venerdì 23 maggio 2025

La compagnia

 

Un amico è colui che non guarda il tuo recinto rotto ma ammira i fiori del tuo giardino. Anonimo.


Alcuni giorni fa ho letto un articolo di una giornalista che parlava del suo gruppo di amici. 

Ci ritrovavamo il sabato sera alle otto nel mezzanino della stazione di Loreto della metropolitana milanese, non propriamente luogo a meno e neppure ben frequentato, ma eravamo adolescenti di città e quello scampolo urbano al neon faceva poesia. parlavamo di noi di politica dell’amore e dei sogni e del mondo che avremmo cambiato insieme, abbiamo fatto mille scoperte, siamo andati all’avventura, abbiamo imparato a guidare, a lavorare, a cavarcele a stare al mondo, la vita ci ha travolti, come spesso succede: ci sono stati matrimoni, divorzi, lavori altrove, inciampi, latitanze, litigi, rappacificazioni, oggi siamo ancora qui dritti storti appannati divertiti confusi, imperfetti e solidali come eravamo allora. Spesso ci troviamo ancora il sabato sera nelle nostre case da adulti…

 (Donna moderna numero 14 del 27 marzo 2025).

Sono stata colta da un moto di nostalgia — e, lo ammetto, anche di una certa invidia — nel vedere una compagnia così unita e solidale. Anch’io, nel corso degli anni, ho avuto le mie compagnie, ma con nessuna di esse ho mai costruito un legame tanto saldo e duraturo. C’è stata, certo, la compagnia della giovinezza: piuttosto effimera, ma intensa. Ci si ritrovava durante l’estate o nelle vacanze di Natale, perché quasi tutti studiavamo fuori: alcuni a Milano, altri a Urbino, io a Bologna, mentre qualcuno era rimasto in paese a lavorare. Le vacanze rappresentavano il nostro tempo del ritorno. Ogni sera ci si riuniva a casa di qualcuno, si chiacchierava del più e del meno, si rideva, si condividevano pensieri e sogni — come solo a vent’anni sembra possibile fare.

In realtà ho avuto due compagnie. La prima l’ho frequentata dai 18 ai 22-23 anni, proprio durante il periodo universitario. Era un gruppo che si ritrovava spesso, soprattutto d’estate, in quello che chiamavamo “il muretto” – in realtà, si trattava della base di pietra di un grande albero, all’inizio di un viale alberato dove la gente andava a passeggiare.

Il gruppo era composto per lo più da ragazzi e ragazze di “buona famiglia”: figli di medici, professori, persone ben inserite nel contesto sociale locale. C’era un certo snobismo nell’aria, una forte attenzione alle apparenze. È una mentalità molto diffusa nei piccoli paesi, dove spesso ci si sente superiori solo perché si ha una bella macchina, una laurea, o un padre impiegato piuttosto che contadino. Alcuni erano simpatici, alla mano, ma i leader del gruppo incarnavano proprio quell’atteggiamento altezzoso e un po’ provinciale. Un’estate, dopo alcuni episodi poco piacevoli, ho capito che quella compagnia non faceva più per me. Per un paio di sere ho semplicemente smesso di uscire e sono rimasta a casa. Poi, una mattina, ho incontrato per caso una ragazza più giovane che conoscevo tramite amicizie in comune. Mi chiese come stavo, e io le raccontai che si prospettava un’estate un po’ complicata: non avevo più voglia di frequentare il mio vecchio gruppo e non sapevo con chi uscire. Lei non mi chiese spiegazioni – conosceva quelle persone e intuì facilmente i motivi. Si limitò a dirmi che ogni sera si ritrovava con un gruppo di amici e mi invitò a unirmi a loro quella sera stessa. Fu così che cominciai a frequentarli con regolarità, e in breve tempo divennero la mia nuova compagnia. E sono gli amici del paese che vedo ancora adesso quando torno in puglia. 

E poi ci sono le compagnie di Bologna, nate durante gli anni dell’università. Attraverso i miei compagni di corso ho conosciuto tante persone, e per un periodo ci ritrovavamo ogni sabato sera, in gruppi anche piuttosto numerosi. Col tempo, queste uscite si sono trasformate: da grandi ritrovi si è passati a serate più intime, con gruppi ristretti.

Con il passare degli anni, però, molti di quegli amici si sono allontanati. C’è chi si è trasferito in un’altra città per lavoro, chi è stato assorbito dagli impegni familiari o professionali. Per fortuna, c’è ancora uno “zoccolo duro” di amici che continuo a vedere con una certa regolarità, anche se le occasioni per incontrarsi stanno diventando sempre più rare.

