venerdì 3 maggio 2024

Sono esaurita di Sophie Kinsella

 


Leggere attraverso la biblioteca digitale mi permette di leggere libri che probabilmente non comprerei, non tanto perché non mi piacciano, ma semplicemente per una questione di costi. Così quando mi sono registrata al sito della biblioteca digitale di sala borsa mi sono divertita a spulciare il catalogo con i libri più richiesti e sono stata subito attratta dal romanzo di Sophie Kinsella Sono esaurita, eh sì già il titolo era una promessa, libro molto richiesto tanto che sono stata in lista di attesa per oltre tre mesi. Quando finalmente è arrivato il prestito, l’ho letto molto velocemente, il romanzo mi è piaciuto soprattutto nella prima parte quando racconta dei problemi lavorativi e di come la protagonista si sente. 

Avevo già iniziato a scrivere questo post quando è arrivata la notizia della malattia della scrittrice, un colpo al cuore, mi dispiace molto e spero che ci sia una possibilità di guarigione anche se un glioblastoma al cervello non sembra lasciare scampo. Già la morte di Michela Murgia lo scorso anno mi ha addolorata e lasciata senza parole. 

Tornando al libro, leggendolo, mi sono resa conto che certe dinamiche delle attuali situazioni lavorative sono ormai diventate universali, la causa è quello che è diventato il mondo del lavoro, ma anche le nuove tecnologie che permettono una deriva pericolosa, ossia impadronirsi del tempo anche fuori dagli orari e dagli spazi del lavoro. Il mondo attuale gira a ritmi frenetici e tutti vivono nella costante sensazione di essere in debito con il tempo. Troppe mail, troppe notifiche sullo smartphone, troppe invasioni del proprio tempo libero che libero non è più. È necessario - ora più che mai - arginare queste invasioni di campo e mettere dei paletti. Il lavoro non deve succhiare via ogni energia vitale. Bisogna lavorare per vivere e non vivere per lavorare. 

Dalla rete vi riporto una definizione del burnout: uno stato di esaurimento fisico, emotivo e mentale causato da un’eccessiva e prolungata esposizione allo stress lavorativo o da situazioni di lavoro intense e disfunzionali. Si manifesta con sintomi come stanchezza cronica, irritabilità, disillusione, e una sensazione di inefficacia e impotenza. Il burnout può compromettere seriamente il benessere e le prestazioni sul lavoro, oltre alla salute mentale e fisica della persona coinvolta.

Nel romanzo Sono esaurita il tema è trattato con maestria e competenza, oltre che con la solita vena comica dello stile dell’autrice. Sasha ha un bellissimo lavoro, era il lavoro dei suoi sogni, la responsabile di un settore in una start up di grande successo

“Non sono le mail a mandarmi nel panico. Non sono neanche le mail che ti inseguono. Sono quelle che inseguono le mail che ti inseguono. Quelle con ‼️ due punti esclamativi rossi. Queste sono le mail che mi provocano una fitta al petto e il tremito all’occhio sinistro.” 

Io sono la responsabile del reparto offerte speciali, che copre quattordici territori. Ed è davvero un lavoro figo. Sulla carta. Zoose è una realtà giovane, sta crescendo velocemente, nel nostro ufficio open space c'è una parete di piante verdi e le tisane sono gratis. Quando ho cominciato mi sono sentita fortunata. Tutte le mattine mi svegliavo e pensavo "beata me". Ma a un certo punto quel pensiero si è trasformato in: "Oh, mio Dio, non posso farcela, quante mail ho, quante riunioni, cosa ho dimenticato, come me la caverò, che faccio adesso?"

Non so bene quando è successo. Ma mi sembra di essere in questa condizione da sempre. Una specie di tunnel, in cui l'unica scelta possibile è continuare ad andare avanti. Solo andare avanti.

I momenti drammatici e divertenti (con un sorriso però un po' amaro) sono quando la responsabile di Sasha le ricorda che non ha mai scritto nulla sulla "bacheca delle aspirazioni" una bacheca creata per il benessere del personale dove ognuno dovrebbe condividere "i momenti di gioia".

