sabato 8 febbraio 2020

Il protagonista di una storia



Chi è il protagonista di una storia?
A volte ce ne sono diversi, ma di una cosa possiamo essere certi, sono i cattivi che fanno la storia, se non ci fosse un cattivo da combattere non ci sarebbe nessuna storia.
Cosa sarebbe il romanzo I promessi sposi senza Don Rodrigo o senza Il Nibbio?
Cosa sarebbe Il ritratto di Dorian Gray se il suo protagonista Dorian non fosse, oltre che bellissimo, anche estremamente malvagio? 
Cosa sarebbe Otello senza Iago? 

In ogni storia c'è sempre un colpevole e il colpevole è preferibilmente un mostro

Queste mie riflessioni sono nate leggendo il romanzo di Donato Carrisi La ragazza nella nebbia, per me che tento di scrivere romanzi gialli questo pensiero ce l'avevo già, ma nel romanzo di Carrisi questo concetto è ben sottolineato, oltre a quello del ruolo dei media che diventano i veri protagonisti di un evento criminoso, perché la gente, si sa, ha bisogno di mostri da condannare o da incolpare. 
È rassicurante pensare che esistano i mostri perché fa sembrare il male lontano da noi, ma questa è una facile conclusione perché il mostro può essere molto più simile a noi di quanto si pensi. Insomma è sempre meglio ricordarsi di non abbassare la guardia, gli altri siamo noi, come affermava la famosa canzone. Purtroppo ciò accade sia nel bene che nel male.
In questo romanzo ci sono diverse questioni che vengono sottolineate:
Il ruolo di giornali e televisione (a cui si aggiungono i social network) nella rappresentazione di un crimine: troppe volte il processo al colpevole avviene a livello mediatico ben prima che in tribunale, il colpevole o presunto tale viene condannato o assolto fuori dai palazzi di giustizia. In questo romanzo ho sentito moltissimo il peso dei media nella vicenda, un peso notevole perchè possono rovinarti la vita o risollevarti allo stato di eroe incompreso. 
In alcuni punti del romanzo ho riconosciuto l'eco di casi reali a cui l'autore potrebbe essersi ispirato. 
Nel romanzo c'è un agente di polizia senza scrupoli che manovra i media a suo uso e consumo. "Attirare le telecamere, conquistare le prime pagine. Ottenere sempre più fondi per l'indagine grazie all'attenzione e alle pressioni del pubblico a casa. Santificare la vittima  e, alla fine, scovare il mostro e sbatterlo in galera." 
Insomma sembra quasi un intento nobile, se non ci sono le telecamere, non c'è la dovuta attenzione e i fondi finanziari per risolvere il caso.

Il ruolo del cattivo in una storia è fondamentale. Qualcuno ricorda i nomi delle vittime? In certi casi forse, ma sicuramente si ricordano i nomi dei killer soprattutto se sono seriali. Qualche nome? Jeffrey Damher, il cannibale di Milwaukee; Ted Bundy, il killer delle studentesse, ma se vogliamo fare qualche esempio italiano io per esempio ricordo molto bene alcuni nomi: Donato Bilancia (uccideva sui treni), Luigi Chiatti, il mostro di Foligno che uccise due bambini (qui ricordo anche i nomi dei bambini), Michele Profeta, il mostro di Padova. Ne ho citati solo alcuni ma la lista è lunghissima.
In effetti ricordiamo soprattutto i nomi degli assassini e molto meno delle vittiime, soprattutto quando sono numerose.
Spesso i cattivi nascondono la loro vera natura sotto un'apparenza ineccepibile. "Di solito erano individui comuni, con un'istruzione media, capaci di interagire con gli altri e, perciò in grado di mistificare il proprio comportamento per passare inosservati."

La gente non cerca giustizia, vuole solo un colpevole. La gente sembra apprensiva e interessata alle sorti della vittima, ma si tratta soltanto di curiosità "morbosa, pelosa, impietosa curiosità". Anche un po' di preoccupazione aggiungo io, quando sentiamo parlare di crimini efferati, siamo curiosi ma anche impauriti e vogliamo che il colpevole venga catturato al più presto per esorcizzare le nostre paure e poterci tranquillizzare e, infine, convincerci che quella orrenda realtà sia lontana da noi.
Ricordo che ai tempi in cui c'erano gli omicidi di Donato Bilancia io ero molto angosciata all'idea di prendere un treno e quindi evitavo, se proprio non ero costretta per lavoro.

Il romanzo di Donato Carrisi apre molti interrogativi sul fascino del male e le sue conseguenze.
Mi è piaciuto parecchio proprio per come affronta questi argomenti e per alcuni concetti che trovo anche nelle storie che scrivo.

