sabato 30 marzo 2019

Pensieri liberi senza pregiudizi e senza lieto fine


L'altra sera sono uscita con un'amica che non vedevo da tempo ed è stata una  bella serata, abbiamo parlato di tante cose. Poi lei mi ha esposto un problema che stava affrontando e per il quale aveva preso una decisione che tutti le contestavano, io le ho detto che se quella decisione la faceva star bene doveva fregarsene. 
"Se pensi che questa cosa ti faccia star meglio, vai avanti per la tua strada", le ho detto così.
Poi le ho raccontato di una vicenda analoga che mi era accaduta anni fa e per la quale avevo preso la sua stessa decisione.
"È bello parlare con te, tu sei una persona senza pregiudizi, non giudichi mai nessuno, con te mi sono sempre sentita libera".
Questa sua considerazione mi ha fatto riflettere, in effetti io sono così.
Stamattina, in un sabato di primavera, ripensando a quella frase mi sono ricordata di quanti mi hanno fatto le loro confidenze per questa mia mancanza di pregiudizi e mi sono ricordata di lui, il mio
vecchio amico, che chiamerò Mario, con un nome di fantasia, che mi parlava della sua nipotina anoressica e degli sforzi enormi che, con tutta la famiglia, stavano facendo per salvarla.
Psicologi, ospedali, cure di ogni tipo. 
Anna (sempre un nome di fantasia) frequentava un corso di danza, mangiava troppo poco o non mangiava affatto, talvolta esprimeva il suo disagio tagliandosi la pelle di gambe e braccia con una lametta. Ogni tanto aveva dei periodi sereni quando andava nella casa del nonno Mario, una splendida tenuta in campagna con tanti animali tra cui galline e oche.
Mario è rigorosamente vegetariano e i suoi animali muoiono tutti di vecchiaia. Ogni tanto mi mostrava fiero le foto delle sue galline padovane che sono di una bellezza strepitosa. Anna si divertiva a giocare con gli animali e sua nonna riusciva perfino a farle mangiare qualche forchettata delle sue tagliatelle fatte in casa.

Quando Mario mi parlava di Anna io cercavo di dargli dei consigli per quello che potevo, ma non sapevo bene cosa dirgli tranne che, con il tempo, certi problemi dell'adolescenza si risolvono, quando tutto quel groviglio interiore che ci sconvolge diventa improvvisamente più leggero. Anch'io a sedici anni ho avuto un periodo di crisi nera, ma poi crescendo sono diventata una persona equilibrata (a volte anche troppo). C'è un momento dell'adolescenza in cui sei terribilmente fragile e puoi cadere e forse perderti del tutto in un vizio, in una fuga senza ritorno dai tuoi demoni.
Non sappiamo cosa può salvarci, forse basta un gesto d'amore verso noi stessi che risvegli l'istinto alla vita. 
Anna era la prima della classe, prendeva voti altissimi, ma forse era felice solo nella casa di campagna di suo nonno quando correva dietro le galline padovane.
Oggi Anna non c'è più, ha scelto di lasciare questo mondo a soli sedici anni e Mario non so davvero come consolarlo.
Mario sa che scrivo e ogni tanto sorridendo mi chiedeva, non è che finisco in qualche tua storia?
Saresti un personaggio sicuramente interessante, gli rispondevo.
Anche se è molto più giovane in parte ho pensato a lui (e un po' anche a mio padre) quando ho immaginato il nonno di Sara Castelli, così come ho pensato ad Anna quando ho immaginato Sara adolescente. Solo che allora pensavo davvero che potesse esserci un lieto fine.

25 commenti:

Massimiliano Riccardi ha detto...

Non commento, dico soltanto che mi hai toccato il cuore.

Nadia Banaudi ha detto...

Dal dolore a volte nascono fiori. Sara Castelli è il bellissimo fiore di tante Anna sfiorite troppo presto e tu sei un fiore che profuma primavera a ogni stagione.

Calogero ha detto...