Dove lo trovo il tempo per riflettere? Come faccio a vivere momenti di gioia se sono perennemente in preda al panico? Come posso scrivere le mie aspirazioni quando la mia unica aspirazione è "stare al passo con la vita" e non ci riesco?

La verità è che Sasha svolge il lavoro di tre persone da quando due collaboratori si sono licenziati e non si parla assolutamente di rimpiazzi, una situazione generalizzata e che mi ricorda qualcosa...e la bacheca delle aspirazioni mi fa pensare ai questionari che ogni tanto manda la mia azienda sulla soddisfazione dei dipendenti, sulla conciliazione lavoro-vita privata degli orari di lavoro. Sono questionari dove puoi rispondere solo sì o no a domande pilotate e alla fine sembra che tutto sia idilliaco, ho smesso di compilarli da tempo. 

E così questo libro mi ha fatto arrabbiare ma anche sorridere, forse sperare che il lieto fine ci sia.

La mia recensione su Goodreads 

Il romanzo tocca un tema importante, il burnout e l’autrice lo tratta con la sua solita verve umoristica. La prima parte del romanzo è davvero efficace nel descrivere la situazione che si crea sul lavoro quando si chiede troppo. “…faccio il lavoro di tre persone e continuo a perdermi dei pezzi”; “Ogni sera, quando rientro, mi sento come se avessi fatto la maratona trascinandomi appresso un elefante”. Queste alcune delle frasi che rendono pienamente il senso della situazione. Così Sacha, ormai in piena crisi, non riesce a vedere una soluzione tranne quella di scappare dal lavoro e rifugiarsi in un luogo di mare, una vacanza fuori stagione per ritrovare se stessa. Dopo varie situazioni paradossali arrivano tanti lieti fine, l’amore e la rivincita sul lavoro e tante altre cose magnifiche, sarebbe bello credere che arrivino anche nella realtà, ma intanto accontentiamoci di sognare leggendo questo romanzo.

E visto che è appena passato il primo maggio, non posso non fare una breve considerazione sul lavoro in generale e su quello che ci dobbiamo augurare: stabilità, non precariato, salari dignitosi, non elemosine, sicurezza (di non morire o farsi male) sempre. 

Mi sembra che tutto questo non ci sia, anzi stiamo perdendo sempre più dei diritti e mi chiedo se stiamo facendo davvero tutto il possibile per evitare questa deriva sociale generalizzata. A me viene in mente un film visto tempo fa che, sempre in forma di commedia tragica, parlava del mondo del lavoro. Vi lascio il link 



18 commenti:

morena ha detto...

Essere 'esauriti' (di forze impiegate male e impiegate troppo, di tempo che se n'è andato in impegni poco gratificanti, di voglia di essere senza costrizioni) è un sentire comune. Il lavoro è diventato una sanguisuga e il mondo fa ribrezzo.
Il titolo del film è ciò che avrei usato io come chiusa.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Morena: eh già quel film è davvero ben centrato su questi problemi e con un titolo perfetto. Mi sono chiesta come sia possibile non essere dei “poveri stronzi che stanno a guardare” non ho trovato soluzione tranne quello che già faccio di parlarne, ma non basta sicuramente. Dire qualche “no” in più sul lavoro può servire, ma non sempre è possibile e non sempre è sufficiente.

Ariano Geta ha detto...

Ho letto diversi romanzi della Kinsella ma questo mi manca, proverò a recuperarlo anche perché certe "dinamiche" lavorative le ho conosciute anch'io purtroppo... (ora va un po' meglio per fortuna).
É dispiaciuto molto anche a me quando ho letto l'agenzia che riportava l'annuncio ufficiale della scrittrice della sua malattia. Spero davvero che possa farcela, i tanti sorrisi che mi ha strappato con i suoi romanzi me l'hanno resa cara.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Ariano: è molto cara anche a me la Kinsella, ho letto molti suoi romanzi, anche quelli più “seri” pubblicati con il suo vero nome Madeleine Wickham, il suo modo di scrivere mi è sempre piaciuto molto e mi ha regalato molti momenti di serenità. Speriamo che per lei ci sia una possibilità di guarigione. Il romanzo é molto piacevole pur trattando un tema come il burnout, se lo leggerai spero ti piaccia

Sandra ha detto...

