L'altra sera sono andata fuori con una mia amica per un aperitivo, all'ultimo minuto si era aggregato anche il figlio poco più che diciottenne che mangiava con noi (e pagava la mamma ovvio).
Poi doveva scappare per un impegno con i suoi amici. Conosco il ragazzo da quando è nato, l'ho visto neonato e poi crescere sempre più velocemente, oggi è un adulto, ha finito la scuola e ha perfino trovato un lavoro (che di questi tempi è davvero ottimo).
Io e la mia amica abbiamo ordinato uno spritz e lui una bottiglietta d'acqua, avrebbe voluto una birra ma dovendo guidare non poteva, io ingenuamente ho commentato "neanche una birra?"
Lui ha risposto "no, se mi fermano devo essere alcool zero, come neopatentato".
Io ho annuito "è vero, le norme sono cambiate".
E lui ha aggiunto "eh già voi avete avuto la vita facile" e con il voi intendeva la nostra generazione.
"Mica tanto" ho risposto io, ma poi il discorso è sfumato, c'era da andare al buffet...
Poi però nei giorni successivi mi capitava di riflettere su quella sua osservazione,
Vita facile io!: io a diciotto anni potevo sicuramente ubriacarmi, tanto non avevo nessuna macchina da guidare; giravo solo a piedi e con i mezzi pubblici, ma, in ogni caso, non mi ubriacavo perché non avevo soldi da spendere, al limite mi concedevo una birra piccola in un pub con gli amici e i soldi per la seconda birra non li avevo. La prima birra durava in pratica tutta la sera.
Vita facile io!: io a diciotto anni potevo sicuramente ubriacarmi, tanto non avevo nessuna macchina da guidare; giravo solo a piedi e con i mezzi pubblici, ma, in ogni caso, non mi ubriacavo perché non avevo soldi da spendere, al limite mi concedevo una birra piccola in un pub con gli amici e i soldi per la seconda birra non li avevo. La prima birra durava in pratica tutta la sera.
Per andare al cinema aspettavo che il film dalla prima visione arrivasse al cinema parrocchiale con il biglietto super ridotto. Gli altri amici che frequentavo erano studenti squattrinati come me, non mi sentivo quindi una sfigata, ero perfettamente nella media.
Gli amici più ricchi erano quelli che già lavoravano e che avevano "perfino" la macchina, e grazie a loro ci si organizzava per andare fuori Bologna, in discoteca, o in gite fuori porta, era una bella cosa...
E quindi la cosiddetta vita facile non esisteva, almeno non era il mio caso, ma era così anche per molti altri miei coetanei.
In realtà il diciottenne che parla delle "nostra" vita facile, come avviene per la maggior parte dei ragazzi di oggi, non gli è mai mancato nulla, vacanze, vestiti, elettronica e ogni supporto che gli facilitasse, appunto, la vita. A ciò si aggiunge che il nostro diciottenne è anche figlio unico, come spesso accade nelle famiglie moderne, e questo aggiunge ulteriori facilitazioni alla sua non facile vita.
Bene, non mi voglio focalizzare troppo su di lui, in realtà lui rappresenta la generazione di oggi che probabilmente ha un presente facilitato, ma sicuramente un futuro difficile o, perlomeno, molto incerto.Già perchè tra crisi economica, problemi ambientali e calamità varie il futuro non sembra troppo roseo neanche per noi.
Per concludere...ecco non so come concludere. Il punto è: chi ha ragione?
Eravamo una generazione che faticava un po' lungo il percorso della vita, ma poi aveva una solida speranza di realizzarsi pienamente nel proprio futuro e quindi tutto sommato il nostro diciottenne ha ragione?
Oppure lui ha semplicemente sparato una gran cavolata perchè non ha neanche la più pallida idea di cosa voglia dire avere una vita difficile?
Per dirla parafrasando Corrado Guzzanti e sul Quelo, forse la risposta giusta è "la seconda che ho detto". La risposta è dentro di te e però è sbagliata! Ve lo ricordate?
Se ne avete voglia esprimete il vostro pensiero, sono curiosa...
20 commenti:
Non so ben rispondere alla domanda, perché per me la vita difficile è stata più una scelta che altro nella mia adolescenza. Potevo permettermi di pagare l'auto o il treno ma preferivo muovermi in autostop. E durante i viaggi, potevo permettermi di dormire in un ostello o in una locanda, ma preferivo le aie dei contadini.
Anche nei viaggi all'estero, mai nulla di organizzato in anticipo. E di solito compravo una cartina per orizzontarmi solo in loco.