In fondo alla fine, quello che conta davvero non è quanti amici ci siano, ma chi resta. E sebbene le uscite si siano diradate, sapere che ci sono ancora persone con cui basta uno sguardo per capirsi, è un piccolo, grande conforto. Anche se le compagnie cambiano, e con il tempo le strade si dividono, credo che ogni gruppo lasci qualcosa. Alcuni legami si affievoliscono, altri resistono, ma in tutti quei momenti condivisi c’è un pezzo di chi siamo stati. E, forse, anche di chi siamo oggi.

Le amicizie cambiano, crescono o si trasformano con noi. Ma alla fine, quello che conta è avere qualcuno con cui condividere un pezzo di strada. 

E voi, come vivete le vostre amicizie? Avete costruito una compagnia solida nel tempo o vi circondate di pochi amici fidati?



18 commenti:

Marco Freccero ha detto...

Pochi e fidati. Amici che arrivano da quando avevo 20 anni. Ci siamo persi, e ritrovati. E adesso procediamo!

Barbara Businaro ha detto...

Avevo una bella compagnia tra ultimo anno delle superiori e università, alcune compagne di classe e poi amici aggiunti, per cui organizzavamo belle uscite, serata in pizzeria, pomeriggi a giocare con videogame o a vedere fil in vhs tutti insieme. Con la maturità, abbiamo preso strade diverse, chi di studio e chi di lavoro, non sembrava un problema. Ma qualcuno covava invidia nei miei confronti, come ho scoperto dopo da altri amici ancora che avevano sentito parlare male di me, e si sono comportati davvero male per un mio compleanno. Peggio ancora per la mia laurea, quando li ho invitati sperando si potesse andare oltre. Pensare che io invidiavo loro che, lavorando, avevano sempre i weekend liberi mentre io morivo sui libri, senza ancora vedere un futuro. E loro invece invidiavano me, per lo studio, gli stage lavorativi (gratis, manco le spese) e boh, l'emancipazione forse. Non vedevano la fatica e i sacrifici. E' stata una bella batosta e mi ero ripromessa di essere più cauta nelle amicizie. Ma mi è capitato altre due volte di ricevere degli sgambetti proprio brutti da persone che ritenevo fidate. L'ultimo è capitato di recente, quando un'amica che conosco da vent'anni, e che nell'ultimo decennio mi raccontava difficoltà enormi in famiglia (che io non ci dormivo la notte, temendo di trovarla tra le pagine di cronaca nera…), si è rivelata una persona un po' disconnessa dalla realtà. Tende ad esagerare tutto quello che le accade, e quando l'ultima volta l'ho fatta riflettere sull'incongruenza delle sue frasi, mi ha tacciato di essere maligna, maleducata, giudicante, e quant'altro. Qualche anno fa si è rifiutata di proseguire il percorso psicologico che le era stato consigliato, e credo mi usasse come cestino della sua negatività. Non faceva bene a me, ma credo nemmeno a lei, alla fine. Non rinnego l'amicizia, non le rinnego mai anche quando finiscono male, perché comunque le ho voluto bene, ma chiaramente è finito il nostro tempo insieme. Comunque ho degli amici fidati che sono vero oro puro, e quelli me li tengo stretti più che posso.

Giovanni ha detto...

Amicizia
E' un sentimento.
che ancora non ho trovato.
ho Trovato lungo i miei marciapiedi ottimi conoscenti.

Ariano Geta ha detto...

Come "gruppi" in senso di persone che si ritrovano nello stesso posto ne ho avuti un paio, però con legami non necessariamente di amicizia stretta.
Amici con cui ho mantenuto un legame trentennale ne ho solo un paio a dire il vero, però sono sempre state amicizie individuali, non legate a un "gruppo". Ammetto che sono sempre stato piuttosto riservato e quindi ero inadatto a compagnie numerose.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Giusto Marco, pochi amici fidati sono la formula vincente, anche se averne di più, se dicevi, comunque non guasta.

Sandra ha detto...

Penso che le grandi compagnie tipiche della giovinezza e degli anni '80 e '90 siano di difficile durata nel tempo, soprattutto in città. Mia cugina che abita nel paese dove ho la casa in Valle ha un gruppo super resistente, davvero una vita. Ci si trasferisce, tante cose, la vita che incombe, le difficoltà, e si ripensa a quegli anni con nostalgia. Le mie compagnie del mare, della Valle, a Milano un po' meno, sì dai 16 ai 19 in realtà avevo il gruppo del coro della chiesa in cui cantavo, poi ho sciaguratamente cambiato casa e li ho persi. Adesso diventa complicato mettere insieme una pizzata, ci sto combattendo proprio oggi.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Cara Barbara, spesso si subiscono invidie assurde senza concrete motivazioni, questo perché molte persone si fermano alla superficie e non capiscono la fatica che c’è dietro una determinata situazione. Gli amici che ti invidiavano perché studiavi all’università osservando solo il fatto che avresti conseguito una laurea (e la fatica dello studio, il fatto di non lavorare e non guadagnare nulla nel frattempo non lo consideravano…) la pochezza di certe persone si vede anche da questo , ma esistono tanti casi di invidia “irragionevole” pensa che una mia collega mi invidiava perché sono divorziata ed ero più libera (secondo lei). E poi ci sono i cosiddetti amici pronti a sfogarsi con te per i loro mille problemi (e magari farsi di nebbia quando sei tu ad aver bisogno).
Gli amici veri sono rari e preziosi come l’oro, é giusto tenerseli stretti (per fortuna ci sono anche quelli)

