I romanzieri non capiscono molto di quel che fanno, non sanno perchè funziona quando va bene, non sanno perchè non funziona quando va male. Stephen King. |
Quando ero un'adolescente ingenua e sognatrice scrissi un romanzetto di circa quanranta pagine che parlava di due adolescenti inquieti che si innamoravano e, forti del loro amore, sfidavano il mondo, anzi il "loro" mondo fatto di adulti bigotti e rompiscatole in una piccola cittadina di provincia che guardava le apparenze e mai la sostanza.
Cosa c'è di diverso rispetto a oggi? Forse non molto, ma non è questo il punto.
Un mio amico lesse il romanzo e si entusiasmò, si offrì di batterlo a macchina per poterlo poi inviare a una casa editrice. Non c'erano ancora i computer, internet era ancora più lontano e i cellulari erano soltanto quei furgoni che trasportavano i detenuti. Io presi il mio romanzetto battuto a macchina e lo conservai in attesa di trovare il coraggio di mostrarlo a un editore, magari pensavo che l'avrei incontrato in qualcuno dei miei viaggi in treno oppure in piazza maggiore davanti alla basilica di San Petronio. Poi un giorno feci leggere uno stralcio di quel romanzetto a un mio caro amico, beh diciamo che non era un amico come gli altri, ci tenevo un po' di più. Lui lesse due pagine di un capitolo e mi disse che sembrava molto bello, poi volle sapere cosa accadeva nella storia, io gli raccontai la trama e lui mi stroncò!
Ma no! Queste cose non accadono nella realtà! - mi disse - e poi mi sembra troppo triste, non va bene.
Io mi scoraggiai e pensai che probabilmente aveva ragione, ma che razza di storia mi ero inventata!
Allora il mio protagonista si ammalava e no, non vi dico come finiva, però il tema della malattia era secondo il mio amico troppo triste. Un ragazzo giovane che si ammala, che potrebbe morire, è davvero una storia troppo triste e non interessa a nessuno.
Sarà perché erano gli anni ottanta? Anni leggeri in cui tutto il bello sembrava possibile? Può darsi o forse no.
In ogni caso lasciai perdere per qualche tempo le mie velleità letterarie e mi dedicai alla mia banale vita fatta di studi universitari, di fidanzati, di lavoro, matrimoni e altre catastrofi.
Poi qualche anno più tardi prima di buttarmi nel self leggo un libro di Valentina D'Urbano intitolato "Il rumore dei tuoi passi".
Un bel romanzo, bello e straziante perchè fin dal primo capitolo sappiano che il protagonista di 19 anni muore e, nonostante tutto, ci leggiamo avidamente tutta la storia fino alla fine perché la morte di lui sbattuta in faccia al lettore fin dall'inizio ci lascia così sbigottiti che vogliamo saperne di più e ci immergiamo in quella storia piena di lacrime e dolore con piena consapevolezza (confesso che l'ho anche riletta una seconda volta a breve distanza di tempo).
Allora mi sono detta: di solito non si svela la fine già nel primo capitolo, non dovrebbe essere così, chi ha voglia poi di continuare a leggere?
Risposta: Tutti, me compresa. E al di là di tutte le logiche. Infatti il libro è stato a lungo ai primi posti delle classifiche di vendita.
E ho ripensato al mio romanzetto troppo triste, mi sono chiesta: ma perchè era troppo triste? Ne "Il rumore dei tuoi passi" addirittura un ragazzo di 19 anni muore fin dall'inizio del libro, allora no il mio non era tanto triste.
Poi dopo avere pubblicato "La libertà ha un prezzo altissimo" mentre sbirciavo la classifica di iBooks vedo ai primi posti il libro "Braccialetti rossi" di Albert Espinosa (sì proprio quello della Fiction tv) anche qui un romanzo (tratto da una storia vera) che parla di ragazzi giovanissimi malati, addirittura una storia quasi completamente ambientata in un ospedale.
Non è troppo triste? Sembra che il romanzo, che io non ho letto, sia invece pieno di positività, anche se ovviamente parte da presupposti tragici.
Insomma a quel punto ritiro fuori il mio romanzetto e lo rileggo, a parte certe parti scritte orribilmente e assolutamente da depennare, la storia non è da buttare e forse neanche troppo triste, forse rispetto a "Il rumore dei tuoi passi", che ho letto e amato e su cui versato intense e appassionate lacrime, é una allegra commedia.
Da lì è nata l'idea di scrivere "Fine dell'estate" riprendendo diversi punti cruciali della storia e riscrivendoli quasi completamente. Poi, non so come, sono stata catturata dai personaggi e il romanzo è diventato molto più lungo, dando una svolta alla storia alla quale non avevo mai pensato.
Eh lo so, dal titolo del post vi aspettavate che svelassi le regole del romanzo perfetto, mi dispiace deludervi: queste regole non esistono! O forse esistono, può anche darsi, ma io non le conosco, altrimenti sarei già balzata in vetta alle classifiche.
