giovedì 21 maggio 2015

La teoria del tutto: vite vere che sembrano film

Sono stata al cinema a vedere questo film domenica scorsa perchè non ero riuscita a vederlo appena uscito
Premetto che non sapevo nulla della sua trama, pensavo fosse una versione romanzata della vita del fisico che ha scoperto la teoria in questione. Beata ignoranza, in questo caso la mia.
Non conoscevo la vita del fisico, ne tantomeno sapevo che il film era tratto una storia vera.
 

 
 
La trama del film in breve è la seguente: il giovane Stephen Hawking, cosmologo dell'Università di Cambridge, sta cercando di trovare un'equazione unificatrice per spiegare la nascita dell'universo e come esso sarebbe stato all'alba dei tempi.
Ad una festa universitaria conosce la studentessa di lettere Jane Wilde e i due si innamorano.
La loro storia d'amore viene ostacolata però dalla comparsa della malattia degenerativa di Stephen, la malattia del motoneurone,  una forma di atrofia muscolare progressiva. I dottori dicono che avrà solo due anni di vita. Il rifiuto della malattia viene superato dalla determinazione di Jane che decide di rimanere al fianco di Stephen, amandolo e facendosi carico della sua salute.
I due si sposano e cominciano la loro convivenza.
Per Stephen camminare, scrivere e infine parlare diventano sempre più difficoltosi.
Stephen peggiora di giorno in giorno e, ben presto, sarà costretto a spostarsi su una sedia a rotelle, nel frattempo hanno tre figli e per Jane le fatiche per accudire il marito diventano sempre maggiori.
Stephen ottiene la cattedra di Matematica all'Univeristà di Cambridge, va comunque avanti con i suoi studi e presenta la sua nuova teoria sull'origine e sulla fine dell'universo davanti ad un congresso di scienziati. E sono passati molto più di due anni.
Ecco non sto a raccontare il resto del film, ci sono alterne vicende anche con Jane, ma nonostante la malattia e le difficoltà riescono ad avere una vita piena.

Stephen Hawking è ancora vivo oggi, anche se è immobile e comunica con un sintetizzatore vocale, il suo libro più famoso e importante "A Brief History of time" è un best seller che ha venduto dieci milioni di copie pur trattandosi di un saggio.

Il film è bellissimo e ho trovato straordinari gli attori, ma trovo ancora più straordinaria la vita dei protagonisti della vita vera: la moglie che con la forza dell'amore affronta le enormi difficoltà quotidiane della gestione familiare e sostiene il marito nelle sue ricerche e Stephen, indebolito nel corpo, ma sempre più forte nella mente.

Sono uscita dal cinema con il magone per la forza della storia, ma anche felice per quello che questa storia è riuscita a trasmettermi: l'energia positiva, la forza e la speranza che ciascuno può trovare in se stesso, nonostante tutto.

Intanto, mentre sto meditando di comprare il libro di Hawking (c'è anche la versione ebook ) oppure quello di Jane, sua moglie, "Travelling to infinity: my life with Stephen" da cui è tratto il film, mi chiedo: chi scrive può rendere straordinaria con altrettanta efficacia una storia di questo tenore non ispirata alla realtà ma semplicemente alla sua fantasia ?





4 commenti:

Marina ha detto...

Certo, le storie che hanno una matrice autobiografica hanno un impatto maggiore sul pubblico e creano un collegamento emotivo diverso con il lettore (o spettatore, come nel caso del film), però è pur vero che un bravo scrittore ha una sorta di dovere morale di immedesimarsi nelle storie che vuole raccontare, perché il lettore arrivi a chiedersi se quella storia appartenga o meno alla sfera soggettiva del suo autore. Per me la forza di un libro sta tutta qui: riuscire a comunicare emozioni e intensità frutto di fantasia come se fossero assolutamente vere

Giulia Lu Mancini ha detto...

Cara Marina
hai centrato il punto, è davvero lì la forza di un bravo scrittore, immedesimarsi,
entrare nella pelle del personaggio e far vivere al lettore la storia che racconta come se fosse reale
e per questo renderla vera.

Grazia Gironella ha detto...

Io credo che la narrativa di qualità possa arrivare vicina a fare questo effetto, ma il fatto che la storia raccontata sia vera mi ispira una forma di rispetto del tutto particolare verso le persone che l'hanno vissuta. Capisco perché i lettori di "In un milione di piccoli pezzi", di Frey, si siano imbestialiti nello scoprire che il romanzo presentato come autobiografico aveva subito enormi ritocchi per suscitare maggiore interesse.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Concordo se presenti un romanzo come autobiografico il racconto deve essere coerente con la realtà.
Sapere che una storia è reale ispira un approccio diverso, per me in effetti è così. Tuttavia penso che quando si scrive si racconta di sè anche attraverso le storie inventate, ma questo è un altro concetto.