domenica 24 febbraio 2019

Lei cantava


Mia madre ha sempre avuto il sorriso nel cuore, ma sopratutto aveva il sorriso nella voce.
Amava cantare, cantava mentre faceva le pulizie di casa e soprattutto cantava quando stirava. 
Ho l'immagine di lei che stira mentre il sole illumina la cucina e canta una canzone di Celentano "Storia d'amore" e io in un angolo la ascolto mentre gioco.
Aveva una vena creativa mia madre e amava raccontare le storie, probabilmente la voglia di scrivere deriva in me dai suoi racconti, spesso cantati. C'erano delle storie di paese che diventavano una canzone, lei le cantava e poi mi raccontava la storia vera esistente dietro quella canzone. Erano quasi sempre storie tragiche e struggenti, ma realmente accadute anni prima quando lei era ragazza, che avevano attraversato il tempo in racconto musicale. 
Ogni tanto penso che se fossi nata in una famiglia differente non sarei quella che sono. In fondo siamo il risultato del nostro passato.
Le storie ci accompagnano da sempre, forse sono le stesse che si ripetono con linguaggio e forme diverse, ma è l'amore per le storie che probabilmente ci fa scrivere. 
Una volta si tramandavano in famiglia con racconti davanti al camino, oggi siamo tutti più distratti e le storie si tramandono con la TV o con i libri. 
In fondo le trame sono universali, esiste soltanto un diverso modo di raccontarle.
Da mia madre ho ereditato l'amore per il canto e infatti canto anch'io, solitamente sotto la doccia oppure in auto quando guido e sono sola. 
Ogni tanto penso che vorrei scrivere una storia dove la protagonista canta per mestiere, magari in un piano bar, tanto per sfruttare questa mia passione canterina.
Anche se non ho mai sognato di diventare una cantante, è più una voglia di cantare la vita, come quella che aveva mia madre. 
Ultimamente canto meno e mi sono ricordata che quando mia madre era triste non cantava, e anch'io mi sentivo triste. 
Bisogna sempre trovare un motivo per cantare, ma non sempre il motivo c'è. A volte il motivo può essere semplicemente la voglia di stare al mondo, ma non è detto che ci sia.
Ascoltare la musica può aiutare a trovare una voce al proprio dolore o alla propria gioia, il desiderio di cantare implica, però, qualcosa di più profondo, perchè coinvolge tutto il corpo, non ci si limita ad ascoltare, ci si esprime con la voce, la gola, il respiro, le gambe e le braccia se ci lasciamo travolgere dal ritmo. È uno sfogo, talvolta un modo per tirare fuori la rabbia, l'angoscia o, semplicemente, è urlare quello che si pensa attraverso il testo di una canzone da cui ci sentiamo rappresentati. 
Questo è un esercizio che faccio quando faccio le pulizie di casa: metto su delle canzoni abbastanza ritmate con dei testi che condivido.
Forse ho scritto un post senza capo nè coda, seguendo il flusso dei miei pensieri.
È che, ogni tanto, mi torna davanti l'immagine di mia madre che stira in silenzio e io le chiedo:
"Mamma, perchè non canti?"  e lei mi risponde "Non ho molti motivi per cantare in questo momento".

C'è una canzone di Ligabue dal titolo "Per sempre" che parla proprio di come, nella vita, restino impresse nella nostra mente certe immagini, come delle istantanee che inquadrano momenti o periodi che abbiamo vissuto e restano lì, per sempre, appunto. 
Mia madre che stira cantando nella cucina della mia infanzia invasa dalla luce del sole pomeridiano è il mio per sempre. 

