domenica 30 settembre 2018

Il successo è fare quello che ami

Tra i libri consigliati nelle varie riviste ogni tanto qualcuno mi rimane più impresso. 
Uno di questi è intitolato "Quello che ti piace fare è ciò che sai fare meglio" di Filomena Pucci coach e scrittrice con un passato di autrice televisiva. 
Potrebbe sembrare la scoperta dell'acqua calda, però se ci pensate, quando facciamo qualcosa che ci appassiona lo facciamo bene o, almeno, tendiamo verso il perfezionismo.
Se hai un grande sogno devi cercare di realizzarlo e magari farne il tuo lavoro, non arrenderti mai, persevera più che puoi. 

Fare quello che amiamo significa volerci bene


Bisogna partire da se stessi, cercare di volersi bene ed essere disposti a rischiare perché si può essere sconfitti, ma solo rischiando potremo ottenere quello che vogliamo. 
Insomma se vogliamo fare quello che ci piace dobbiamo studiare, approfondire e dedicarci alla nostra passione, e magari preparare il terreno per potere, un giorno chissà, farne anche il nostro lavoro principale. 
Questi sono discorsi che abbiamo già sentito, è vero. Il punto però, secondo l'autrice, è che quando ci dedichiamo a fare quello che veramente ci piace sarà altamente probabile raggiungere il successo in quello che andremo a fare. Questo vale per la scrittura, ma anche per qualsiasi altra attività.  Ma niente avviene per magia, la fatica c'è, nulla viene regalato.


In cuor tuo sai perfettamente quello che ti piace fare, ma per capire se quello è anche il tuo talento occorre prendersene cura, dedicarvi tempo con costanza e assiduità, essere pazienti, procedere per tentativi e non lasciarsi scoraggiare, ognuno trova a suo modo la sua strada. È importante anche ammettere le proprie vulnerabilità, capire i punti di debolezza e lavorarci per migliorarli o superarli. 
Questo libro è rivolto alle donne, ma i concetti che ho esposto secondo me valgono per tutti.
Siete d'accordo?




20 commenti:

Ariano Geta ha detto...

Beh, non c'è dubbio che molti - io per primo - magari dicono "come lavoro mi sarebbe piaciuto fare..." e poi alla domanda "Ma cosa hai fatto per cercare di riuscire a trasformare la tua passione nel tuo lavoro?" la risposta è "Niente, perché era una strada troppo difficile, etc."
Ecco, sì, in effetti a volte non si crede realmente nei propri sogni ed è un male.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Beh, non è semplice, l'autrice del libro ha lasciato il suo lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, però sostiene anche che è stata una scelta avventata perché per i primi due anni ha arrancato un po', infatti nel libro consiglia di preparare prima la strada. In ogni caso dedicarsi a tempo pieno alle proprie passioni è un lusso che non tutti si possono permettere, magari si può fare la scelta di chiedere un part time, oppure per chi non può sacrificare il tempo libero...io per ora faccio così, ma è difficile.

Nadia Banaudi ha detto...

Che bellissima frase d'apertura. Concordo in pieno. Se riesci a capire ciò che ami fare sarà un piacere trascorrere la vita facendolo. Qualunque sacrificio verrà ricompensato e le soddisfazioni saranno maggiorate. Mi ispira il libro davvero molto,grazie per il consiglio.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Noi sappiamo quello che amiamo, costruire storie con la scrittura. Conosciamo anche tutte le difficoltà che vi ruotano intorno. Il libro è interessante, credo offra molti spunti di incoraggiamento per fare quello che ci appassiona.

Monica ha detto...

Giustissimo. Se si crede tanto in qualcosa bisogna provarci. Se non funziona, almeno potremmo dire di aver tentato. ;)

Barbara Businaro ha detto...

Breve storia triste:
Mi piaceva tanto lavorare con i computer.
Ne ho fatto il mio lavoro.
Non mi piace più.
:D :D :D

Che poi... non è che tutto quello che ci piace abbia uno sbocco lavorativo nel mercato attuale. Ti piace dormire? Fai il collaudatore di materassi? Ti piace essere sempre in vacanza? (a chi non piace?!) Fai l'ispettore dei pacchetti vacanze?

Grazia Gironella ha detto...

Certo che sono d'accordo! Il problema è che, quando si fanno le cose con tutta la passione possibile, viene spontaneo non solo sperare - che è un bene - ma anche crearsi aspettative e pretese. Quando queste sono deluse, il contraccolpo è forte. Per questo direi: fare quello che si ama con impegno e passione, ma mettere la gioia del farlo al primo posto, e la riuscita come eventualità.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Giustissimo, tenere il sogno chiuso nel cassetto non aiuta a realizzarlo ;)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Il rischio è che se fai qualcosa per dovere finisce per non piacerti più, può succedere. Una mia amica faceva l'impiegata ma sognava di aprire una gelateria, L'ha fatto e per dieci anni è stata contenta, ma tra gli orari scomodi (essere aperta sempre di sera e nei festivi) e le tasse che soffocavano i guadagni alla fine non apprezzava più quel lavoro, ora ha venduto tutto ed è contenta di fare il gelato solo per amici e familiari...Comunque non tutto quello che amiamo può essere trasformato in un lavoro. A proposito l'ispettore dei pacchetti vacanze esiste in un certo senso, si chiama il Mistery Client, una mia amica lo fa, valuta il livello di hotel di lusso, di ristoranti e di negozi. Lei è molto felice del lavoro che fa perché ama viaggiare...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sarebbe meglio non crearsi troppe aspettative, anche se un pochino ci si spera no? Ma forse il trucco é proprio fare le cose per il solo piacere di farlo.

