sabato 26 febbraio 2022

Come impostare il cartaceo per Amazon

Scrivo questo post per chi abbia bisogno di un consiglio, ma anche per me stessa quando tra un anno o più avrò bisogno di rinfrescarmi la memoria per fare il cartaceo del prossimo romanzo, sempre che riesca a scrivere un nuovo romanzo, perché Il male non perdona potrebbe anche essere l’ultimo che pubblico, solo il tempo e la vita potranno dircelo. 


Crediamo che l’impegno maggiore sia scrivere il romanzo ed è certamente così, ma poi c’è tutto il resto: la revisione, la creazione delle copertina o almeno trovare l’idea con le immagini da condividere con il grafico per crearla, insomma una lunga lista di cose da fare. Solo che una volta arrivata all’ebook penso sempre di avere fatto il grosso del lavoro e invece, tutte le volte, mi dimentico che resta il cartaceo, cosa non piccola da affrontare. 

Le cose da fare sono varie:

prima di tutto occorre scegliere il formato per il cartaceo, dai modelli Amazon, ce ne sono diversi, quello che scelgo sempre io, perché mi sembra che garantisca il risultato più gradevole è il formato 15,24 x 22,86 cm ossia (6x9), si ottiene un libro cartaceo di media grandezza, non tascabile, ma neanche enorme, oserei dire della misura giusta, quella che può entrare in una borsa da donna media oppure in uno zainetto, poco più alto di una bottiglietta da mezzo litro per intenderci. Ho fatto una foto per darvi un’idea chiara.



Comunque ci sono molti altri formati, più piccoli e più grandi (ci sono le misure in cm quindi con un righello ci si può rendere conto della grandeza del nostro libro) la scelta è piuttosto ampia, si possono scaricare in formato word e poi scegliere con calma in base alle misure che più ci aggradano. 

Una volta deciso il formato e dopo aver scaricato il formato vuoto si copia l'intero file word del romanzo che abbiamo scritto in formato A4 e si incolla nel formato Amazon scelto, tempo fa avevo pensato di scrivere direttamente nel formato per la stampa, ma mi è sorto il dubbio di avere poi problemi nella conversione in eBook, visto che l’ho sempre fatta dal formato A4. Su questo non posso dir nulla non avendo mai sperimentato. Una volta incollato il nostro romanzo nel file vuoto è necessario controllare che l’impaginazione sia venuta bene, perché non succede in automatico, è opportuno controllare e sistemare ma prima inserite i numeri di pagina e il sommario, mi raccomando, io ho fatto l’errore di sistemare l’impaginazione  prima di inserire il sommario e dopo ho dovuto risistemare di nuovo l’impaginazione, tanto che, presa da sconforto, avevo pensato di rinunciare all’indice. Per controllare l'impaginazione di solito uso l'anteprima di stampa e scorro l'intero romanzo, è il metodo più semplice.



Come fare l’indice? 

Questa funzione di word non la uso mai nel mio lavoro, quindi non usandola non mi ricordo mai come si fa, tutte le volte ricorro a dei tutorial su YouTube, però stavolta ho deciso di prendere appunti per non dimenticarli più, spero. 



Ecco come si fa: prima si va in progettazione per scegliere il formato Titolo, vedi immagine sopra, poi occorre individuare tutti i punti del sommario per cui deve essere indicato il numero di pagina (che sono i capitoli o altro - per esempio - il prologo) poi si va in Riferimenti - sommario - aggiungi testo e si indica il livello 1,  i livelli 2 e 3 si possono usare per paragrafi e sottocapitoli volendo, ma io mi fermo al livello 1. Infine dopo aver indicato il livello 1 per ciascun capitolo si va in sommario e si otterrà automaticamente l’indice con i numeri di pagine.





Il sommario può essere aggiornato con la funzione “aggiorna sommario” se aggiungete un capitolo oppure se vi siete dimenticati di inserire il “livello 1” in qualche punto, basta chiedere di aggiornare solo “i numeri di pagina”. 

Una volta finito di impostare il file word non resta che salvarlo come pdf e poi caricarlo nel programma di Amazon, il file della copertina si può creare partendo dal file dell'ebook, oppure si può caricare una copertina pdf già pronta. Con le ultime pubblicazioni ho preferito farmi creare anche la copertina cartacea perchè alla fine il risultato è superiore ed evito di impazzire. Impostare il cartaceo mi ha impegnato per circa due settimane, nel senso che ogni sera, dopo il lavoro, con uno sforzo sovrumano di volontà mi mettevo davanti al pc per sistemare il file e controllare l’impaginazione, ricontrollando anche eventuali errori ortografici, perché con il copia-incolla non si sa mai cosa può succedere. 

