domenica 23 novembre 2025

Tutto il mondo è Sicilia

la mia granita cioccolato e pistacchio a Taormina 

La scorsa settimana sono stata a Catania a trovare una vecchia amica insieme a un’altra amica: ci conosciamo tutte e tre dal lontano 1997, quindi ormai da quasi trent’anni. È stata una sorta di rimpatriata: non tornavamo a Catania da ottobre 2019, prima della pandemia. Nel 2020 avremmo voluto fare un viaggio in Irlanda, ma con il Covid è saltato tutto.

Siamo rimaste a Catania quattro giorni, dal venerdì mattina al lunedì sera, quando siamo ripartite per Bologna. Quattro giorni che mi sono sembrati una settimana. Non so perché, ma al Sud il tempo sembra dilatarsi: forse è l’effetto della vacanza, che scorre più lentamente, oppure il fatto che in quei giorni fai così tante cose che il tempo sembra più lungo.

Venerdì, appena arrivate, abbiamo iniziato la giornata con una lunga passeggiata per il centro, godendoci quel clima quasi estivo che sembrava volerci dare il benvenuto. Siamo arrivate fino al lungomare, dove l’aria profumava di mare e le persone sembravano più lente, più serene. Dopo un po’ siamo tornati a casa per pranzare e, tra una chiacchiera e l’altra, qualche risata e un momento di riposo, il pomeriggio è scivolato via senza che ce ne accorgessimo. All’improvviso era già ora di prepararci per la serata: avevamo i biglietti per uno spettacolo al teatro San Giorgi. La nostra amica li aveva presi per assistere al concerto di Olivia Sellerio, e saremmo andati tutti insieme al suo gruppo di amici.

Olivia Sellerio è la voce che canta, in un siciliano avvolgente e profondissimo, le sigle di alcuni episodi di Montalbano. Devo ammettere che quelle sigle mi hanno sempre stregata, ma non avevo mai saputo chi fosse la cantante. Scoprirlo quella sera è stato come aprire una porta su un piccolo mondo: lei è una bravissima artista siciliana, figlia di Enzo ed Elvira Sellerio, gli editori di Camilleri. Nella prima stagione del giovane Montalbano era stata lei a interpretare sia la sigla iniziale che quella finale; nella seconda aveva scritto sei brani che compongono la colonna sonora, una sequenza di emozioni una dietro l’altra. 

Il concerto, organizzato nell’ambito del centenario della nascita di Camilleri, è stato una vera sorpresa. Eravamo vicinissimi al palco, così vicini da percepire l’intensità della sua voce e l’energia dei musicisti, tutti straordinari. È stata una di quelle serate che sembrano arrivare al momento giusto, in cui tutto si allinea: la musica, l’atmosfera, la compagnia. Una serata che ti rimane addosso.

Poi siamo andati a mangiare in un ristorante e, tra una chiacchiera e l’altra, abbiamo fatto le ore piccole. È stata una sensazione strana: non mi sentivo né estranea né fuori posto, anzi, era una sensazione piacevole, come se quel luogo mi appartenesse un po’. A un certo punto mi sono sorpresa a immaginare come sarebbe vivere lì, lontana da tutto. Mi succede spesso: nei posti che visito finisco sempre per immaginare una possibile vita alternativa.

Giardini Naxos

Il sabato siamo partiti verso Giardini Naxos. Il mare ci ha accolti con un’acqua incredibilmente limpida, così bella che non abbiamo resistito: ci siamo tolti le scarpe e abbiamo camminato a piedi nudi lungo la riva. Sembrava irreale poterlo fare a metà novembre. Dopo un pranzo in un ristorantino sulla spiaggia, con il rumore delle onde come sottofondo, siamo saliti a Taormina. Dalla terrazza panoramica la vista era talmente perfetta da sembrare dipinta: il mare, l’Etna, le case incastonate nella montagna… tutto sembrava sospeso.

Veduta dalla strada verso Taormina 
Veduta dalla terrazza panoramica 


La sera, una volta rientrate a Catania, la stanchezza si è fatta sentire. Dopo una cena leggera siamo uscite comunque a fare una passeggiata: il centro notturno pullulava di vita, un flusso continuo di voci, luci e movimento che sembrava inesauribile. Dimenticavo: la nostra amica vive in un bellissimo appartamento in pieno centro, e uscire a piedi è semplicissimo — un vantaggio enorme, perché trovare parcheggio il sabato sera è difficile quanto a Bologna.

La domenica, invece, l’abbiamo trascorsa ad Aci Castello, camminando a lungo sul lungomare prima di fermarci in un ristorante affacciato sulla piazza principale da cui comunque si vedeva il mare. Poi ci siamo spostati ad Aci Trezza per una granita, inevitabile rito siciliano, e abbiamo concluso la giornata con un’altra passeggiata serale. Il lungomare era già adornato con le luci di Natale, e quell’atmosfera un po’ sospesa ci ha spinto naturalmente a parlare di Verga, dei Malavoglia, dei nostri ricordi scolastici e letterari. Chissà perché alcuni luoghi fanno riaffiorare certe storie con una facilità sorprendente.