Ci piacciono le storie con i protagonisti cattivi, ma in fondo perché i cattivi sono combattuti dai buoni e speriamo sempre nel lieto fine, non è vero?


Fonti Immagini
Pixabay



21 commenti:

Sandra ha detto...

Condivido la tua riflessione, anche perché anni fa frequentai un corso di criminologia e quando si parlava dei serial killer eravamo tutti super attenti. In letteratura ci sono personaggi davvero malefici eppure dotati di grande fascino, è vero.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Caspita mi piacerebbe tantissimo frequentare un corso di criminologia, credo che sarebbe molto interessante oltre che utile per la mia scrittura.

Sandra ha detto...

Si lo sarebbe di sicuro.

Luz ha detto...

Una bella riflessione, cui mi voglio prima o poi dedicare anch'io. Eh sì, i cattivi nelle storie sono i personaggi indimenticabili, a volte immersi perfino in un alone di fascino, come dimenticare il terrificante Hannibal Lecter? Anche i cattivi che citi sono eterni e senza di essi, come giustamente osservi i protagonisti delle storie non avrebbero alcuna azione nella quale muoversi.
I cattivi della realtà sono più inquietanti, perché sai che è vero... io rimasi agghiacciata dal "santone" che compì la strage di Bel Air, per dirne uno, oltre ai tanti fatti di cronaca italiani.
Sull'aspetto che la gente voglia un colpevole, ti segnalo una bellissima serie tv, che non puoi perdere: "Black Mirror". Sono tutte puntate autoconclusive, dovresti trovare facilmente una che ha come nucleo esattamente questa cosa.

Ariano Geta ha detto...

Sì, il ruolo dei mass media è diventato troppo centrale, non tanto i notiziari quanto piuttosto i programmi di puro sciacallaggio (tipo "Quarto Grado" per capirci). I "cattivi" a tutto tondo sono mere creature letterarie, nel mondo reale un criminale è un essere umano più complesso. Tuttavia trovo giusto che un assassino venga punito, magari non è un mostro ma ha commesso un gesto irreversibile e deve subire un'adeguata punizione per il male che ha compiuto.

Grazia Gironella ha detto...

Sono attratta dai "cattivi" solo quando sono resi complessi e affascinanti da un regista o da un autore, alla Hannibal Lechter, per intenderci. Nella realtà non ne sono affascinata e non approfondisco le loro vicende. Comunque sì, spero sempre nel lieto fine.

Lisa Agosti ha detto...

Ottimo spunto di riflessione, io non ho mai un cattivo nelle mie storie, non mi viene proprio in mente di metterlo. La ragione potrebbe essere che farei fatica a immedesimarmi nel personaggio e capire perché fa quel che fa, io sono quella che quando al notiziario parlano di eventi brutti, trasformandoli in telenovelas strappalacrime, cambia canale.
Giulia tu come fai a scrivere la parte del cattivo? Ti viene naturale? Ti rovina l'umore?

Giulia Lu Mancini ha detto...

Interessante questa serie, magari proverò a guardare una puntata. Certi cattivi della realtà sono davvero terrificanti, io ho citato alcuni esempi, ma la lista è lunghissima e non mancano le donne che sono altrettanto efferate (in Italia è famosa la Cianciulli di Correggio per esempio). Purtroppo la realtà supera spesso la fantasia in quanto a orrore. L'idea che credo sia insita in un romanzo che parla del "cattivo" di turno è probabilmente dare una sorta di giustizia alle vittime (almeno nella fiction si arriva alla cattura).

Giulia Lu Mancini ha detto...

Hai ragione Ariano, il cattivo nella realtà è una persona molto più complessa, alcuni sono vittime a loro volta, abbiamo il caso del mostro di Foligno che era stato abusato da bambino, oppure il caso di Billy Milligan che da bambino ha subito violenze incredibili dal patrigno ed è diventato schizofrenico. Anch'io sono convinta che un assassino vada punito, dopo un giusto processo che accerti le reali responsabilità, un processo eseguito dai tribunali e non dai media (stile appunto Quarto grado).

Giulia Lu Mancini ha detto...

Ti capisco, un cattivo troppo "semplice" non piace molto neanche a me e, tutto sommato, non ci sarebbe storia. Uno come Hannibal invece offre tanta materia di riflessione e di spunti creativi.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Iniziare a scrivere gialli è stata un po' una scommessa con me stessa, tuttavia io ho sempre letto molti gialli (e visto molti film e serie TV sul genere) e la figura del cattivo mi ha sempre affascinato, soprattutto perché volevo capire come si arriva a certi eccessi. In realtà come è stato dimostrato spesso il male è del tutto banale. Riesco a scrivere la parte del cattivo provando a entrare nella sua testa, esaminando la rabbia che cova o l'odio o il desiderio di riscatto o l'invidia. Non mi rovina l'umore, anzi può essere catartico, parlare del male in una storia inventata può esorcizzare la paura di incontrarlo nella realtà.