Non ho altro da aggiungere, i miei sono solo piccoli consigli - da autodidatta - dettati dalla mia esperienza, visto che non è il mio mestiere, spero comunque che possano essere utili per chi decida di approcciarsi alla pubblicazione indipendente. 


sabato 19 febbraio 2022

Recensione di Una inutile primavera sul blog Anima di carta

In questo periodo per questioni lavorative il tempo da dedicare al blog è sempre più ridotto, così mi ritrovo spesso a non avere nulla di pronto da poter pubblicare, è successo anche questa settimana, ma per fortuna ci sono i blogger amici che ogni tanto mi fanno una sorpresa, infatti questa settimana Maria Teresa Steri del blog Anima di carta ha pubblicato la sua recensione di Una inutile primavera, ecco il link Consigli di lettura Una inutile primavera


È sempre meraviglioso poter scoprire l’opinione di un lettore, tra l’altro tengo particolarmente all’opinione di Maria Teresa perché anche lei scrive thriller, prevalentemente thriller psicologici, ma l’ambito è quello; inoltre poi è una persona che seguo da molto tempo e stimo per la sua serietà. 

Tra i vari punti Maria Teresa ha scritto: 

Questo episodio mi è piaciuto molto per vari motivi. Intanto, l’autrice è stata brava come sempre a tratteggiare il lato psicologico dei personaggi, sia dei protagonisti che svolgono le indagini, sia dei criminali. Come nei precedenti volumi, il vero protagonista è il male, che si manifesta con subdole sfaccettature e non sempre viene identificato per ciò che è neanche da chi lo ospita in sé.

Trovo che abbia colto l’essenza fondamentale del romanzo, mi sono resa conto in questi mesi, mentre arranco per scrivere un nuovo episodio di Saverio Sorace, che Una inutile primavera è stata una storia in cui avevo ben chiaro il percorso narrativo da percorrere, ed è una bella fortuna, non mi è successo sempre e, quando accade, si vive una sorta di stato di grazia che porta a un risultato senza dubbio ottimale. 

Quindi prima di lasciarvi ringrazio ancora Maria Teresa per aver letto il romanzo e avermi dedicato un post, inoltre la ringrazio per i preziosi consigli non solo di scrittura ma anche promozionali del suo blog a cui ho sempre attinto con grande interesse e utilità. Le immagini pubblicate in questo post, per esempio, le ho create grazie ai suggerimenti di Maria Teresa su come preparare card promozionali di effetto. Vi piacciono? 


Se avete voglia passate a leggere la recensione, ogni commento è gradito.

domenica 13 febbraio 2022

Quelli che amano scrivere

 

Le parole hanno il potere di distruggere e di creare. Buddha 

Quando leggo un bel romanzo vado sempre a curiosare su google per scoprire qualcosa della vita dell’autore e resto sempre sorpresa della diversità delle origini di ognuno, per esempio, Donatella Di Pietrantonio di cui ho letto L’arminuta, un romanzo bellissimo, fa il dentista. Invece l’autore de La variante di lüneberg di Paolo Mauresing, che ci ha lasciati nel maggio 2021, prima di scrivere faceva l’agente di commercio poi si è dedicato alla scrittura a tempo pieno.

Gianrico Carofiglio ha fatto il magistrato per tanti anni, in una intervista ha raccontato di aver sempre sognato di fare lo scrittore, cosa che, peraltro, traspare anche nei suoi romanzi quando racconta di alcune elucubrazioni mentali dell’avvocato Guido Guerrieri.

Insomma tutti quelli che amano scrivere prima facevano un altro mestiere, questo i più fortunati, poi ci sono quelli che continuano a fare lo stesso lavoro tutta la vita e nel frattempo scrivono, perché ovviamente è difficile vivere solo di scrittura. Fanno eccezione pochi eletti del firmamento degli autori di best seller annuali quali Ken Follet o Dan Brown o Stephen King o qualche autore italiano come Elena Ferrante e Donato Carrisi. 

Il fatto è che ognuno di noi ha pensato o sperato che la propria vita diventasse un romanzo, o almeno una piccola parte di essa, e poi, per qualcuno, c’è una naturale predisposizione nel raccontare storie, può essere innata oppure no. Può essere un sentimento che nonostante tutto non ci abbandona mai, come é successo a Carofiglio, quando - finito il suo lavoro in magistratura - ha deciso di provare a scrivere un romanzo perché da sempre era il suo sogno. Ognuno ha qualche motivazione particolare che lo spinge a scrivere, si tratta di una pulsione interna da incanalare verso qualcosa di produttivo, almeno così é stato per me. A un certo punto della vita, quando certe priorità sono state soddisfatte, per esempio il lavoro che ti consente di vivere, ci si accorge che c’è un piccolo vuoto costituito da quel sogno rimasto tale a lungo e che, nonostante il passare degli anni, non è mai andato via. Così non resta che provare a realizzarlo, almeno in parte. 

