domenica 14 febbraio 2021

Lavorare stanca



«Camminiamo una sera sul fianco di un colle, in silenzio. Nell'ombra del tardo crepuscolo /mio cugino è un gigante vestito di bianco/ che si muove pacato, abbronzato nel volto,/ taciturno. Tacere è la nostra virtù./ Qualche nostro antenato dev'essere stato ben solo/ - un grand'uomo tra idioti o un povero folle -/ per insegnare ai suoi tanto silenzio[1]»

Il titolo di questo post nasce da un’opera di Cesare Pavese, una raccolta di poesie intitolate appunto “Lavorare stanca” (sopra un estratto della poesia I mari del sud sezione Antenati).
Pavese era uno scrittore di cui mi ero follemente invaghita dopo aver letto il suo diario pubblicato postumo Il mestiere di vivere, un insieme di riflessioni dell'autore sulla vita e sulla morte.
La raccolta di poesie di Cesare Pavese non c'entra molto con il contenuto di questo post, ma il titolo sì. Ogni volta che qualcuno si aspetta di ottenere qualcosa con poco sforzo io esordisco con la frase: eh sì lavorare stanca!

Quando studiavo, ai tempi dell'università, ero una stacanovista, studiavo moltissimo, anche perché dovevo mantenere un certo numero di esami e, se possibile, una certa media, per continuare ad avere diritto alla borsa di studio che mi ero guadagnata al primo anno e che sarebbe, presumibilmente, proseguita fino alla laurea.
I miei compagni di corso erano molto meno resilienti di me in fatto di studio (per la cronaca la parola "resilienza" era meno alla moda di quanto lo sia oggi, ma uso questo termine per rendere meglio il concetto).
Studiavo almeno otto ore al giorno, delle volte arrivavo anche a dieci ore, facevo una pausa di un'ora per andare a mangiare alla mensa universitaria e studiavo in una sala studio per non avere distrazioni. Riuscivo a preparare gli esami in tempi record (molto più celermente di molti miei compagni di corso).
Ero resiliente e molto costante anche perchè non ero affatto un genio, alcuni esami li ho "sudati" più di altri, per esempio matematica, sono stata bocciata alla prova scritta per ben cinque volte prima di approdare all'orale, però non avevo delle buone basi di matematica, per me integrali e derivati erano arabo, non avendoli studiati alle superiori (la matematica generale viene studiata bene al liceo Scientifico e non ha nulla a che fare con la matematica finanziaria che si studia negli Istituti Tecnici e io avevo fatto l'Istituto tecnico).

Ogni tanto qualcuno mi chiedeva come facessi a dare tanti esami in un anno accademico mentre loro riuscivano a darne sempre molto meno. Io ogni anno ero in pari con tutti gli esami.
 
La mia risposta era:
esiste un metodo infallibile, bastava solo incollarsi alla sedia davanti un libro e studiare, studiare e, ancora,  studiare.
Certo con matematica non era bastato, ero dovuta andare a ripetizioni da un professore che insegnava in un liceo scientifico per farmi le basi (anche perché il mio professore universitario di matematica spiegava davvero molto male, c'è poco da fare c'è chi è portato per l'insegnamento e chi no, la matematica la spiegava molto meglio il mio professore di Economia politica, il prof citato nel post qui )
Poi però, mi ero incollata alla sedia a studiare matematica per poter superare finalmente lo scritto.

Per riuscire nella vita bisogna perseverare e sudare tanto, niente arriva gratis.

Anche coloro che sembra facciano tutto facilmente, non lasciatevi ingannare, se arrivano a un obiettivo è perché prima hanno lavorato tanto, ma tanto tanto. 
Sì, vabbè ci sono anche i raccomandati, i ricchi ereditieri, i figli di papà, quelli che hanno avuto la strada spianata ecc ecc
È possibile, però se vuoi fare qualcosa di buono, se vuoi realizzare qualcosa serve lavorare duramente.

Spaccarsi la schiena è fondamentale per costruire qualcosa, oppure se non vuoi spaccarti la schiena puoi anche frodare il prossimo, anche questa é una strada ma è anche un'altra cosa...

Poi non è detto che lavorare duro sia sufficiente, un pizzico di fortuna serve sempre, essere al posto giusto al momento giusto, trovare sulla propria strada non dico un buon samaritano, ma almeno una persona corretta che non ti metta i piedi in testa, non soccombere nella giungla del mondo lavorativo.
 
