venerdì 25 agosto 2023

Un biglietto dal passato


Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono leggere solo il titolo. Virginia Woolf

Ogni tanto faccio pulizia nei miei libri, scelgo dei romanzi dalla mia libreria che ho già letto e che non rileggerò e li metto da parte per portarli nelle casette dei libri, ce n’è una nel parco adiacente il parcheggio aziendale e ogni tanto li porto lì, non riesco a fare lo stesso per i libri cosiddetti “scolastici”, ho diversi libri del periodo universitario oppure più recenti, comprati per un corso di aggiornamento sul lavoro oppure per altri motivi che sono nella mia libreria da un tempo infinito. Qualche giorno fa passando dalla zona universitaria ho visto un banchetto per book crossing contenente libri universitari, manuali di diritto o di economia, di inglese e quant’altro, così mi è venuta l’idea di portare alcuni miei libri. Ho cominciato così a cercare tra i miei libri quelli di cui liberarmi, in realtà quasi sempre finisco per spolverarli e rimetterli a posto, perché poi vengo presa dalla nostalgia e rimando il distacco, ma stavolta ne ho trovato tre, così ho controllato che all’interno non ci fossero fogli o documenti personali, con nomi o altri dati sensibili ed é saltato fuori dal libro di Diritto Pubblico un biglietto scritto a mano:

Ciao sto per partire ci vediamo verso il 13 circa. Ho lasciato il mio numero di telefono a Letizia. Se c’è qualche cosa di importante fatemi sapere.(Naturalmente la chiamata sarà a carico del destinatario.)

A presto Roberta.

PS cerca di stare tranquilla. Svagati un po’. 


Ho cercato di mettere a fuoco quel momento, per un attimo ho avuto il vuoto nella mente, non capivo chi potesse aver scritto quel biglietto poi, subito dopo, ho ricordato chi fosse la Roberta del biglietto. E mi sono ricordata la sua storia. Mi ha fatto tenerezza quel moto di affetto con cui mi raccomandava di stare tranquilla e svagarmi un po’, oggi Roberta non mi avrebbe scritto un biglietto di carta ma avrebbe scritto un messaggio su whatsapp che si sarebbe perso nei meandri degli altri infiniti messaggi persi sui nostri cellulari. Invece a distanza di trent’anni ecco la sua vita spuntare fuori da un libro, chissà perché quel biglietto è rimasto al suo interno tanti anni, chissà il 13 di quale mese era, non posso ricordarlo, molto probabilmente era il 1989, questa é quasi una certezza. Mi sono laureata nel giugno del 1988 e dopo aver abitato i successivi mesi estivi in un monolocale fatiscente con una mia amica altoatesina che però aveva passato tutto il tempo a lavorare in un pub a Londra per perfezionare il suo inglese, tra ottobre e novembre sono approdata in un appartamento del centro, si era liberato un posto letto e una mia amica - ex compagna di università - che abitava nell’appartamento al piano di sopra me lo segnalò ed io afferrai l’occasione al volo. 

Ho abitato lì poco meno di un anno eppure nel ricordo sembra un tempo molto più lungo, forse perché ho incontrato più vite in quei pochi mesi che in tutti gli anni successivi. Ma cominciamo dall’inizio, l’appartamento era un piccolo gioiello al secondo piano di una palazzina del centro, dietro piazza Galileo, la piazza della questura di Bologna, ogni mattina per andare al lavoro attraversavo piazza Galileo e subito dopo piazza Maggiore, non avevo mai abitato così in centro, perché piazza Maggiore é proprio il cuore di Bologna e passare da quella piazza ogni mattina era davvero fantastico. Abitare in centro è bellissimo, certo non ti deve servire la macchina, oppure devi avere un garage, ma ovviamente avere un appartamento in pieno centro con un garage comporta una disponibilità economica notevole. Già all’epoca il centro era chiuso al traffico, l’entrata in auto era permessa solo ai residenti o alle persone che ci lavoravano e avevano uno studio, un ufficio o un negozio, anche se non era ancora blindato come adesso con le telecamere ai varchi di accesso. La maggior parte della gente comune si spostava in autobus o a piedi, il centro di Bologna lo giri benissimo a piedi, con piedi buoni e scarpe comode. Anche adesso camminare per il centro di Bologna è una piacevole parentesi in cui mi piace perdermi, soprattutto per i vicoli meno frequentati e sconosciuti. 

Il mio appartamento era affittato a sei persone, c’erano due camere doppie e due camere singole con doppi servizi, noi per comodità ci eravamo divisi l’uso dei due bagni in base alla vicinanza alla camera, anche per semplicità nel turno di pulizia. Io dividevo la camera con Roberta, la ragazza del biglietto. Eravamo in sei, io e Roberta, Letizia e Milena, nella camera accanto alla nostra. Le camere singole erano occupate da Linda che stava preparando la tesi e Alberto che era un ricercatore universitario, io proprio in quei mesi avevo iniziato a lavorare, tutti gli altri erano ancora studenti universitari, all’ultimo anno o laureandi. Tutti in una stagione di transizione della nostra vita. 