Questi pochi giorni mi hanno ricordato quanto sia importante fermarsi, ritrovare vecchi legami e scoprire che certi posti sanno ancora sorprenderti. Catania è stata questo: un ritorno, una pausa, un pezzo di tempo che sembrava più grande di ciò che era.

Quando lunedì sera siamo risalite sull’aereo per Bologna, avevo la sensazione di lasciare qualcosa di sospeso, come se quei quattro giorni non fossero bastati a contenere tutto quello che avevo provato. La Sicilia ha questo strano potere: dilata il tempo, amplifica le emozioni, fa riaffiorare ricordi che pensavi dimenticati.

Sono tornata a casa con la mente piena di immagini—il mare di novembre, le luci di Aci Trezza, la musica che ti entra dentro, le nostre chiacchiere infinite—e con la certezza che alcuni luoghi ti restano addosso più di altri. 

E voi conoscete la Sicilia e, in particolare, Catania?

Vi lascio, attraverso un link Youtube, un assaggio della incredibile voce di Olivia Sellerio 






mercoledì 12 novembre 2025

Mentre aspetto di essere felice

 


La felicità non dipende dalle cose esterne, ma dal modo in cui le vediamo. Lev Tolstoj

Mia madre diceva sempre: “Non vedo l’ora di invecchiare e potermi sedere tranquilla, nel mio angolino, senza più pensieri. Finalmente in pace.”

Si illudeva che la vecchiaia portasse con sé la pace, ma quella pace non l’ha mai trovata. Del resto, non è neppure arrivata a essere davvero vecchia: la morte l’ha colta prima che potesse diventare una candida vecchietta.

La verità è che spesso immaginiamo un traguardo oltre il quale saremo finalmente sereni, liberi dalle ansie e forse persino felici. Ma è solo un’illusione: ogni volta che raggiungiamo un obiettivo, ne appare subito un altro, e con esso un nuovo motivo di inquietudine o insoddisfazione.

Anch’io cado spesso in questa trappola.

Da ragazza aspettavo l’estate come il momento in cui avrei potuto fare tutto ciò che durante l’inverno la scuola o gli esami universitari mi impedivano. Quando andavo a scuola, l’arrivo dell’estate mi riempiva di euforia: tre mesi senza studio, un periodo spensierato che oggi rimpiango. Ma in realtà, allora, mi annoiavo molto.

Mentre alcune amiche partivano per il mare o per qualche bel viaggio, io restavo in paese, con la sola prospettiva di riposare, leggere libri presi in biblioteca e fare passeggiate serali con le amiche rimaste. Non erano molte, e le “fortunate” che avevano la casa al mare erano poche.

Alla fine, però, anche quella noia aveva il suo fascino: leggevo tanto, sognavo, fantasticavo sul futuro e sulle serate che mi aspettavano, sperando sempre che accadesse qualcosa di diverso dalla solita passeggiata con un gelato in mano.

Ora rimpiango persino quella noia estiva, così salutare per la mia fantasia. È allora che ho capito di voler scrivere.

All’università quella sensazione di attesa si fece ancora più intensa, e le estati ancora più deludenti. Ogni anno studiavo senza tregua per finire gli esami e, appena conclusa la sessione, mi immaginavo un’estate perfetta, piena di giorni spensierati e leggeri.

Invece finivo sempre per annoiarmi un po’. Non che mi dispiacesse del tutto — amavo crogiolarmi nel dolce far niente, leggere, riposare — ma le serate con gli amici o gli incontri con il ragazzo che amavo non erano mai come li avevo sognati.

Avrei voluto uscire, divertirmi davvero, vivere tutto con quella pienezza che avevo immaginato…

Lo so, la vita è un alternarsi di attese e brevi serenità; la pace non è un traguardo, ma un lampo.

Forse la pace o, forse è più corretto dire, la serenità non arriva tutta insieme, non si conquista una volta per sempre: è fatta di attimi brevi, di silenzi improvvisi, di giornate in cui il tempo sembra fermarsi e tutto, per un momento, ha un senso.

Negli anni ho acquisito la consapevolezza di quanto certe attese siano una mera illusione ed è proprio questo che probabilmente mi ha reso più serena e ho imparato a riconoscere i momenti di calma nella vita quotidiana.

La serenità non è “lì davanti”, ma “qui e ora” 

Oggi non aspetto più l’estate come una promessa. La serenità non arriva quando finisci un esame, un lavoro o una stagione: arriva a sprazzi, quando smetti di rincorrerla.

A volte la trovo in una mattina silenziosa, in un libro che mi prende, o nel semplice piacere di non dover fare nulla.

Forse non si arriva mai davvero da nessuna parte — ma si può imparare a stare bene anche lungo la strada.


Fonti immagini: Pixabay