domenica 27 marzo 2022

Gli invasori alle porte

 

La guerra non stabilisce chi ha ragione, ma solo chi sopravvive. Bertrand Russel

Tra le mie piccole routine mattutine c’è l’abitudine di leggere il settimanale Donna Moderna a cui sono abbonata da anni, mentre bevo il caffè inzuppandoci un paio di biscottini integrali, leggo la rivista cartacea, non so perché ma, mentre per i libri preferisco gli eBook, per questa rivista il digitale non riesco a leggerlo, mi piace sfogliarlo la mattina appena alzata e ci dedico circa venti minuti al giorno. È una lettura lenta che procede piano tra una colazione e l’altra, delle volte ci metto un’intera settimana per leggere tutta la rivista, ovviamente sono indietro di qualche numero...

Questa premessa per raccontarvi che sul numero n. 9 del 17/2/2022 di donna moderna, questa settimana, ho letto un articolo di Monica Piccini intitolato I nostri week end in mimetica, parla delle donne ucraine che, durante la settimana fanno una vita normale e poi nel week end si allenano alla guerra, dovrei dire “si allenavano” perché poi la guerra è arrivata davvero il 24 febbraio 2022. Ora quando ho letto questo articolo mi sono chiesta: quindi lo sapevano tutti che c’era il pericolo di una guerra, ma allora perché negli ultimi due anni ho sentito parlare solo di Covid e di Green pass? Lo scorso dicembre migliaia di ucraine sono state chiamate ad arruolarsi con un’ordinanza del ministero della difesa, requisiti buona salute ed età compresa tra 18 e 60 anni. C’è da riflettere, cosa dite?

Quando hai gli invasori sulla porta, devi essere pronta a proteggere la tua casa, racconta la donna intervistata che, da dieci mesi, ogni sabato si alza all’alba per la sessione di addestramento militare in una ex fabbrica abbandonata tra neve, boschi e fango.

Oggi mi chiedo perché, pur seguendo due telegiornali al giorno (anche di reti diverse) non mi sono mai resa conto della guerra imminente. Ero troppo distratta o nessuno ne parlava, salvo gli ultimi giorni? Mi sembra che sia vera la seconda ipotesi, ma se sbaglio correggetemi, vi prego. In questi mesi l’Ucraina si è ritrovata sempre più accerchiata su tre lati da un numero sempre maggiore di truppe russe (si stimano 130.000 soldati russi) da anni, culmine nel 2014, al centro di una crisi diplomatica tra Russia, Stati Uniti ed Europa. Nel frattempo molti stati occidentali richiamavano in patria il personale delle Ambasciate. L’Ucraina è un paese strategico perché consentirebbe alla Russia di avere uno sbocco sul Mar Nero e impossessarsi di gas, carbone e grano. Tutte merci che ora ci vengono a mancare, con effetti nefasti sulla nostra economia, quella stessa economia di cui ci si preoccupava tanto da imporre il green pass a tutti i costi per non chiudere o penalizzare le attività commerciali; ma adesso con gli aumenti dei costi dell’energia e del grano (piccola nota non trascurabile) questa economia è molto a rischio default, forse non accadrà nell’immediato ma può avvenire molto presto. Non voglio essere catastrofica (voglio sempre sperare nella fine prossima del conflitto), però mi chiedo perché con una situazione internazionale così esplosiva non ci siamo mai preoccupati di renderci autonomi dal gas russo investendo fortemente in energie alternative che, peraltro, sarebbero meno inquinanti; perché non abbiamo investito meglio nella nostra agricoltura accontentandoci di importare i prodotti da altri paesi. Il mondo è diventato sempre più globalizzato, tutti felici della connessione globale di internet e i suoi fratelli, ma senza un concreto piano di emergenza. Forse perché nessuno credeva davvero che sarebbe scoppiata una guerra, così come nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe scoppiata una pandemia globale. È come se corressimo a trecento all’ora su una strada di montagna sull’orlo del precipizio senza capire di poter precipitare da un momento all’altro. E poi, una volta precipitati, tutti dicono: certo era da prevedersi, si sapeva già! 

Lo so, sembro il vecchietto al bar che si lamenta del governo ladro, senza dare dare soluzioni o alternative, sono solo banali domande di comune buon senso. 