Giulia Lu Mancini ha detto...

A volte Giovanni sono importanti anche gli ottimi conoscenti, alcuni possono avvicinarsi a una forma di amicizia.

Giulia Lu Mancini ha detto...

In effetti Ariano i gruppi troppi grandi faticano a mantenersi compatti nel tempo, credo sia abbastanza naturale. Ti confesso che anch’io ho sempre preferito i piccoli gruppi oppure i singoli amici, ma spesso erano le amiche più vivaci ed estroverse a trascinarmi in compagnia ed era un modo per me di non isolarmi e aprirmi agli altri. È capitato però che nelle grandi compagnie abbia avuto modo di conoscere persone interessanti che spesso mi hanno ispirato per i miei personaggi (con opportuni cambiamenti).

Giulia Lu Mancini ha detto...

A volte Sandra i meccanismi che permettono la durata delle compagnie sono vari. Possono riguardare le abitudini in comune, il fatto di vivere sempre in uno stesso luogo, tante piccole cose che facilitano il consolidarsi e il perdurare delle amicizie. Questo per esempio è accaduto per il mio gruppo di amici della Puglia che, nonostante il passare degli anni, hanno mantenuto un rapporto durevole e hanno continuato a frequentarsi con costanza, sono cresciuti e invecchiati insieme. Nelle grandi città può essere più difficile, ma non impossibile, dipende sempre dagli interessi in comune che fa continuare una frequentazione negli anni. Alcuni miei amici di Bologna, conosciuti ai tempi universitari, si frequentano ancora oggi con regolarità e i loro figli sono diventati amici a loro volta. Poi è vero, può accadere che diventi difficile organizzare una pizzata, ma questo è dovuto alla frenesia di impegni non solo lavorativi che ormai ci travolge.

Brunilde ha detto...

Le mie amiche sono il punto di riferimento fondamentale della mia esistenza. Una conosciuta nel 1983( 42 anni che ci conosciamo, 42 anni che litighiamo...) , l'altra alla fine dell'università, nel 1985: eravamo appena laureate, ora siamo entrambe pensionate. Un paio conosciute poco dopo quel periodo. Altre due sono conoscenze più recenti, un regalo dell'età adulta: una quindicina di anni circa. Sono donne di grande spessore, abbiamo condiviso momenti divertenti, vacanze, spettacoli, sport, serate. E ci siamo strette una all'altra nelle difficoltà e nel dolore: separazioni, lutti, malattie, problemi con i figli.
Non siamo una " compagnia", ognuna ha impegni familiari, lavorativi, ecc, ma c'è un filo che ci lega, e non si spezza. E quando ci si vede, e si fa qualcosa insieme, è bellissimo. Condividere poi viaggi o vacanze è il massimo. Sono molto fotunata, lo dico sempre: sono figlia unica , ma ho delle sorelle !

Giulia Lu Mancini ha detto...

Che bello Brunilde avere queste amicizie femminili così solide, negli anni sono le colonne a cui appoggiarsi nei momenti brutti, ma anche in quelli felici per condividere insieme la gioia e i sorrisi. Il filo che lega e non si spezza è una bellissima immagine che rende appieno il senso del vostro legame.

Elena ha detto...

Tocchi un tasto dolente. Ho frequentato molte compagnie, una per ogni fase della mia vita : l'adolescenza, la giovinezza, l'università, lo sport. Poi la vita intensa e anche la normale disassuefazione hanno allentato i legami. Sento ancora alcune persone, ma non ho più gruppi, se non di rado. E mi mancano momenti di festa e spensieratezza. Seguo un po' il ragionamento di Sandra, la vita di città è più divisiva... Non invidio ma ammiro chi tra voi ha mantenuto rapporti con le proprie compagnie, anche se inevitabilmente in modi differenti

Giulia Lu Mancini ha detto...