Una regola però esiste: non cercare di trovare regole assolute per scrivere una storia di successo, non fissarsi sul fatto che il romanzo debba rientrare in determinati canoni, non esistono romanzi troppo tristi o troppo allegri o troppo inverosimili, esistono i romanzi e forse i lettori che vogliono leggerli.
E voi invece le regole del romanzo perfetto le avete trovate o siete giunti alla mia stessa conclusione?
24 commenti:
No, non esistono. Tranne, forse, una: scrivi col cuore. In bocca al lupo per il tuo romanzo, Giulia. :)
Grazie Salvatore! Hai ragione scrivere col cuore è una bellissima regola, io ci provo sempre, sperando di riuscirci. Viva il lupo.
Nooooo, non esistono regole, la solita faccenda, se esistessero sarebbero replicabili. No, e le tante stroncature di libri poi giunti al successo lo confermano. E' alchimia, come quando ti innamori. Fine.
Eh lo so bene, infatti la frase di King che ho messo all'inizio fornisce già la risposta, però mi faceva piacere raccontare le vicende del mio romanzetto e i pensieri di contorno. Hai ragione Sandra è alchimia. Stop.
io credo che le regole siano SEMPRE necessarie, ma quando si applica l'arte (passami il terminone) forse proprio no...
No, l'ispirazione, il desiderio di volere raccontare una storia, il bisogno di dire delle cose prescindono sempre dalla rigidità delle regole. Esistono, dicono gli esperti, e condizionano parecchio (vedi la sconvenienza di scrivere una storia triste) ma, alla fine, chissenefrega: chi o cosa può decidere per noi?
Cara Patalice l'arte è fantastica proprio perché senza regole, ovviamente quello che scrivo non oso paragonarlo all'arte, ma mi piace sentirmi una scribacchina creativa, magari anche un po' artistica...
L'ispirazione è forse una delle poche regole da seguire, in effetti quando c'è bisogna seguirla e lasciarsi trasportare. Io quando ho seguito solo quella ho reso al meglio, almeno credo...
Mi allineo con coloro che credono non esistano regole. Si va avanti per tentativi, con amore, onestà intellettuale, perseveranza. Un bacione Giulia.
Vero Max, perseveranza, amore e onestà sono ottimi ingredienti che aiutano a scrivere e quando tutto questo passa nella pagina scritta il lettore riesce a sentirlo.
Bellissimo questo tuo post, Giulia. Io penso che credere nella propria storia sia fondamentale, forse la vera regola che dovrebbe spingerci a portare avanti la scrittura. Le stroncature tendono a farci perdere fiducia, ma sono solo pareri soggettivi a volte, come è il caso del tuo amico che giudicò la storia troppo triste. Non siamo lettori tutti uguali, questo bisogna tenerlo presente. Ciò che è troppo triste per qualcuno, è fonte di grandi emozioni per un altro.
Grazie Maria Teresa, sono contenta che il mio post ti sia piaciuto, pensa che mi girava in testa da parecchi mesi, ma poi non lo concretizzavo mai. Poi, anche grazie alla tua intervista, mi sono tornate in mente le mie elucubrazioni mentali connesse al mio romanzo e ai pensieri sulla scrittura e l'altro giorno l'ho scritto di getto e perfezionato. In effetti i lettori non sono tutti uguali e ti dirò di più anche uno stesso lettore può cambiare a seconda del momento di vita che attraversa. A me personalmente è capitato di non essere molto attratta da certi libri in dati periodi (perché magari toccavano argomenti che non volevo affrontare)e successivamente li ho letti con grande passione. Uno di questi per esempio è "Le affinità affettive" di Sandra che qualche anno fa avrei fatto fatica a leggere perché era una ferita ancora troppo aperta.
Credo che le regole narrative possano sempre essere violate in modo originale e intelligente. Certo, uno che non è né originale né intelligente a scrivere, farà meglio ad attenervisi. Io in genere mi ci attengo :-D
Quando ho scritto la prima stesura del mio romanzo, in corso di revisione infinita (ma più per mancanza di tempo che altro) e poi, dopo alcuni mesi, l'ho riletta, mi sono accorto che il divario con il romanzo perfetto che esisteva nella mia mente era abissale. Da qui la mia decisione di rivederlo soppesando frase per frase, parola per parola così da ceracre di avvicinarlo al mio ideale di perfezione (che non sono però sicuro che corrisponda a quello di qualcun altro).
Caro Ariano, tu quindi non ti ritieni né originale né intelligente, secondo me ti sottovaluti, pur non avendo letto ancora nulla di tuo, dissento. Comunque anch'io cerco di attenermi alle regole...almeno quelle grammaticali :D
La revisione può davvero essere infinita perchè i maestri più severi sui nostri scritti siamo proprio noi stessi, quindi non arriveremo mai al romanzo perfetto per noi. Per questo è importante affidarsi alla lettura di qualche beta reader che ci fornirà il suo punto di vista. In ogni caso tendere alla perfezione aiuta a migliorarsi e a scrivere meglio, forse ...
