domenica 1 settembre 2019

Realtà fonte primaria di ispirazione


Un romanzo deve raccontare una storia che, pur inventata, sia verosimile.
Perfino in una storia fantasy questa caratteristica deve essere presente perché faccia presa sul lettore.
Negli ultimi tempi ho letto romanzi in cui lo spunto era nato dalla realtà, non che la cosa mi stupisca, io stessa prendo notevoli spunti dalla realtà soprattutto per i thriller. 
In Fragile come il silenzio i casi trattati dal commissario di violenza sulle donne sono basati su casi reali in cui ho opportunamente cambiato alcune dinamiche, anche se il copione sembra ripetersi sempre con la stessa costanza, purtroppo. 
Ne La sottile linea del male l'ispirazione è nata proprio dalla mia conoscenza del mondo universitario e delle sue dinamiche che mi ha fatto pensare a un personaggio come il professor Roberto Negri. 
Ne L'ombra della sera, per il killer, mi ispiro a persone reali e a studi scientifici ormai consolidati che lascio spiegare direttamente da un personaggio nell'epilogo del romanzo. Anche la storia della ragazza scomparsa in una sera d'estate nasce dalla lettura di un articolo che mi aveva profondamente colpito di una giovane donna sparita nel nulla, mentre stava raggiungendo dei suoi amici per andare a una festa, in un altro tempo e in un altro luogo. 

Ilaria Tuti nel suo thriller Fiori sopra l'inferno trae spunto da un fatto storico risalente al 1945 che l'autrice spiega nelle sue note finali. Quando leggo le spiegazioni degli autori scopro un intero universo in cui mi riconosco perché io stessa traggo ispirazione e riflessioni dalla realtà. 

La vita degli autori entra spesso nei romanzi che scrivono, per esempio Herman Melville (quest'anno Moby Dick - considerato uno dei capolavori della letteratura americana - ha compiuto 168 anni) ha lavorato diversi anni su una baleniera e l'autore di MobyDick, che aveva vissuto agiatamente i primi anni della sua vita, dopo il tracollo finanziario di suo padre, fu costretto a lavorare per mantenere la sua famiglia composta da otto figli tra fratelli e sorelle e ridotta in povertà. Nel frattempo il padre dopo la bancarotta ebbe gravi problemi di salute che lo portarono alla morte.
Tra i vari lavori che il giovane Herman svolse ci fu quella di mozzo sulla nave "St. Lawrence" dove si inbarcò nel giugno 1839 in partenza per Liverpool dal porto di New York. Dopo la traversata rientrò a New York e per i tre anni seguenti fece l'insegnante.
Dopo la lettura di Due anni a prora (Two Years Before the Mast) di Richard Henry Dana Jr. - romanzo che descriveva la dura vita da marinaio semplice di uno studente di legge - si ridestò in Herman Melville il desiderio di viaggiare tanto che si imbarcò di nuovo come marinaio, nel gennaio 1841, al porto di New Bedford (Massachusetts) sulla baleniera "Acushnet", diretta verso l'Oceano Pacifico. Il viaggio durò diciotto mesi e il romanzo sulla balena Moby Dick sembra rielaborare molti ricordi dell'esperienza a bordo della "Acushnet".

Tenera è la notte racconta in un certo senso pezzi di vita di Francis Scott Fitzgerald.
L'autore faceva parte della corrente letteraria chiamata "Lost Generation" che comprendeva un gruppo di scrittori statunitensi nati, negli anni 1890, che si stabilì in Francia negli anni venti. Tenera è la notte racconta la vita a inizio secolo di questi giovani statunitensi che vivevano in costa azzurra, in una indolente agiatezza. L'autore visse per cinque anni in Europa, dal 1924, con la moglie Zelda almeno fino al suo rientro definitivo negli Stati Uniti nel 1931.

