domenica 14 giugno 2020

La società giapponese


Ai tempi dell'università, tanti anni fa ormai, per l'esame di Organizzazione aziendale preparammo una tesina in aggiunta all'esame, un corso monografico sulla società giapponese. Era una opportunità data agli studenti frequentanti per poter aumentare il voto, anche se era un esame non particolarmente difficile, ma era il professore a essere "difficile".
La memoria gioca strani scherzi, ho dato quell'esame nel lontano 1986...eppure ne ho un ricordo molto chiaro, il professore fece dei gruppi di studio per il corso monografico e al mio gruppo, composto da cinque o sei persone - erano miei compagni di corso, con alcuni di loro ho mantenuto l'amicizia fino ai giorni nostri - assegnò come argomento l'organizzazione del lavoro nella società giapponese.

È qualcosa che è rimasta impressa nella mia mente, tanto che in questi anni con l'esperienza del mondo del lavoro, mi capitava spesso di ripensarci e l'idea di questo post è nata grazie al blog di Ariano Geta che, trattando il tema del lavoro in un suo fumetto, mi ha tirato fuori un commento sull'argomento. Riporto di seguito il link Blog ArianoGeta

Come si crea il pregiudizio in qualcuno, io da allora penso che i giapponesi siano...strani o anche facilmente manipolabili.

Comunque nell'organizzazione aziendale giapponese tutti lavorano per il bene comune dell'azienda in totale armonia, questo almeno era quello che appariva nel testo che dovevamo studiare. 
Il bene primario era l'obiettivo dell'azienda che può essere giusto, visto che l'azienda ti dà da mangiare, ma la modalità con cui si realizzava tutto questo mi lasciò perplessa fin da allora.

C'era un totale asservimento all'azienda che entrava anche nella vita personale dei dipendenti, ma tutto era presentato come se fosse una meravigliosa realizzazione del paradiso terrestre.

Tutti si amavano, si rispettavano e si realizzavano, lavorando tutti i giorni, sette giorni su sette e per non so quante ore.
Inoltre, un aspetto che mi ha fatto ricordare Ariano, in risposta al mio commento, era che l'azienda diventava parte della vita dei dipendenti, in quanto anche nel tempo libero i dipendenti erano costretti a partecipare a cene ed eventi aziendali, insomma una vera prigione. 
Nel testo che studiammo sulla società giapponese, tutto questo veniva presentato come un idillio, il dipendente faceva parte di una grande famiglia che si prendeva cura di lui dentro e fuori l'azienda.
Nel leggere l'esposizione dell'autore del libro (credo fosse giapponese o anglogiapponese) io e i miei compagni di corso ci siamo detti che quello che appariva come una perfetta macchina efficiente era un metodo di alienazione e di lavaggio del cervello, avevamo vent'anni e nessuno di noi aveva mai avuto a che fare con il mondo del lavoro, ma sapevamo che in Italia non era sicuramente così.
Uno dei miei amici disse "occhio che qui vorrebbero inculcarci la stessa cultura per realizzare lo stesso asservimento". Quanto aveva ragione!

Non ricordo cosa scrivemmo nella tesina, forse ci limitammo a descrivere quello che il libro raccontava, senza inserire le nostre impressioni personali, negative, nè il professore fece commenti di carattere politico.
È un vero peccato che non abbia più quel libro, devo averlo prestato a qualche compagno di università che non me lo ha più restituito (argh!) sarebbe bello ritrovare quella tesina, ma non ho idea di dove sia finita. Purtroppo i vari traslochi della mia vita hanno lasciato il segno.
Oggi molti aspetti della società giapponese sono entrati anche nella nostra organizzazione, forse in maniera più velata, ma secondo me ci sono. La presenza del lavoro nella vita privata del dipendente si espande sempre più.
Nel 2020, a causa della pandemia, ha addiritura superato i confini della propria abitazione, svelando molti limiti.
Alcuni hanno lavorato benissimo felici di dormire qualche ora in più e non doversi spostare nel traffico, altri hanno fatto i salti mortali per riuscire a lavorare tenendo a bada i figli piccoli, supportandoli anche nelle lezioni on line, altri ancora hanno trovato un senso alle proprie domeniche mandando mail a tutte le ore (o per dimostrare che si stavano guadagnando lo stipendio).