Ho appena finito di leggere La versione di Fenoglio di Gianrico Carofiglio e vorrei concludere con una frase del libro che mi sembra attinente con questo post: Le storie non esistono se non vengono raccontate.



domenica 17 febbraio 2019

L'importanza della costanza


Qualche giorno fa ho visto un'intervista video che dava consigli su come scrivere un romanzo. Non dirò chi è l'autore, perché non è l'argomento di questo post, è solo uno spunto.
Nell'intervista si affermava l'importanza di scrivere sempre, tutti i giorni, anche solo una pagina, anche solo tre righe, ma tutti i giorni, dedicando un tempo fisso alla scrittura in un momento costante.
Mi sono chiesta, ma qualcuno di questi guru ha mai lavorato per vivere? Questo è il primo pensiero che mi è venuto in mente. Poi però ascoltando l'intervista mi sono ricreduta. Mi sono ricordata che quando ho scritto La libertà ha un prezzo altissimo mi alzavo tutti i giorni un'ora prima e scrivevo per quaranta minuti, poi nel week end sviluppavo meglio le idee buttate giù nel corso di quella settimana. 
Certo è che questo ritmo non puoi mantenerlo costante per tutta la vita, quando ho finito di scrivere il romanzo ho passato un periodo di scrittura zero. C'è anche da dire che all'epoca non c'erano ancora i social e quando mi mettevo al computer scrivevo e basta, non avevo nessun tipo di distrazione.
Oggi siamo subissati da notifiche di ogni genere, diventa molto più difficile concentrarsi, anche se talvolta alcuni argomenti diventano uno spunto nuovo per scrivere.
In ogni caso riconosco l'importanza della costanza, se scrivi con regolarità, pagina dopo pagina raggiungi il risultato, forse.
Negli ultimi tempi mi sono resa conto che può essere proprio il lavoro a darmi i tempi della scrittura, ogni giorno mi sveglio presto e spesso la mattina, mentre bevo il caffé, prendo appunti su quello che voglio scrivere. Lo so non è molto, dedico circa mezz'ora di tempo in cui, leggo la posta sul tablet, commento un blog e prendo appunti. Quei trenta minuti mattutini mi servono molto, non sempre alla scrittura di un romanzo, ma a darmi un respiro fuori dal lavoro. A volte i minuti diventano quaranta, quando sono folgorata da un'idea e cerco di fissarla sulla carta prima che svanisca nel caos del giorno lavorativo. Poi nel week end faccio il resto, solo che se un sabato decido di dedicare la giornata allo svago o sono impegnata fuori casa per qualsiasi ragione, allora le mie tempistiche scrittorie slittano di una settimana. Insomma se vivo non scrivo.

In questi giorni mi è capitato sotto gli occhi un articolo che parla del metodo "Bullet journal" che aiuta a riconoscere i propri obiettivi e a raggiungerli. Questo metodo si basa su un'attività molto semplice che io pratico già: le liste giornaliere, ne avevo già parlato in un mio post App e liste
L'autore ha scritto il libro per parlare di questo metodo che lui ha iniziato a seguire per superare i problemi causati dal suo essere iperattivo. Diagnosticatogli un deficit di attenzione e iperattività, negli anni, ha provato inutilmente molti sistemi, ma nessuno era stato risolutivo, infine ha individuato questo metodo con il quale riesce a organizzare il tempo preparando una lista di cose da fare.



Fare una lista delle cose da fare può essere risolutivo perché salva dalle distrazioni e aiuta a fare il punto su quello che si vuole realizzare, per esempio quando scrivo una storia inserisco in lista dei particolari da cui voglio partire per illustrare una scena, nella mia lista scrivo i punti di cui voglio parlare per esempio: parlare della psicologia di questo personaggio, oppure raccontare l'episodio che porta a quella scena o una certa conclusione ecc 
Gianrico Carofiglio, in un'intervista che ho seguito su Youtube, ha detto che "scrivere vuol dire cercare le parole giuste per descrivere quello che si ha da dire", e ha aggiunto "il rapporto con il talento è un po' come quello che si ha con l'amore, nell'amore ci si ritrae perché si ha paura, la stessa cosa avviene con il talento, ci si ritrae per paura, senza neanche provarci", questo era il sentimento che lui aveva prima di provare seriamente a scrivere, desiderio che lui aveva coltivato fin da bambino.
Questa considerazione di Carofiglio mi trova molto d'accordo.
A volte è fondamentale mettersi alla prova e provare. Questo vale nella scrittura ma anche in tante altre attivitá. L'importante è mettersi alla prova, senza arrendersi subito alla prima difficoltà, ma provando e riprovando con criterio e costanza e, ovviamente, con passione, non ci può essere un motore diverso: ci mettiamo alla prova se in noi c'è la passione insopprimibile per quello che desideriamo realizzare.