Mi hai fatto venire voglia di leggerlo!
Siamo rimasti tutti colpiti dalla notizia della grave malattia, e facciamo il tifo, intanto però lei sta affrontando un male che oltretutto la allontanata dalla sua amata scrittura.
Sul burnout tu avevi già scritto, in frequenti situazioni lavorative tocca avere nervi molto saldi e spesso non basta per non scoppiare, con certi ritmi imposti da aziende senza scrupoli. Le grandi dimissioni di cui tanto si parla, anche di chi un altro posto non ce l'ha, ha squarciato il velo su una realtà molto diffusa.

Sandra ha detto...

Prenotato il cartaceo in biblioteca!
Nel sistema bibliotecario di Milano ci sono ben 26 copie, di cui 20 al prestito, quindi mi arriverà subito.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Sandra: brava Sandra, spero ti piaccia, è un libro che vale la pena leggere, nel suo stile leggero ma denso di sagge verità (ovviamente nello stile Kinsella). Le grandi dimissioni dopo il Covid hanno scoperchiato un vaso di Pandora, per questo c’è da riflettere su quello che il mondo del lavoro è diventato.

Elena ha detto...

Ciao Giulia, avendo appena finito di leggere Tutta La stanchezza del Mondo, che tratta un tema analogo anche se non si focalizza soltanto sul lavoro, mi sento ancora una volta in sintonia con te e e il tuo sentire specie quando rifletti, e non è la prima volta, su un mondo del lavoro che ci brucia e da cui ci facciamo bruciare. Sarà anche per questo che ho fatto un piccolo investimento nella mia casetta di campagna.
Qui i ritmi sonora molto differenti e respiro, almeno due giorni alla settimana quando va bene. Il punto è cambiare la mentalità nel resto dei nostri giorni. Sai qual è la mia massima difficoltà? Togliere l'eccesso di senso che attribuisco a quello che faccio e che mi richiede energia supplementare non sempre ben incanalata.
È un discorso lungo ma spero di aver reso almeno un l'idea di come mi sento...
Kinsella non l'avrei acquistata mai nemmeno io. Mi avete convinta a leggere la Bertola, non so se riuscirete con lei, ma certo la biblioteca digitale offre certi vantaggi e piacevoli svaghi. Ogni tanto ci vuole

Marina ha detto...

Non vivo lo stress da lavoro, ma posso immaginarlo: dev'essere una sensazione soffocante e, devo dirti, non vorrei mai trovarmi nelle condizioni di dovere odiare un'occupazione solo perché estremamente stressante. Ho letto della malattia della Kinsella e mi dispiace molto. Non ho mai letto niente di suo, devo recuperare anche per poterne parlare. Questo che tu proponi, però, mio mette un po' d'ansia, proprio per il tema trattato.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Elena: hai fatto bene a comprare la casa in campagna, credo che avere un luogo dove rigenerarsi sia davvero importante e, probabilmente, serve a staccare davvero dal lavoro e a salvarsi dallo stress. A me è capitato di riuscire a staccare lasciando la città anche solo per un giorno, stacchi che mi sono concessa più volte nell’ultimo anno per la mia sanità mentale.
Non conosco il romanzo “Tutta la stanchezza del mondo” né la scrittrice Bertola che citi. Con la libreria digitale sto scoprendo nuovi autori, approfittando del fatto che posso prenderli in prestito, magari provo a cercarli la.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Marina: hai immaginato bene Marina, spesso il lavoro da una sensazione di soffocamento, perché ci si trova in una gabbia senza via di uscita. Se vuoi leggere la Kinsella sappi, per la tua ansia, che lei tratta i vari temi sempre in modo “umoristico” quindi anche questo tema è trattato con leggerezza.

Luz ha detto...