Cosa stavo dicendo? Mi sono un po' persa. In realtà volevo parlare della scrittura, fare una specie di parallelismo tra studio e scrittura. In entrambi i casi bisogna impegnarsi e perseverare, perché altrimenti si perde la strada e, aggiungo, anche la voglia di farlo.
Negli ultimi mesi ho arrancato parecchio, nelle giornate libere dal lavoro poltrivo a letto fino a tardi, leggevo libri, vagavo sui social, mi concedevo cazzeggi e scambi di idee su WhatzApp con amici vari e infine accendevo il pc e provavo a scrivere. 
Ovviamente dopo aver disperso le mie energie in altre amene e inutili attività non avevo in testa più nulla, la mia creatività scendeva al livello più basso, più o meno sottoterra, e dopo un'ora e tre righe stringate scritte mi arrendevo.
Poi ho deciso di svegliarmi presto e dedicarmi a scrivere come prima cosa e cazzeggiare dopo, qualora me ne fosse restato il tempo.
È andata meglio, decisamente meglio, con fatica, ma più soddisfazione.
Negli ultimi due fine settimana mi sono svegliata alle sei del mattino e ha scritto per l'intera mattinata, sabato e domenica. Poi avendo dato una piccola svolta alla storia che sto scrivendo ci ho dedicato anche un paio di sere nel corso della settimana.
Insomma non possiamo salvare capra e cavoli, non si può avere tutto, chi non risica non rosica.
Tanto per dirla con le frasi fatte o sono proverbi? Comunque ho reso il senso del mio sproloquiare.
 
Prima di salutarvi e chiedervi cosa ne pensate, vi auguro buon San Valentino (per gli innamorati lettori di questo blog).


Fonti testi: Wikipedia (Cesare Pavese)

Fonti immagini: Pixabay

16 commenti:

Sandra ha detto...

Sono una gran lavoratrice e sono stata un'ottima studentessa fino al diploma preso con 54/60, ma non sono andata all'Università, con rammarico. Sì, lavorare stanca e sempre sì, è necessario. Tuttavia esistono alcuni, a mio avviso, innegabili privilegi, mediamente economoci, dati da posizioni pregresse (famiglie ricche) che facilitano la strada e l'arrivo a determinati traguardi. Di solito i fanfaroni vengono spodestati, ma può passare anche molto tempo.
Nella scrittura il duro lavoro è fondamentale, ti ammiro se riesci con costanza ad alzarti alle 6 per far partire la giornata scrittoria, non è da me. Per me dormire a lungo la mattina è un lusso tra i miei preferiti, nel weekend la sveglia suona alle 9, però poi recupero. E se adesso ho il mio favoloso part time verticale che mi consente diversi agi (vorrei sottolineare che nei giorni in cui non lavoro la casa è completamente sulle mie spalle, dalla spesa a stirare ecc, e sono 3 locali, con un marito che sta in camicia anche in casa, senza aiuti extra, e ho pur sempre una mamma non giovanissima a cui perlomeno pensare con i suoi imprevisti) ho comunque pubblicato diversi romanzi quando lavoravo full time, esattamente col duro lavoro, che certo stanca.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sandra ognuno ha la sua realtà con cui fare i conti, io per esempio se mi sveglio alle nove finisco col perdere l’intera giornata scrittoria perché scrivo fondamentalmente il sabato e la domenica mattina, poi da una certa ora circa le 14.00 il sabato e le 12.00 la domenica non posso più scrivere perché mi dedico agli affetti, tu se puoi fai bene a goderti il sonno nel week end, fai più che bene. Esistono i privilegiati è vero, beati loro, io ho un’amica che è ricca di famiglia e si è potuta permettere di licenziarsi da un lavoro che non le piaceva e cercare con calma un altro lavoro restando senza uno stipendio per un periodo di due anni, che dire beata lei, io sono rimasta in un posto di lavoro a crepare finché non ne ho trovato un altro, non mi potevo permettere di vivere d’aria nel frattempo. Ma è normale che sia così, non tutti partiamo dalle stesse basi.

Ariano Geta ha detto...

Io pure mi impegnavo molto bello studio, anche per senso del dovere (soprattutto all'università, visto che mi pagavano le spese i miei genitori). Sul piano "scribacchino", essendo quello più un hobby, me la prendo più comoda. Però ci dedico tempo, altrimenti sarebbe difficile "partorire" pagine su pagine. Ultimamente sto arrancando, temo che sia colpa del mix micidiale fra disagi legati al covid, freddo invernale e anni che passano...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Ti capisco Ariano, la dedizione allo studio di un figlio è un modo di ripagare i sacrifici dei genitori che pagano i costi dell’Università, diventa importante per loro, oltre che per se stessi. È qualcosa che si ripropone comunque in ogni attività, sopratutto poi in quelle che costituiscono un hobby, proprio perché bisogna ritagliarsi del tempo da dedicarvi, per questo può essere ancora più faticoso. Con il passare degli anni diventa più difficile, io per esempio sono molto più stanca e molto meno determinata...quindi sei in buona compagnia, ma a volte bisogna anche essere indulgenti con se stessi.