Senza voler fare della psicoanalisi spicciola io credo di aver riesumato il sogno della scrittura perché  molti altri sogni non si erano realizzati e così quel desiderio, che credevo abbandonato da tempo, é riemerso in tutta la sua urgenza ed è diventato un modo per accarezzare l’anima trovando un nuovo scopo. Inutile dire che la sua funzione terapeutica l’ha svolta tutta oltre ad aver fatto qualcosa di più creando un senso costruttivo alle mie giornate e alla mia voglia di approfondire una serie di tematiche di cui volevo scrivere. Insomma anche se continuerò a fare un altro mestiere questo lavoro alternativo (non me la sento di chiamarlo semplice hobby per la fatica che ho speso in questi anni) mi ha permesso di visualizzare nuovi orizzonti con qualche piccola soddisfazione da parte dei lettori che hanno apprezzato.  Infine leggendo l’oroscopo di qualche tempo fa ho trovato anche una specie di morale in cui mi sono riconosciuta ossia:

Il futuro è un punto interrogativo, ma ti piace pensare che sia ancora tutto da scrivere.

Questa frase mi ha colpito molto e mi ha fatto pensare al futuro come a storie, connesse alla nostra vita ma non solo, che possiamo ancora scrivere con un senso pieno e compiuto. 

Voi cosa ne pensate?


Fonti immagini: Pixabay 


sabato 5 febbraio 2022

La biblioteca dei greci

Per acquisire conoscenza, si deve studiare, ma per acquisire saggezza, si deve osservare.
(Marilyn vos Savant)

Se avessi vissuto il fuoco sacro della scrittura quando frequentavo l’università avrei avuto mille personaggi reali su cui scrivere storie, invece ero troppo immersa nella vita per avere l’impulso di scriverne. Deve essere per questo che oggi a distanza di anni mi viene da ripensare alle persone che ho incontrato e che hanno lasciato un ricordo indelebile. 

La biblioteca dei greci, la chiamavamo così ma in realtà non era una biblioteca, era una sala studio usata soprattutto da studenti fuori sede, si trovava in via Belle Arti pochi metri dopo la biblioteca Walter Bigiavi (questa era vera biblioteca) della facoltà di Economia. Il primo anno di università è stato a tratti bellissimo ma difficile, bellissimo perché vivevo una realtà nuova che mi entusiasmava e mi dava energia positiva,   difficile perché vivevo una realtà nuova che mi faceva paura e mi metteva costantemente alla prova. 

Quel primo anno di università era immerso nella totale incertezza e non sapevo come sarebbe andata, sapevo soltanto che dovevo fare un certo numero di esami per mantenere la borsa di studio e, soprattutto, l’alloggio universitario. Però un conto é continuare a studiare nella tua cameretta con la mamma che ti prepara pranzo e cena, un conto é doversi organizzare in una vita del tutto nuova abitando in una casa dello studente, ben organizzata ma piuttosto affollata e con mille distrazioni dallo studio. Inoltre quello che era davvero impegnativo era dover frequentare delle ore di lezione sparse nel corso della giornata e riuscire a studiare tra un’ora buco e l’altra. 

Tra una lezione e l’altra tentavo di studiare alla biblioteca di Economia, ma non era semplice, perché non sempre trovavo posto nella zona tranquilla della biblioteca (che era al primo piano), poi non potevo occupare un posto troppo a lungo e con certe lezioni di due o tre ore era impossibile. Così una mia coinquilina mi disse che lei si trovava bene alla biblioteca dei greci, potevi occupare un posto, lasciare i libri tra una lezione e l’altra, con la garanzia che nessuno te li avrebbe toccati, e poi tornare a studiare in religioso silenzio. Era una sala studio autogestita frequentata soprattutto da stranieri, restava aperta fino a mezzanotte e vigevano poche regole: il silenzio e il rispetto. Per studiare, alle superiori, ero abituata a ripetere ad alta voce, ma ovviamente non era possibile in quella situazione, per cui pensai che potevo dedicarmi alla prima lettura e poi magari avrei potuto ripetere in camera quando fossi stata più vicina all’esame. Per tutto l’anno accademico mi sono destreggiata tra lezioni universitarie e sala studio dei “greci” trovando rifugio lì anche quando finirono le lezioni, perché scoprii che, attraverso il silenzio, la mia mente assimilava bene un concetto e non avevo bisogno di ripeterlo ad alta voce, e poi nel mio appartamento della casa dello studente c’erano spesso delle distrazioni che potevano distogliere dallo studio, alla biblioteca dei greci no, erano tutti lì per studiare. Così arrivavo la mattina alle otto e restavo a studiare fino al tardo pomeriggio con la pausa della mensa e di paio di caffè al bar vicino.