Comunque tornando alla società giapponese, soprattutto per non lasciare un messaggio solo negativo,  sono andata a rinfrescarmi la memoria curiosando su google e wikipedia per avere informazioni sull'argomento "aziende giapponesi".
In realtà i prodotti giapponesi si sono affermati nell'economia mondiale e nel corso degli anni sono diventati sempre più sinonimo di qualità, la strategia aziendale è basata sul "miglioramento continuo a piccoli passi" una cultura che si è sviluppata dopo la seconda guerra mondiale e si è poi radicata nel tessuto sociale diventando anche un esempio da seguire per le società occidentali.
Quindi sulla qualità non c'è nulla da eccepire, basti pensare ad alcuni nomi di imprese note a tutti: Toyota, Sony, Canon, Seico, Shiseido citando solo quelle che conosco di più.

L'organizzazione aziendale giapponese si basa sulla "metodologia delle 5S" che racchiude in cinque passaggi un metodo sistematico e ripetibile per l'ottimizzazione degli standard di lavoro e che quindi portano al continuo miglioramento delle performance operative.

Nato dalla tradizione giapponese dell'eliminazione di tutto ciò che è spreco (muda), l'obiettivo è quello di eliminare tutto ciò che non è strettamente funzionale all'attività svolta, indipendentemente dall'attività stessa.

Il termine Metodo 5S trae spunto dalle iniziali della pronuncia occidentalizzata delle cinque parole giapponesi che sintetizzano i cinque punti cardine di questo metodo:

    Seiri - separare (o scartare): separa ciò che ti serve da ciò che non ti serve e quindi non è funzionale all'attività, quindi crea disturbo e disordine, comportando spreco di termpo ed energie.
    Seiton - riordinare (o sistemare): metti a posto tutto quello che è utile, secondo il motto "ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa".
    Seiso - pulire (o spazzare): tieni tale ordine costante e pulisci, un ambiente pulito ed ordinato è un ambiente che "non nasconde" le inefficienze; l'ordine è la chiave, non per niente Marie Kondo ci ha scritto un libro.
    Seiketsu - sistematizzare (o standardizzare): definisci delle metodologie ripetitive da utilizzare per svolgere le attività in modo razionale ed efficiente, quindi razionalizzare le risorse e gli spazi lavorativi;
    Shitsuke - diffondere (o sostenere): fai che questo modo di pensare e di agire sia pervasivo per tutte le attività aziendali.

In italiano perciò le 5 ESSE diventano: scartare, sistemare, spazzare, standardizzare e sostenere.

Non mi dilungo oltre su questi punti che sono senza dubbio condivisibili, resto però con i miei interrogativi senza risposta sull'organizzazione aziendale, non solo giapponese.


Voi cosa ne pensate? Avete fatto esperienza di qualche organizzazione aziendale realmente idilliaca?


Fonti immagini
Pixabay

Fonti Testi
Wikipedia


13 commenti:

Ariano Geta ha detto...

Grazie della citazione :-)
Io ho lavorato in tre aziende diverse, ma tutte molto piccole, quindi dominate dalla figura del titolare. L'ambiente buono l'ho trovato nella terza perché il titolare è una persona gentile e comprensiva, in quelle precedenti non era così ed era un incubo lavorarci...
Riguardo il sistema di organizzazione aziendale giapponese, in realtà da come ho avuto modo di capire leggendo un libro della scrittrice Aki Shimazaki ("Nel cuore di Yamato") i ritmi assurdi e il grado di coinvolgimento nelle attività aziendali è legato anche alla volontà di carriera. Ci sono anche dipendenti che si limitano allo stretto orario di lavoro, però certamente quei dipendenti non avranno mai neppure uno scatto (presumo che in Giappone, come d'altronde accade anche in alcuni paesi europei, gli "scatti" di categoria non sono legati agli anni di lavoro ma al rendimento: ergo si può lavorare trent'anni restando fermo allo stesso livello).
C'è anche l'inevitabile necessità di fare "lecchinaggio", ma a quanto ho capito questo accade un po' ovunque. Espressioni per indicare il lecchinaggio lavorativo esistono in tutte le lingue (in francese si dice "cirer les pompes" per dirne una). Insomma, certamente le aziende giapponesi sono molto invasive nella vita dei loro dipendenti, comunque il problema della competitività globale ci sta cadendo addosso a tutti come hai giustamente notato. In Cina e in India e il tutto l'estremo oriente la gente lavora in condizioni molto peggiori delle nostre e non si lamenta, rendendo sempre più competitive le economie di quei paesi a danno delle nostre, cosicché ci stanno spingendo verso ritmi simili... É un grosso problema che è difficile risolvere persino a livello globale visto che alcuni di quei paesi (e la Cina da sola già fa per dieci) di fatto non applicano le direttive ONU e non temono sanzioni (diciamoci la verità: molti dei loro committenti sono grandi aziende europee e americane, quindi è un gioco al massacro in cui a rimetterci è solo il dipendente, cinese, indiano, italiano o giapponese che sia...)

