domenica 25 febbraio 2024

Il mio Sanremo 1984

 

La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori. Johann Sebastian Bach


In questi giorni in cui non si fatto altro che parlare di Sanremo, mi è tornato in mente il mio Sanremo 1984. Era il primo anno di università, io abitavo con un gruppo di ragazze, tutte matricole in uno studentato universitario, condividevamo un bell’appartamento grande con doppi servizi, per sei persone. Nella casa mancavano due elettrodomestici fondamentali: la lavatrice e la televisione. Per la lavatrice cercavamo di arrangiarci lavando tutto a mano, il problema più grande era lavare le lenzuola, io facevo una fatica immane, ma trattandosi di lenzuola per un letto singolo me la cavavo. Per la televisione invece c’era poco da fare, o ce l’avevi oppure no.

Erano i tempi in cui molte famiglie compravano la tv a colori e dismettevano la vecchia tv in bianco e nero, donandola a qualche associazione non profit. Non avendo la TV decidemmo di comprarla usata presso la sede dell’Opera Padre Marella un’associazione creata da un padre francescano, fortemente attiva ancora oggi, dove ognuno poteva donare quello che non usava più per darlo ai poveri o comunque dare una nuova vita. Un nostro amico ci disse che lì avremmo potuto trovare una tv a poco prezzo. Così andammo da Padre Marella e comprammo una tv in bianco e nero perfettamente funzionante al folle prezzo di ventimila lire (il cambio in euro è di circa 10 euro di oggi), il nostro amico dotato di automobile (che anche avere un auto per uno studente non era semplice) ci aiutò a trasportare la tv dalle sede di Padre Marella, che era a Bologna in via del lavoro, al nostro appartamento di San Lazzaro di Savena (lo studentato era in quel magnifico centro alla periferia di Bologna). 

Se non erro comprammo la tv a gennaio e così a febbraio 1984 riuscimmo a vedere il nostro Sanremo che fu quasi un’esperienza corale, tutte davanti alla nuova televisione 📺 in bianco e nero a vedere Sanremo 1984.

Quello del 1984 fu il Sanremo in cui vinse Eros Ramazzotti, nelle nuove promesse, con Terra Promessa, ricordo che la mia coinquilina Maria quando cantò Eros, allora un giovanissimo illustre sconosciuto,  esclamò “ragazze questo è tostissimo! Questo qui farà strada!”

Di strada Eros Ramazzotti ne ha fatta davvero tanta dal 1984 e quando lo vedo in tv o lo ascolto in radio mi tornano sempre in mente le parole di Maria, strani meccanismi della memoria. 

Per la cronaca Maria è citata nel mio post Io vagabondo in cui racconto un episodio dell’estate 1984: una serata con i miei compagni di avventure universitarie.

Nei miei ricordi fu anche il Sanremo di Pino Mango con Oro, (ma non ho trovato riscontri in rete, quell’anno Mango non andò a Sanremo, credo di aver ascoltato Oro in un altro contesto musicale, forse il Festivalbar) anche lì Maria disse che Mango era da tenere d’occhio perché aveva uno stile unico, così é stato e Oro è una delle mie canzoni preferite. Mango è stato davvero un innovatore della musica leggera italiana Quasi emblematico che quest’anno, dopo i 40 anni di quella canzone che ne decretò il successo, abbia vinto sua figlia Angelina, per la quale confesso di aver fatto un gran tifo. Negli anni che vanno dal 1984 in poi le canzoni di Mango sono state la colonna sonora delle mie estati, in particolare quella del 1990, quando con un gruppo di 16 amici affittammo due villette sulle colline di Lipari per passare una vacanza alle isole Eolie. Una delle nostre amiche, Michela, aveva una cassetta di Mango dell’album Sirtaki che ci faceva da sveglia e che consumammo a forza di ascoltarla. Alla fine della vacanza Michela mi regalò la cassetta ed io continuai a consumarla. È un ricordo caro soprattutto ora che Michela non c’é più, portata via prematuramente da una grave malattia.

