sabato 4 luglio 2020

La cantastorie



Se scrivo lo devo a mia madre, lei era una cantastorie.I figli ereditano pregi e difetti dai propri genitori e credo sia così, da mio padre ho preso la razionalità e l'organizzazione, oltre alla capacità di imparare sempre cose nuove.Mia madre invece era una creativa, pavida, artista mancata, cantava come un usignolo con una intonazione perfetta e amava raccontare storie. Inoltre amava ogni forma d'arte, tanto che quando osservava - in foto o in TV - qualche opera particolarmente toccante si commuoveva. Tempo fa lessi un libro che si intitolava "I fiori non hanno paura del temporale" di Bianca Rita Cataldi, l'autrice a un certo punto definisce la protagonista una cantastorie, colei che si siede accanto al fuoco e racconta ad alta voce storie magiche di altri tempi, e lì ho avuto una illuminazione.
Molte delle storie che raccontava mia madre erano cantate, sì anche lei era una cantastorie, perchè le storie oltre a raccontarle ad alta voce, le cantava.
A volte rimpiango il tempo che non ho potuto passare con lei negli ultimi anni della sua vita anche per le storie vere che non mi ha potuto raccontare, sul suo paese di origine e sulla sua famiglia, storie che sono andate via con lei per sempre. Eppure non avrei mai pensato che tutte le storie raccontate da mia madre mi sarebbero rimaste addosso come una seconda pelle. Quando è morta avevo trentun anni, era l'età in cui stavo scoprendo il valore delle mie origini e cominciavo a capire alcuni aspetti del suo carattere.
Dopo la sua morte avrei voluto scrivere la sua storia o una storia che la ricordasse, ma il dolore era troppo vivo per poterlo raccontare, solo anni dopo, quando mi sono riavvicinata alla scrittura, ho scritto un romanzo che parla di lei, dei nonni e di tanto altro nei ricordi della protagonista, Michela.
Ho immaginato una donna che portasse il nome del mio nonno materno che si chiamava Michele e che è morto prima che io nascessi. 
Michela mi assomiglia molto, ma è molto più forte, intraprendente, coraggiosa e rivoluzionaria di me, non è forse questo il vantaggio della scrittura? Far fare ai propri protagonisti  molto più di quello che farebbe l'autore...per me è un po' così.
È anche un modo per riconciliarsi con la realtà, scrivendone, un modo per trasformare i ricordi e renderli di nuovo vivi e, forse, comprenderli meglio.
Insomma credo che questa mia voglia di raccontare storie derivi da lei, è questa l'eredità che mi ha lasciato ed è una ricchezza o magari una maledizione.
Da una parte c'è in me una grande razionalità e concretezza, quelle caratteristiche serie o seriose del carattere che rendono anche la vita piuttosto pesante, prima il dovere, come si dice; dall'altra però c'è questa voglia di evadere e di dedicarsi a qualcosa di più elevato, più leggero o più evanescente, qualcosa che io possa, però, dirigere muovendo i fili dall'alto per arrivare al mio finale.

E questo può essere davvero un bel potere, probabilmente innocuo perchè inventa solo storie per chi avrà voglia di ascoltarle, leggerle e dimenticarsene.



Fonti immagini
Pixabay


18 commenti:

Ariano Geta ha detto...

Ti capisco in pieno. Tua madre è stata per te come per me fu mia zia, anche lei pur non avendo mai neppure pensato di prendere una penna in mano (e pur essendo stata una donna d'azione più che una sognatrice) amava tanto raccontare le storie di famiglia, i suoi ricordi, fatti accaduti ai suoi conoscenti.
Mi ci sento un po' anch'io, però essendo io stato sempre molto chiuso e a disagio in mezzo alla gente, io le storie le raccontavo al foglio di carta sul quale le scrivevo... Per me immaginare storie è una necessità. Se mi limitassi a riversare la mia immaginazione solo nella mia mente, senza dargli uno sfogo "esterno" con la scrittura di racconti o la creazione di fumetti, penso che impazzirei.

Sandra ha detto...

Scrivere x riconciliazione col passato,molto bella questa cosa.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Ariano di aver condiviso questa storia, abbiamo quasi tutti dei componenti della famiglia con qualche particolare attitudine, pensa che io ho studiato perché il fratello di mia nonna (aveva solo due anni in più di mio padre, succedeva una volta nelle famiglie numerose) mi spinse a studiare e a frequentare l'università, lui aveva il diploma da geometra che per l'epoca era tanto, fui la prima della mia famiglia a prendere una laurea, cosa che in un certo senso mi ha cambiato la vita. Comunque tornando alle storie, anch'io sono molto schiva e scrivere è per me un modo di raccontare senza espormi troppo...tua zia da come la descrivi potrebbe essere una fantastica protagonista di un romanzo di vita vera.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Sandra, è un modo di ripercorrere certi eventi e capirli meglio, a volte mi é capitato.

Barbara Businaro ha detto...

Leggendo te, stavo cercando di fare mente locale da chi ho preso io... niente. Mio padre legge solo la Gazzetta sportiva e le storie che gli piacciono sono i pettegolezzi, anche se Beautiful e Una vita sono le sue serie preferite (negli anni '80 impazziva per J.R. Ewing, il cattivo di Dallas). Mia madre mi diceva di essere stata una buona lettrice, ma per la verità l'ho vista leggere poco, anche in questi anni che tempo ne ha di più, trova sempre una scusa. Dei nonni materni c'è poco e tutto brutto da ricordare. Dei nonni paterni, il nonno parlava poco e se n'è andato presto, nonna e zia (la sorella del nonno, non coniugata, che viveva con loro) più che storie inventate al momento raccontavano filastrocche, ma niente di così eccezionale. Quindi proprio non lo so... qualche gene dormiente esploso all'improvviso con il mio arrivo. :D

Grazia Gironella ha detto...