Siete d'accordo?



domenica 10 febbraio 2019

Vuoto cosmico


Ho finito di scrivere il terzo episodio di Saverio Sorace e così, presa dall'entusiasmo, visto che di solito lascio decantare la storia per un po', mi ero messa in testa di scrivere un romanzo per partecipare al concorso DeA planeta. Avevo scritto già un capitolo, folgorata da un'idea che mi sembrava buona.
Poi però, ogni volta che mi mettevo al computer per scrivere la storia, nella mia mente c'era il vuoto cosmico, non era proprio un blocco dello scrittore, le idee c'erano ma non sapevo come metterle sulla carta, ovvero sul pc. 
Ciò accadeva semplicemente perché non avevo abbastanza tempo davanti a me. E poi diciamocelo, quando finisco di scrivere una storia ho bisogno di uno stacco, un periodo di vacanza mentale. Visto che sul lavoro non riesco a concedermelo almeno nella scrittura ne ho bisogno. 
Così dopo tre week end passati a guardare lo schermo del computer scrivendo poco o niente ho deciso di lasciar perdere. E proprio quando mi sono rilassata ho scritto un paio di capitoli nuovi, come se la mia mente, potendo fare le cose con calma, si fosse rimessa in attività. In ogni caso ho deciso di continuare a scrivere la storia più avanti, ma prima voglio completare il lavoro sul terzo episodio di Sorace, con calma, senza l'ansia di terminare a tutti i costi il lavoro entro una scadenza impossibile da rispettare.
La priorità ora è la mia sanità mentale, anche perché da quando è cominciato l'anno 2019, anno che dovrebbe essere fantastico per i sagittari come me, mi sento del tutto priva di energie e, confesso, anche un po' depressa. Quindi devo trovare il modo per risollevarmi. Magari lo troverò attraverso la scrittura, chissà.
Intanto mi sono divertita a scrivere un racconto per il gioco letterario dell'anno per il blog di Morena Fanti, maggiori dettagli a questo link Solo io e il silenzio 
Non si vince niente, è solo un modo per giocare e immaginare il prossimo futuro, io ho scritto un racconto nel lasso di due week end, non è stato facile neanche scrivere un racconto breve in questo periodo, però ho avuto un'idea e l'ho sviluppata. 
Sembra che gennaio sia un mese in cui la depressione imperi, si sono inventati anche il Blue Monday, il terzo lunedì di gennaio, ossia il giorno più triste dell'anno. E ditelo prima no? Io mi sentivo molto a terra, se lo sapevo provavo a tirarmi sù e a giocare d'anticipo.
Ma i rimedi ci sono, bere una tisana al cardamomo, per esempio, aiuta a eliminare le tossine e a risollevare le energie vitali, lavorando su sintomi come tristezza, insonnia e ansia. Non l'ho ancora provata ma ci sto pensando, devo solo comprarla. Questi sono i consigli che leggo su Donna Moderna, non costa niente provare.
Oppure è possibile trovare un rimedio energetico di altro tipo, per esempio una vacanza nei paesi caldi, ecco quello sarebbe un ottimo rimedio.
Gennaio è passato dite voi, è vero ma febbraio non è da meno. L'energia non c'è ancora, ma resta il fatto che devo uscire dall'impasse. Forse ho scritto un post sconclusionato, ma riflette quello che mi passa per la mente in questo periodo. 
Vi lascio con una frase dell'oroscopo di gennaio che diceva: non possiamo cambiare nulla se prima non lo accettiamo.