Luz ha detto...

Concordo, per raggiungere risultati veri la fatica da impiegare è tanta. Guarda, mi viene in mente tutto lo studio per raggiungere il ruolo in cattedra, dopo anni di scuola e università. Ci fu chi disse "ah, beata te, hai lo stipendio fisso". Ma che significa "beata"? Sapevo solo io quello che mi era costato anche solo il concorso, mesi e mesi di studio, tensione, ansia, e la scommessa di mettercela davvero tutta. E poi... e poi... il fatto di aver comprato una casa in collina, una porzione di villino bifamiliare che vent'anni fa potevo solo sognare. Ma è costato sacrifici su sacrifici, perfino vacanze non fatte, sere fuori di amici a cui rinunciavamo, acquisto di abiti solo con saldi e solo lo stretto necessario, e oculatezza perfino sulla spesa alimentare. Questo per anni e anni, perché si era puntato un obiettivo, che sulle prime appariva come una montagna e poi man mano è stata una cima che ci siamo guadagnati mollica dopo mollica. Oggi, c'è chi dice "beati voi... che bella casa". Solita battuta, come se tutto quello che possiedi fosse giunto magicamente chissà da dove.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Cara Luz, come ti capisco! Una frase che ha sempre il potere di irritarmi è proprio quella “beata te”, ma beata di cosa? Dietro un obiettivo ci sono dei sacrifici enormi e tanto impegno. Anche sul lavoro una volta una giovane collega appena assunta mi ha detto: beata te che hai una posizione di responsabilità e prendi uno stipendio più alto, beata me un corno gli ho detto, ho lavorato vent’anni per arrivare alla mia posizione e mi è costata lacrime e sangue. L’ho trovata una mancanza di rispetto incredibile. Tutto quello che si conquista ha un costo in termini di tempo, di impegno, di rinunce, nulla arriva attraverso una magia.

Marco Freccero ha detto...

Io non mi sono mai impegnato nello studio, e quando feci la follia di iscrivermi al classico (invece dell'artistico: ero portato per il disegno), fui massacrato :)
Lo studio comunque è come la scrittura: devi sederti e... Leggere, e poi scrivere ;)

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Nessuno ti regala niente in nessun campo. Io ti posso portare la mia esperienza sul lavoro: andai a lavorare a diciannove anni come dattilografa dopo aver conseguito il diploma in lingue e oggi lavoro per case editrici di scolastica come editor, ma ho fatto tutta la gavetta e ho passato dei momenti davvero molto brutti con esaurimenti nervosi a ripetizione. Anche dare gli esami all'università oggi è un sacrificio continuo, invece di uscire il sabato o la domenica col sole sono in casa a studiare e spesso anche sono sui libri la sera. Gli esami sono stati tutti difficilissimi, alcuni più di altri anche se sono molto contenta del mio percorso.
Per quanto riguarda la scrittura, è lo stesso discorso, ci vuole tenacia e costanza. Oggi siamo molto più distratti di una volta con i social (che sono micidiali) e gli smartphone sempre accesi... io in genere cerco di dedicarvi una porzione di tempo limitata proprio per non sottrarre ore ed energie.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Lo studio è una strana entità, conosco persone che a scuola non erano tra i più bravi ma poi nel lavoro si sono affermati più di altri per loro doti personali. Forse avresti dovuto fare l'artistico essendo portato per il disegno, putroppo da ragazzi non sempre si hanno le idee chiare, sono questi i casi in cui servirebbe una buona guida in famiglia...
Io continuai a studiare grazie al consiglio di mio zio, perchè mia madre voleva che mi fermassi al diploma di scuola media. Scrivere è soprattutto forza di volontà (ovviamente devi avere la passione e il desiderio di scrivere una storia, io ho sempre avuto questa fissazione, altrimenti farei altro).

Giulia Lu Mancini ha detto...

Il mondo del lavoro può essere una vera giungla, immagino la tua fatica Cristina, tuttavia la gavetta serve sempre anche a capire quello che si vuole fare e che si vuol cambiare...
Fare l'università è molto impegnativo, tu sei molto brava e ti ammiro per questo, perchè lavorare e studiare (con i risultati brillanti come i tuoi soprattutto) è difficilissimo. I social hanno invaso la nostra vita, distraggono moltissimo e soprattutto derubano le nostre energie, serve forza di volontà anche per non lasciarsi distrarre...

Marina ha detto...

