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| Non so se tutti hanno capito Ottobre la tua grande bellezza, nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza. Francesco Guccini |
Ottobre ha sempre avuto per me un fascino particolare. È un mese che segna la fine di qualcosa e, allo stesso tempo, un nuovo inizio: le giornate si accorciano, ma la luce diventa più morbida, più intima. Sembra un tempo sospeso, fatto di luci dorate e pensieri quieti. Forse è per questo che mi ritrovo spesso a fare bilanci, a guardare indietro e a cercare un senso nelle piccole cose di ogni giorno.
Siamo ormai arrivati alla fine di ottobre anche quest’anno. È stato un mese trascorso piacevolmente, nonostante le ansie di cui accennavo nel mio ultimo post.
Mentre settembre ci lascia ancora assaporare gli ultimi strascichi d’estate, ottobre ci immerge nell’autunno, è un mese che invita alla lentezza e alla riflessione, un invito che accolgo sempre con entusiasmo: un po’ perché sono pigra, un po’ perché la mia natura mi porta a ritirarmi in me stessa e a godere delle piccole cose.
Il sole autunnale ci ha regalato molte giornate luminose, e ne ho approfittato per concedermi lunghe passeggiate, spesso immerse nella natura. Abbiamo anche trascorso una splendida giornata in campagna per festeggiare l’arrivo dell’autunno. Una nostra amica ha una casa in campagna, e ogni anno, più o meno in questo periodo, ci ritroviamo tutti insieme per un pranzo all’aperto tra grigliate e castagne. È diventata una tradizione, un modo semplice ma autentico per ritrovarci e celebrare il fatto di essere ancora insieme.
Proprio in quell’occasione mi sono sorpresa a pensare agli anni passati. Ho iniziato a frequentare questa compagnia nel 1984, all’inizio del secondo anno di università — sono passati quarantun anni. In mezzo ci sono stati periodi di distanza, almeno per quanto mi riguarda: matrimoni finiti, momenti particolari, silenzi. Poi, qualche tempo fa, ci siamo ritrovati, e da allora non ci siamo più persi di vista. La festa d’autunno è diventata il nostro modo di dirci che, nonostante tutto, ci siamo ancora.
E così, inevitabilmente, si torna con la mente agli anni in cui tutto era ancora possibile: il futuro come una tela bianca, che faceva un po’ paura ma anche sognare. Poi arrivano gli anni del lavoro, della vita frenetica, in cui non c’è tempo per porsi troppe domande, né esistenziali né professionali.
E infine, quasi senza accorgertene, varchi la soglia dei cinquanta, poi dei sessanta, e senti il bisogno di fermarti. Di riflettere. Di assaporare la vita con calma.
Ormai sappiamo chi siamo, molto più di quanto potessimo immaginarlo a vent’anni, quando ancora si navigava a vista in cerca di una direzione. Certo un po’ mi manca quel tempo in cui era ancora tutto possibile, in cui mi chiedevo “cosa farai da grande?” Era anche un tempo in cui il mondo sembrava migliore, anche se forse non è davvero così, è solo il velo offuscato della memoria che fa sembrare tutto più bello.
In questo mese in cui il tempo rallenta e i ricordi tornano a bussare, sento il bisogno di fermarmi, di guardare indietro e di ringraziare per le strade percorse e per le persone che ancora camminano accanto a me.
Forse è questo che mi piace dell’autunno: la capacità di farmi rallentare e guardare le cose con occhi più sinceri. Con il passare del tempo non cerco più grandi risposte, ma piccoli momenti di verità.
Mi piace pensare che ogni autunno porti con sé una nuova consapevolezza, un modo diverso di stare al mondo. Anche se il tempo passa, restano le persone, i ricordi e quella voglia semplice di condividere un pezzo di strada insieme.

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