Un tema in cui ci siamo imbattuti grazie anche ai tuoi post e alle tue riflessioni, Giulia. Dal mio mestiere, di insegnante, posso dirti che sta accadendo una cosa molto simile. Lo stress dovuto all'apparato burocratico in cui ci hanno gettato negli ultimi rovinosi anni ci sta logorando. Quando a ciò si aggiunge una dirigente burocrate, ti lascio immaginare. In questo periodo, per esempio, da coordinatrice ho dovuto elaborare un test da somministrare agli alunni sull'autovalutazione in termini di metodo di studio. Poi ci sarà da elaborare una tabella per il monitoraggio dei dati, la loro registrazione e osservazione. Insomma, un'analisi di aspetti astratti, con la fissazione di tradurre e declinare ogni parola dell'alunno in un dato misurabile. Un avvilimento totale.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Luz: purtroppo il burnout ha invaso ogni campo lavorativo, compreso il mondo dell’insegnamento dove forse in passato c’era una certa autonomia. Se poi i dirigenti scolastici, a cui è stato dato maggiore potere, diventano burocrati ottusi tutto diventa più difficile
La mania di misurare le capacità con dati e tabelle sta invadendo ogni campo, dimenticando che le persone sono molto più complesse e spesso non incasellabili…

Barbara Businaro ha detto...

Sophie Kinsella è una delle mie autrici preferite, anche se ho smesso temporaneamente di leggerla (ho bisogno del cartaceo ma ho rimepito uno scaffale intero, devo riorganizzare il tutto). Per la verità, l'ho conosciuta tardi, non mi piaceva il clamore dietro a I love shopping, ho aspettato e poi l'ho adorato. Purtroppo il film non è un granché, non rispetta né la trama né i personaggi, un vero peccato. Che poi preferisco ancora di più i romanzi a firma Madeleine Wickham, dove lei ha scelto di pubblicare quelli meno chick-lit, romance più consapevoli (non sempre col lieto fine). In Italia, Mondadori distingue le due linee con grafiche differenti delle copertine.
Comunque, della notizia della malattia ne avevo poco prima di partire. Ha deciso di dirlo pubblicamente quando la situazione medica si è già stabilizzata, come è giusto che sia. Non è inguaribile, ma sicuramente complessa. Abbiamo una peaker che sta affrontando lo stesso percorso, ci tiene col fiato sospeso, ma per ora sta bene. Confido che Kinsella, più giovane della nostra peaker, possa riprendersi e continuare a scriverci altri bei libri.
Di questa pubblicazione: ce l'ho in lista da un po', ma siccome io non sono esaurita, ho paura di leggerlo e farmi condizionare! XD
Abbiamo in famiglia una persona che sta rischiando il burnout e la cosa più difficile è farle cambiare le abitudini e il punto di vista. Per certi versi, si è convinta di alcune situazioni lavorative che non sono affatto così (perché ho avuto modo di parlare con i colleghi). Per altri, è immersa in un loop di obbligatorietà che non esiste. Addirittura potrebbe usufruire di due giorni in smart working alla settimana e non lo fa. Gli altri colleghi se ne approfittano, e lei nemmeno quello che le spetta. La cosa migliore sarebbe uno psicoterapeuta, perché deve essere una persona esterna a farle vedere una diversa prospettiva, oltre che preparata adeguatamente. Ma è fatica convincerla. "Va così e basta, devo resistere o cercare un altro lavoro". Però sono convinta sarebbe uguale altrove, dopo un po' rischia lo stesso tunnel. Di mezzo c'è sicuramente la fregatura degli insegnamenti dei nostri genitori e nonni, che "devi" fare il tuo dovere, che il sacrificio porta merito e risultati. No, non porta a niente. Sacrifichi una vita che non torna più indietro. Questo i giovani l'hanno capito e fanno bene ad andarsene all'estero, dove la cultura è diversa e il tempo libero è considerato una risorsa importante, volano della effettiva produttività sul posto del lavoro.
Da noi bisogna imparare a dire di no.
Le ore di straordinario le vuoi pagate in busta o le vuoi recuperare? Le recupero, sto a casa, mi leggo un libro!
Mi dai il tuo numero che ti aggiungo a Whatsapp per le emergenze? Non ho Whatsapp, se vuoi mi chiami normalmente, ma che sia una vera emergenza. E infatti è rarissimo.
Ti ho inviato una mail ieri sera (domenica), l'hai letta? Certo che no, io lavoro dal lunedì al venerdì, il sabato c'è la famiglia, la domenica è riposo, è il giorno del Signore.
Altra variante: Certo che no. E mi dispiace molto per te, non hai niente di meglio da fare la domenica?! XD
Lo so che è difficile, perché anch'io ho quella cultura dei miei nonni, oltre a un certo perfezionismo lavorativo, che rischio di risolvere anche problemi che non mi competono. Ma anni fa ho rischiato pesantemente di salute, e mi basta pensare a quel periodo per dire di no.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Barbara: speriamo davvero che la Kinsella possa guarire e scrivere ancora tanti libri. Anch’io ho letto diversi libri firmati con il nome vero, alla fine mi piacciono entrambi a seconda del momento che vivo, se ho bisogno di più leggerezza oppure no.
Sul burnout non so se ci sono mai arrivata, credo di no, perché io sempre cercato di staccare, non leggo le mail nel tempo libero, però ho scritto delle relazioni oppure ho liquidato delle fatture (anche per evitare gli interessi moratori), in ogni caso chi è dentro il burnout probabilmente non si rende conto di essere in un “tunnel” e non trova via di uscita, serve davvero un aiuto esterno a quel punto. Ma chi arriva al burnout non ci arriva da solo, ci arriva perché nel lavoro si crea una situazione di insostenibilità. Mi ha colpito il comunicato dei giornalisti Rai sullo sciopero di oggi:
“ Scioperiamo perché nel piano industriale Rai l'informazione è la grande assente, il ricambio tra giornalisti pensionati e nuovi assunti è bloccato dall'azienda che non bandisce una selezione pubblica per il reclutamento trasparente dei giornalisti e preferisce le chiamate dirette a partita Iva, alimentando nuovo precariato senza stabilizzare l’esistente. Inoltre gli strumenti per consentire il nostro lavoro quotidiano subiscono continui tagli, il premio aziendale di risultato è stato disdettato ai giornalisti ma di fatto non viene equiparato a quello degli altri lavoratori.”
Insomma c’è una situazione generalizzata di speculare sulla pelle dei dipendenti in ogni campo.

