Nulla apre gli occhi della memoria come una canzone (Stephen King) |
Era una sera di inizio estate, probabilmente fine giugno o inizio luglio, del 1984, me lo ricordo perché era il primo anno di università e vivevo a San Lazzaro di Savena provincia di Bologna.
Ogni mattina mi svegliavo alle sei per poter prendere l’autobus n. 45 e arrivare all’aula Pincherle della Facoltà di matematica a porta San Donato prima delle otto del mattino. Non frequentavo matematica, era un’aula prestata alla facoltà di Economia che allora contava quasi 2000 matricole, non ho capito perché la facoltà di Matematica (che aveva pochi studenti) avesse delle aule enormi come la Pincherle disposta su più piani, mentre la facoltà di Economia, ben più affollata, avesse aule molto più piccole.
Ora l’autobus 45 non c’è più, o meglio, c’è sempre ma ha cambiato numero. Tutto il primo anno di università fu caratterizzato da quel percorso in autobus, ricordo che ogni volta che andavo in centro davo appuntamento alla fermata del 45 sotto le due torri...ma smetto di divagare, torniamo a quella sera d'estate.
Era molto caldo, anche se non ricordo delle estati torride come adesso, è pur vero che l'edificio adibito a studentato in cui abitavamo era immerso in una specie di ampio spazio verde e quindi l'aria circolava molto di più, insomma era caldo ma si stava bene. Il nostro unico cruccio, di studenti squattrinati, era quello di non poter fare molto la sera perchè non avevamo la macchina e l'ultimo autobus era a mezzanotte, non ci era concesso vivere le lunghe notti bolognesi (Bologna è sempre stata la città che non dorme mai, regno dei biassanott) però quella sera non avevamo bisogno di spostarci da San Lazzaro perchè potevamo giocare in casa, al parco della Resistenza c'era un concerto dei Nomadi ed era gratis.
Così io, Maria, Rosanna con i ragazzi dell'ultimo piano, Antonio, Pino, Roberto e Bruno ci organizzammo per mangiare una pizza in casa e poi andare al concerto dopo cena. Eravamo un gruppo di fuorisede molto affiatato uniti dagli stessi interessi o dallo stesso tipo di povertà.
Il parco della Resistenza era gremito di gente, ma tutto sommato si stava abbastanza larghi, noi riuscimmo ad arrivare quasi vicino al palco e vedere dal vivo Augusto Daolio, il cantante più famoso del gruppo, dalla voce e dal timbro inconfondibile, scomparso nel 1992 a soli 45 anni. Ogni tanto il gruppo dei ragazzi intonava una specie di cantilena inneggiando al Vagabondo, era un modo per richiedere quella canzone che ovviamente i Nomadi cantarono per ultima e poi replicarono su richiesta del pubblico.
Che poi ci sentivamo tutti noi un po' vagabondi sarà per la frase: Io un giorno crescerò e nel cielo della vita volerò...
Il ricordo che ho di quella sera è una sensazione di beatitudine e libertà, con la percezione di essere al centro del mondo, protagonista della mia vita.
Avevo già finito brillantemente gli esami della sessione estiva e mi sentivo in vacanza, pronta a cogliere nell’ozio e nella spensieratezza la ricompensa delle mie fatiche, presto saremmo partiti tutti per i nostri paesi di origine e quella fu una sera che celebrava l'estate e la nostra giovane amicizia.
Nel nuovo anno accademico ci perdemmo di vista, io mi trasferii in uno studentato nel centro di Bologna in un appartamento perfino più bello e appena ristrutturato, mantenni i contatti con Maria e Rosanna ancora per un anno poi restarono solo saluti sporadici. Antonio frequentava il DAMS e voleva fare il regista, Pino e Roberto erano iscritti a Economia come me e con Roberto per un po' ci incrociammo a lezione, ma eravamo in corsi diversi e dopo divenne più difficile incontrarsi. Invece Pino, quello stesso autunno, dovette ripartire in fretta e furia da Bologna perché suo padre si ammalò, conservo ancora una sua lettera in cui mi racconta di quei giorni e stranamente mi è capitato di rileggerla proprio dopo la morte di mio padre e, solo in quel momento, attraverso quelle righe ho compreso bene tutto il suo dolore. Bruno lo incontrai per caso, qualche anno dopo, dentro l’ospedale Bellaria, entrambi in un momento difficile per una persona cara.
Insomma quel concerto estivo dell’estate 1984 era stato per noi proprio un momento di spensieratezza prima di una svolta piena di cambiamenti, del resto è così la vita, no?
Poi ogni esistenza ha fatto il suo corso come succede sempre, li ho cercati sui social senza esito tranne Pino che ora vive a Firenze, dove si è trasferito per lavoro dopo la laurea, e ha una bella famiglia. Ogni tanto ci mandiamo dei messaggi, mi ha detto che Bologna gli è rimasta nel cuore. Googlando fuori dai social ho ritrovato Roberto che fa il commercialista nel suo paese di origine e Antonio che non fa il regista ma lavora nel campo delle belle arti, Maria, laureata in Scienze Agrarie, si occupa di qualità e controlli alimentari. Degli altri non so nulla, difficile trovarli perchè non ricordo il cognome, proprio come dei vagabondi si sono persi per le strade del mondo. È una settimana che mi frulla in testa questa canzone ed è sempre l’immagine di quella sera che si affaccia nella mia mente. Come affermava Ligabue nella sua canzone Per sempre C’è un istante che rimane lì piantato eternamente, per sempre.
Fonti Immagini: Pexel