In quella situazione si creavano anche tante amicizie, tra i frequentatori abituali della sala studio si creava infatti una sorta di empatia, tu entravi e con un cenno della testa salutavi tutti, c’era il ragazzo greco che studiava Medicina, il ragazzo che studiava Veterinaria, il ragazzo altoatesino di Scienze Politiche, le ragazze erano poche ma godevano di un gran rispetto, mi è capitato più volte che mi segnalassero un posto da occupare se arrivavo tardi perché avevo avuto una lezione alle otto del mattino e non avevo avuto la possibilità di arrivare prima. La sala studio era frequentata anche da molti arabi (tanto che veniva chiamata anche la biblioteca degli arabi) oggi penso che verrebbe guardata con sospetto dopo gli eventi dell’11 settembre, ma allora, negli anni ottanta, era  un fatto normalmente accettato, Bologna è sempre stata una città accogliente e aperta a tutti. 

Assan, un ragazzo della Giordania che studiava medicina, arrivava sempre piuttosto tardi, nel primo pomeriggio, se non addirittura verso sera, si metteva nel solito posto, quasi sempre nelle prime file, spesso lasciato libero da uno degli studenti che andava via, apriva il libro e studiava con lo sguardo concentrato e la faccia seria, ogni tanto andava fuori a fumare una sigaretta. Ed era in queste pause che ci si conosceva, quattro chiacchiere: cosa studi, da dove vieni ecc. così ho scoperto che arrivava sempre tardi perché lavorava, faceva il cameriere e frequentava la sala studio compatibilmente con i suoi turni di lavoro, preferiva i turni serali perché poteva frequentare le lezioni durante il giorno, credo mandasse anche dei soldi a casa dei suoi. Non sorrideva spesso, ma quando parlava del suo paese gli brillavano gli occhi. Tra l'altro parlava benissimo l'italiano, così come gli studenti greci, nonostante il loro complicato alfabeto. Un giorno gli chiesi come mai avesse scelto di studiare in Italia e lui mi disse che in Giordania frequentare l'università costava moltissimo, non era pubblica e aperta a tutti come in Italia e quindi per lui, nonostante fosse costretto a lavorare per mantenersi in un paese straniero, era più economico studiare medicina in Italia, piuttosto che in Giordania. Fui piuttosto sorpresa da questa affermazione, gli chiesi anche se gli sarebbe piaciuto restare in Italia dopo la laurea, mi rispose che non avrebbe mai potuto lasciare il suo paese, doveva tornare perchè c’era bisogno di medici e poi tutta la sua famiglia, composta da parecchi fratelli e sorelle più giovani, contava su di lui.

In quel momento capii che Assan inseguiva un progetto ben più grande, non voleva solo diventare medico, lui voleva migliorare se stesso e dare un contributo al suo paese. 

All'improvviso, tutti i miei sacrifici e i miei giorni di fatica e di studio divennero poca cosa di fronte a quello che Assan e altri ragazzi come lui affrontavano. Io in fondo ero ancora in italia, avevo solo preso un treno in direzione nord. 

Di tutti i ragazzi conosciuti, tra una sigaretta e una pausa caffè, alla biblioteca dei greci, Assan é colui che mi è rimasto più impresso, per la sua  serietà e determinazione.

L’anno successivo, il secondo anno di università, ottenni l’assegnazione in una casa dello studente in pieno centro, era a due passi dalla cittadella universitaria (si chiama così il complesso di strade ed edifici intorno alla sede del Rettorato) la mia compagna di stanza, per motivi vari, non c’era quasi mai, così dopo le lezioni potevo studiare in camera da sola senza troppe distrazioni, per questo ho diradato sempre più la frequentazione della biblioteca dei greci, ma nei momenti di necessità è rimasta una sorta di rifugio dove potevo sempre andare. 

Qualche giorno fa ero in zona universitaria e sono passata davanti alla biblioteca dei greci, c’era la saracinesca abbassata, è chiusa ormai da tanto tempo, nel frattempo sono state aperte tante nuove sale studio, più nuove e attrezzate, con il Wi-Fi e la possibilità di collegare il proprio portatile (certo nel 1984 non c’era internet, questo va detto) però quel posto mi sembrava speciale, ma probabilmente è solo la patina straordinaria che dona il ricordo.

 

 Fonti immagini: Pexels