La scelta della voce narrante in un romanzo è molto importante, soprattutto per l'autore. Per inciso la voce narrante è la persona a cui si decide di affidare il compito di raccontare la storia che può essere la prima o la terza persona. La terza persona è un narratore esterno che però sa tutto della storia e descrive i personaggi con le loro emozioni e le loro implicazioni psicologiche, culturali e sociali. La prima persona invece è un narratore interno alla storia, di solito il protagonista, che nel raccontare la storia esprime il suo personale punto di vista e scopre le vicende man mano che le vive.
Nel romanzo che sto scrivendo sto usando la terza persona perchè mi permette di esprimere il punto di vista dei diversi personaggi come un narratore esterno 'onnisciente', cosa non del tutto realizzabile con la prima persona.
Anche se poi negli ultimi tempi ho letto sempre più spesso romanzi dove, in prima persona, venivano espressi i diversi punti di vista dei personaggi principali e talvolta secondari.
Addirittura nel romanzo di Chiara Gamberale "Le luci nelle case degli altri" c'è un intero condominio di personaggi che a tratti si esprimono in prima persona e in momenti temporali differenti.
Ogni personaggio racconta la sua storia e il suo punto di vista esprimendo i sentimenti nei confronti della protagonista che rimane il filo conduttore della storia.
L' importante credo sia mantenere il giusto equilibrio degli elementi della storia.
Un po' come nelle posizioni yoga. Senza l'equilibrio tutto crolla.
L' importante credo sia mantenere il giusto equilibrio degli elementi della storia.
Un po' come nelle posizioni yoga. Senza l'equilibrio tutto crolla.
Ho letto anche romanzi in cui i personaggi si alternano con perfetta regolarità nel racconto della storia. Nei romanzi contemporanei accade ormai sempre più spesso, si è passati da tempi narrativi in cui l'autore raccontava gli eventi in ordine cronologico, dall'avvenimento più antico fino a quello più recente, a tempi narrativi sempre più spesso in ordine non cronologico con intrecci più complessi.
Così si inseriscono i flash back per narrare eventi del passato del protagonista o anticipazioni per raccontare eventi che accadranno dopo.
Quale sia la tecnica migliore non è dato saperlo. Credo che tutto dipenda dall'armonia con la quale i fatti si inseriscono nel romanzo. Punti di vista, flash back e anticipazioni devono essere inseriti ad arte in modo da mantenere vivo il filo conduttore e l'attenzione del lettore sulla storia che si sta raccontando.
Non voglio fare una lezione sulle tecniche narrative più giuste, esprimo soltanto il mio parere da lettore.
Il libro di Chiara Gamberale, nonostante i salti temporali e i molteplici punti di vista, mantiene una sua armonia narrativa, anche se ogni tanto sono tornata indietro a rileggere alcuni capitoli del romanzo perché nel frattempo dovevo mettere meglio a fuoco qualche passaggio.
Nel romanzo che sto scrivendo espongo, in terza persona, evoluzione psicologica e punti di vista dei personaggi con salti temporali di diversi anni. Avevo qualche dubbio sull'efficacia narrativa, ma leggendo il romanzo della Gamberale mi sono ricreduta, almeno in parte.
Certo la stesura è ancora in corso e molto della storia è nel limbo della mia immaginazione quindi parafrasando Battisti "lo scopriremo solo scrivendo" come andrà a finire.
Perché quello che è fantastico nella scrittura creativa è il fatto di crescere insieme alla storia, scoprire sensazioni impreviste proprio mentre si scrive e i personaggi ti sorprendono con le loro azioni.
La complessità dell'intreccio, lo sviluppo graduale della vicenda, la caratterizzazione dei personaggi diventano parte della tua vita e ti rendono partecipe.
Credevo che la terza persona donasse un certo distacco all'autore della storia, invece con mia sorpresa mi ritrovo a 'sentire' profondamente le emozioni dei personaggi e a immedesimarmi in ciascuno di loro. Quindi mentre con la prima persona usata nel mio primo romanzo ero focalizzata sulle percezioni della protagonista, nei successivi mi ritrovo a provare stupori, sorprese e turbamenti non solo della protagonista principale ma anche degli altri personaggi a lei collegati. Anzi mi viene perfino il dubbio che non esista un solo protagonista principale, ma ce ne sia più di uno. E ognuno tende a portarmi da qualche parte, chissà dove.
E voi, da cosa tendete a farvi trasportare?
E voi, da cosa tendete a farvi trasportare?
18 commenti:
Di solito preferisco i romanzi in prima persona perché li "sento" di più, ed è per lo stesso motivo che la uso quando scrivo. Ma è vero che la terza persona dà una visione più completa e raggiunge corde che la prima non tocca. Prima o poi la devo provare. :p
Io mi divido tra prima persona, nell'Opera Magna, e terza persona nella Blog Novel, e devo dire che mi faccio trasportare allo stesso modo dall'una e dall'altra. I personaggi in terza persona possono in fin dei conti esprimere delle parti di te stesso e della tua esperienza di vita altrettanto bene di quelli in prima.
