domenica 12 giugno 2022

Indecisioni del cuore salvo E&O

Non sapere quale decisione prendere è la peggiore delle sofferenze. Paulo Coelho

Sono almeno tre settimane che non riesco a scrivere una riga nuova del mio romanzo, ma non è la crisi della pagina bianca, no, anzi sono arrivata a un punto in cui molte matasse si dipanano e la trama si sviluppa meglio. Non ho molta fretta perché è un episodio del commissario Sorace che uscirà il prossimo anno, salvo imprevisti, oppure come si dice salvo errori ed omissioni. Il fatto è che questi anni ci hanno insegnato che la nostra vita è precaria, molto più di quanto pensassimo, è anche per questo che vorrei portare a termine delle cose, prima che sia troppo tardi, ma tardi per cosa? 

Il fatto è che è difficile scrivere se hai la mente troppo piena di pensieri, no, non pensieri sulla scrittura, ma pensieri sulla vita vera, quella che affronti tutti i giorni. Mi hanno affibbiato un settore dell’azienda del tutto disorganizzato, dove tanti cani sciolti corrono per conto loro, l’obiettivo che mi ha dato la direzione generale è quella di organizzarli e metterli in riga, ma non è semplice, anche perché alcuni cani sciolti sono abbastanza importanti e chi sono io per dire a qualcuno “più importante” di me che deve sottostare alle mie regole giuridiche? Così finisco per correre per stare dietro a tutto e a tutti e prevenire i problemi, ma qualcosa sfugge sempre dalle maglie dell’organizzazione, la mia. Così sono diversi week end che non solo non scrivo, ma dedico il mio tempo libero a “mettermi in pari con il lavoro dell’ufficio” perché dovrei andare in ferie (ho un po’ di ferie arretrate da fare) e prima devo liquidare tutte le fatture in scadenza, devo completare alcuni contratti perché i servizi partono a metà giugno, ma prima della firma c’è stato un rimpallo tra i vari uffici per decidere come impostare il contratto, finché quando alla fine non sanno come concludere ti dicono: 

ma in fondo puoi decidere in autonomia sei TU la responsabile del contratto, decidi per il meglio. E me lo dici adesso! 

No, perché io non sono scema, sei stato tu dirigente dei miei stivali che mi hai detto di chiedere il parere prima all’ufficio di Tizio e poi all’ufficio di Caio. Così mentre il mio serial killer interiore immagina il metodo più doloroso e lento per uccidere lo str.. ehm il referente di turno (da dove credete che nascano i miei thriller?) io mi ritrovo in fondo al tunnel ma senza la luce, anzi con la sensazione di soffocare sotto un mare di scartoffie inutili...

Bene, basta tediarvi con il mio stress lavorativo, queste sono le principali motivazioni per cui non scrivo. E poi ce ne sono altre, quelle che hanno a che fare con i piccoli tarli del nostro cervello, devo fare una scelta importante e sono notti che non dormo. Ho perfino comprato il libro “Chi ha spostato il mio formaggio” su suggerimento di Barbara di Webnauta, di cui vi riporto il link Post di Webnauta é un librino arguto e intelligente che si legge in un’ora e, attraverso di esso, ho cercato di capire come affrontare questa mia decisione, il problema è che quando tutto mi appariva chiaro, nascevano nuovi dubbi. 

Comunque alla fine ho preso una decisione con convinzione e coraggio e, ovviamente, ho continuato a non dormire dalla preoccupazione che la decisione presa ormai comporta: avrò fatto bene? Se poi le cose non vanno come penso? E se? e ma? E boh? 

Mi sento il cuore come quello dell’immagine, appeso a una corda sulla corteccia ruvida di un albero. Ormai il dado è tratto ed è inutile rimuginarci ancora. Intanto, alla fine di questa settimana, vado in ferie qualche giorno, che la vita é breve oltre che precaria,  per cui per dirla alla Rossella O’Hara, ci penserò domani...cioè al ritorno. 

Fonti immagini: Pixabay


sabato 4 giugno 2022

Piccole bugie salvavita

Chi lo sa che cosa è vero in un mondo di bugiardi (Marco Masini)

Tempo fa avevo iniziato a scrivere un post sulle bugie che diciamo nel quotidiano per salvarci da situazioni opprimenti o perlomeno fastidiose. Una situazione che mi capitava spesso prima della pandemia era ricevere, con insistenza, inviti indesiderati. Talvolta rispondevo:

Cosa? No, questa settimana non posso uscire, ho già un impegno, no mi dispiace!

In realtà non avevo nessun impegno, ma uscire per me richiedeva un grandissimo sforzo perché uscivo tardi dal lavoro e poi quell’invito implicava vedere della gente che non avevo voglia di vedere, non perché mi fosse antipatica, semplicemente si trattava di persone con cui avevo poco in comune. 

Lo so, perché non dire semplicemente di no? Provateci voi con l’insistenza che hanno certe persone! Ho provato, con l’esperienza, che è molto più facile mentire, questo perché la maggior parte della gente non accetta un no come risposta, insiste con tono quasi offensivo, ma se poi sei tu a chiedere qualcosa il "no" arriva. E allora mi sono detta, ma perché devo fare i salti mortali per dire sì a cose che non desidero, per accontentare amici, parenti e colleghi? Perché fare una fatica sovrumana per far accettare il mio "no" a tutti coloro che chiedono sempre (e troppo spesso senza fare altrettanto)?