Mi chiedo però cosa possa fare la gente comune “concretamente”, protestare in piazza per esprimere il proprio dissenso su certe scelte, in un paese democratico é ancora possibile, forse, in Russia e in Cina non si può per esempio; oppure possiamo indirizzare i nostri consumi, almeno fino a un certo punto, perché se non ci sono dei provvedimenti strutturali del governo possiamo fare poco, piccoli passi. Io posso scegliere di abitare in una casa con i pannelli solari, se ho abbastanza soldi da investire, una mia amica è andata ad abitare in collina e ha ristrutturato una vecchia casa con modalità modernissime, ha il giardino, l’orto e il pollaio, camino per il riscaldamento e pannelli solari per l’energia elettrica, ha un piccolo bosco intorno pieno di legna da ardere, insomma sono autonomi, anche se si sono indebitati per i prossimi vent’anni... Certe scelte non sono alla portata di tutti, ma devono essere i governi a renderlo possibile e purtroppo finora questo non è avvenuto. 

Voi avete suggerimenti?


Fonti immagini: Pixabay                                                                                                  

Fonti testi: Donna Moderna n. 9 del 17-02-2022





domenica 20 marzo 2022

La difficoltà di scrivere in questo momento

 

Rimase in ascolto di quel silenzio familiare, nella terra di confine delle parole. Francesco Carofiglio 

Sembra che il destino si diverta a mettermi i bastoni tra le ruote, più vorrei avere tempo e meno ne ho, il tempo di scrivere diminuisce, mentre aumentano le attività che non vorrei. 

Dal primo gennaio il mio lavoro è raddoppiato, nel senso che ho proprio un secondo incarico a parità di stipendio, ovvio, ma partiamo dal principio. Oltre un anno fa mi dissero che il mio settore sarebbe stato unito a un altro, gli accorpamenti sono sempre una buona scusa per riorganizzare e rendere più efficiente “qualcosa”, a seconda degli interessi in ballo in quel momento, ti vendono la scusa che serve, magari ci credono pure. In quel momento la scusa era che i due settori da accorpare erano molto simili quindi sarebbe stato più proficuo unirli come bilancio e come organizzazione. Quindi il Settore A poteva essere unito al Settore B, ma nel frattempo il settore B continuò a essere seguito da una collega che però sarebbe andata in pensione a fine anno. Alla fine però sorserò diversi problemi: il bilancio contabile dei due settori non poteva essere unito per un veto ministeriale (il settore A ha un finanziamento pubblico che pretende un bilancio autonomo), le due strutture non potevano essere unite perché hanno un funzionamento diverso...l’unico elemento che univa le due strutture ero io. Speravo quindi che la cosa non andasse in porto, ossia che affidassero l’incarico del settore B a un’altra persona, che illusa! perché rinunciare a un comodo risparmio di una unità (costosa) di personale che ti fa il lavoro di due persone, la solfa è sempre la stessa, tu hai una capacità organizzativa notevole, hai le competenze giuste ecc ecc... 

Alla fine mi tocca gestire due bilanci con due attività differenti che implicano la gestione di molti contratti parecchio diversi, a questo si sono aggiunti dei problemi connessi alla mancanza di personale che dovrebbe supportarmi, una persona è assente per un infortunio, altre sono assenti perché non si sono vaccinate (c’è anche questa rogna grazie al nostro governo) poi ci sono state assenze di colleghi “vaccinati” contagiati da Covid, insomma ai problemi già esistenti si sono aggiunti problemi sempre nuovi e quindi sto facendo i salti mortali per gestire tutto. Unica cosa positiva é che ho chiesto e ottenuto in un battibaleno un notebook da usare anche a casa per il lavoro e che è davvero di ultima generazione, così quando il mio vecchio computer personale fa fatica ad “andare” ho un valido sostituto, anche per la scrittura (anche se per questa cosa preferisco sempre usare il mio, ma avere un notebook in più serve sempre). Intanto per tre week end il notebook l’ho usato per lavorare ai due consuntivi che erano da chiudere entro metà marzo, è davvero avvilente non godersi il tempo libero per lavorare, che se lo fai per scrivere è un conto ma farlo perché durante la settimana non riesci ad avere il tempo per gestire le scadenze più prossime è un altro.