Solo dopo il 2000 ho cominciato gradualmente a rincorrere un po' di comodità, fino a diventare il pantofolaio di oggi. Per guardare al bicchiere mezzo pieno, posso definire il mio stato attuale come il "riposo del guerriero" ;D
Diciamo che hai potuto scegliere, andare in autostop era una scelta di libertà, così come dormire nelle aie dei contadini. Credo che la "facilità" consista proprio nella possibilità di scegliere quello che si preferisce fare. Pensa che io oggi che potrei permettermi di prenotare non lo faccio mai, viaggiando in moto cerchiamo di improvvisare, del resto l'importante è partire, soprattutto perché con il lavoro non so mai se posso prendere le ferie oppure no. È bello però che tu abbia fatto tante esperienze e adesso possa "riposarti" con maggiori comodità :-)
Nessuno ha ragione perché nessun momento, mai, è facile avere 18 anni, uscire dall'adolescenza e affacciarsi alla vita adulta. Quello che mi spaventa di (alcuni) diciottenni di oggi è la propensione a lasciare che sia la vita (o i genitori, gli amici, la fidanzata/o o il caso) a scegliere per loro in un mondo, per di più, che richiede sempre più responsabilità.
È quello che temo anch'io, molti ragazzi oggi sono troppo "guidati" e "protetti" e forse quando si troveranno soli davanti a una vera grande difficoltà il rischio è che non riescano ad affrontarla e ne escano a pezzi.
Non credo che sia una questione generazionale ma di singola esperienza. Tolti quei casi in cui ci sono stati eventi di portata epocale (sicuramente mi ritengo più fortunato della generazione dei miei nonni che hanno dovuto passare attraverso la seconda guerra mondiale, i miei hanno visto i loro genitori morire sotto i bombardamenti americani), le situazioni cambiano ad personam. Si fa un gran parlare della generazione di "parassiti" che sono andati in pensione a 50/55 anni, però i miei genitori, pur appartenendo a quell'epoca, hanno dovuto lavorare fino a 70 anni...
Insomma, credo che il figlio della tua amica sia solo infastidito dall'incertezza che si profila all'orizzonte e si immagina che per noi le cose andassero meglio da quel punto di vista.
Uh cosa hai scoperchiato, il vaso di Pandora.
Io a 18 anni avevo la libertà di un cane al guinzaglio, vivendo ancora in casa con i miei sottostavo alle regole, rigide, no di più, che non mi permettevano poi molto. Vita dura con orari, permessi e libertà. Non esisteva nulla:cellulare, interner, tv in camera, solo il fidanzato fino alle 10.30.Se ci penso mi viene da sorridere, eppure sono venuta su senza troppe paranoie, e soprattutto senza nessun grillo per la testa. Oggi quella che i ragazzi chiamano vita dura è edulcorata e irreale, in realtà è molto rilassante e piena di opportunità. Credo abbiano già sottolineato nei commenti sopra come siano cambiati i tempi e quanto quest'epoca sia incerta e in trasformazione, ma di certo meno complicata di quelle passate, è solo nuova, un po' sconosciuta, ma davvero piena di potenzialità.
Difficile risponderti. Sarei pronta a dire che oggi per i giovani la vita è molto più facile, perché hanno un sacco di libertà e di strumenti a loro disposizione. Però se ci rifletto un attimo di più penso anche che la vita sta diventando sempre più complicata. E questo anzi mi spaventa. Dunque, in realtà penso che le cose si bilancino.
Anche mio padre è sopravvissuto alla guerra, ha lavorato fino a 70 anni e aveva cominciato a dodici anni, forse hai ragione le situazioni cambiano ad personam. La nostra epoca è caratterizzata da una troppa incertezza e per questo il futuro sembra una grande incognita, nello stesso tempo però oggi molti ragazzi possono permettersi molto più di quello che era possibile per noi...
Anch'io ero costretta a orari rigidi e ogni piccola cosa me la dovevo conquistare, comprarmi un vestito nuovo o qualcosa che desideravo era sempre un'impresa. L'epoca attuale sarà anche incerta ma abbiamo davvero molto di più, per fortuna vale per i più giovani, ma tutto sommato anche per noi "adulti"...
Purtroppo oggi ogni cosa è sempre più complessa, io faccio sempre più fatica a gestire il mio lavoro e di conseguenza anche la mia vita, però anche da giovane non è stato semplice, insomma non ricordo un periodo della mia vita in cui la vita era "facile" forse però c'era più speranza, ma forse anche quella era solo un'illusione, visto come sono cambiate le cose oggi.
Personalmente in questo periodo sono molto più felice e appagata che non quando avevo vent'anni. Non mi è mai mancato niente, ma senz'altro non si nuotava nell'abbondanza. Tutto era anche più semplice e lineare. Oggi la realtà è complessa, e si va complicando in modo esponenziale.
E' vero che oggi i figli hanno molto e senza fare troppa fatica per conquistarlo. Per farti un esempio banale, io ho dormito in sala fino a quattordici anni, non avevo la mia stanza. Oggi se il ragazzo non ha la sua camera... sembrerebbe strano! Di contro, per le nuove generazioni senz'altro il futuro non è roseo. Si legge che per la prima volta i figli non hanno la speranza di migliorare rispetto ai genitori, ma c'è addirittura un'inversione di tendenza.
