La maggior parte di ciò che chiamiamo "personalità" è determinato dalle scelte che abbiamo fatto per difenderci dall'ansia e dalla tristezza. Alain de Botton. |
Sono una persona ansiosa e questo si è tradotto spesso nella fretta di realizzare qualcosa a tutti i costi e in anticipo rispetto ai tempi canonici. Ho sempre pensato che questo fosse un mio grande difetto, non avevo mai considerato la mia ansia in senso positivo. Poi un giorno ho letto un'intervista a Daria Bignardi, una delle mie autrici preferite, di lei ho letto tutto, l'ho sempre seguita e, presa dai mille impegni di lavoro e di scrittura, non mi ero quasi accorta che era uscita con un nuovo romanzo.
Si intitola "Storia della mia ansia", parla di Lea, una donna ansiosa che, colpita da un tumore, impara ad affrontare la malattia e, insieme ad essa, anche le sue ansie.
Ma non voglio focalizzarmi sul romanzo, che ho comprato in eBook e che presto inizierò a leggere.
In realtà voglio parlare dell’ansia, quello stato d’animo prevalentemente cosciente, caratterizzato da una sensazione di intensa preoccupazione o paura, spesso infondata, relativa a uno stimolo ambientale specifico, associato a una mancata risposta di adattamento da parte dell'organismo in una determinata situazione, che si esprime sotto forma di stress per l'individuo.
Si intitola "Storia della mia ansia", parla di Lea, una donna ansiosa che, colpita da un tumore, impara ad affrontare la malattia e, insieme ad essa, anche le sue ansie.
Ma non voglio focalizzarmi sul romanzo, che ho comprato in eBook e che presto inizierò a leggere.
In realtà voglio parlare dell’ansia, quello stato d’animo prevalentemente cosciente, caratterizzato da una sensazione di intensa preoccupazione o paura, spesso infondata, relativa a uno stimolo ambientale specifico, associato a una mancata risposta di adattamento da parte dell'organismo in una determinata situazione, che si esprime sotto forma di stress per l'individuo.
Questa è la definizione di wikipedia.
È uno stato d’animo che rischia di rovinare la vita perché ci fa vivere male.
La Bignardi però fa un’analisi interessante, l’ansia può diventare energia creativa, per anni è spinta da una strana forza a sostenere le prove più faticose, a mettersi costantemente alla prova per raggiungere determinati obiettivi, a svegliarsi all’alba con mille pensieri di cose da fare, dire, scrivere.
L’ansia l’ha spinta a coltivare la sua vocazione per la lettura prima e la scrittura poi e, forse, è grazie ad essa se è diventata quello che è oggi perché ha seguito quel bisogno insopprimibile di creare qualcosa da condividere con gli altri.
Leggendo questa intervista, ho avuto una specie di illuminazione. Mi sono riconosciuta in moltissimi punti. In effetti tutto quello che ho realizzato nella mia vita è stato spesso determinato dall’ansia. Per esempio mi sono laureata a tempo di record perché ero assalita dalla paura di non farcela, di non arrivare alla fine a causa di ostacoli imprevisti. Una causa reale c’era, mia madre in quegli anni attraversò un periodo segnato dalla malattia ed io temevo di dover interrompere gli studi. Ma questo stato d’animo esisteva anche prima. Ho sempre sentito all’interno una specie di costrizione, di bisogno di fare le cose, di creare e arrivare alla conclusione. Questo nel mio lavoro mi costringe spesso a programmare tutto in anticipo, a non dormire la notte al pensiero di quello che devo fare e a sentirmi spesso oppressa, è inevitabile.
Però l’aspetto positivo è che questo bisogno urgente si riversa anche nella scrittura, quando ho in testa una storia non mi do tregua, scrivo di continuo, nel tempo libero, senza quasi sentire la fatica e organizzo il mio tempo con il cesello per dedicarmi al romanzo che sto scrivendo, finché non l’ho finito. Ho sempre paura che i miei personaggi non possano vivere abbastanza per arrivare alla fine della storia. E quando ci arrivo sono sfinita. Dopo però mi prendo i miei periodi di pausa, altrimenti soccomberei.
L’ansia l’ha spinta a coltivare la sua vocazione per la lettura prima e la scrittura poi e, forse, è grazie ad essa se è diventata quello che è oggi perché ha seguito quel bisogno insopprimibile di creare qualcosa da condividere con gli altri.
Leggendo questa intervista, ho avuto una specie di illuminazione. Mi sono riconosciuta in moltissimi punti. In effetti tutto quello che ho realizzato nella mia vita è stato spesso determinato dall’ansia. Per esempio mi sono laureata a tempo di record perché ero assalita dalla paura di non farcela, di non arrivare alla fine a causa di ostacoli imprevisti. Una causa reale c’era, mia madre in quegli anni attraversò un periodo segnato dalla malattia ed io temevo di dover interrompere gli studi. Ma questo stato d’animo esisteva anche prima. Ho sempre sentito all’interno una specie di costrizione, di bisogno di fare le cose, di creare e arrivare alla conclusione. Questo nel mio lavoro mi costringe spesso a programmare tutto in anticipo, a non dormire la notte al pensiero di quello che devo fare e a sentirmi spesso oppressa, è inevitabile.
