sabato 20 giugno 2020

Sarà il nostro segreto

L'ultimo romanzo di Maria Teresa Steri è un noir che tiene con il fiato sospeso, sono rimasta molto colpita anche dalla sua copertina, il volto della donna ha un'espressione così intensa e angosciata che esprime pienamente i sentimenti della protagonista, una donna che si ritrova, da un momento all'altro, al centro di un incubo. Se avete voglia di leggere un bel romanzo questa estate, ve lo consiglio.



Il romanzo comincia con il proposito di vendetta di Valeria, con la consapevolezza che l'unico modo per superare la morte dell'uomo della sua vita sia uccidere Raffaele, il fratellastro che ha causato tutto. 
Almeno questo è ciò che pensa Val, ma è davvero questa la verità? 
Man mano che ci addentriamo nella storia scopriamo la personalità della protagonista, la sua fragilità mitigata dalla forza dell'amore, ma anche la sua solitudine. Valeria è una donna sola, non ha alle spalle una famiglia solida che la sostenga, i suoi genitori sono sempre stati troppo distanti da lei e, fin da bambina, l'hanno seguita poco, unica figura familiare forte era la nonna, purtroppo mancata quando lei era ancora adolescente e con una personalità ancora in formazione. La sua infanzia travagliata l'ha portata quindi ad appoggiarsi molto all'amicizia di Raf e a sua madre, cercando in loro la famiglia che non aveva. Ho provato struggimento e dolore di fronte a questa ragazza affamata di affetto e impaurita di fronte alla vita, una vita che sembra finalmente sorriderle, quando Filippo si innamora di lei, ricambiando quell'amore che lei aveva provato per lui, fin dal loro primo incontro.
Scopriamo poi la personalità disturbata di Raffaele, ossessionato dal sogno di ottenere l'amore di Valeria a ogni costo, perfino dopo il matrimonio lui non si è mai arreso, illudendosi di poter manovrare la loro vita e porre fine al loro amore. 
Poi c'è Marianna, la madre dei due fratelli, un'altra personalità ambigua, una donna poco concreta che vive al di sopra delle sue possibilità, portando la famiglia alla rovina economica.
Valeria, dimessa dall'ospedale, viene ospitata nella grande villa di famiglia a Nemi, un piccolo comune dell'area dei Castelli romani.
Nei panni della protagonista sarei scappata da quella casa subito dopo il funerale, ma per Val è troppo importante arrivare alla verità e può raggiungerla solo restando in quella casa a indagare. Qual era poi il segreto di Filippo, perché non gli aveva parlato del pericolo che stavano correndo? Aveva voluto proteggerla, oppure era solo un modo per nascondere la storia torbida in cui si era cacciato? La stessa vita di Valeria potrebbe essere a rischio, chi ha ucciso Filippo potrebbe voler uccidere anche lei. Per questo tutta la trama si svolge con un senso di pericolo imminente, il lettore percepisce il pericolo, pagina dopo pagina e, lentamente, i tanti segreti emergono e molti veli cadono, fino alla scena finale inaspettata e coinvolgente.

TRAMA

Il dubbio si insinua sottopelle. Cresce. Diventa ossessione.

È notte fonda quando Valeria viene trascinata fuori casa dal marito Filippo, senza una spiegazione. Dopo una frenetica corsa, l’auto finisce fuori strada e Filippo perde la vita. Per la polizia non ci sono dubbi: si è trattato di omicidio.
Disperata e stordita dall’accaduto, Valeria si rifugia presso la villa di famiglia del marito, che ospita una biblioteca privata dedicata alla musica. Con lo scorrere dei giorni, nella soffocante atmosfera della casa cominciano a emergere segreti collegati alla biblioteca e al fratello di Filippo, Raffaele, da sempre innamorato di Valeria.
Mentre le indagini della polizia tentano di sbrogliare il caso, Valeria deve fare i conti con l’immenso dolore per aver perso l’uomo che amava. Una sfida che si fa ancora più ardua quando si convince che per vendicare la morte di Filippo c’è una sola strada: uccidere Raffaele.

C’era come un vetro smerigliato che separava passato e presente, e rendeva sbiaditi tutti gli eventi collocati al di là di quella maledetta notte. La notte in cui ti ho perso.

ESTRATTO

"Per un attimo irreale mi sembrò di vederti disteso accanto, voltato verso di me, la bocca che accennava un sorriso. Così vicino che avrei potuto allungare una mano sotto le lenzuola a cercare la tua. Sarebbe bastato sporgermi appena un po’ per incontrare le tue labbra. Chissà se avrei dimenticato il sapore dei tuoi baci prima o poi, se un giorno avrei faticato a rammentare il colore dei tuoi occhi o il tuo odore. «Non ho potuto dirti neppure addio»."