Unknown ha detto...

I consigli della mia omonima sono azzeccatissimi. Io cerco di fare tutto con passione, forse è per questo che mi piace farlo. Amo la scrittura, è una grande passione, se però fosse un lavoro diventerebbe frustrante, credo, perché il tempo dedicato sarebbe sproporzionato rispetto alla resa in termini economici. Ergo... meglio che rimanga un bellissimo hobby

Giulia Lu Mancini ha detto...

Forse hai ragione Rosalia, se la scrittura diventasse un lavoro forse potrebbe non piacerti più, però per dedicarsi a quello che appassiona in forma di hobby è importante avere un lavoro che permetta di trovare il tempo da dedicare al proprio hobby, non sempre è così. Ci sono dei lavori che fagocitano la vita e assorbono tutto il tempo e le energie non lasciando quasi nulla per un hobby. Se poi parliamo di resa economica il libro parla proprio di questa sfida, fare in modo che l'hobby diventi lavoro nel senso che permetta di poterci vivere, quindi garantire uno stipendio.

Maria Teresa Steri ha detto...

Il messaggio di mettere al primo posto le proprie passioni è sicuramente positivo. Non ricordo chi diceva che felicità è fare il lavoro che ci piace. Però non posso fare a meno di dire che quando ciò ti piace viene trasformato in un lavoro vero e proprio, si perde un po' del piacere. Mi riferisco ai casi in cui entrano in gioco la pressione di un progetto da concludere, i tempi da rispettare, l'avere a che fare con terze parti con cui non sempre sei d'accordo, e così via. Forse l'ideale è far sì che le nostre passioni continuino a essere abbastanza forti da superare anche questi ostacoli...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Hai ragione, la felicità è fare quello che ci piace e se poi diventa il nostro lavoro allora è bellissimo, finchè non ci stanca proprio perchè è diventato un lavoro con stress, scadenze, pressioni e problematiche connesse. Però siccome, con il lavoro che faccio, ho a che fare con problematiche complesse e spesso spiacevoli ben più di quelle che trovo rispetto alla scrittura ho l'impressione (forse illusoria) che potrebbe piacermi di più...

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Sono senz'altro d'accordo con quanto dice l'autrice del libro, e aggiungerei che fare quello che ti piace ti regala la vera libertà, che è quella interiore. Spesso non ci rendiamo conto di aver ricevuto un vero dono, e lo sprechiamo tra mugugni e frustrazione. Non so se mi piacerebbe vivere del mio lavoro di scrittura: una volta pensavo che fosse una meta sicuramente desiderabile, oggi mi rendo conto che c'è tutto un corollario di pressioni, scadenze e obblighi mondani che non mi piace. Parlo naturalmente per esperienza indiretta! :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sicuramente se una casa editrice stipula un contratto ben remunerato poi ha giustamente delle pretese dal proprio autore, di scrittura e di tour promozionali, immagino non sia per tutti. Anche in questo caso è una questione di scelte, io per lavoro sopporto situazioni molto pesanti, ma non posso esimermi perché mi pagano uno stipendio. Provare una situazione lavorativa diversa non mi dispiacerebbe...almeno per vedere ;)

Mariella ha detto...

Quello che mi piace fare è scrivere.
Anche se non è diventato un lavoro ho perseguito questa mia aspirazione creando il mio blog, scrivendo su siti web e pubblicando piccole cose.
Mi rende felice e non smetterò di farlo.
Basta poco, verissimo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Ciao Mariella! Se provi gioia nello scrivere è già un bellissimo obiettivo realizzato poterlo fare con soddisfazione tra blog e siti web. Condivido pienamente il tuo modo di vivere la scrittura.

Tenar ha detto...

In parte.
Questo ha molto a che fare con il racconto che sto pubblicando a puntate sul blog e che, credo, rispecchi il mio pensiero. C'è un gruppo di ragazzi tutti con molto talento per lo sport e decisi a dedicarci la vita. Meno della metà andrà avanti, uno solo che la farà davvero. Se poi a posteriori analizzi la vita di quello che ce l'ha fatta, beh, bastava crederci e impegnarsi, se consideri solo lui. E chi si è fatto male? Chi si è trovato in guai di altra natura? Chi aveva dei problemi che si sono fagocitati tutto? È colpa loro?
Al discorso motivazionale credo. Se non ti impegni davvero non puoi farcela. Ma anche mettendocela tutta puoi non farcela e magari non è colpa tua.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Crederci è molto importante, però il fattore "fortuna" conta molto, e per "fortuna" intendo proprio il fatto che non ci siamo impedimenti seri, che non accadono imprevisti gravi che facciano cadere la motivazione sotto i tacchi . Faccio un esempio un mio amico era vicino alla laurea ed era stato chiamato per fare un lavoro molto ben remunerato per il quale doveva passare un anno all'estero, proprio in quel periodo suo padre scoprì di avere il cancro e lui rimandò la laurea e rinunciò al lavoro per restargli accanto gli ultimi mesi di vita. Ovviamente non poteva fare altrimenti, però qui c'è un tempismo di sfortuna incredibile...poi nulla vieta di perseverare e chissà che la vita non presenti una nuova occasione, forse nel caso dello sport è più difficile perché legato molto alla giovane età