Tua madre ti ha lasciato una bellissima eredità. Nella mia famiglia non c'è una tradizione di raccontastorie, ma ricordo quando vidi - avevo forse quindici anni - in una bancarella alla fiera del libro di Bologna un libro di tale José Gironella. Scoprii in quel momento che il mio cognome ha origini catalane e che esisteva un Gironella scrittore conosciuto, mio lontano parente (non tanto lontano, visto che certe sue foto sembrano di mio padre). Chissà se quella scoperta mi ha influenzata; ero già una grande appassionata di libri. E' comunque bello pensare che ci sia questa trasmissione di valori e di idee di generazione in generazione.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Chissà magari qualche lontano parente oppure sei la prima della famiglia con la voglia di raccontare storie, chissà. Io per esempio ho sempre amato leggere, ma in famiglia sono l'unica, le mie sorelle leggevano dei romanzi ai tempi della scuola ma dopo hanno smesso del tutto. I miei nipoti, di età tra i 25 e i 31 anni, leggono un libro ogni tanto, solo in vacanza. Tutto sommato i geni sono importanti ma ogni individuo è unico e irripetibile, mi piace pensare che sia davvero così :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Allora anche tu avevi un avo che raccontava storie, immagino che tu abbia comprato il libro di Josè Gironella, deve essere bello scoprire di avere un antenato scrittore. Ogni generazione porta un bagaglio di esperienza con sè ed è bello trasmetterlo ai figli e ai nipoti, ciò avviene però in modo imperscrutabile ed è bello proprio per questo.

Marco Freccero ha detto...

No, nessuno della mia famiglia era un vero e proprio cantastorie. Ma ogni famiglia ha le sue storie, popolate di certi personaggi strani, bizzarri, oppure assurdi; o anche di tragedie. E alla fine, chissà perché, decidi che quelle storie, o certe storie, non debbano cadere nell'oblio. Ma poi quasi sempre finisci con lo scrivere di altre storie ancora che nulla hanno a che fare con quelle. Non credo che sia un tradimento. È il proprio modo per continuare la tradizione.

Marina ha detto...

Non è una maledizione, Giulia, è solo una ricchezza che richiede spazi e sacrifici. Sono convinta che certe passioni o inclinazioni si ereditino: io avevo mio nonno, il creativo per eccellenza e poi mia madre, una divoratrice di libri. E forse c’entra anche l’esempio che riceviamo in famiglia: è una fortuna che tu sia cresciuta con una cantastorie, per anni hai potuto assorbire il piacere che le si leggeva negli occhi e si tramandava attraverso la voce e ne hai raccolto i frutti.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Anche raccontare storie diverse va bene, Marco, del resto quante volte si decide di raccontare una certa storia e si finisce per raccontarne un'altra che, magari, è solo un'evoluzione di quello che volevamo raccontare. L'importante è appunto continuare la tradizione, e poi i personaggi bizzarri sono quelli che restano impressi nella mente.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Lo so Marina, anch'io la considero una ricchezza e sono felice quando una storia che ho in mente si concretizza sulle pagine di un romanzo, però spesso la fatica diventa grande e, siccome mi piace finire quello che ho cominciato, spesso non mi do tregua. E poi mi fa piacere aver raccolto le memorie di mia madre.

Lisa Agosti ha detto...

Che bello, che bel ricordo. Nessuno nella mia famiglia racconta storie, immagino che sia il mio ruolo. Non ci avevo mai pensato.
Mi dispiace che tu non abbia potuto chiedere a tua madre di cantarti altre storie, spero che sia lei a mandarti l'ispirazione per i tuoi libri.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Può essere, per anni ho creduto che lei vegliasse su di me, ora penso che, in realtà, i nostri affetti restino in noi attraverso quello che ci hanno insegnato e impresso in vita, certe frasi, certe immagini e anche certe attitudini.

Maria Teresa Steri ha detto...

E' una bella eredità la tua ed è anche un modo per ricordare tua madre e portare avanti la creatività che lei coltivava. Sono certa che in qualche modo lei sia presente accanto a te quando scrivi e racconti le tue storie.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Maria Teresa,
in effetti credo che la mia voglia di raccontare storie derivi da lei ed è un modo per sentirla ancora vicina.

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Grazie di aver condiviso con noi questo ricordo così intimo di tua madre, Giulia. Mi ricordo che ne avevi parlato anche in un altro post, del fatto che lei cantava mentre stirava. Nella mia famiglia il creativo per eccellenza era mio papà, a partire dal disegno, passione che mi ha trasmesso: mi piace molto disegnare e dipingere, anche se di recente ho poco tempo, e quel poco lo dedico alla scrittura. Pensa che ho ritrovato delle lettere in tempo di guerra, di quando era un giovane militare, dove si faceva l'autoritratto a matita, è stata una grande emozione. Oltre a disegnare e dipingere, era bravissimo a raccontare storie: infatti mi narrava delle fiabe o delle storie famose prima di addormentarmi. Per me è stato meraviglioso immergermi in quelle avventure, di conseguenza mi ha trasmesso la passione per le storie rocambolesche e appassionanti.

Giulia Lu Mancini ha detto...

È bello trovare un pezzo di sè nei propri genitori e noi siamo una loro estensione, credo che, al di là delle somiglianze fisiche, sia molto importante ereditare qualche loro specifica attitudine che ce li fa sentire più vicini. Quante belle passioni che hai ereditato, disegno e racconti di storie e fiabe, mica male.