Mi è capitato di leggere la biografia di alcuni scrittori famosi dopo aver letto i loro romanzi e di avervi trovato spesso delle attinenze con la loro vita. Ciò non vuol dire che il romanzo non sia frutto di invenzione, ma semplicemente che la vita personale influenza la scrittura in modo più o meno trasversale. Il romanzo si sviluppa su binari paralleli alla nostra vita ed è quasi inevitabile che pensieri e ricordi dell'autore finiscano tra le parole scritte sulla pagina.
Certo non è solo la propria vita vera che influenza l'ispirazione di chi scrive, spesso la fonte e, in certi casi, per fortuna, è semplicemente la realtà che ci circonda che finisce tra le pagine di un romanzo, lo scrittore, come disse qualcuno, è un ladro della vita degli altri. Si resta colpiti da una storia ascoltata o che, semplicemente, ci ha sfiorato per un attimo e nasce l'ispirazione. L'osservazione della realtà mescolata alla propria creatività e al lavoro assiduo sulle parole è la genesi di ogni romanzo. 
Insomma, scrivere può essere come guardare la realtà ogni volta attraverso un paio di lenti diverse.

Voi cosa ne pensate?



Fonti:
Immagini Pixabay
Testi Wikipedia


20 commenti:

Ariano Geta ha detto...

Penso anch'io che sia così. Anche quando si parla di storie ambientate in mondi fantasiosi, quanto meno emerge una visione della vita, una percezione delle dinamiche dei rapporti fra i personaggi. E ovviamente queste sono il risultato delle esperienze individuali dell'autore e del suo modo di reagire e di affrontarle. Per dire: nelle storie di realismo magico di Kafka non c'è niente di "verista", sono incubi che prendono forma, eppure dopo aver letto la storia della sua vita si notano alcuni elementi ricorrenti: la presenza di una figura autoritaria e opprimente che in genere è un padre (guarda caso suo padre era autoritario e opprimente) o l'incapacità di capire le decisioni di chi comanda (e lui aveva visto coi suoi occhi gente condannata solo perché ebrea con l'accusa di aver sgozzato una ragazza per usarne il sangue per impastare il pane azzimo, certo, come no, senza contare le decisioni politiche che porteranno alla Prima Guerra Mondiale). I suoi incubi alla fine erano legati alla propria esperienza esistenziale e alla sua capacità di vedere in profondità le loro conseguenze nefaste.
Non dico che ogni personaggio o storia sia ricalcata su persone e fatti reali, però uno spunto dalla realtà della propria vita c'è sempre.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Che bel commento Ariano, direi che hai proprio centrato il punto, l'esempio di Kafka è del tutto calzante. La propria vita (o la visione della vita ricavata dalla propria esperienza) influenza la scrittura dell'autore, è quasi inevitabile.

Giancarlo ha detto...

Buona serata

Giulia Lu Mancini ha detto...

Buona serata anche a te!

Marco Freccero ha detto...

Dostoevskij prendeva spesso spunto da fatti di cronaca. "I demoni" da un omicidio avvenuto in un gruppo di rivoluzionari per "cementare" lo spirito degli appartenenti. Anche "La mite" arriva da un fatto di cronaca. Per lui quello che succedeva (non tutto), era una spia di un malessere che la società russa non vedeva (onon voleva vedere).

Giulia Lu Mancini ha detto...

I fatti di cronaca sono una fonte inesauribile di ispirazione, pensa che io ogni tanto mentre ascolto il telegiornale ogni tanto prendo appunti su un taccuino per ricordarmi il caso che poi magari andrò ad approfondire. Non sempre poi finisce in un romanzo, però può essere uno spunto di riflessione. Dostoevskij aveva ragione, quello che accade è spesso la spia di un malessere della società in cui viviamo...

Calogero ha detto...

Come scrivi all'inizio del post, anche le opere di pura fantasia devono essere verosimili. Pena il mancato instaurarsi di quel sacro vincolo tra scrittore e lettore chiamato sospensione dell'incredulità.
Direi che i ganci con la realtà sono d'obbligo, con le dovute proporzioni, in ogni genere d'opera letteraria.
Certo, una Bizzarro Fiction che si rifacesse pesantemente alla realtà finrebbe per pagare uno scotto insostenibile, come d'altro canto un Thriller inventato di sana pianta.

Sandra ha detto...

Ovvio che sì, è cosi. Uno sguardo lungo e attento sulla realtà x romanzare ciò che abbiamo visto o vissuto.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Concordo Calogero, occorre creare il giusto equilibrio tra realtà e fantasia, forse il talento di un autore risiede proprio in questo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Per me diventa anche un modo per cambiare la realtà, regalando un lieto fine o semplicemente un punto di vista diverso su cui riflettere.