Ognuno può interpretarla a suo modo. Voi cosa ne pensate?


domenica 3 febbraio 2019

Intervista a Maria Teresa Steri su Tra l'ombra e l'anima


Oggi ospito sul mio blog la bravissima autrice Maria Teresa Steri a proposito del suo ultimo romanzo di cui ho già parlato nel mio blog  Tra l'ombra e l'anima

Eccovi alcune indicazioni sul romanzo e sulla trama

TRA L'OMBRA E L'ANIMA 
Autore Maria Teresa Steri 
Data di pubblicazione 9 gennaio 2019
Genere thriller psicologico-paranormale
Pagine 370

TRAMA 
Da due anni la mia vita non è più la stessa. Visioni e memorie di eventi mai vissuti mi costringono a rintanarmi in casa. L’ossessione per un uomo sconosciuto – da me battezzato “il Visitatore” – minaccia il mio matrimonio. Né mio marito né il terapista al quale mi sono rivolta sono disposti a credermi. Solo Alba, una donna incontrata su Internet, sembra in grado di darmi delle risposte. Mi ha convinta che i miei strani ricordi appartengono a una vita precedente e che il Visitatore è un uomo in carne e ossa. Ora però Alba è morta, forse assassinata da una misteriosa associazione, e io sono rimasta da sola a cercare l’uomo delle mie visioni. Ma la rete di segreti che circondava Alba si sta stringendo pericolosamente intorno a me. E affrontare il passato che ho dimenticato è come gettare uno sguardo in un pozzo oscuro e senza fondo.

Le anime con un legame antiche si rincontrano sempre.

Benvenuta Maria Teresa ti ringrazio per avermi concesso questo spazio di approfondimento sul tuo ultimo romanzo Tra l’ombra e l’anima, grazie anche per avermelo fatto leggere in anteprima. Come sai questa storia mi ha conquistata e devo dire che ha allietato le mie vacanze di Natale.

Grazie, Giulia! Sono molto contenta di essere tua ospite e ti ringrazio molto per questa chiacchierata.

Ed ecco le domande

1.    Il tuo romanzo è una versione completamente rivisitata della prima edizione intitolata I custodi del destino risalente a dieci anni fa. Vuoi raccontarci come è nata l’idea di questa trama?

La prima scintilla è nata dalle mie letture sulla reincarnazione, molti anni fa. Mi sono chiesta come potrebbe cambiare la vita di una persona se cominciasse ad avere dei ricordi di una vita precedente, senza avere mai avuto nessun altro segno di aver già vissuto un’altra esistenza, senza aver mai neppure pensato a una possibilità simile. Ho pensato che potesse essere molto sconvolgente. Inoltre, mi sono sempre chiesta: se abbiamo già vissuto altre esistenze, quanto dei legami allacciati in quell’occasione permangono? È possibile addirittura “riconoscersi”? Da qui la fantasia si è scatenata!

2.    Quando ho letto la sinossi in prima persona e i versi di Pablo Neruda che ti hanno ispirato il nuovo titolo sono rimasta folgorata. Mi piace molto anche la copertina che trovo davvero suggestiva e accattivante, ti va di raccontarci come l’hai ideata?

Di solito impiego tantissimo tempo sia per decidere il titolo di un romanzo, sia per creare la copertina. In questo caso, invece è stato un processo molto rapido per entrambi. Forse perché avevo già le idee chiare, in fondo si tratta di un romanzo che ha alle spalle già una pubblicazione e un lungo processo di revisione. Fatto è che il titolo mi è davvero caduto dal cielo, mentre per la copertina ho subito visualizzato una donna dall’aspetto un po’ spettrale sullo sfondo di uno squarcio di Roma. L’intento era di dare al lettore subito l’idea di una storia in bilico tra realtà e visione.


Eccoci al libro e ai personaggi.

3.    La protagonista Alessandra all’improvviso comincia ad avere delle strane sensazioni “dei momenti di forte disagio e una tristezza immensa, quasi fisica. A cui si aggiungono degli episodi di blackout, piccole perdite di memoria”. Quanto è stato difficile addentrarti in queste sensazioni per raccontarle così bene? 

Non è stato facile, lo ammetto. È un aspetto su cui ho lavorato molto quando ho ripreso in mano la prima versione del romanzo, perché mi sembrava importante riuscire a trasmettere con immediatezza sensazioni che di certo non ci troviamo a vivere nella vita di ogni giorno. Per fortuna (o per sfortuna, a volte) sono molto empatica e quindi riesco a immedesimarmi facilmente nei miei personaggi e in ciò che provano. E così è iniziato un processo di identificazione che non mi ha abbandonato fino alla fine del romanzo. Per il resto mi è stato d’aiuto anche fare delle ricerche in campo psicologico. La documentazione è sempre parte essenziale della scrittura per me, anche riguardo piccole cose.