A Sanremo 1984 c’era anche Fiorella Mannoia con Come si cambia canzone, anche questa, colonna sonora della mia vita e che ho citato nel mio recente post Come si cambia

Sanremo è un po’ lo specchio della società che viviamo, me ne sono resa conto nel corso degli anni, non sempre l’ho guardato con assiduità ma non nego di aver fatto zapping sul primo canale Rai anche quando decidevo di non vederlo. Che poi a dirla tutta - tra una canzone e l’altra - ci sono sempre troppi siparietti di personaggi vari che allungano molto i tempi. Se guardi Sanremo comprendi cosa accade nel paese, magari non lo capisci subito, ma te ne rendi conto da quello che succede il giorno dopo, come quando, nel 1989, il Trio Solenghi Lopez Marchesini fu radiato dalla tv per la sua parodia sul Santo, per blasfemia. Ricordo che fui molto perplessa da questo episodio: ma come! In certi programmi apparivano ballerine seminude, c’erano film pieni di parolacce e di violenza, ma fare la parodia di San Remo - un santo che non esiste - era blasfemia. 

Quest’anno invece è successo qualcosa di più preoccupante, i cantanti che hanno parlato di pace sono stati osteggiati, Ghali e Dargen D’amico avevano delle canzoni orecchiabili ma con un testo di denuncia, finché cantavano il loro testo impegnato (ascoltatelo se potete) con la loro musica orecchiabile andava bene, ma quando hanno cercato di affrontare l’argomento in maniera più esplicita sono stati stoppati. Ghali alla fine della canzone quando ha salutato Amadeus ha pronunciato la frase: stop al genocidio.

Il giorno dopo - a Domenica In- trasmissione tutta concentrata sui cantanti di Sanremo, l’amministratore delegato della Rai Roberto Sergio ha fatto leggere un comunicato in cui si facevano quasi delle scuse a Istraele per la frase di Ghali. 

Invece Dargen D’Amico durante un’intervista con una giornalista, ha cercato di spiegare il significato della sua canzone, ma è stato interrotto dalla Venier, che ha dichiarato che non c’era abbastanza tempo per affrontare un argomento così complesso.

Ciliegina sulla torta, nei giorni successivi il sottosegretario della lega Morelli (per me finora un poco illustre sconosciuto)  ha proposto il Daspo per gli artisti che parlano di politica sul palco! 

Questo paese ha preso una deriva preoccupante, mi chiedo se non finiremo come in Ungheria dove Orban ha trasformato il paese in una autocrazia, di fatto una dittatura, tutto in modo legale e subdolo. È un paese dove non c’è più il diritto di sciopero (degli insegnanti della scuola pubblica sono stati licenziati per aver aderito a uno sciopero perché si protestava per il depauperamento dei programmi scolastici); la magistratura è formata solo da magistrati favorevoli al pensiero autocrate di Orban e l’università é privata e in mano al regime, perché ormai di regime si tratta. 

Insomma il ministero della verità del mondo di Orwell è più attivo che mai in Ungheria, è successo qualcosa di analogo in Polonia ma con le elezioni di dicembre 2023 qualcosa sembra essere cambiato. Per chi non ha letto il romanzo di Orwell nel mondo di 1984 esistono 4 ministeri: il ministero della Verità che si occupa dell’informazione e fabbrica menzogne; il ministero della Pace che si occupa della guerra; il ministero dell’Amore che mantiene l’ordine e fa rispettare la legge e, a questo scopo, pratica la tortura; il ministero dell’Abbondanza si occupa degli affari economici ed è responsabile della generale scarsità di beni. Il libro esplora temi come il controllo governativo assoluto, la manipolazione dei media, la perdita di libertà individuali e la lotta per la verità e l’identità personale in un mondo dominato dalla propaganda e dalla sorveglianza costante. Si tratta di un mondo distopico che però comincia ad assomigliare a qualche realtà che già conosciamo.

Forse, anche in Italia dobbiamo stare attenti che non avvenga lo stesso, per conquistare certi diritti ci abbiamo messo degli anni, ma basta poco per perderli. In Italia da un giorno all’altro le famiglie monogenitoriali hanno perso il loro legittimo riconoscimento, di recente c’è stata una limitazione del diritto di sciopero, stanno approvando delle leggi bavaglio sul diritto di informazione. E chissà quali altre questioni stanno passando sotto silenzio, distratti da altre notizie più o meno futili. 

Forse è per questo che provo un certo rimpianto per quel mio 1984 (strano è anche il titolo del romanzo di Orwell) un anno in cui avevo vent’anni e stavo costruendo la mia vita, tutto sembrava possibile in una Italia liberale e sulla strada della stabilità economica. Allora c’era il governo Craxi, politico che ricordavo solo per l’inchiesta Manipulite del 1992 ma che, allora, diede un notevole impulso all’economia italiana, quando la crescita era ancora una cosa positiva. Ci fu il tempo per sognare prima del brusco risveglio.