Grazia Gironella ha detto...

Chi scrive fa propri gli spunti che gli vengono anche dalle realtà che non lo riguardano, come se li adottasse e li approfondisse dentro di sé. Quando non c'è questa possibilità, la storia non riesci a scriverla, anche se magari razionalmente vorresti farlo. Anche per questo mi secca un po' quando le persone mi dicono: "ma perché non scrivi di questo?", come se uno scegliesse gli argomenti da un catalogo. Non funziona mica così.

Giulia Lu Mancini ha detto...

È vero, spesso è la storia che sceglie l'autore. Senza voler sembrare megalomane, ma molte volte una storia mi ha girato in testa come un pensiero fisso, pur non riguardando la mia vita direttamente, finché non l'ho scritta. È bello però quando accade.

Nadia Banaudi ha detto...

La vita è così tanto intensa e contaminata da situazioni, opinioni, persone... che non può non contaminare chi scrive. Ma in effetti a meno che non si scriva di fantascienza o fantasy è anche bello poter ricondurre alla realtà personaggi o fatti. Credo sia un valore aggiunto.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Pensa che, dopo aver scritto questo post, mi è capitato di leggere un'intervista a un autore che affermava di attingere a piene mani dalla realtà per farsi ispirare, quindi un'ulteriore conferma. Nel bene e nel male la realtà offre spunti importanti, credo anch'io che possa essere un valore aggiunto.

Calogero ha detto...

Quanto affermi, Nadia, è abbastanza corretto. Permettimi però una piccola rettifica da lettore appassionato del genere: quasi sempre i romanzi di fantascienza partono da spunti riconducibili alla realtà, di solito socio-politica, del contesto temporale al quale appartengono gli autori e le autrici.
A tal proposito suggerisco di leggere le opere di P. K. Dick e Ursula Le Guin. Ma potrei dire anche Ray Bradbury.
Buona lettura e scusate l'intromissione :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Interessanti gli autori che citi, ho letto su Wikipedia che P.K.Dick è l'autore di Blade Runner e Minority Report (più tanti altri romanzi da cui hanno tratto grandi film). Vado a informarmi sugli altri...

Luz ha detto...

La realtà è una fonte inesauribile di intrecci cui attingere, è innegabile.
La bravura dello scrittore sta nel saperla "manipolare" rispettandone la verosimiglianza. Proprio ieri ho incontrato Nadia Terranova, autrice di "Addio fantasmi" e candidata allo Strega. È stata immensa. I suoi libri debordano realtà, la sua personale e quella che ha imparato a osservare.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Deve essere un bel libro quello di Nadia Terranova, ho letto la trama ed è una di quelle storie che mi attirano. La realtà è una fonte ampia e articolata da cui attinge chi scrive, una grande bagaglio di storie, il talento quello di saperla descrivere toccando le corde dell'anima del lettore.

Barbara Businaro ha detto...

La realtà è fonte d'ispirazione, ma sta nel carattere dell'autore prendere la realtà della propria vita o la realtà della vita degli altri.
C'è chi in fondo usa la scrittura come terapia e, se non sempre, di tanto in tanto infila qualcosa di proprio, rimaneggiato e rimescolato. E c'è chi invece proprio non ne vuol sapere di ritrovarsi con gli stessi problemi anche nei propri testi, quindi prende a prestito le esistenze altrui, vuoi di qualcuno che conosce, di qualcuno incrociato per strada e di cui ha origliato la conversazione, vuoi da quello che legge sul giornale o vede in un documentario (mi pare che adesso van di moda le ricostruzioni di delitti e indagini in televisione).
Anche fantascienza e fantasy prendono spunto dalla realtà: cambiano le ambientazioni e l'estetica, ma i problemi degli esseri, umani e non, sono sempre quelli. ;)

Giulia Lu Mancini ha detto...

È proprio così, è possibile mescolare le varie realtà che incontriamo con quelle più personali. La scrittura può essere un modo per cambiare una storia, approfondirla, vederla sotto un diverso punto di vista, regalare un lieto fine a chi non l'ha avuto come in una specie di riscatto. E diventa così anche una piccola benefica terapia...