Sotto certi aspetti oggi sto molto meglio rispetto ai miei vent'anni, però sento la mancanza del tempo da dedicare a me, una volta ne avevo di più, oggi sembra sempre di meno. Colpa della realtà troppo più complessa, aimé.
Sai che anch'io dormivo nella cameretta con le mie due sorelle, avere la camera per conto mio sarebbe stato un vero lusso...
Voce fuori dal coro, io. Sicuramente hanno tutto, ma gli manca quello che alle generazioni precedenti cadeva dal cielo: la sicurezza di un lavoro, la possibilità di costruire una famiglia quando si voleva (senza dover aspettare per forza 35/40 anni perché precari/con stipendi ridicoli/mutui che risucchiano l'anima e che ti costringono a rimandare l'allargamento), e via dicendo.
Loro sono pieni di cose, ma hanno un futuro piuttosto grigio. A conti fatti, credo che avere tutto non gli serva a nulla se poi non possono costruirsi la vita che vorrebbero. Non li invidio per niente, e considerato che la generazione di cui faccio parte nuota nella stessa nuvola fumosa, non invidio nemmeno la mia. ;)
Tutto sommato concordo con te. Questa precarietà tra i giovani è una conseguenza della nuvola fumosa che è diventato il futuro di noi più "vecchi", siamo costretti a lavorare fino a settant'anni e potremmo lasciare il posto ai più giovani. Una volta c'era il ricambio generazionale che costituiva una boccata d'ossigeno in generale, sia per il mondo del lavoro che si "svecchiava" sia per la famiglia che si rigenerava...
In prima battuta verrebbe da dire "Col cavolo che avevamo la vita facile noi!" Poi però penso che è la stessa cosa che dicono ancora oggi i nostri genitori, quando gli fai osservare che avevano più occasioni di lavoro ben retribuito rispetto a quelle che abbiamo noi oggi (con tutti i conti inflazionistici del caso). Ergo, la vita facile proprio non esiste. La vita è difficile, ogni generazione con i suoi problemi, chi del dopoguerra, chi del finto boom economico, chi della new economy, chi del mondo dei social.
L'erba del vicino è sempre la più verde.
I miei genitori hanno vissuto la guerra (nel 1943 mio padre aveva 19 anni ed è stato mandato in guerra verso la fine, forse per questo si è salvato. Mia madre invece ha avuto la casa occupata dai tedeschi e non so come è andato tutto bene) entrambi sicuramente non sentivano di aver avuto la vita facile e, nel confronto con noi figli, la loro vita è stata sicuramente più difficile (per chiarire la mia età in rapporto a quella dei miei, quando sono nata i miei avevano quarant'anni...) Dal dopoguerra in poi però tutto sembrava in continuo miglioramento, una crescita e un progresso costante e ci eravamo illusi che sarebbe stato sempre così. La crisi economica ha rimesso tutto in discussione, il progresso tecnologico da una parte dona molto e dall'altra toglie. La nostra generazione in mezzo tra i due periodi vive la delusione e il disincanto, in più l'ansia per i propri figli o nipoti. In effetti non sappiamo chi sta meglio, la vita facile non esiste...
Bella riflessione! Io non ho avuto una gioventù facile, seconda in una famiglia di quattro figli e il solo padre a lavorare. Ma non mi è mancato niente lo stesso, imparando ad accontentarmi e a non pretendere il superfluo. Mi dispiace per i giovani di oggi che non sono abituati al sacrificio e alla rinuncia, nonostante le loro attuali agevolazioni, purtroppo non avranno un futuro facile.
Benvenuta nel mio blog cara Rosalia! Anche noi in famiglia eravamo tre figlie e lavorava solo mio padre, mia madre che gestiva l'economia domestica faceva i salti mortali per far quadrare i conti. Nonostante questo sono contenta della mia gioventù non facile, mi ha aiutato ad apprezzare meglio quello ho conquistato e a dare il giusto valore alle cose. Credo anch'io che i giovani oggi non abbiano un futuro facile soprattutto perchè abituati ad avere molto di più nel loro presente.
La battuta di Guzzanti l'ho tirata fuori tante di quelle volte... ;) Credo che il ragazzo non abbia fatto un'analisi così accurata, ma abbia soltanto lasciato uscire una considerazione nata dal fatto alcolico. Non credo sia così facile per i ragazzi avere la percezione di com'era esattamente la situazione dei giovani prima del loro arrivo.
Guzzanti esperimeva davvero tutto ;) credo anch'io che il ragazzo abbia espresso un pensiero senza una vera riflessione, tuttavia l'idea che "prima" molte cose fossero più semplici potrebbe essere una reale anche se vaga convinzione.
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