminare con dei pesi, il computer portatile e talvolta i documenti che mi porto a casa per il telelavoro. Questo non fa bene alla mia schiena, era anche il motivo per cui usavo l’auto avendo la possibilità di parcheggiare senza spese (nel parcheggio aziendale). Dopo un paio di viaggi a 30 all’ora guardando il tachimetro invece che la strada ho deciso che era meglio camminare. 

Ma in fondo cosa volete che siano questi problemi quando ce ne sono altri ben più gravi!

All’orizzonte infatti si delineano sempre più grandi minacce. L’ampliamento del conflitto in Medio Oriente non promette nulla di positivo. Forse, per alcuni, la minaccia mortale arriverà prima a causa del vaccino che, secondo alcuni, potrebbe causare danni. Altrimenti, c’è la prospettiva che l’intelligenza artificiale scateni nuovi conflitti diffondendo notizie false. Altresì, la crisi economica, con l’affondamento delle famiglie nel baratro, l’inflazione e gli aumenti dovuti alle complicazioni delle guerre in corso e agli attacchi alle navi mercantili nel Mar Rosso, potrebbe rivelarsi letale.

Forse, però, ci preoccupiamo inutilmente di pericoli che sono al di là del nostro controllo. Non li possiamo gestire affatto. Se uno dei leader imprudenti al potere dovesse detonare una bomba atomica, come menzionato nella canzone ‘Futura’ di Lucio Dalla, non importerebbe più chi ha iniziato la guerra: russi, americani, ucraini, israeliani, palestinesi, nordcoreani, cinesi o iraniani.

In sintesi, la paura dell’Apocalisse è tornata più forte che mai. Negli anni ‘80, durante la guerra fredda tra russi e americani, questa paura era diffusa. Sembrava superata negli anni successivi grazie agli accordi tra Stati Uniti e Unione Sovietica, con il processo di pace avviato tra Gorbačëv e Bush. Tuttavia, si è rivelata un’illusione.

E cosa possiamo fare se non sperare che un po’ di ragionevolezza sia rimasta nelle menti di questi folli che giocano con le nostre vite? È quindi inutile arrovellarsi cercando la soluzione dei problemi, lascio fare al fato, mentre vi lascio il link YouTube di Futura le cui parole iniziali hanno cambiato il titolo di questo post.

E voi come vivete questo inizio di anno? Siete preoccupati o fatalisti e indifferenti agli eventi? 



Fonti immagini: immagine creata con App Imagine AI

venerdì 12 gennaio 2024

Compagni di scuola

 

Compagno di scuola, compagno di niente, ti sei salvato dal fumo delle barricate? Antonello Venditti 


Lo scorso anno un post di Elena Ferro Il tema della mia vita  mi ha fatto ripensare ai miei compagni di scuola e così mi era venuta voglia di parlarne. Il post è rimasto in bozza per molti mesi perché diventa sempre più complicato per me dedicare del tempo al blog, salvo farlo in piccolissimi ritagli di tempo e con lentezza, l’unica lentezza che mi é concessa dipendendo solo da me. 

Quando sento storie di bullismo in tv mi sembra di vivere in un pianeta alieno, perché mi torna in mente la mia classe delle superiori dove invece c’era un sostegno globale, non lasciavamo indietro nessuno, a maggior ragione i più fragili. E sono proprio i più fragili che ricordo meglio, perché le loro storie sono quelle più difficili. La nostra classe era abbastanza uniforme, tutti studenti di famiglie modeste, non ricche ma piene di onestà e buoni principi. Allora chi frequentava l’Istituto tecnico commerciale non aveva aspirazioni universitarie, si sceglieva questa scuola perché con il diploma si voleva poi iniziare a lavorare in qualche modo, a differenza dei ragazzi che frequentavano il liceo classico che avrebbero sicuramente fatto l’università. Le cose poi andavano diversamente perché dopo il diploma molti si iscrivevano all’università, un po’ perché davvero motivati, un po’ perché il lavoro non c’era. Della mia classe almeno la metà ha proseguito gli studi. Ma, facendo un passo indietro, ricordo che per arrivare alla mia scuola dovevo prendere la corriera ogni mattina alle 7,20 per arrivare nel paese vicino, una cittadina di circa 60.000 abitanti, completa di tutte le scuole. Il tragitto in corriera non era lungo c’erano pochi chilometri ma era necessario comunque svegliarsi presto per arrivare a scuola in tempo. Oggi non è più così, il mio paese natio ha tutte le scuole e due mie compagne di classe, dopo anni di supplenze fuori sede, insegnano proprio in una scuola del paese. Comunque allora la classe era formata da gruppi di studenti provenienti da centri diversi della provincia che si aggiungevano ai fortunati che invece abitavano sul posto, che comodità. 

Tra gli studenti della nostra classe ricordo alcuni in particolare.

Fabrizio: era un ragazzo schivo, sempre con l’aria triste, ma ogni tanto esordiva con delle battute sagaci che facevano ridere tutta la classe. Collezionava una sfilza di brutti voti, ma poi a metà dell’anno scolastico recuperava sempre una striminzita sufficienza per essere promosso. Questo avveniva perché molti compagni di classe, incalzati anche dai professori, lo aiutavano a studiare e a prepararsi in vista di un compito in classe e di una interrogazione e così riusciva a recuperare. È capitato più volte che anch’io mi unissi al gruppo per spiegargli un concetto di tecnica o di ragioneria prima di un’interrogazione. In pratica tutti noi lo avevamo un po’ adottato perché Fabrizio aveva una situazione familiare problematica, era figlio di genitori separati e viveva con la nonna, sua madre viveva fuori per lavoro e lui la vedeva solo durante le feste, suo padre, invece, non so quanto fosse presente nella sua vita. Di aspetto anonimo, vestito male e poco curato, Fabrizio sarebbe stato il perfetto bersaglio dei bulli di oggi, invece noi lo avevamo adottato e ce ne prendevano cura per quello che potevamo fare. 