In quel breve periodo di tempo avevo legato soprattutto con Milena con cui avevo trovato una sintonia incredibile e poi con Roberta che era una persona un po’ folle, sempre allegra e sconclusionata, passava davvero poco tempo a Bologna e soprattutto a studiare, la maggior parte del tempo andava a Padova a trovare il suo ragazzo che non ho mai conosciuto. Anch’io spesso passavo il week end fuori a casa del mio ragazzo che abitava con i genitori in un paese limitrofo collinare della provincia di Bologna e che tutte le volte che mi veniva a prendere (dopo le 20 perché di giorno in centro non si entrava in auto) si lamentava del fatto che abitassi in centro e sosteneva che era assurdo e dovevo cambiare casa prima o poi. A me però quella situazione non dispiaceva affatto, pensavo che, in fondo, ci sarebbe stato tutto il tempo per decidere quando e se cambiare casa, ma come sempre il destino decide prima e la necessità di traslocare arrivò all’improvviso.

Quando mi affacciavo alla finestra della grande sala potevo ammirare i tetti rossi di Bologna e sbirciare le vite che si svolgevano sui piccoli terrazzi tra i tetti (Bologna viene chiamata la rossa proprio per il colore dei tetti e non come pensa qualcuno per il colore politico). 

Abitare in centro, soprattutto in una città come Bologna che vive molto anche di notte, ha tutto un altro sapore. Tante volte io e Milena, dopo aver cercato invano un programma decente in tv, abbiamo optato per una passeggiata in piazza maggiore, e lì la prospettiva cambiava subito, potevi sederti a un tavolino di uno dei bar della piazza, oppure prendere un gelato e andarlo a mangiare seduti sulle scale di San Petronio e potevi fare tardi senza preoccuparti troppo degli orari degli autobus o della necessità di prendere un taxi, tanto eravamo lì a due passi. Quando abiti fuori dal centro ogni uscita va un minimo programmata, soprattutto se è proprio il centro la tua meta, perché devi fare i conti con la ricerca del parcheggio se sei in auto oppure con la necessità di prendere un taxi (che forse la spesa é la stessa, visti i prezzi dei parcheggi sempre più alti). Abitare in centro vuol dire vivere davvero la città e questo l’ho capito bene in quel periodo. Certo ci sono i pro (vivere bene la città) e i contro (il costo molto alto delle case soprattutto se hai la necessità di avere un garage perché, magari, il lavoro ti porta fuori città).

Ricordo abbastanza bene tutti i miei coinquilini, nelle sere d’inverno non guadavamo la tv ma passavamo il tempo a parlare del più e del meno oppure dei nostri progetti per il futuro, spesso facevamo il “gioco del vocabolario”: uno di noi - a turno- sceglieva una “parola incomprensibile” dal vocabolario e poi scriveva su un foglio la definizione vera, poi diceva ad alta voce la parola scelta e ognuno doveva inventare la definizione scrivendola su un foglietto in stampatello, dopo aver mescolato i fogli si estraeva a caso e si doveva indovinare la definizione corretta. Sembra incredibile ma quasi nessuno indovinava o conosceva la vera definizione, la lingua italiana è davvero variegata e ricca. Nel corso di quel gioco riuscivamo a scatenare la fantasia con definizioni spesso molto originali che magari erano le più votate, e a farci un sacco di risate insieme. 

Alla fine la mia permanenza in quell’appartamento è durata meno di un anno, il proprietario è morto all’improvviso e il figlio, unico erede, ci ha chiesto di cercare un’altra sistemazione perché voleva affidare gli appartamenti a un’agenzia per affittare possibilmente uso ufficio, spiegandoci che lui non aveva il tempo, avendo un lavoro impegnativo,  di gestire la formula di affitti agli studenti. Preso atto della richiesta cercai un’altra sistemazione anche perché avevo trovato un nuovo lavoro fuori dal centro e avevo la necessità di muovermi in auto.

Come detto sopra la ragazza con cui avevo legato di più era Milena, credo fosse la più affine a me come carattere, inoltre era bravissima a disegnare, infatti si era appena diplomata all’accademia delle belle arti di Bologna (per inseguire il suo sogno di fare la fumettista) e nel frattempo stava ultimando la laurea in filosofia (per accontentare i genitori e darsi una seconda chance lavorativa). I suoi abitavano a Milano e credo che alla fine non abbia cercato un nuovo appartamento ma abbia deciso di accettare un’offerta di lavoro come illustratrice di una casa editrice che pubblicava libri per bambini. Invece Roberta decise di raggiungere il suo fidanzato a Padova e di terminare gli studi lì, non so molto degli altri, a parte Alberto che ora è professore universitario presso l’Università di Venezia come era nei suoi obiettivi. 

Ogni tanto, quando passeggio per le strade del centro, passo ancora da piazza Galileo e attraverso il breve vicolo che porta al mio ex appartamento, mi fermo a guardare i nomi sui campanelli, gli ultimi due piani sono occupati da una società, sicuramente saranno diventati degli uffici ampi e luminosi come sono molti studi del centro dalle parcelle elevate. Di fronte alla palazzina c’è una piazzetta deliziosa con due panchine di legno che ho sempre adorato, è una via che si interseca con altre strade del centro storico poco trafficate e la palazzina dove ho abitato è in un angolo che si congiunge con un’altra stradina molto breve che si chiama via Val’Aposa (solo anni dopo leggendo la storia di Bologna ho scoperto che l’Àposa è stato un torrente importante che attraversava la città e che ora è interrato, fa parte della Bologna acquatica sotterranea che oggi viene anche visitata dai turisti più avventurosi). Un semplice biglietto scritto a mano ha scatenato il percorso dei ricordi e mi chiedo dove siano ora i protagonisti di quelle vite lontane, ma è una domanda che lascio al vento perché la terra dei ricordi può essere molto più bella lasciata libera nella fantasia della creatività. 


Fonti immagini: Pixabay