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Ormai lo stress lavorativo è generalizzato in ogni campo, i ritmi sono accelerati a tutti i livello. Nel mio settore, la scolastica di lingue, pur da esterna noto una sorta di follia generale: produzioni di testi complessi che una volta richiedevano due anni ora devono uscire in sei mesi, il numero delle novità che devono uscire a ritmo costante è aumentato, dipendenti che si licenziano o vanno in pensione che non vengono rimpiazzati, dipendenti che devono spaziare in ogni ambito, non solo editoriale ma anche commerciale, e via così.
Di recente ho letto un testo molto interessante e che ti consiglio, "Sesto Potere – La sorveglianza nella modernità liquida" di Zygmunt Bauman e David Lyon, apparentemente non c'entra molto con il lavoro, invece c'entra eccome. Te ne cito un passaggio illuminante: "Per i subalterni la servitù, insieme alla sorveglianza sulle prestazioni ventiquattr'ore al giorno sette giorni la settimana, sta diventando un'attività 'fai da te' nel senso più vero e pieno di questa espressione. (---) In sintesi, nel "mondo nuovo" liquido-moderno i lavoratori, come le lumache si portano dietro la casa, devono portare sul loro corpo i propri Panapticon personali." - Il Panopticon era un sistema di sorveglianza carceraria inventato da Bentham nel '700 e che non fu mai applicato in toto, ma rende molto bene l'idea.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Cristina: in effetti il libro che suggerisci sembra molto azzeccato con questo tema, c’è ormai questa mania generalizzata di perenne connessione con il lavoro, a tutte le ore, con la pretesa che si facciano lavori sempre più complessi con sempre meno persone. Bisogna ribellarsi, io per ora mi limito a non connettermi nel tempo libero, quando vado in ferie spesso dico che vado all’estero così (forse) non possono cercarmi, che poi detto tra noi, anche se sono in Italia, se sono in giro o per mare e per terra non sono in grado di lavorare, però è una gran fatica e questo genere uno stato di ansia generalizzato da prestazione impossibile…

Rajani Rehana ha detto...

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