L’episodio più importante avvenne alla maturità. Tra i componenti della commissione per gli esami di stato c’era il nostro professore di ragioneria, un professore severissimo che pretendeva da noi una preparazione precisa e puntuale e ci interrogava quasi tutti i giorni a sorpresa, con lui eravamo costretti a studiare sempre. Non lo ringrazierò mai abbastanza per questo, il metodo e la preparazione acquisita grazie alla sua severità è rimasta un punto fermo della mia formazione scolastica. Era severo ma anche lui molto attento nei confronti di Fabrizio. Lo spronava a studiare la sua materia senza assillarlo troppo ma  non perdendolo mai di vista. All’epoca per gli esami di maturità la commissione era composta da un professore interno all’istituto e tutti gli altri erano membri esterni, c’erano due scritti e all’esame orale si portavano due materie, la prima era scelta dallo studente la seconda poteva essere scelta dalla commissione: in pratica si proponevano due materie ma la seconda poteva essere cambiata su decisione della commissione anche il giorno prima dell’esame. La più grande carognata era cambiare la materia a un candidato. Con Fabrizio successe proprio così, la seconda materia da lui scelta fu cambiata, non ricordo quale fosse la materia scelta da Fabrizio, ma gli imposero Ragioneria. Il professore interno fu informato il giorno prima dell’orale e lui chiamò tutti gli studenti più bravi della classe per avvertirli. Passarono la notte con lui a ripassare ragioneria. Quella mattina eravamo tutti lì a sostenerlo. Ebbene l’orale di Fabrizio fu molto buono e alla fine il voto di maturità fu più alto di quanto tutti noi ci aspettassimo. Tutti fieri di lui come fosse un nostro fratello e, forse, lo era davvero. 

Perché oggi invece c’è tanta cattiveria verso i più deboli? Viviamo in un mondo in cui se qualcuno è fragile diventa un bersaglio di odio, qualcuno da umiliare e sottomettere, lo vediamo sempre più spesso nella realtà di tutti i giorni e ovviamente nei social. E la scuola è diventata una trincea per gli stessi professori

Poi ci sono gli altri compagni di scuola, c’era la più bella della classe che si chiamava Angela, bionda con il naso piccolo e le labbra a cuore. Quando Venditti nella sua canzone cantava “quella del primo banco, la più carina” mi veniva in mente lei, niente affatto cretina a dispetto della canzone. Poi c’era Michele che sognava di scrivere come me anche se, leggendo Asimov, preferiva la fantascienza e ogni tanto mi faceva leggere i suoi racconti. Ci siamo scritti delle lettere per tutto il primo anno di Università e poi ci siamo persi di vista. Era uno dei più bravi della classe in generale, ma era sicuramente il più bravo in italiano (che in un istituto tecnico è considerata quasi un’inutilità) iscritto all’università dopo un anno l’ha abbandonata e si è trasferito a Bergamo per lavoro. Per uno strano caso della vita ci siamo ritrovati dopo quasi trent’anni ed è diventato il beta reader dei miei primi quattro romanzi. È lui che mi ha dato notizie degli altri compagni di scuola e ho scoperto che ha sposato la ragazza con cui stava ai tempi della scuola, Rosanna, sorcina della prima ora come me appassionata di Zerolandia, anche lei compagna di classe, di cui mi parlava sempre nelle sua lettere, preoccupato del fatto che vivesse in un’altra città universitaria lontana da lui. Alla fine il loro amore ha superato gli anni, la lontananza e tanti altri problemi. Ci siamo rivisti una volta che sono venuti a Bologna da Bergamo per un week end ed è stato piacevole ritrovarsi e parlare dei vecchi tempi. Ora il nostro rapporto si mantiene prevalentemente via mail e via Facebook.  

Poi c’era Lorenzo che si era iscritto a Bologna alla facoltà di Economia come me, per il primo anno ci siamo ritrovati a lezione insieme, poi avendo un piano di studio diverso ci siamo persi di vista, dopo la laurea è tornato in Puglia e oggi è un affermato commercialista. E poi ci sono altri visi che riaffiorano dai ricordi dei banchi di scuola, Soccorsa la mia compagna di banco, bellissima e con il solo desiderio di raggiungere il diploma per sposarsi e creare una famiglia, desiderio ampiamente realizzato, Maddalena che ho ritrovato a Bologna per caso perché sua figlia vive e lavora qui, dimostrando ancora quanto il mondo sia piccolo, Maria Assunta e l’altra Angela del terzo banco. Poi ci sono i volti ben fermi nella memoria di cui però non afferro più i nomi, eppure resta nitido il loro carattere perché cinque anni vissuti insieme, tra i banchi di scuola, lasciano un’impronta indelebile.

E vi lascio con la canzone di Antonello Venditti che ha accompagnato i miei ricordi scolastici di sempre ed è il manifesto di un’epoca, ancora molto attuale per il sentimento di nostalgia che suscita 


Fonti immagini: Pexels