Maria Teresa Steri ha detto...

Vero, siamo attratti dalle figure dei cattivi, per questo si dice che gli antagonisti sono personaggi fondamentali per la riuscita di un romanzo, soprattutto un giallo. Ci vuole molta abilità a creare dei cattivi che restano impressi, è una buona idea quella di ispirarsi alla cronaca, dove purtroppo non mancano mai, visto che i media si focalizzano solo su cose negative...
A me piacciono soprattutto le storie che riescono a farti parteggiare per uno di loro, a prescindere da quanto sia cattivo o antipatico. In quel caso ce ne vuole di abilità!

Nadia Banaudi ha detto...

Anche io mi trovo concorde con quello che dici e negli esempi citati, anche se purtroppo meno famoso, Joshua di Massimiliano Riccardi mi resterà per sempre impresso come uno dei cattivi più cattivi e allo stesso tempo interessanti che abbia letto insieme ad Hannibal Lecter. Il mio unico rammarico è di non essere in grado di descrivere personaggi così, forse per questo ne resto sempre affascinata quando ne leggo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Concordo, serve molta abilità per creare personaggi cattivi che, tuttavia, coinvolgono e appassionano il lettore. Di solito in queste storie io spero che il cattivo possa essere fermato da un avversario più forte e scaltro di lui, insomma l'eroe buono senza macchia o quasi...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Joshua è un killer che non si dimentica, per la crudeltà con cui uccide e per la follia da cui nasce la sua necessità di uccidere. Ti confesso che, nelle mie ricerche per scrivere, ho scoperto casi reali molto vicini all'orrore descritto in Joshua. Descrivere certi personaggi è difficile ma non impossibile, la fatica però è immergersi nell'abisso e restare indenni, per questo contrappongo personaggi positivi come Sorace, questo è il mio personale metodo di salvezza :)

Marina ha detto...

Direi che di “cattivi” è piena la letteratura, non c’è storia senza il suo bravo antagonista e spesso, non che si faccia il tifo per lui, però sicuramente riesce a esercitare un fascino perverso di cui non vogliamo liberarci. Heatcliff di Cime Tempestose: vogliamo parlarne?
Nei libri gialli, il cattivo è obbligatorio e allora lì scatta il giudizio sulla bravura dello scrittore a tracciarne i caratteri in modo che susciti realmente odio nel lettore. Io ho poca esperienza in tal senso, però se leggessi un bel libro del genere mi piacerebbe imbattermi in una persona che vorrei eliminare dalla faccia della terra.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Alcuni "cattivi" della letteratura esercitano davvero un indiscutibile fascino e ammetto che, probabilmente, sono i cattivi che mi intrigano di più e mi fanno appassionare alla storia. Altri cattivi invece sono così terribili che spero vengano eliminati anche fisicamente alla fine della storia, anche se spesso avviene proprio il contrario, come succede con Hannibal...

Barbara Businaro ha detto...

Sul ruolo di giornali e televisione all'interno dei processi mi ci ero scontrata ancora negli anni '90, quando il cantante Michael Jackson fu accusato di pedofilia. Qui in Italia lo scempio fu enorme, semplicemente perché non si accettava una maniera anticonformista di vivere, e non si sapeva nulla, per ignoranza, di vitiligine. In America si preoccuparono poi di ribadire come andò a finire, i retroscena di quelle accuse per motivi economici, la chiusura della cause civile, il prosieguo e l'assoluzione di quella penale. Qui in Italia zero. I media avrebbero dovuto ammettere di aver trattato poco professionalmente il caso. Da allora qualsiasi cosa viene esagerata per vendere giornali. Il mostro non fa vendere solo i romanzi, purtroppo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

In Italia finisce spesso così, sbattono il mostro in prima pagina, poi quando si scopre che il mostro era innocente nessuno si preoccupa di smentire e raccontare la verità sui fatti oppure, se viene fatto, è solo un trafiletto in fondo al giornale, è davvero avvilente. Avrei una storia vera di questo genere da raccontare in proposito, vissuta da vicino perché riguardò due miei amici e che potrei trasporre magari in un racconto.

Barbara Businaro ha detto...

Dovresti farlo. Primo perché il "tratto da una storia vera" incuriosisce molto. E poi perché renderesti un po' di giustizia ai tuoi amici. :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Mi sa che lo farò, è un po' che mi gira in testa...