Però l’aspetto positivo è che questo bisogno urgente si riversa anche nella scrittura, quando ho in testa una storia non mi do tregua, scrivo di continuo, nel tempo libero, senza quasi sentire la fatica e organizzo il mio tempo con il cesello per dedicarmi al romanzo che sto scrivendo, finché non l’ho finito. Ho sempre paura che i miei personaggi non possano vivere abbastanza per arrivare alla fine della storia. E quando ci arrivo sono sfinita. Dopo però mi prendo i miei periodi di pausa, altrimenti soccomberei.
Ecco perché sto riconsiderando il mio stato ansioso non più come un fardello (anche se lo è) ma come un’opportunità. Io sono così: eternamente inquieta e bisognosa di placare l’ansia con il mio spirito creativo.
E voi, come placate la vostra ansia?
19 commenti:
Mi hai fatto riflettere. Anch'io credo di avere questa forza sconosciuta che mi spinge a fare, a concludere, a dare compimento. Se prima non aveva un volto preciso, oggi so che è determinata dalla paura di non esserci più da un momento all'altro. Chi ha attraversato la malattia, come me, sa bene a cosa mi riferisco. Anch'io sono convinta che questa spinta a fare, che talvolta mi porta anche a pretendere troppo da me stessa, sia alla base della mia creatività. Grazie per il post, mi ha aiutato a prenderne coscienza ;)
È vero, la malattia dona la consapevolezza che non siamo eterni e che il tempo non va sprecato. Nell'intervista la Bignardi parte da questo (lei stessa credo abbia fatto i conti con la malattia). Sono contenta di averti aiutato a prendere coscienza di questo, peraltro è la stessa cosa che è capitata a me.
Io placo l'ansia con l'attività fisica e mentale, sposto l'attenzione, per così dire. Più generalmente le difficoltà mi mettono in moto, mi incazzo e cerco di superarle, non mi lascio andare più di tanto, se succede capita per poco. In questo senso, forse l'ansia, quando capita, è una spinta anche per me.
Cercare di superare le difficoltà è un ottimo metodo per placare l'ansia, poi tu nel mezzo ci scrivi dei thriller, quindi niente male ;-)
Da ragazzo quando avevo periodi di tensione ansiosa (e purtroppo mi capitava spesso) avevo preso l'abitudine, ispiratami dallo studio della cultura giapponese, di fare qualcosa di simile alla loro "cerimonia del tè": un momento di totale distacco dal mondo esterno celebrato preparando una tazza di tè concentrandosi solo sulla preparazione e poi sul gusto del tè mentre lo si beve.
Forse oggi sono un po' meno ansioso - sottolineo il "forse" ;-) - però mi capita ancora di prepararmi un infuso solo per concentrarmi sulla sua preparazione e scordare tutto il resto.
Bella la cerimonia del tè, mi ispira molto. Seguire dei piccoli riti può essere un buon antidoto contro l'ansia, io ho il rito del caffè, me lo faccio lungo in tazza grande e lo sorseggio lentamente e rimando ogni decisione al dopo caffè...
Non mi considero ansiosa, anche se in alcune circostanze lo sono. Arrivare in ritardo a un appuntamento, per esempio, per me è terribile, anche quando so già che non ci saranno conseguenze gravi. Quando devo uscire da quella specie di circolo vizioso che si nutre di se stesso, uso a volte un sistema in parte simile alla cerimonia del tè di cui parla Ariano: mi concentro sui dettagli di ciò che sto facendo (gesti, azioni), li rallento, come se non esistesse niente altro. Di solito il beneficio è rapido. :)
Anch'io mi agito molto quando arrivo in ritardo. Concentrarsi sui dettagli mi sembra un buon metodo, prendo nota anche di questo rimedio, potrei copiarvi ;-)
Sai che questo punto di vista sull'ansia non lo avevo mai considerato? Io sono stata una mamma ansiosa, molto, talmente tanto da venire additata come quella che esagerava in tutto (dai cambi dietro alle altre mille minuzie) poi quando mi sono resa conto di vivere male così, di non godermi nulla e soprattutto di soffocare gli altri ho smesso Credo di aver messo l'ansia in un cassetto senza più ricordare dove. Mi è bastato prenderne consapevolezza per capire che l'energia investita lí avrei potuto usarla in maniera più proficua. Stessa cosa per la scrittura. È uno stato d'animo che non mi piace credo falsi le percezioni e cerco di tenermene ben distante Quando la sento arrivare parlo un po' con me stessa e se davvero ci tengo mi isolo da lei per godermi la situazione Non è facile ma spesso è solo dentro la testa. Certo ben diverso è quando si tratta di malattie...
