domenica 27 giugno 2021

Conquistare la lentezza

(Immagine di Pexel)

Sono già diversi mesi che non scrivo, certo in questo periodo ho dovuto occuparmi della pubblicazione dell’ultima indagine del mio commissario Sorace cosa che, tra revisione, lettura dei beta, riletture mie, scelta della copertina e tutto il resto, non mi ha lasciato molto altro tempo, se poi ci metti in mezzo il lavoro non resta molto, peraltro mi sono consapevolemente concessa del tempo da dedicare a me stessa e quindi non scrivere è stata una scelta. Poi è arrivato il caldo e, quando accade, io perdo del tutto la volontà, mi sento assalita dalla voglia di rallentare su tutto, non ho più la forza di fare nulla, vorrei soltanto rilassarmi. 

Bella scoperta direte voi, lo so, però adesso che potremmo riprendere la vita di prima (salvo lo spauracchio delle varianti del virus in agguato, cosa su cui resto guardinga)  non ho poi tutta questa fretta di mettermi a correre verso la vita ante 2020, che poi tutta questa voglia non ce l’avevo neanche prima. La zona rossa, tutto sommato, per me era una specie di rifugio in cui non stavo affatto male, forse era un po’ troppo, eravamo passati dal troppo al niente certo, ma vivere con la giusta distanza dagli altri non mi disturbava affatto, anzi. 

Per esempio, sul lavoro, tutte quelle riunioni che mi facevano perdere tempo e mi creavano ansia e insofferenza (nei confronti degli altri) sono state fatte on line, con grande vantaggio e minor dispendio di tempo e di energia. Poi, vuoi mettere far finta di avere la linea disturbata quando c’è il collega logorroico che parla a vanvera? Tutti quelli che usavano le riunioni per rompere... ehm parlare dei loro specifici problemi invece di focalizzarsi sull’ordine del giorno urgente della riunione, sono stati messi a tacere.  E quelle riunioni di non diretto interesse a cui mi costringevano a partecipare? Sono diventate un sottofondo simpatico mentre svolgevo il resto del mio lavoro, ascoltando con un orecchio solo. Inoltre la cuffietta (quella che mi collega all’audio del pc) è diventata per me anche un ottimo espediente per tenere lontani i colleghi in presenza che ogni tanto si affacciano sulla porta dell’ufficio per farmi perdere tempo. (Ho un collega che mi vuole offrire il caffè venti volte al giorno, io ne prendo al massimo due e il caffè della macchinetta mi causa bruciori di stomaco, poi c’è la collega che fuma venti sigarette elettroniche e mi chiede se le faccio compagnia (c’è una specie di cortile esterno per i fumatori, credo che lei passi più tempo lì che seduta alla scrivania...) per mantenere un minimo di rapporto sociale e cordiale - lo ammetto sono un po’ “orsa” ma soprattutto non amo perdere tempo - la mattina prendo il caffè con lei e le faccio compagnia per la prima sigaretta, ma poi sono già satura. Così ogni tanto mi difendo dagli eccessi di "socialità" mettendo la cuffietta, come se fossi in videoconferenza...

Comunque io spero che le riunioni possano continuare on line, insomma non perdiamo le buone abitudini e non perdiamo i vantaggi che abbiamo acquisito con la pandemia. 

Ci sono poi altri interessanti vantaggi che non dovremmo perdere, per esempio lavorare qualche giorno a distanza può essere utile, per conciliare le esigenze familiari, per chi ha specifiche esigenze, per chi abita distante dalla sede dell’azienda. Spero che si arrivi alla massima conciliazione di queste pratiche nel mondo del lavoro, ma non sono sicura che questo avvenga davvero, però lo spero, in fondo certe dinamiche diventano un vantaggio anche per le aziende. 

Sono scettica sulle libertà a cui si pensa di tornare. E se restassimo in una cauta zona gialla? Non dico nella realtà, che si vorrebbe tornare alla normalità - soprattutto per le attività di molti settori - ma una zona gialla mentale, uno stato in cui non sia necessario correre ma meditare, assaporando meglio la realtà di tutti i giorni, è come quando ti muovi sempre in macchina e poi una mattina ti concedi una passeggiata senza fretta e, all’improvviso, ti accorgi di cose intorno a te che non avevi mai visto, ma erano lì da sempre solo che non le vedevi, troppo presa dalla tua corsa. 

Lo desideravo anche prima ma, ora più che mai, vorrei conquistare la lentezza nella mia vita perchè non ha senso correre e, soprattutto, correndo si vive male, e possono perdersi le cose belle e importanti. Un po’ come la lumaca raccontata da Sepúlveda nella sua favola. Putroppo non dipende solo da me, quindi la mia volontà e la mia consapevolezza non bastano, ma essere convinti aiuta.