La mia recensione su GOODREADS e AMAZON

Un thriller psicologico molto avvincente, denso di colpi di scena. Valeria viene trascinata via da casa in piena notte dal marito Filippo, per un imminente pericolo che lui però non le spiega, così si ritrovano inseguiti da un auto che li tampona con violenza provocando la morte di Filippo. La polizia non ha dubbi, si tratta di omicidio e sta indagando per scoprire la verità. Dimessa dall’ospedale Valeria viene ospitata a Nemi nella villa della famiglia di Filippo, con la suocera Marianna, donna volubile dal carattere difficile, e Raffaele, il fratellastro di Filippo, da sempre innamorato di Valeria fino a esserne ossessionato. 
È possibile che sia stato proprio Raffaele a provocare l’incidente che ha ucciso suo marito? 
La vita nella villa per Valeria assume presto i contorni di un incubo, tra il dolore per la morte di Filippo, il grande amore della sua vita, e le attenzioni ossessive e manipolatrici di Raffaele. Ogni giorno qualche nuova inquietante scoperta insinua il dubbio nella mente di Valeria, cosa era diventato Raffaele in quegli anni? 
Era stato davvero lui a orchestrare tutto? E perché Filippo aveva dei segreti con lei? L’aveva amata davvero oppure, come mostravano alcuni indizi, gli era stato infedele trascinando la loro vita nel fango e nel pericolo? 
Come in un puzzle i pezzi lentamente si ricompongono e tutto sembra assumere un senso, ma forse non tutto è come appare, forse sotto le apparenze esiste un’altra verità.
L’angoscia e l’inquietudine della protagonista diventano palpabili ed entrano dentro di noi mentre leggiamo, l’autrice ci fa immergere con totale abilità nella storia con i sospetti, i dubbi, la disperazione, la rabbia e il dolore di Valeria, in un intreccio perfetto fino al colpo di scena dell’epilogo finale.

L'autrice

Maria Teresa Steri è nata nel 1969 e cresciuta a Gaeta. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia si è trasferita a Roma, dove vive attualmente con il marito. Ha collaborato come giornalista pubblicista nella redazione di quotidiani e riviste.
Cura il blog Anima di carta dedicato a chi ama scrivere e leggere. Si interessa di scrittura creativa e antroposofia. È un'appassionata di Alfred Hitchcock. I suoi autori di narrativa preferiti sono Ruth Rendell e Joyce Carol Oates. Ha pubblicato nel 2009 il suo primo romanzo "I custodi del destino" (Deinotera editrice, fuori catalogo), un thriller basato sull'idea della reincarnazione. Nel 2015 è nato" Bagliori nel buio", un  noir sovrannaturale, e nel 2017 il thriller esoterico "Come un dio immortale". Nel 2019 è uscita la seconda edizione de "I custodi del Destino" interamente riveduto con il titolo "Tra tra l'ombra e l'anima". "Sarà il nostro segreto" è il suo ultimo romanzo, pubblicato nel 2020.

Titolo: Sarà il nostro segreto
Autore: Maria Teresa Steri 
Data di pubblicazione: 5 maggio 2020
Genere: thriller psicologico
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domenica 14 giugno 2020

La società giapponese


Ai tempi dell'università, tanti anni fa ormai, per l'esame di Organizzazione aziendale preparammo una tesina in aggiunta all'esame, un corso monografico sulla società giapponese. Era una opportunità data agli studenti frequentanti per poter aumentare il voto, anche se era un esame non particolarmente difficile, ma era il professore a essere "difficile".
La memoria gioca strani scherzi, ho dato quell'esame nel lontano 1986...eppure ne ho un ricordo molto chiaro, il professore fece dei gruppi di studio per il corso monografico e al mio gruppo, composto da cinque o sei persone - erano miei compagni di corso, con alcuni di loro ho mantenuto l'amicizia fino ai giorni nostri - assegnò come argomento l'organizzazione del lavoro nella società giapponese.

È qualcosa che è rimasta impressa nella mia mente, tanto che in questi anni con l'esperienza del mondo del lavoro, mi capitava spesso di ripensarci e l'idea di questo post è nata grazie al blog di Ariano Geta che, trattando il tema del lavoro in un suo fumetto, mi ha tirato fuori un commento sull'argomento. Riporto di seguito il link Blog ArianoGeta

Come si crea il pregiudizio in qualcuno, io da allora penso che i giapponesi siano...strani o anche facilmente manipolabili.

Comunque nell'organizzazione aziendale giapponese tutti lavorano per il bene comune dell'azienda in totale armonia, questo almeno era quello che appariva nel testo che dovevamo studiare. 
Il bene primario era l'obiettivo dell'azienda che può essere giusto, visto che l'azienda ti dà da mangiare, ma la modalità con cui si realizzava tutto questo mi lasciò perplessa fin da allora.

C'era un totale asservimento all'azienda che entrava anche nella vita personale dei dipendenti, ma tutto era presentato come se fosse una meravigliosa realizzazione del paradiso terrestre.