La perfezione non esiste, esattamente come non esiste numericamente l'infinito, che è una tendenza: si tende all'infinito, e allo stesso modo si tende alla perfezione.
Finito con le riflessioni matematico-filosofiche, non esiste il romanzo perfetto, perché perfetto non lo sarà mai, ci sarà sempre qualcosina di migliorabile. Esistono solo buoni/ottimi romanzi.
Aggiungo poi che alcuni romanzi hanno anche la fortuna di uscire nel giusto momento. Ma cogliere l'attimo non è facile. Forse per quel tuo romanzo all'epoca non era il momento, ma poi mi sembra che alla fine sia giunto, no?
Tendiamo alla perfezione, così come tendiamo all'infinito, ma è chiaro che non ci arriveremo mai, siamo esseri imperfetti perché umani, ma è questo il bello, pensa che noia se fossimo tutti perfetti. Il mio romanzo allora era acerbo come i miei sedici anni, pieno però dell'entusiasmo di quegli anni e anche dell'amore di quegli anni. È stato importante però partire dal cuore di quel romanzo per riscrivere tutto il resto con la consapevolezza degli anni vissuti dopo. E forse era il momento giusto.
io lo leggerei, il romanzo di quaranta pagine. non una di più, però :)
Quel romanzo breve ormai non esiste più, le pagine sono diventate molte di più nella versione più matura, ma non sono tantissime in fondo ;-)
Non ascoltare altri che il tuo ombelico quando si tratta di cosa scrivere.
Ci sono molti più libri famosi tristi che allegri, no? La morte è al primo posto nell'interesse delle persone insieme all'amore e al potere.
Leggendoti ho pensato a "Tutta colpa delle stelle", best-seller di John Green . Ricordo una sera è venuta un'amica di un amico a casa mia, ha detto "sono a metà film, avevo bisogno di vedere qualcuno prima di riuscire a guardare la fine". Mi è venuta subito voglia di leggere il libro (leggo sempre il libro prima di guardare il film), anche se avevo già capito che c'era da strapparsi il cuore dal petto.
Leggendo il particolare dell'annuncio della morte nel primo capitolo mi è venuto in mente un altro bellissimo film che ti consiglio se deciderai di scrivere dei tuoi ragazzini tristi. Non so se c'è in italiano, l'ho trovato per caso su Netflix.ca, si chiama "Me and Earl and the dying girl". Già il titolo è un programma...
SPOILER ALERT: per tutto il film il ragazzo che racconta della ragazza malata dice che alla fine lei si salverà, RIBADISCO SPOILER ALERT, invece alla fine lei muore. Roba da lanciare il telecomando fuori dalla finestra, insieme al televisore.
Eppure nonostante la frustrazione, vedi che sono qui a parlarne e mi ricordo perfettamente ogni singola scena del film, mentre tanti altri non ricordo nemmeno di averli visti.
In conclusione, vai e scrivi e lasciaci il diritto di strapparci il cuore a morsi! :D
Sììì, ascolto sempre il mio ombelico, anche perché alla fine non riesco a fare diversamente, i miei personaggi sono piuttosto insistenti, sono là che mi strattonano e vogliono essere raccontati e mi danno il tormento finché non li accontento. Sai che anch'io avevo pensato la stessa cosa su "colpa delle stelle" questa è la prova che gli argomenti tristi possono essere molto gettonati...io poi adoro piangere, dopo mi sento liberata da tutte le tensioni.
Grazie Lisa cara
Se non lo sa Stephen King non lo sa nessuno! :-) Nel leggere il tuo post mi è venuto in mente un film che negli anni '80 andava per la maggiore, cioè "Love Story". Più triste di così non si potrebbe, eppure fu un successone.
Non si possono applicare regole su un romanzo virando sull'allegro o sul triste a seconda; poi dipende molto anche dal genere. Se scrivi storie di genere brillante, i lettori si aspetteranno sì lacrime, ma mischiate al divertimento. Rimarrebbero forse spiazzati da un romanzo con un finale lugubre.
Secondo me è "l'autenticità" di un romanzo che fa la differenza, cioè l'onestà intellettuale da parte dell'autore come dice Massimo.
Love story è stato un film che ho guardato più di una volta piangendo tutte le mie lacrime! Sì è stato un grande successo, ma se vogliamo molti film (e libri) tristi hanno avuto successo perché erano storie in cui ci si poteva immedesimare, non dico come situazioni ma semplicemente come sentimenti e l'amore, si sa, è un sentimento universale, come aimè la morte.
Concordo con voi è l'autenticità che fa la differenza ...
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