Fonti immagini: Pixabay 

domenica 11 febbraio 2024

Rimedi contro il logorio della vita moderna

 


Non ho parole che traccino la rotta di questo 2024, anno bisestile e già in sé inquietante, perché l’ultimo anno bisestile il 2020 ci ha portato la pandemia. Certo non possiamo affermare che gli anni successivi non bisestili siano stati migliori, il 2021 oltre agli strascichi della pandemia ha portato una serie di problemi e di disordini legati ai vaccini, tutti amici a cantare sui balconi nel 2020 e poi tutti in piazza a scannarsi perché “vaccini sì e vaccini no”. Il 2022 guerra in Ucraina, il 2023 guerra in medio oriente, inflazione galoppante, mutui in salita, alluvioni, tragedie varie climatiche e non, piove governo ladro. Ecco perché questo 2024 non mi ispira nessuna fiducia nel futuro, vorrei soltanto che non fosse peggiore del precedente. 

Lo so, mi sto ripetendo e ho già espresso le mie inquietudini nel post precedente Chissà, chissà domani ma questo post ha un altro scopo, vorrei delineare qualche rimedio, qualche strategia su come operare per salvarsi dall’ansia, solo da quella, perché è impossible salvarsi dai mali del mondo, almeno in generale e in assoluto. Ovviamente sono rimedi validi per me, non ho una ricetta universale per tutti, semplicemente ho cercato di trovare una mia soluzione per il mio carattere ansioso, una soluzione operativa che poi è una risoluzione adottata da sempre, ma di cui ogni tanto mi dimentico ed è sempre la stessa: di fronte a un problema devo giocare di anticipo, faccio prima quello che potrei fare dopo oppure a ridosso della scadenza. 

Giocare di anticipo” significa agire in modo preventivo o anticipato per ottenere un vantaggio o per prevenire eventuali problemi. Lo so che sembra la scoperta dell’acqua calda eppure, sembra incredibile, sono pochissimi quelli previdenti che preparano con il dovuto anticipo quello che c’è da fare, questo significa che spesso certe incombenze arrivano alla scadenza (nella vita come nel lavoro) in ritardo oppure con incredibile ansia di chi deve farvi fronte. Per esempio, al lavoro devo produrre un documento pieno di dati (sono i dati contabili di un triennio quindi una massa enorme di informazioni da mettere in ordine) la scadenza è a fine marzo, ma io ho cominciato a lavorarci da metà gennaio, la mia speranza è di concludere tutto per l’inizio di marzo, perché guarda caso fine marzo è Pasqua, quindi la scadenza effettiva da considerare è almeno dieci giorni prima. Alcuni miei colleghi mi considerano un po’ folle, perché ho cominciato così in anticipo, tuttavia quando ho inviato all’ufficio bilancio il mio report in cui riepilogavo tutti i dati contabili che mi servivano e di cui chiedevo la copia, hanno ringraziato perché li ho chiesto con il dovuto anticipo (per fare il report ci ho perso la vista e due settimane di tempo in cui utilizzavo ogni ritaglio di tempo per lavorarci, perché nel frattempo il lavoro ordinario doveva andare avanti). 


Inoltre, un ulteriore rimedio può essere quello di “Avere un metodo” cioè “seguire un approccio organizzato o una procedura specifica per raggiungere un obiettivo o svolgere un’attività in modo sistematico e strutturato”. Adottare un metodo spesso è salvifico, si imposta una procedura che viene seguita pedissequamente. Facciamo un esempio: io cerco di essere sempre in pari con le mail del lavoro, ogni mattina come prima cosa  - quando arrivo in ufficio - leggo sempre tutte le mail arrivate, per esempio quelle di notifica della contabilità che mi segnalano l’arrivo delle fatture elettroniche dei fornitori: il mio metodo é controllare subito la fattura per verificare se sia corretta, in caso contrario segnalo subito l’errore all’ufficio competente, se la fattura è corretta la scarico in pdf e la inserisco nel mio scadenzario dei pagamenti; poi ci sono le mail inutili o di spam, che cancello, le mail informative che salvo nelle comunicazioni da tenere; quelle a cui devo dare una risposta semplice e rispondo subito; quelle che richiedono una risposta e un’azione più complessa che salvo in una cartella apposita, me le stampo per poterle leggere con maggior attenzione, magari evidenziando i punti importanti. 