Ma torniamo alla scrittura, in realtà non scrivo dal 9 gennaio, nel senso che l’ultima volta che ho aperto il file word del mio romanzo era quella data, nel frattempo ho pubblicato Il male non perdona, mi sono occupata della revisione di eBook e cartaceo e delle varie incombenze legate alla pubblicazione, anche se ho fatto proprio il minimo sindacale. Del resto non avevo tempo, non avrei potuto fare di più. La scorsa settimana mi sono finalmente concessa un week end in libertà, non ho fatto niente di speciale ma sono stata fuori Bologna con il mio compagno pranzando fuori e visitando una città in cui mancavo da tanto tempo: Modena, una splendida piccola città, forse non abbastanza apprezzata, che ci ha accolto con una giornata di magnifico sole, anche se era freddino lo stesso, ma va bene così. Sembra strano, ma passare una giornata fuori ha quasi il sapore di una vacanza e può riconciliarti col mondo. E poi con questi venti di guerra è meglio godersi il presente finché si può.

La ghirlandina di Modena
Portico de La ghirlandina di Modena 

Tortelloni burro e speck 

Mi sento sempre più sopraffatta da quello che vorrei fare e dal poco tempo per farlo, la verità é che questa società della performance, quella in cui bisogna essere sempre attivi ed efficienti, presenti e al top non fa per me, ed è una società sterile e inutile. Non ci da il valore di noi come esseri umani, ma questo valore viene sempre più sminuito se consideriamo il momento storico che stiamo vivendo. É sconfortante e non aiuta certo a scrivere, ma cosa possiamo fare? Nulla tranne che provare ad andare avanti secondo il mio sentire, anche se non è il sentire di molti. Proprio oggi ho trovato in un libro un foglietto con una frase di Seneca il cui senso è più o meno questo: per trovare la serenità è necessario ritagliarsi tempo per sé, cercare il silenzio e non affannarsi per avere, nutrendo l’essere. Per essere un filosofo di duemila anni fa mi sembra più che mai attuale. 


Fonti immagini: Pixabay la prima, le altre sono mie 

domenica 13 marzo 2022

Lo spazio dei sogni

 

Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso. Nelson Mandela 

Negli ultimi due anni ho inseguito un sogno che non ho realizzato, anzi per dirla alla Claudio Baglioni “ho sognato sopra un treno che non è partito mai”. Non si tratta di vincere alla lotteria o fare cose stratosferiche, ma qualcosa di concreto e sostenibile, comprare una nuova casa, che io una casa ce l’ho già e ho finito anche di pagare il mutuo, quindi che voglio di più? Potrei accontentarmi e restare dove sono, chi me lo fa fare di stressarmi nella ricerca di una casa nuova. Infatti è così, ma...c’è sempre un ma...

Nel periodo della pandemia ho capito che vivere in una casa senza neanche un balcone mi faceva soffocare, del resto ho comprato questa casa in un momento in cui i prezzi delle case erano al massimo storico, costavano tantissimo, a Bologna anche un monolocale era un lusso. Era il periodo pre crisi Lehman Brother e poi uscivo da un divorzio quindi la mia priorità era comprare una casa mia, di proprietà, perché cercavo un minimo di stabilità. L’acquisto è stato molto veloce, perché vi assicuro che vivere da separati in casa è un inferno, quindi ho comprato l’appartamento che corrispondesse alle mie primarie esigenze del momento di allora, ultimo piano (ero stanca di vicini maleducati rumorosi sopra la testa) piccola ma non un monolocale perché preferisco ambiente cucina e camera separati, nel quartiere dove vivevo e non troppo lontana dal centro. Mi sono innamorata del contesto di questa casa appena l’ho vista e senza pormi troppe domande ho firmato il compromesso e dopo pochi mesi il rogito. Nel tempo la mia scelta si è rivelata vincente perché ho scoperto nuovi pregi, quali il silenzio della strada (è una strada chiusa) tanto che i gatti dei vicini girano indisturbati e coccolati da tutti me compresa, la comodità di essere vicina al centro, tanto da arrivarci a piedi (in pandemia si è rivelato utilissimo non essere costretta a prendere un autobus), la disponibilità di un parcheggio abbastanza capiente. Purtroppo ci sono degli svantaggi, sono all’ultimo piano e non ho nessuno sulla testa ma non c’è l’ascensore e, con il passare degli anni, non è sostenibile. Inoltre mi piacerebbe avere un po’ più spazio e soprattutto un balcone, possibilmente al sole. Quindi la mia casetta tanto carina arredata secondo i miei gusti, è uno spazio  confortevole in cui ho vissuto e vivo bene ma vorrei cambiarla. Finché avevo il mutuo da pagare era ragionevole procrastinare, ora non più. 