Concordo Elena, la vita di città è più divisiva, tra le maggiori distanze (che contano anche quelle), gli impegni di lavoro di ognuno e quelli familiari comportano una maggiore dispersione nelle amicizie dei grandi gruppi e, magari, anche di quelli più piccoli. Mantenere certi legami implica anche notevole impegno da parte di ognuno e non sempre si hanno le energie, a volte ci si perde senza motivo e non è colpa di nessuno.

Luz ha detto...

Io ho dell'amicizia una visione molto "romantica". Sarà perché, come te, da giovanissima mi sono staccata dalla mia regione di nascita e ho dovuto costruire tutto ex novo. Dell'adolescenza non mi è rimasto granché, il grosso delle mie compagnie era del tutto "estivo", quando ci riunivamo con la comitiva di amici villeggianti con i quali sono praticamente cresciuta. Col tempo, però, esattamente come accade in maniera fisiologica, tutto si è perso (in modo indolore, eravamo semplicemente adulti). Da quando vivo vicino Roma, ho fatto poche e significative esperienze, nel bene e nel male. Potrei scrivere una risposta lunghissima, vado alla sintesi: oggi mi piace costruire relazioni significative, mature, l'età ti porta a scelte molto più nette, cerchi una vera affinità. Penso che la cosa più bella sia quella che si chiama "amicizia di famiglia", quando i mariti si conoscono e parlano volentieri assieme, se ci sono figli anche quelli. Le amicizie di famiglia però richiedono dedizione, perché tendenzialmente comportano cene assieme nelle case (cosa che adoro fare), uscite in occasioni, ecc. ma se sei sempre tu quella che invita, promuove, coltiva, allora tendono ad affievolirsi e magari trasformarsi in altro, qualcosa di più personale non esteso ad altri componenti della famiglia. E ci sta, sono situazioni che richiedono equilibri e desideri che può capitare gli altri non condividano. Da un annetto a questa parte ho scoperto la bellezza di una famigliola che adora aprire le porte di casa sua e inventare serate anche canterecce, uno spasso! Ecco, sto attualmente coltivando questa amicizia "di famiglia" che mi piace molto, la cosa bella è che si sviluppa in due direzioni molto carine: una parte vissuta con la mia amica, una parte con le famiglie. Non è la mia sola frequentazione, ne ho di diverso tipo, ed è giusto così, bisogna in certo senso "trovare la quadra". :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sì, cara Luz, esistono diverse tipologie di frequentazioni, con gli anni si fanno più mature, non è più il rapporto morboso e/o esclusivo che si può creare nell’adolescenza, ma i rapporti di amicizia diventano legati agli interessi comuni e alle affinità. Ovviamente serve un certo impegno, perché mantenere vive certe amicizie vuol dire impegnarsi per potersi frequentare con regolarità e, in questi tempi frenetici, serve uno sforzo comune, anche solo per ritrovarsi il fine settimana.
Come ho raccontato, ho avuto anch’io compagnie estive e compagnie di città, ma poi con il tempo qualcuno si é perso per strada. Avevo anch’io una visione romantica dell’amicizia, ma invecchiando ho capito che non esistono amicizie perfette, esistono affinità e vicinanza, persone corrette e serie con cui si ha la fortuna di essere amici e persone che “fingono” amicizia per opportunità di vario genere. È la vita, grande maestra, che ti insegna a discernere, non senza sofferenza.

Marina ha detto...

Io ho avuto due compagnie significative: una ai tempi del liceo: la comitiva di Via Bissolati, dove ci vedevamo ogni sera con un gruppo nutrito di compagni di scuola più alte persone, alcune di provenienza parrocchiale. Tempi bellissimi di amori, scampagnate, giri in moto... Poi ho vissuto quattro anni a Palermo e lì le amicizie erano varie e scollegate. Il gruppo doc è stato quello degli anni universitari, ma a Caltanissetta, il punto di ritrovo di tutti i giovani era il Viale della Regione, li ogni comitiva aveva una zona di appartenenza. Ne frequentavo una nutrita, dove tra l' altro ho stretto con chi sarebbe diventato mio marito (già lo conoscevo, ma in quel'occasione ci siamo frequentati più da vicino). Oggi non ho un gruppo fisso: amicizie belle, ma che non posso vedere quando vorrei per ovvi motivi logistici. Insomma, sembra che anche le compagnie subiscano un' inevitabile evoluzione. :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Hai ragione Marina, le compagnie evolvono nel tempo, é inevitabile, per questioni familiari, logistiche e altro. Per questo invidio un po’ quelli che (come nell’articolo che ho citato) hanno mantenuti rapporti solidi negli anni. Sicuramente vivere nello stesso posto negli anni aiuta a differenza di chi come noi si é spostata in altre città, tra università e lavoro. Certo è stato anche bello condividere esperienze e amicizie diverse.