In effetti anch'io questo nuovo punto di vista l'ho considerato leggendo l'intervista, mi ci sono ritrovata e quindi l'ho fatta mia. Mi rendo conto che cerco sempre di organizzarmi con largo anticipo ed è proprio per difendermi dall'ansia. Credo che se avessi dei figli sarei iper ansiosa, però anche lì dovrei cercare di domarmi in qualche modo. Sei stata brava a mettere l'ansia in un cassetto, ma hai fatto bene perché i figli potrebbero sentirsi soffocare, diciamo che bisogna vegliare da lontano. Veicolare l'ansia verso un'energia creativa è meglio...
Una delle forme in cui si traduce la mia ansia è la mania di programmare tutto, che è poi la mania del controllo... certo, non raggiungo i livelli di virtuosismo di mio marito Ruggero che è un vero maestro nel campo, ma certo vado molto vicina. Con il tempo però ho imparato a lasciarmi andare di più e soprattutto a non innervosirmi quando le cose non vanno per il verso giusto.
Di recente mi è venuta però l'ansia per il tempo che passa velocemente, e la possibilità che qualcosa di imprevisto possa troncare i miei progetti. I lutti in famiglia ci aiutano a riflettere anche su questo aspetto... Siccome, però, sono credente, sono convinta che potremo continuare con i nostri progetti anche nell'altrove, con innumerevoli altri vantaggi collaterali!
Ah, ah cara Cristina abbiamo la stessa mania, io vorrei programmare di continuo, per il timore che i miei progetti possano subire una battuta d'arresto. Ma ti dirò, ogni tanto le cose belle avvengono per caso, senza averle programmate. L'amore della mia vita l'ho incontrato in un giorno in cui non me l'aspettavo proprio...forse possiamo programmare, ma senza diventarne schiavi e senza trovare una ulteriore fonte di ansia...però se possiamo colitivare i nostri progetti nell'aldilà ben venga!
In effetti neanche io avevo pensato a questo aspetto dell'ansia (e stai parlando con una persona super ansiosa...) ma capisco benissimo quello che vuoi dire. In effetti l'ansia ci spinge a tenere tutto sotto controllo, a essere previdenti, e questo può avere i suoi vantaggi. Ciò nonostante ne farei volentieri a meno!!
A questo punto però sono curiosa del romanzo, spero che appena lo avrai letto ci dirai di più.
Potrei scrivere un post dopo averlo letto, per ora ho letto solo l'incipit. Sono curiosa anch'io di leggere questa storia, finora la Bignardi non mi ha mai delusa, mi piace molto il suo stile e in quello che racconta mi ci ritrovo sempre parecchio.
Quella di cui tu parli è l'ansia positiva, quella che ci fa realizzare molto, anche se con fatica, che ci rende previdenti e pronti (per quanto possibile) agli imprevisti. E' un'ansia caratteriale, credo, fa parte di noi, del nostro essere. Ma va distinta dall'ansia negativa, quella che ci fa vivere male, che ci spedisce anche all'ospedale (da attacchi di panico a problemi cardiaci). Quella è un campanello d'allarme che qualcosa nella nostra vita davvero non va. E che occorrono misure drastiche. Conosco purtroppo entrambi, con la prima convivo bene (anzi, è pure un punto a favore su certi impieghi). La seconda è sempre "ansia instillata" da altri: da situazioni critiche in famiglia, sul lavoro, con gli amici. Allora aiuta circondarsi di persone positive, gratificarsi (mi piace la cerimonia del te, io uso quella inglese però ;) ) e anche lasciare andare qualche volta.
Daria Bignardi autrice non la conosco, ma ero un'ascoltatrice accanita de La mezz'ora Daria su Radio DeeJay il giovedì mattina ai tempi dell'università (avevo tutte lezioni al pomeriggio).
Io seguivo sempre le sue interviste al programma Le invasioni barbariche, mi piaceva molto e faceva anche domande scomode ma sempre con garbo. Mi era piaciuta anche nelle prime due stagioni del Grande Fratello, prima che quel programma diventasse trash...invece in radio non l'ho mai seguita. Come autrice mi ha conquistata, secondo me scrive bene. L'ansia positiva fa fare tante cose belle, però che fatica. Conosco molti che non si sconvolgono mai neanche sotto scadenza e sono abbastanza irritanti soprattutto sul lavoro, perché finisce che l'ansiosa (che sono io) risolve i problemi anche per loro...riguardo l'ansia instillata dagli altri cerco di difendermi come posso, ma non è facile, a volte uso il metodo del "lascia che sia"
Mi ritrovo molto in quello che scrivi. Sono ansiosa, a volte a ragione, spesso no. Vivo male i periodi di stress. Ma ho fatto le cose migliori della mia vita nei momenti di stress. L'ansia non mi paralizza, ma ottimizza le mie prestazioni. Però fisicamente mi distrugge...
Con l'ansia divento iper attiva e probabilmente faccio un sacco di cose anch'io, però la fatica fisica è enorme. Mi sa che siamo sulla stessa lunghezza d'onda :)
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