I sogni sono come le stelle, basta alzare gli occhi e sono sempre là. Jim Morrison 

Quando ero in attesa di firmare il contratto della casa che poi é sfumato perché il proprietario non ha avuto il mutuo, immaginavo la mia vita nella nuova casa, prendere il sole sul balcone con il primo timido sole estivo, scendere giù nel comodo garage a piano terra a prendere la bicicletta e fare una lunga passeggiata nel parco adiacente, scrivere un nuovo romanzo nel mio studiolo finalmente attrezzato come volevo io. Immaginavo o sognavo una vita più comoda nel mio nuovo spazio. Poi è sparito tutto e ho ricominciato a cercare. 
Qualche giorno fa stavo quasi per firmare l’acquisto di una casa sulla carta, ossia sul progetto di costruzione; è una formula che consente di pagare degli stati di avanzamento al costruttore e nel giro di un paio di anni ti consegnano la casa costruita secondo gli standard di ultima generazione, quindi anche con delle formule energetiche di avanguardia. Sul progetto erano quasi tutto venduto ma erano rimasti due appartamenti, uno di questi sembrava fare al caso mio, era un bilocale ma con una grande terrazza e con garage sotterraneo, consegna tra due anni. Costava un botto, ma ero pronta a firmare e a dare l’anticipo anche se, prese tutte le misure, mi rendevo conto che la metà dei miei mobili non sarebbe stata adatta alla nuova casa, ma era una buona soluzione, perché nel frattempo avevo il tempo di vendere la mia vecchia casa. Non ho dormito per tre notti, più si avvicinava il momento della firma più ero indecisa, perché non mi convinceva del tutto. E poi è scoppiata la guerra in Ucraina e le mie incertezze hanno preso il sopravvento. Così ho disdetto tutto.
In questi giorni difficili ci ritroviamo di fronte a una situazione di tale precarietà che non resta più lo spazio per i sogni e, come é successo per il Covid, ho messo in stand by ogni decisione. 
Negli ultimi tempi tra il lavoro, la decisione per l’acquisto della casa, i troppi pensieri che affollano la mente, lo spauracchio della guerra che sembra travolgere tutto, ho praticamente smesso di scrivere, mi chiedo anche se abbia ancora un senso creare delle storie.
Magari potrei usare il tempo libero per vivere il presente invece che sognare un futuro più conforme alle mie aspettative. 
Quale delle due massime che ho scelto è più vera? Forse entrambe. Per realizzare un sogno, raggiungere un obiettivo, è necessario non arrendersi mai, ma è anche vero che finché non lo realizzi, un sogno, anche se lo accantoni per un po’, tende a ritornare nei tuoi pensieri perché é sempre là in un angolo della mente, come un tarlo o una spina nel fianco.
Voi cosa ne pensate? 

Fonti immagini: Pixabay 

venerdì 4 marzo 2022

A carnevale ogni scherzo vale

Nel periodo d’oro del mio lavoro il carnevale era un’occasione per festeggiare simpaticamente insieme ad alcuni colleghi ai quali ero più legata. Oggi, già ben prima della pandemia, è diventato un momento dell’anno che passa del tutto inosservato, il Carnevale non lo festeggiamo più, ce lo siamo persi lungo la strada dei cambiamenti intorno a noi perché il tempo è diventato sempre più limitato, fagocitato da altre attività molto meno piacevoli. 