Brutta bestia il disagio giovanile.
Purtroppo il lieto fine non è un cliché di quell'assurdo romanzo che è la vita.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sì questa storia ha spezzato il cuore anche a me, purtroppo non riesci a salvare chi non vuole essere salvato.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Nadia, tu sei sempre dolcissima, non mi sento tanto un fiore. Sara Castelli è una donna forte, speravo che Anna lo fosse altrettanto. C'è il figlio di una mia amica che è fantastico, è un mattacchione, a scuola va così così, ma non si abbatte mai, è innamorato della vita, ha quattordici anni. La mia amica si lamenta perché lo vorrebbe più serio, invece io lo adoro proprio perché è così e le dico sempre che è meglio un adolescente leggero che un adolescente triste. Che poi leggero non vuol dire superficiale.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Il lieto fine è relativo, nei romanzi come nella vita, purtroppo quando un adolescente vive un disagio sembra davvero senza rimedio e non sempre si trova la strada giusta per salvarli.

Sandra ha detto...

La nipote di una mia cara Amica sta vivendo in disagio simile a 14 con autolesionismo, è stata ricoverata di recente, e sono tutti ovviamente assai in pena x lei. Siamo stati tutti adolescenti in crisi, io tanto e a lungo, ma oggi mi pare peggio. Mi spiace davvero x Anna

Giulia Lu Mancini ha detto...

Oggi la situazione sembra peggiore di un tempo, forse perché anche gli adulti hanno meno certezze e sono più spaesati. Spero che la nipote della tua amica riesca a uscirne.

Ariano Geta ha detto...

Sono esperienze terribili per chi le vive che lasciano profondamente turbati. Capisco quanto possa averti coinvolto emotivamente questo dramma. Io quando ero giovane andavo in una palestra, c'era un signore più grande di me con un figlio che andava alle medie quando io avevo circa 27 anni. Ogni tanto veniva a salutare il padre, c'erano dei ragazzi più giovani che lo conoscevano in modo più diretto, io ero amico del padre ma con il figlio al massimo ci scappava qualche sfottò calcistico. Si scherzava, si rideva, era un ambiente sereno. Non avrei mai immaginato, circa quindici anni dopo, di sentire una notizia sconvolgente per la nostra città, la notizia di un giovane non ancora trentenne che si era sparato un colpo in testa fuori da una chiesa... E quando ho letto nome e cognome sul giornale mi sono sentito sconvolto e mi sono chiesto: cosa è successo a quel ragazzino di 13 anni che veniva in palestra a salutare il suo papà e scherzava coi suoi coetanei? Cosa può averlo trasformato in un uomo talmente disperato da compiere un gesto del genere?
Non mi è più capitato di incontrare suo padre e - devi credermi - anche se ormai sono passati alcuni anni da quel fatto terribile se per caso lo incontrassi non saprei cosa dirgli...

Calogero ha detto...

Forse non ascoltiamo i giovani quanto dovremmo.
Anzi, non li ascoltiamo nel modo giusto. Sbagliamo partendo dal presupposto che la nostra esperienza ci attribuisca ragione a prescindere, così non cogliamo le sfumature nelle loro parole che, magari, colte in tempo, ci darebbero modo di capire cosa non va e studiare un piano di intervento fattivo.
Il disagio giovanile è sempre attribuibile agli adulti, che siano membri della famiglia oppure familiari degli altri giovani con cui si rapportano nel quotidiano (nel senso che se un ragazzino bullizza i nostri figli, con tutta probabilità il bulletto o patisce un disagio familiare o riceve un'educazione barbara).

Giulia Lu Mancini ha detto...

Ti capisco, ci sono eventi che ci lasciano impotenti e senza parole, non sappiamo cosa può portare una persona a una disperazione tale da togliersi la vita, è davvero triste e chi rimane è sicuramente inconsolabile.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Hai ragione ascoltare i giovani nel modo giusto è difficile, in questo caso la ragazza era stata seguita molto, pensa che anche i genitori facevano delle sedute di psicoterapia assieme alla figlia, ma non è servito.

Tenar ha detto...

La vita a volte è bastarda e a volte cerchiamo nella narrativa il lieto fine che la realtà ci nega.
Un abbraccio virtuale, ma sentito.

Giulia Lu Mancini ha detto...

È vero, credo che mi piaccia scrivere anche per regalare un lieto fine a certe storie che sento dentro me. Grazie di cuore per l'abbraccio.