Non vorrei dare però un'impressione sbagliata, rallentare non vuol dire oziare, siete d'accordo con me?

lunedì 21 giugno 2021

Mettere la mente in vacanza

 


Il viaggio è tuffarsi in un’altra vita per un po

Non so se sia proprio così, ma di solito è quello che mi accade di pensare mentre sono in viaggio, guardo il paesaggio intorno a me, i luoghi, i piccoli borghi e immagino di vivere lì. Il mio compagno guarda sempre gli annunci immobiliari esposti nelle vetrine e mi dice: eh non sarebbe male ritirarsi qui, la mattina ti svegli presto e fai una passeggiata sul lungomare, oppure sai che bei percorsi in bicicletta su per queste colline, oppure pensa  vedere il tramonto ogni giorno da quassù

È così ci immaginiamo una vita diversa, con nuovi ritmi. Vivere al mare o in montagna o in collina. Sono i luoghi a creare una vita? Forse un po’ sì, immaginate di vivere al mare, ogni giorno vi svegliate e, guardando l’orizzonte, osservate le onde del mare, è lui a fungere da barometro invece che i grattacieli o i tetti rossi di Bologna. Il luogo è un modo di vivere, puoi scegliere di avere come orizzonte il mare oppure la montagna o la campagna, oppure la piazza di una grande città. Ho vissuto per un anno in un appartamento in pieno centro, ogni mattina per andare al lavoro attraversavo a piedi piazza Maggiore, la ricordo ancora come un’esperienza subliminale. Più passa il tempo più mi innamoro dei piccoli borghi e immagino la mia vita futura in quella dimensione, poi però torno a Bologna al mio solito orizzonte e mi dico che, tutto sommato, va bene così. 

È bello però sognare una vita diversa, forse una vita in vacanza da se stessi, con la mente libera, è un po’ come scrivere o disegnare su un foglio bianco, puoi metterci quello che vuoi.

Il mio amore, in vacanza, chiede sempre a tutti quelli che incontra: come si vive qui? Ovviamente tutti rispondono che si vive bene. La titolare di un negozio di souvenir mi ha detto: io amo moltissimo questo posto, ma lo amo soprattutto d’inverno, con la bruma sul mare e il sole timido che sorge, è bellissimo. Che meraviglia, ho pensato, così le ho comprato una calamita da attaccare al frigo, lei le dipinge tutte rigorosamente a mano su pezzetti di legno su cui aggiunge una piccola calamita. Con le calamite porto con me un pezzetto di ogni mio viaggio e le attacco al frigo. Così, seduta sul divano, posso osservare un lato del frigo con un ricordo delle mie vacanze.

Ok, la smetto di filosofeggiare. Sono partita per questa vacanza organizzata all’ultimo minuto, dopo la morte improvvisa della mia amica pugliese. Alcuni nostri amici erano sull’isola d’Elba, avevano affittato una casa vacanza con molte stanze e ci avevano chiesto di raggiungerli. Non volevamo disturbare troppo, così volevamo prenotare il periodo successivo, ma era tutto pieno e quindi abbiamo accettato il loro invito, bloccando anche i giorni successivi (pochi) che restavano dopo la loro partenza. In tutto sei giorni. Come si dice, meglio l’uovo oggi che la gallina domani. 

Fare il pieno di sole, di mare e di vacanza - anche solo per pochi giorni - serve a vedere la vita da un’altra prospettiva, più leggera e più libera. 

In questi giorni di vacanza ho letto due libri, Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin e La vita che volevo di Lorenzo Licalzi (quest’ultimo consigliato da Barbara di Webnauta a questo Link ) entrambi bei libri molto piacevoli. Il primo lo avevo iniziato a leggere il giorno prima che accadesse la morte della mia amica, era un ebook che avevo da tanto tempo sul mio ipad e sembra strano che l'abbia cominciato proprio in quel momento, parla della custode di un cimitero e parla di morte, ma in questa trama c'è anche tanta vita, la vita di chi resta, la vita di chi non c'è più ma rimane per sempre nei ricordi e nell'amore. Il secondo libro di Lorenzo Licalzi (autore che non conoscevo, ma avevo visto un film tratto da un suo romanzo intitolato "Io no") è una raccolta di racconti che ruota intorno alla domanda: era questa la vita che volevi? Esiste il destino, il caso, il karma? Ogni tanto me lo chiedo anch'io, però è davvero una domanda senza risposta, ognuno può credere in quello che vuole, a me per esempio piace immaginare un universo parallelo dove le cose vanno per il verso giusto, dove chi fa una scelta sbagliata si ferma un momento prima e cambia tutta la sua vita. In fondo sognare è ancora un'attività a buon mercato e quindi non mettiamo nessun limite, almeno in questo.

E voi andrete in vacanza? Cosa vi piace fare o immaginare nei vostri viaggi brevi o lunghi che siano?


sabato 5 giugno 2021

Le meraviglie dell’altrove

Questo post assume un significato particolare, diverso dal senso che volevo dargli quando ho iniziato a scriverlo, perché è accaduto un evento che ha cambiato tutto, lo spiegherò alla fine.


Vi è mai capitato di osservare la vita degli altri e di provare invidia? Si pensa che gli altri siano più felici di noi perché hanno di più, una casa più grande, un bel lavoro, una bella macchina, un bel giardino, un'ampia terrazza oppure un balcone con i gerani...