4.    Il tema della reincarnazione è piuttosto controverso, quando hai iniziato a scrivere questo romanzo, hai avuto qualche remora o tentennamento?

Sì, molti tentennamenti. Quando ho scritto la prima versione dieci anni fa mi è servito un gran coraggio per spedirla agli editori e poi darla in pasto ai lettori. Avevo una terribile paura di essere giudicata male o che i lettori potessero guardare storto un romanzo che parlava di reincarnazione. Per fortuna è andata molto bene da questo punto di vista, ci sono stati lettori che mi hanno confessato di non credere in questo genere di cose, ma di aver trovato la mia storia “molto convincente”.

5.    Quando ero ragazzina ho seguito con tanta passione lo sceneggiato della rai che trattava questo tema, Ritratto di donna velata, ricordo che tenne incollato alla tv le famiglie italiane, lo hai visto? Ti ha in qualche modo ispirato?

Sai che non l’ho mai visto? Dovrò rimediare! Però ricordo molto bene un altro sceneggiato dell’epoca, L’amaro caso della Baronessa di Carini. Anche quello tratteggiava il tema della reincarnazione. E in effetti avevo trovato molto affascinante l’ipotesi di una coppia di amanti che si ritrovava dopo secoli. Molto intrigante come storia, anche se inquietante come risvolti.

6.    “Non posso più vivere in reclusione, riempiendo di menzogne chi mi sta accanto, coltivando un amore segreto e impalpabile, portandomi dietro i fantasmi di un passato ignoto” In questo passaggio abbiamo la percezione che Alessandra sia mossa anche da una forma di innamoramento, una forma di passione travolgente, vuoi parlarne?

Come accennavo all’inizio, al centro di questa storia c’è il rapporto ambivalente e tormentato che la protagonista ha con un uomo conosciuto e amato nella vita precedente. Questa persona piomba nella sua vita all’improvviso, all’inizio in una forma “spettrale”, incorporea, poi concreta. Alessandra tenta di opporsi alle sensazioni che sente affiorare dentro di sé, ma l’effetto è così potente che si troverà inevitabilmente a fare i conti con questo amore. E sarà proprio questa passione così lontana dall’ordinario la scintilla per partire verso l’ignoto, alla ricerca di un passato dimenticato.

7.    Ci sono alcune considerazioni della protagonista che ho amato molto e mi hanno fatto riflettere “Cos’è la normalità? Per me era un matrimonio solido, una professione appagante, la serenità e la salute. Ma la verità è che siamo più fragili di quanto ci piace credere. Basta un nonnulla a rompere il precario equilibrio su cui poggia la nostra esistenza” Qui si avverte molto il senso dell’ineluttabilità della vita, una sorta di destino che non possiamo controllare. È così?

Sì, la frase che hai citato racchiude un mio modo di vedere la vita. Credo che non tutto sia controllabile, anche se ci piace crederlo. Possiamo sforzarci di rendere solide le nostre esistenze, pilotare i fatti grazie a una forte volontà, ma spesso l’ignoto ci attende dietro l’angolo, nel bene o nel male. La normalità spesso è illusoria. Del resto quello dell’irrequietezza esistenziale è un tema a me caro, infatti lo si ritrova anche nel mio romanzo “Come un dio immortale”.

8.    Ci sono anche dei personaggi minori che sdrammatizzano la vicenda con la loro simpatia, perché sono un po’ strambi, ma senza dubbio divertenti, ce ne vuoi parlare?

Sono personaggi che io ho amato molto e mi sono divertita a tratteggiare. Li avevo inseriti per sdrammatizzare un po’ l’atmosfera noir della storia, ma spesso si sono imposti nelle scene! Diciamo che li ho creati mescolando insieme alcune caratteristiche di persone che ho incontrato realmente nella mia vita. Persone molto sui generis!