Insomma cerco di avere un sistema di archiviazione organizzato per tenere traccia di documenti importanti e delle informazioni relative alle scadenze. Inoltre cerco di annotare tutte le date di scadenza in un apposito calendario elettronico dove imposto avvisi e promemoria, ma uso anche un’agenda planning di carta su cui scrivo le scadenze principali, di solito con quella mi oriento in modo più immediato perché ho sotto gli occhi gli impegni principali della giornata prima ancora di accendere il computer. Purtroppo questo non sempre basta per tenere tutto sotto controllo, ma è un buon aiuto.

Anche nella vita privata adotto lo stesso metodo per star dietro agli impegni personali, ho sempre un’agenda settimanale cartacea dove appunto le scadenze, scrivo promemoria e inserisco documenti vari di cui devo ricordarmi in prossimità di una certa data. Inoltre mi faccio ogni tanto una lista delle cose da fare e quando le ho fatte le cancello con una bella riga sopra, un momento liberatorio meraviglioso. 

Fare di testa propria potrebbe essere il terzo rimedio al logorio della vita moderna, quando decido di fare qualcosa la faccio e basta, non ho ancora capito perché gli altri vogliano a tutti i costi darmi consigli non richiesti. Decido di lavorare di domenica mattina (approfittando di una domenica piovosa) e tutti a dirmi,: ma no, ma perché non ti riposi, chi te lo fa fare…e poi capisco che se lo avessi fatto mi sarei trovata in vantaggio. Credo che sia sempre più opportuno prendere decisioni o agire indipendentemente, senza essere influenzati dagli altri. È sempre meglio “Fare di testa propria” quindi agire autonomamente, senza dipendere dalle decisioni o dalle azioni degli altri, prendere iniziative e responsabilità in totale autonomia (anche un po’ in segreto, per scaramanzia) senza essere influenzati dalle opinioni altrui. In sostanza, sono io il miglior consigliere di me stessa. Ciò vale per le piccole cose, ma soprattutto per quelle più grandi. E se sbaglierò sarà solo colpa mia, ma almeno non vivrò la frustrazione di aver ascoltato gli altri. 

Inserire una buona abitudine nella propria routine, quarto rimedio non legato all’ansia ma al proprio benessere. Quante volte ci ripromettiamo di fare qualcosa che poi rimane appesa nei meandri dei buoni propositi, questo perché ogni promessa che facciamo a noi stessi è legata alla forza di volontà che con gli anni diventa sempre più flebile e sfilacciata. Ricordo che a vent’anni ero incredibilmente determinata, se decidevo di fare una cosa la facevo e basta, come per esempio la dieta, oppure studiare 10 ore al giorno per preparare un esame. Oggi che non ho più vent’anni, sarà il lavoro che assorbe tempo, sarà che a fine giornata ho bisogno di gratificarmi, sarà che ho imparato che non sempre volere é potere - come scrivevo in quel post di novembre scorso Volere é potere? - la mia volontà è sempre meno forte, anzi è debolissima. Tuttavia se inserisco una buona abitudine nella mia routine mattutina, per esempio, poi la seguo abbastanza fedelmente. Insomma mi pongo un piccolo obiettivo piuttosto che uno troppo grande per la mia ormai debole forza di volontà. Per questo ho inserito nella mia routine mattutina dieci minuti di ginnastica, faccio cento addominali, diversi esercizi con i pesetti e poi lo stretching finale. Non sarà molto, ma se lo faccio tutti i giorni il mio corpo sarà più tonico, forse. E comunque da quando lo faccio mi sento meglio. Di più non riesco a fare perché mi sveglio già alle 5,30 e non posso anticipare oltre. Più avanti vorrei inserire qualche esercizio di yoga, ma vedremo. Al mattino la mia volontà è più forte, poi diminuisce perché sfinita dal logorio del lavoro moderno. 

Altri suggerimenti ne avete? Io per ora ne ho pensato solo questi, ma se volete lasciate un commento, mentre io vi lascio con un video da boomer, un meraviglioso spot contro il logorio della vita moderna, anche se non ho mai assaggiato il Cynar 



Fonti immagini: immagine creata con App Imagine AI