Grazia Gironella ha detto...

Non credo che esistano aziende idilliache, se non come mosche bianche. Mettere sempre al centro il profitto ha delle conseguenze. Chi esce da questa logica si fa notare ed è giustamente apprezzato dai suoi dipendenti. Mi viene in mente in questo momento Adriano Olivetti. Credo però che il modo di vivere il lavoro giapponese sia alienante soprattutto per noi che siamo di un'altra cultura. Secondo me non c'è niente di oggettivamente orribile, per dire, nel fatto che l'azienda entri anche nel tempo libero dei dipendenti, quando loro lo vivono come un fatto positivo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Direi che l'ambiente lavorativo dipende molto da chi comanda, che sia il titolare oppure l'amministratore delegato o il direttore generale o altri gradi, se chi detiene il potere è una persona ragionevole o semplicemente normale, non un invasato per intenderci, l'ambiente lavorativo ci guadagna, tra l'altro la produttività migliora...
Certo che se si vuole far carriera certi atteggiamenti sono anche giustificati, il lecchinaggio è voluto, ma oggi fai fatica anche a fare il tuo semplice lavoro, anche se non vuoi far carriera. Credo che siamo andati ben oltre la società giapponese, un vero gioco al massacro, un effetto della globalizzazione e del profitto a ogni costo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sì, probabilmente nella società giapponese il modo di vivere il lavoro viene vissuto come un fatto positivo, far parte di un'impresa è come essere parte di una famiglia...
Adriano Olivetti era un grande, purtroppo imprenditori come lui ce ne sono sempre meno, un vero peccato.

Monica ha detto...

Non sono una grande esperta di cultura giapponese ma a scuola negli anni ho avuto tantissimi studenti e sono di un'educazione e cortesia unica! Quando partono lasciano sempre dei regali che si sono portati da casa e che racconta qualcosa della loro cultura... è un incanto guardarli e ascoltarli! <3

Giulia Lu Mancini ha detto...

Una mia amica innamorata della cultura giapponese, tanto che si è messa a studiare la lingua (difficilissima) e ci è andata già due volte, dice che sono un popolo gentile e ordinato, efficientissimo, spero che siano anche un popolo felice.

Barbara Businaro ha detto...

Ero solo alla seconda riga e già stavo pensando alla metodologia delle 5S, rispolverata da qualche anno sotto i nuovi concetti di "lean manufacturing" o "lean production" o "produzione snella" (se elimini gli sprechi, sei più magro...)
La qualità del prodotto non ha niente a che vedere con l'abnegazione del dipendente, men che meno con un'azienda rappresentata come una grande famiglia (per me un'enorme bufala, in qualsiasi società o epoca la si voglia raccontare). Ho più di un amico che guarda al Giappone come la civiltà perfetta in cui vivere, dai treni superveloci, alla case pulite dove girare in calzini, alla metro profumata, al rispetto che hanno per tutti. Già. Non si spiega Fukushima allora, in un'organizzazione tanto perfetta.
Penso sia troppo facile guardare all'erba del vicino più verde, crediamo sempre che gli altri paesi o sistemi siano perfetti, ma non è così. Conosco un'azienda che ha adottato il metodo Lean e le 5S come fosse la Bibbia assoluta della produttività. Il risultato? Costringono i dipendenti a buttare quello che non serve, in continuazione, salvo scoprire dopo un mese che sono state buttate via campionature o stampi o componentistica varia che prima era stata giudicata spreco, e poi ci si è accorti che poteva andare bene per un nuovo prodotto. E lo spreco si traduce in altri soldi di materiale da acquistare, sull'ordine dei 50, 100 mila euro, così. Mi sa che non le hanno capite molto bene quelle 5S... ;)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Concordo con te, già ai tempi dell'esame ero fortemente perplessa su quella società presentata come un meccanismo perfetto. L'idea che l'azienda entrasse nella vita del dipendente in modo così invasivo mi sembrava soffocante, purtroppo ciò si realizza in altre forme anche nella società occidentale. Credere in certe filosofie come se fosse una bibbia può portare a storture incredibili come succede nell'azienda di cui parli, secondo me bisogna sempre riconsiderare le cose sotto più punti di vista. La società giapponese non è perfetta così come non lo è quella occidentale votata al profitto (e si è visto bene soprattutto quest'anno), inoltre secondo le statistiche il tasso dei suicidi in Giappone sembra sia più alto che in altri paesi economicamente evoluti...