Tutti si amavano, si rispettavano e si realizzavano, lavorando tutti i giorni, sette giorni su sette e per non so quante ore.
Inoltre, un aspetto che mi ha fatto ricordare Ariano, in risposta al mio commento, era che l'azienda diventava parte della vita dei dipendenti, in quanto anche nel tempo libero i dipendenti erano costretti a partecipare a cene ed eventi aziendali, insomma una vera prigione. 
Nel testo che studiammo sulla società giapponese, tutto questo veniva presentato come un idillio, il dipendente faceva parte di una grande famiglia che si prendeva cura di lui dentro e fuori l'azienda.
Nel leggere l'esposizione dell'autore del libro (credo fosse giapponese o anglogiapponese) io e i miei compagni di corso ci siamo detti che quello che appariva come una perfetta macchina efficiente era un metodo di alienazione e di lavaggio del cervello, avevamo vent'anni e nessuno di noi aveva mai avuto a che fare con il mondo del lavoro, ma sapevamo che in Italia non era sicuramente così.
Uno dei miei amici disse "occhio che qui vorrebbero inculcarci la stessa cultura per realizzare lo stesso asservimento". Quanto aveva ragione!

Non ricordo cosa scrivemmo nella tesina, forse ci limitammo a descrivere quello che il libro raccontava, senza inserire le nostre impressioni personali, negative, nè il professore fece commenti di carattere politico.
È un vero peccato che non abbia più quel libro, devo averlo prestato a qualche compagno di università che non me lo ha più restituito (argh!) sarebbe bello ritrovare quella tesina, ma non ho idea di dove sia finita. Purtroppo i vari traslochi della mia vita hanno lasciato il segno.
Oggi molti aspetti della società giapponese sono entrati anche nella nostra organizzazione, forse in maniera più velata, ma secondo me ci sono. La presenza del lavoro nella vita privata del dipendente si espande sempre più.
Nel 2020, a causa della pandemia, ha addiritura superato i confini della propria abitazione, svelando molti limiti.
Alcuni hanno lavorato benissimo felici di dormire qualche ora in più e non doversi spostare nel traffico, altri hanno fatto i salti mortali per riuscire a lavorare tenendo a bada i figli piccoli, supportandoli anche nelle lezioni on line, altri ancora hanno trovato un senso alle proprie domeniche mandando mail a tutte le ore (o per dimostrare che si stavano guadagnando lo stipendio).

Comunque tornando alla società giapponese, soprattutto per non lasciare un messaggio solo negativo,  sono andata a rinfrescarmi la memoria curiosando su google e wikipedia per avere informazioni sull'argomento "aziende giapponesi".
In realtà i prodotti giapponesi si sono affermati nell'economia mondiale e nel corso degli anni sono diventati sempre più sinonimo di qualità, la strategia aziendale è basata sul "miglioramento continuo a piccoli passi" una cultura che si è sviluppata dopo la seconda guerra mondiale e si è poi radicata nel tessuto sociale diventando anche un esempio da seguire per le società occidentali.
Quindi sulla qualità non c'è nulla da eccepire, basti pensare ad alcuni nomi di imprese note a tutti: Toyota, Sony, Canon, Seico, Shiseido citando solo quelle che conosco di più.

L'organizzazione aziendale giapponese si basa sulla "metodologia delle 5S" che racchiude in cinque passaggi un metodo sistematico e ripetibile per l'ottimizzazione degli standard di lavoro e che quindi portano al continuo miglioramento delle performance operative.

Nato dalla tradizione giapponese dell'eliminazione di tutto ciò che è spreco (muda), l'obiettivo è quello di eliminare tutto ciò che non è strettamente funzionale all'attività svolta, indipendentemente dall'attività stessa.

Il termine Metodo 5S trae spunto dalle iniziali della pronuncia occidentalizzata delle cinque parole giapponesi che sintetizzano i cinque punti cardine di questo metodo:

    Seiri - separare (o scartare): separa ciò che ti serve da ciò che non ti serve e quindi non è funzionale all'attività, quindi crea disturbo e disordine, comportando spreco di termpo ed energie.
    Seiton - riordinare (o sistemare): metti a posto tutto quello che è utile, secondo il motto "ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa".
    Seiso - pulire (o spazzare): tieni tale ordine costante e pulisci, un ambiente pulito ed ordinato è un ambiente che "non nasconde" le inefficienze; l'ordine è la chiave, non per niente Marie Kondo ci ha scritto un libro.
    Seiketsu - sistematizzare (o standardizzare): definisci delle metodologie ripetitive da utilizzare per svolgere le attività in modo razionale ed efficiente, quindi razionalizzare le risorse e gli spazi lavorativi;
    Shitsuke - diffondere (o sostenere): fai che questo modo di pensare e di agire sia pervasivo per tutte le attività aziendali.

In italiano perciò le 5 ESSE diventano: scartare, sistemare, spazzare, standardizzare e sostenere.

Non mi dilungo oltre su questi punti che sono senza dubbio condivisibili, resto però con i miei interrogativi senza risposta sull'organizzazione aziendale, non solo giapponese.


Voi cosa ne pensate? Avete fatto esperienza di qualche organizzazione aziendale realmente idilliaca?


Fonti immagini
Pixabay

Fonti Testi
Wikipedia