Riguardo al tuo discorso sulla tecnica, non è sempre detto che una narrazione in terza persona comprenda l'onniscienza. Si può anche decidere di filtrare il racconto attraverso gli occhi e la mente del/dei personaggio/i, scoprendo della storia solo quello che di volta in volta rientra nel campo di azione e reazione della sua/loro esperienza. Il narratore, che è il solo onnisciente, in questo caso si mantiene come al di fuori della narrazione.
Anch'io preferivo la prima persona, poi mi sono ritrovata a scrivere in terza perchè ho ripreso la stesura di un romanzo cominciato a scrivere con la terza persona e ho scoperto nuove potenzialità. Puoi provare, nulla vieta di tornare alla prima ;-)
È vero con entrambe è possibile lasciarsi trasportare allo stesso modo, dipende da quanto si sente il personaggio, tu Ivano ti tieni in esercizio con entrambi. Ottimo metodo. Riguardo al narratore onnisciente può essere utilizzato nel modo più opportuno, scegliendo di far esprimere e rivelare i personaggi in tutto o solo in parte secondo lo sviluppo del racconto.
In realtà credo che dipenda dal narratore. Pirandello, per dire un autore storico che adoro, anche quando racconta in terza persona riesce letteralmente a esprimere il punto di vista dei vari personaggi del racconto, ma non semplicemente a narrarlo, lo rende proprio vivo, vibrante, febbrile come neppure certi narratori che usano la prima persona riescono a fare.
Lo sai, io ho faticato da quando ho conosciuto tutti voi tramite il blog a stare dietro ai pdv famosi. All'inizio mi confondeva la terza persona, perché come anche dice bene Ivano c'è una scrittura onnisciente che vede tutto dall'alto e racconta tutto di tutti e una scrittura in terza persona limitata a un personaggio narrante che non è il narratore che rimane fuori dalla storia... Lì, bisogna stare attenti, perché è facile cadere in errore (naturalmente a me è capitato).
La prima persona mette d'accordo tutti, ma non sempre è la scelta narrativa migliore.
Mi piacerebbe allora emulare Pirandello, ok ridiscendo sulla terra, almeno tendere ad avvicinarmi ;-)
Capisco Marina cosa vuoi dire. In realtà il narratore esterno può raccontare molto di più proprio perché osserva da fuori. Io vivo la terza persona come se fosse di volta in volta l'anima dei personaggi e per questo entro in ciascuno di loro, spero di riuscirci bene.
In realtà ci sono romanzi che passano dalla prima alla terza eppure nessuno sembra accorgersene. Quello che conta in fondo è il risultato. Io, per esempio, quando inizio a scrivere uno dei miei racconti lo faccio già con la sua dove "definitiva". Se è in prima persona, seguo quella, non mi sogno neppure di cambiarla.
Ciao Marco! Interessante il passaggio dalla prima alla terza persona, a pensarci bene è così anche nel libro che ho citato. Tu parti già con la tua voce, e basta seguirla. Sono andata a rileggere alcuni passi di Cardiologia, infatti i tuoi racconti sono sia in prima che in terza. Comunque hai ragione quello che conta è il risultato. E se leggendo non ci rendiamo conto della prima o terza persona allora il risultato è raggiunto.
A me la prima persona piace poco, quando leggo, e quindi finora non l'ho mai usata scrivendo. Però ho letto romanzi scritti in prima che mi hanno trascinato molto, forse dipende dalla bravura dell'autore. Secondo me è il pdv più rischioso tra tutti, perché richiede una capacità di immersione di gran lunga superiore degli altri. Il pdv in terza è alla fine quello più facile da gestire, secondo me.
Ricordo che un tempo imperversava la terza persona, poi abbiamo assistito sempre più a un prevalere della prima persona.
Come lettrice non ho particolari preferenze, dipende tutto da come viene scritto il romanzo e da quanto è coinvolgente.
Di solito quando sono trascinata da una storia mi dimentico persino se è scritto in prima o terza persona, leggo a oltranza e non ci penso.
Come scrittrice negli ultimi tempi preferisco la terza persona. E poi con la prima persona è molto più frequente che mi chiedano “ma è autobiografico?” racconti nel tuo post ;-)
Ah, allora mi sa che non la userò mai la prima persona :D
eh già...:D
Devo dire che mi piace la terza persona, ma non disdegno la prima. Se scrivo in terza persona devo solo stare attento a mantenermi sul piano della soggettività o dell'oggettività a seconda di come ho improntato la storia.
Ciao Max ho iniziato a leggere il tuo libro! Che è in terza persona e secondo me è una scelta giusta dato l'argomento.
Lo posso leggere solo quando sono a casa quindi vado un po' a rilento, ma ti dirò le mie impressioni alla fine. Io trovo che la terza persona dia maggiore libertà di espressione, ma anch'io non disdegno la prima che ho usato nel primo romanzo.
Ora ho paura. Come tutte le volte che qualcuno mi dice che sta leggendo il mio libro. Ti dico comunque grazie, speremmu ben.
No dai ti tranquillizzo, quello che ho letto finora mi è piaciuto. Comunque ti capisco capita anche a me di avere paura :-)
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