Il tempo è la cosa più preziosa che ho, se lo passi facendo delle cose che non ami fare non ti verrà restituito e quindi lo avrai sprecato.

Ho anche pensato di essere un po’ asociale, non amo la gente? Ho la puzza sotto il naso? Ma perché non ammettere semplicemente di non aver voglia di fare una cosa e basta? 

Prima della pandemia c’erano alcune cose che mi causavano estremo imbarazzo:

Aperitivi e cene con i colleghi: faccio una premessa c’è un gruppo di colleghi con i quali avevo legato moltissimo e con cui, nonostante ora lavoriamo in uffici diversi e lontani, ci ritroviamo sempre con piacere, quando c’è la possibilità di organizzare una cena insieme è sempre bello. Quando si tratta di uscire con loro lo faccio volentieri e supero la stanchezza, con altri colleghi non è così, ma proprio per questo non sento l’esigenza di vederli fuori dal lavoro, passo del tempo con loro sul lavoro, ed è più che sufficiente. 

Inviti fuori da parte di chi non lavora: lo so, può sembrare strano, ma esiste gente che non lavora per vivere, nel senso che non ha bisogno di lavorare, vive di rendita o si fa mantenere da qualcuno, che dire beati loro.  Mi capitava spesso l’invito a cena da  parte di un’amica che vive di rendita, beata lei, è ricca di famiglia, così organizzava cene a casa sua durante la settimana, spesso il martedì oppure il giovedì, cene che cominciavano alle otto-otto e trenta e finivano dopo mezzanotte. Capitava una o due volte al mese, a seconda dei periodi. Sembrava una maledizione, ma ogni volta che c'era una sua cena, mi capitava qualche imprevisto sul lavoro e facevo più tardi del solito, quindi arrivavo a casa alle sette di sera distrutta e alle otto dovevo essere a casa sua, ovviamente senza nessuna voglia di uscire. Ogni volta insisteva che andassi alla sua cena, ma io ovviamente non vivo di rendita e mi sveglio alle sei del mattino tutti i giorni. Comunque visto che mi ero impegnata ci andavo lo stesso, erano cene in piedi sempre con un sacco di gente, confesso che i primi tempi in cui la conoscevo (dieci anni fa) si era creato un piccolo gruppo di amiche con cui era piacevole ritrovarsi, dopo però gli invitati alla festa sono diventati una sorta di variabile casuale e, insomma, finivo con l'annoiarmi profondamente, così aspettavo trepidante il momento giusto per andarmene, possibilmente non troppo tardi. Benedico la pandemia che mi ha tolto da questa incombenza.

Poi ci sono gli amici, sì è vero quelli te li scegli, ma dopo anni che li conosci vuoi mettere in crisi un’amicizia con un “no” che non vogliono sentirsi dire? Può succedere di avere a che fare con amici insistenti, a volte mi sono salvata con una bugia e, lo confesso, con la pseudo fine della pandemia mi sono salvata da qualche riunione in presenza con una bugia sulla mia salute ehm ho un po' di tosse, non credo di avere il covid, ma forse è meglio fare la riunione on line cosa dite? 

Stavo per cancellare la bozza di questo post quando, qualche giorno fa, ho letto su Donna Moderna, un articolo sulle bugie intitolato Effetto Pinocchio di Rossana Campisi, che parlava di un libro intitolato Filosofia della menzogna di Lars Svendsen, a quanto pare tutti mentiamo, spesso sono peccati veniali perché lo facciamo a fin di bene, ma esiste davvero la bugia a fin di bene? La verità é che tutti raccontiamo bugie (meno male mi sento già meglio)) ma ci sono bugie nere e bugie bianche, le prime sono quelle dette per egoismo, per esempio per nascondere il tradimento nella coppia oppure per truffare la gente, infatti ci sono vari gradi di “oscurità” nelle bugie. 

Le bugie bianche, invece, sono quelle dette per evitare sofferenze inutili. Se non diciamo a un’amica che un vestito le sta male lo facciamo per non ferirla, oppure possiamo dire le cose con un certo tatto, a volte si può omettere semplicemente di esprimere un giudizio, a meno che non ci venga chiesto esplicitamente. In certi casi essere sinceri vuol dire essere disturbanti, pensiamoci prima di parlare.

Secondo Lars Svenden esistono i bugiardi patologici ma anche i veritieri patologici che si accaniscono a parlare anche quando non sono chiamati a farlo. Se si racconta la verità per scaricarsi la coscienza è un atto egoistico, per esempio quando una storia finisce e si raccontano tutti i tradimenti, a chi giova? Se si racconta una verità del passato per togliersi un peso questa verità può solo creare nuovo dolore. Ci sono invece casi in cui è opportuno conoscere la verità anche passate per evitare un nuovo danno.

Mentire è umano e non dobbiamo colpevolizzarci se lo facciamo in certi casi, ma è importante puntare alla sincerità, ma soprattutto credo sia fondamentale non mentire mai a se stessi. 

Come affermava Shakespeare, secondo una citazione di Lars Svenden, gli esseri umani mentono mentre cercano la verità. 

E voi cosa ne pensate?  


Fonti immagini: Pixabay 

Fonti testi: donna moderna n. 19/2022