Nell’anno 2020 ho invidiato profondamente tutti coloro che possedevano una casa con il balcone, chi viveva in campagna, chi poteva uscire nei dintorni di casa senza problemi perchè era in mezzo alla natura. Sì, lo ammetto ho provato una profonda invidia, chè poi il balcone non era proprio il mio più grande desiderio, io invidiavo soprattutto quelli che hanno il terrazzo, un ampio terrazzo dove mettere un tavolo per mangiare fuori, stendersi con il lettino a prendere il sole, ovviamente all'ultimo piano, perchè l'attico è il massimo, anche se soffri di vertigini come diceva Richard Gere nel famoso film.

Nel periodo della clausura forzata mi sono sentita soffocare, restare chiusa in casa è stata una profonda sofferenza, ma quello che mi mancava di più era il sole, la mia casa di Bologna non solo non ha un balcone, ma il sole ci arriva solo per poche ore al giorno, il che la rende forse più fresca d’estate ma niente di più. Avere un balcone è importante, nella mia casa in Puglia, stare sul balcone nelle sere d’estate mi salva dal caldo ed è una delle cose piacevoli che mi fanno apprezzare il viaggio. Per di più, nella primavera 2020 non c’è stato un solo giorno di pioggia, più eravamo costretti al chiuso, più il sole splendeva imperterrito e spavaldo nel cielo, causandomi una rabbia incredibile. Uno dei miei pensieri più frequenti era: ma perché quando potevamo uscire liberamente eravamo inseguiti dalla nuvola di Fantozzi e ora c’è un sole continuo che spacca le pietre? Un sole del quale non potevo godere perché ero costretta in casa, chiusa tra quattro mura, invidiosa dei giardini altrui.

Questa sensazione di fastidio e sotterranea invidia che ho provato mi ha fatto riflettere, soprattutto perchè sono una persona che cerca sempre di non guardare mai l'erba del vicino, e perché so bene per esperienza, che quello che appare all'esterno potrebbe essere un abbaglio. 

Sembra sempre che gli altri stiano meglio di noi e, magari, in alcuni casi è così, ma non è questo il punto, ci sarà sempre qualcuno che sta meglio degli altri, qualcuno che possiede più degli altri. 

Cosa è davvero importante nella vita? Per dirla alla Erich Fromm: avere o essere? 

Ma quanto riusciamo a "essere" senza "avere", cosa diventiamo quando ci manca qualcosa di materiale? Siamo ancora noi quando perdiamo le nostre concrete certezze? Tutti coloro che avevano un lavoro nella ristorazione, nello spettacolo, nelle pubbliche relazioni, quando hanno smesso di avere, probabilmente hanno cambiato anche il loro modo di essere.

Prima di invidiare qualcuno dobbiamo soffermarci a pensare.

Primo: non sappiamo se quella persona sia davvero felice, potrebbe sembrare ma non è detto, ma se anche lo fosse, ognuno ha i suoi momenti di felicità e di tormento e, probabilmente, prima di arrivare a quella felicità ha attraversato momenti di dolore e sconforto. 

Secondo: non conosciamo il destino degli altri, non sappiamo quanto durerà la loro fortuna e quindi non ha molto senso invidiarle. 

Terzo: guardando gli altri non ci accorgiamo di quello che abbiamo noi e che dovremmo apprezzare.

La scorsa settimana è morta all’improvviso una mia amica, ben più giovane di me, a soli 52 anni, infarto fulminante. Lei aveva tutto, due figli bellissimi, un bel marito, un buon lavoro, una buona situazione economica, due genitori che la adoravano. Era una persona speciale, sempre sorridente e di buon umore, una persona che si preoccupava molto per gli altri. La notizia mi ha gettato nello sconforto e nel dolore, ma niente rispetto a quello dei genitori, dei figli e del marito. La domanda è: perché? Perché certe vite durano un soffio e altre no? Perché certe famiglie sembrano avere addosso una maledizione? 

Qualche volta l’ho invidiata, in senso buono, ero sempre felice per lei quando raggiungeva un obiettivo lavorativo o familiare, tra l’altro lei aveva già conosciuto il dolore perché aveva perso un fratello in giovane età. Ora non c’è più e penso ai suoi figli, di poco più di vent’anni e lasciati soli troppo presto, una madre è importante averla accanto, soprattutto in quella età in cui si comincia a parlare dei propri dubbi e dei propri progetti. 

Il destino si fa beffe di noi, sono corsa in puglia, nel primo week end in cui potevo viaggiare mi è toccato farlo per un funerale. 

Stavamo progettando di rivederci pensando ai vaccini e all’estate imminente e invece la sua estate era già passata, era tutta solo in quel giorno di sole in cui finalmente era potuta andar fuori, per una passeggiata in mezzo al verde, con gli amici di sempre e che purtroppo non sono riusciti a trattenerla qui, nonostante i soccorsi immediati. Io posso solo ricordarla con la canzone di Baglioni - che lei amava tanto - la stessa canzone con cui abbiamo deciso di salutarla.