Ogni persona merita di tornare bambino una volta l’anno (Fabrizio  Caramaglia)

Inoltre una cosa che ho sempre desiderato e non sono mai riuscita a organizzare è la gita al carnevale di Venezia, ogni anno avevamo il proposito di andare a visitare Venezia durante il carnevale, visto che da Bologna era abbastanza semplice arrivarci in treno, l’idea era quella di andarci durante la settimana prendendoci un giorno di ferie per evitare la bolgia della domenica. Non sono mai riuscita a organizzarlo, né con i colleghi, né con amici o marito o nuovo compagno; non per mia volontà, solo che mettere insieme le esigenze di più persone per prendere un giorno di ferie comune era molto difficile. Così questo bel proposito è rimasto un vago desiderio nel tempo di cui ogni tanto si parlava ma non si organizzava mai. 


Ma torniamo a quello che invece facevamo tutti gli anni. È strano pensare al tempo in cui si poteva uscire la sera del martedì grasso e andare a un ballo in maschera, sembra l’età della pietra della mia vita, più o meno quindici anni fa... eravamo un gruppo di colleghi molto affiatati, della stessa età e un anno decidemmo di andare a ballare “vestiti da carnevale” in una discoteca della provincia di Bologna dove si organizzava la festa di carnevale, i nostri costumi erano improvvisati e fatti in casa, la parte divertente era proprio la programmazione della serata, perché cercavamo di organizzarci durante le giornate lavorative parlandone nelle pause del caffè o del pranzo per decidere il “tema” da seguire. 

Il tema era importante perché in base a quello si decidevano i costumi di ognuno, una volta avevamo pensato di vestirci da famiglia Addams, ricordate i personaggi vero? Per i più smemorati o distratti e riporto sotto la locandina del film più famoso. Il collega calvo poteva fare zio Festen, la collega magra con i lunghi capelli neri poteva essere Morticia, c’era chi era perfetta a interpretare “mercoledì”, anche il collega alto e ben piazzato poteva essere Lerch, ma alla fine non andò in porto, anche se ogni anno ripartiva la proposta.


Restammo comunque in tema di mostri e io mi vestii da vampira, misi un abito lungo nero con un mantello rosso, sembra incredibile ma avevo già tutto in casa, un vestito da sera di raso lucido comprato al mercato a poco prezzo, qualche mese prima, che mi era sembrato perfetto per un futuro utilizzo carnevalesco. Un’altra volta sfruttai i costumi di danza orientale, i colleghi maschi si vestirono da tuareg e predoni del deserto e le femmine da odalische e danzatrici del ventre. C’era perfino il collega che noleggiava il costume apposta per la festa non badando a spese. Quello che ci divertiva di più era ritrovarci davanti alla discoteca in costume, spesso improvvisato, e sbellicarci dalle risate; poi c’era sempre il collega outsider che vestiva fuori tema con quello che capitava, infine un collega che si vestiva da donna provocante, era piccolo di statura e con i lineamenti delicati, che dire, era quasi più bello come donna che come uomo. Il problema comune a tutti era che il giorno successivo eravamo degli zombie perché avevamo dormito pochissimo, ma l’adrenalina e l’energia della sera precedente ci manteneva svegli per tutto l’orario di lavoro. 

Questo periodo finì quando per alcuni colleghi arrivarono i figli piccoli, per altri arrivò un trasferimento in altre sedi dell’azienda, per altri qualche batosta della vita che mise da parte per sempre la voglia di scherzare. Poi il lavoro diventò sempre più fagocitante e senza orario, facendoci precipitare sempre più in un frullatore che per me dura ancora adesso e non accenna a rallentare. Questo ultimo martedì grasso, il primo marzo di un anno di (fine?) pandemia e di guerra, non ha proprio nulla del Carnevale allegro di una volta. Forse qualche bambino butterà i coriandoli per le strade a ricordarci questa festa, forse no. Non sono troppo nostalgica delle feste di carnevale, in fondo c’è un periodo per ogni cosa, ma ho nostalgia della leggerezza che le accompagnava, oltre che della possibilità di farle accadere. 

Se è vero che a carnevale ogni scherzo vale, a noi lo scherzo vero ce lo ha fatto la vita privandoci dei momenti leggeri un po’ goliardici del lavoro per lasciare il posto a una lista ingessata e corrosiva di doveri (alcuni perfino inutili o dannosi per il lavoro stesso). Oggi più che mai mi sembra di arrancare in un perenne mercoledì delle ceneri.


Fonti immagini: Pixabay e Google per la locandina del film