9.    Nel tuo romanzo si parla di una misteriosa associazione che sembra avere enormi poteri e numerose infiltrazioni nella società, a me ha ricordato parecchio una setta o, comunque, una società segreta che gestisce potere e ricchezza per i suoi affiliati. È corretta la mia percezione?

Corretta, senza dubbio. La Ruota ha tutte le caratteristiche per rientrare in una società segreta. Di fatto non cercano di attrarre seguaci, ma anzi sono piuttosto chiusi nel loro mondo, tanto che i nuovi affiliati vengono accuratamente selezionati. Ovviamente ci sono società di questo tipo che non fanno nessun danno, in questo caso invece i risvolti negativi ci sono, anche se non visibili di primo acchito.

10.     Alessandra, nel tentativo di arginare le sue ossessioni, vive in reclusione, soffrendo di una forma di agorafobia che la costringe a restare chiusa in casa, in una specie di comoda prigione perché è il solo luogo in cui si sente protetta. Tuttavia, dopo due anni, sente insopprimibile il bisogno di affrontare le sue paure per andare alla fonte delle sue visioni e a caccia di risposte. C’è un equilibrio tra la paura di uscire dal proprio guscio rassicurante e il bisogno di cambiare e riappropriarsi della propria esistenza. Succede anche nella vita in generale di voler uscire da determinate situazioni ed essere bloccati dalla paura. Cosa ne pensi?

Hai ragione, succede spesso proprio così. È accaduto anche a me, in un altro ambito. Vivevo in una situazione molto pesante, che mi faceva star male giorno dopo giorno, eppure non trovavo il coraggio per dire basta, terrorizzata all’idea di ritrovarmi alle prese con l’ignoto. Dal di fuori è difficile da capire, si crede che sia assurdo non liberarsi di certe catene, eppure a volte ciò che non si conosce è un forte deterrente al cambiamento. Nel romanzo, è l’amica Alba a dire: “Sai come dicono gli inglesi, Alessandra? Better the devil you know, è meglio il diavolo che conosci”.

11.    Nel romanzo c’è un punto in cui Alessandra viene messa in guardia su quanto può essere difficile affrontare la verità di una vita precedente. “Spesso è come sollevare il coperchio di un pozzo buio e profondo. È imprevedibile, infido, spesso dalle conseguenze letali”. Affrontare la verità, che riguardi una vita precedente o, semplicemente se stessi, quanto può essere difficile?

Venire in contatto con ciò che non sappiamo di noi stessi può avere un effetto scioccante. Questo è vero anche per la vita ordinaria, quando in determinate situazioni si scopre che siamo capaci di azioni che non ci saremmo mai aspettati. Ci si conosce già poco normalmente, figuriamoci poi se si tratta di un’altra vita...

12.     Se dovessi invitare i lettori a leggere il tuo romanzo che argomentazioni useresti, ti viene in mente uno slogan particolare?

Tempo fa avevo pensato a questo: “Una donna in bilico tra due vite. E tra due uomini”.

Siamo arrivati alla fine dell’intervista, spero di aver incuriosito i lettori invogliandoli a leggere il tuo bellissimo libro, però ho un’ultima curiosità su quello che vorresti scrivere in futuro. Sei già al lavoro con un nuovo romanzo? Hai già delle idee?

Ho iniziato da poco una nuova storia, un noir psicologico senza aspetti paranormali. Una piccola sfida perché finora mi sono dedicata quasi sempre a romanzi con elementi sovrannaturali. Ma avevo voglia di cambiare un pochino provando a scrivere una trama di un genere che leggo sempre volentieri. Vedremo dove mi condurrà l’ispirazione.
Concludo ringraziandoti ancora per questa bella intervista!

Ringrazio di cuore Maria Teresa Steri per l'opportunità che mi ha dato di ospitarla qui sul blog, per la sua disponibilità e la grande passione che mette nei suoi lavori.
Vi lascio il link Amazon dove potrete trovare Tra l’ombra e l’anima, in eBook e cartaceo, e non dimenticate di seguirla sul suo blog Anima di carta.