Elena ha detto...

Che bel post Giulia. Andai in Giappone per lavoro ormai 17 anni fa e ne rimasi quasi sconvolta. Quel sussieguo finto e ripetuto all'infinito con i mille inchini domo arigato o qualcosa del genere stonava con quanto percepivo, una sostanziale indifferenza. Mi sono portata a lungo addosso questa sensazione e questo pregiudizio dovuto a in impatto iniziale e ci ho messo molto a superarlo. Tornata in Italia non mi sono accontentata delle prime impressioni e ho studiato la cultura giapponese. Ho scoperto un mondo. A mio avviso stanno nelle radici di quella civiltà le ragioni di questo "asservimento". Continuo a non condividerlo ma almeno l'ho compreso. Aggiungo alla tua descrizione il "dogma" del seppuro, il suicidio rituale. La cultura giapponese mal tollera i fallimenti e gli errori

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Elena! Io non sono mai stata in Giappone, è mancata l'occasione, perché per vent'anni ho fatto moltissimi viaggi che ho davvero apprezzato ma il Giappone mi manca (assieme a tanti altri posti...). Però ho conosciuti alcuni giapponesi venuti in Italia a trovare una mia amica che adora il Giappone e ci è già stata due volte (la terza volta aveva già programmato il viaggio ma è c'è stato l'incidente a Fukushima e ha dovuto rimandare). Una ragazza giapponese ospite della mia amica una sera ci ha raccontato che una notte ha sorpreso sua madre con un coltello in mano, in pratica l'ha salvata da un tentativo di suicidio. Credo che l'ordine e l'asservimento di questo popolo sia molto faticoso da sostenere a livello psicologico. Certo è solo una mia impressione visto che non conosco davvero il paese, nonchè molto distante dalla nostra cultura occidentale...

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Avevo letto degli articoli sociologici sulle aziende giapponesi soprattutto in relazione alla disposizione degli spazi negli uffici, cosa che si nota anche nei film. Mentre per esempio in USA la posizione prestigiosa è quella della scrivania accanto alla finestra, magari con bella vista sulla città, in Giappone è quella più vicina al capo, quindi esattamente il contrario.
Comunque il Metodo 5S è davvero interessante!
Esperienze in aziende idilliache sì, assolutamente. Ricordo in modo particolare il mio approdo a Longman, nota casa editrice di scolastica inglese. Oltretutto arrivava prima da una casa editrice francese universitaria, dove mi trovavo malissimo e dove svolgevo un lavoro alienante come segretaria, e poi dal periodo di maternità e licenziamento. Ho trovato una realtà piccola, colleghi simpaticissimi, grande informalità nei rapporti sia con la casa madre sia nella filiale italiana. Mi sembrava di essere in paradiso, poi ho cominciato anche a cambiare mansioni e a entrare nella redazione. :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Certe realtà lavorative possono sembrare idilliache, ma non è detto lo siano davvero c'è sempre il rovescio della medaglia, la realtà giapponese può essere una di queste. Nell'ultima azienda quindi ti sei trovata bene?

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Mi sono trovata subito molto bene da tutti i punti di vista, cosa rara. C'era molto da imparare. Era una realtà piccola all'epoca, con l'espansione le cose hanno cominciato a deteriorarsi, purtroppo.