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Una storia da stringere il cuore, davvero toccante, e una persona che ha lasciato un vuoto immenso. Purtroppo, per quanti sforzi si facciano, sentiamo sempre di non esserci prodigati abbastanza. L'anoressia può addirittura coglierti anche dopo l'adolescenza, conoscevo una donna sposata che era anoressica, per fortuna è riuscita a tirarsene fuori con la maternità. Un abbraccio forte.

Luz ha detto...

Storie come questa scavano un solco dentro di noi.
Comprendo perfettamente il tuo averla voluta ripercorrere pur riscrivendone il "finale".

Giulia Lu Mancini ha detto...

Certi malesseri non passano con l'adolescenza oppure, se non risolti, riemergono più avanti. La maternità può essere una cura perchè si entra in un'altra fase della vita acquisendo la responsabilità di un altra piccola persona che chiede di esistere. Molti ragazzi sentono la vita come un fardello insopportabile.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Purtroppo quando ho creato il personaggio di Sara ormai più di due anni fa Anna era ancora viva e si stava curando. Solo in parte mi sono ispirata a lei. La notizia del suo suicidio circa quattro mesi fa mi ha addolorata come se fosse una persona di famiglia, soprattutto pensando al dolore del mio amico.

Calogero ha detto...

Capisco che il mio sia un ragionamento freddo, ma a volte anche la genetica ci mette la coda.
C'è chi è geneticamente portato per le dipendenze, chi ha attivo il gene degli occhi azzurri e, tra l'infinità di combinazioni possibili, chi in un modo o nell'altro è o si sente geneticamente inadatto a questa vita.
In tal caso è inutile cercare spiegazioni o attribuire responsabilità. Scienza e ricerca non hanno ancora tutte le risposte.

digito ergo sum ha detto...

è consolante capire (e afferrare con due mani) che le nostre considerazioni non cambiano la realtà delle cose. la verità pura viaggia sempre su un binario suo, schiva ogni ostacolo e si snoda al di là dei giudizi e delle visioni parziali. fa già bello così

Giulia Lu Mancini ha detto...

Ciao digito ergo sum, benvenuto nel mio blog! Cambiare dipende molto dalla forza interiore che ognuno ha in sè o forse è già tutto scritto nel destino...

Grazia Gironella ha detto...

Anche per me è sempre stato difficile accettare di non poter aiutare le persone contro la loro volontà. E' importante farlo, però. Credo che alla base della mia frustrazione ci fosse sì la preoccupazione per la persona, ma anche una concezione un po' egocentrica della vita in generale. Quando mi sono resa conto che le persone hanno una loro vita separata dalla mia e non soggetta alle mie logiche, è diventato più facile, anche se a volte non meno triste.

Barbara Businaro ha detto...

La mente umana è complessa, affascinante e terribile allo stesso tempo. Chissà cosa si è scatenato dentro Anna per arrivare ad un gesto così fatale. Mi chiedo sempre se per arrivare a finire la propria vita ci voglia un grande atto di coraggio o una temporanea disconnessione dei propri pensieri. Me lo sono chiesta solo qualche mese fa, quando sul giornale ho letto di un uomo di 60 anni circa che si è annegato qui vicino. Ha lasciato una lettera, dunque era premeditato. Depressione dicono, nonostante gli amici lo descrivano come una persona socievole e affabile, conosciuto e ammirato in paese. E come diceva mia nonna, il problema non è per chi va, ma per chi resta.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Crediamo di poter far tutto con le nostre solide convinzioni e siamo in assoluta buona fede, poi di fronte a questi casi ci rendiamo conto che siamo impotenti, che nessuno si salva se non lo ha deciso intimamente nel suo cuore. Spesso l'aiuto di un altro non è sufficiente, purtroppo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Tua nonna diceva bene, il problema maggiore è per chi resta, perché dovrà affrontare il dolore e andare avanti nonostante quel gesto. Chi si uccide lascia una pesante eredità a chi rimane. La mente umana è complessa e nessuno può entrare nella mente di un altro per capire davvero. Credo che uccidersi richieda del coraggio e anche una temporanea disconnessione dai propri pensieri perché il coraggio non venga meno.