Non dirlo a me! Altroché se gli obiettivi si raggiungono con lacrime e sudore! Anch’io studiavo tanto al liceo e all’università e non sopportavo quando le materie difficili, che prendevo al primo colpo, venivano imputate alla fortuna: fortuna un cavolo, lo so solo io quante ore al giorno stavo buttata sui libri rinunciando a un sacco di belle occasioni. Okay, anche la fortuna ha il suo peso, ma la base la fanno sempre l’impegno e la costanza.
L’esempio è proprio nella scrittura: non c’è costanza e nemmeno l’impegno necessario e il risultato, infatti, è la mia totale assenza dalle belle frequentazioni di carta e penna di un tempo :(

Giulia Lu Mancini ha detto...

Eh lo so Marina, ricordo che a volte c’erano delle giornate primaverili che facevano venir voglia di scappare fuori all’aperto (e allora si poteva uscire senza mascherina) e restavo chiusa in casa a studiare, purtroppo senza sacrifici non si arriva da nessuna parte come tu stessa hai provato.
Con la scrittura occorre dedicare del tempo, però quando il sacrificio diventa troppo grande rispetto al piacere di farlo forse sono cambiate le nostre priorità, cosa su cui sto meditando anch’io da qualche tempo ...

Elena ha detto...

Intanto sono arrivata tardi per gli auguri di San valentino! Quanto allo studio, ecco io pur non essendo secchiona AMO LO STUDIO FOLLEMENTE. Se avessi potuto guadagnarmi da vivere con lo studio l'avrei fatto e ci ho anche provato, con il dottorato, ma prima di me c'era una lunga coda di predestinati, così sono andata a lavorare.
Avevo una caratteristica che mi era molto utile per conciliare le mie molte passioni e lo studio: imparavo in fretta ed ero molto lucida...alla sera o al mattino presto (non in contemporanea, ovvio). Così sono riuscita a fare tutto ciò che ho amato fare.
Ora, venendo alla scrittura, anche io subisco come te periodi dispersivi. Credo che l'organizzazione, la costanza siano fondamentali. Non è un caso che io abbia ricordato il mio periodo da studente. Ero molto più costante e precisa di adesso, che , con il fatto che lavorare stanca, giustifico un cazzeggio che a volte è tutt'altro che riposante. Brava per essere tornata alla grande a scrivere e grazie per avermi fatto riflettere su un argomento tanto importante. Abbracci

Giulia Lu Mancini ha detto...

L’importante è che tu abbia passato un buon San Valentino, che gli auguri valgono sempre 😉 Alla carriera universitaria ci ho pensato anch’io ma avevo bisogno di lavorare e guadagnare prima possibile, un mio amico ci ha provato ha fatto il dottorato e poi ha tentato il concorso da ricercatore (ai tempi in cui c’erano ancora quelli a tempo indeterminato) poi una grande azienda gli ha offerto un posto di lavoro ben retribuito e ha rinunciato. È una strada ardua, però anche lì vince chi resiste a lungo.
Anch’io da ragazza ero molto più determinata e costante rispetto a ora, forse perché ero anche più motivata e speranzosa rispetto al futuro. Avevo un’ottima memoria che mi aiutava molto nello studio e rendevo soprattutto la mattina presto...
Lavorare stanca davvero però, dopo una giornata di lavoro si fa molta fatica a rimettersi al pc per scrivere. Bacioni Elena grazie di essere passata.

Barbara Businaro ha detto...

Arrivo in ritardo, ma sto recuperando le letture. :)
Abbiamo avuto percorsi del tutto simili, anch'io vengo da Ragioneria e anch'io ho fatto una fatica bestiale con Matematica (provato 7 volte, per la ricercatrice non andava mai bene, alla settima c'era anche il professore che, contro il parere della ricercatrice, mi ha accordato l'esame, il 18 più sudato della storia, con lui che le diceva "Lo vedi che ha capito! Le cose le sa!"), compensato dal 30 in Informatica, tiè. E solo perché in quegli anni non c'era ancora il corso di laurea in Informatica, mannaggia. All'università però non ero un "topo da libri". Oltre alle difficoltà per certe materie trascurate alle superiori (sia per il tipo di istituto, sia per l'impreparazione dei professori), arrivavo da un brutto episodio: il blocco totale all'esame orale di maturità. Dopo 5 anni da secchiona, mi sono trovata con lo stesso voto di chi aveva studiato solo gli ultimi 3 mesi. Ne è valsa la pena studiare tanto? No. Perché nella vita sì che il lavoro duro è ricompensato, ma devi anche avere il carattere e/o l'arguzia di fartelo riconoscere, saperti promuovere e valorizzare. E questa è una di quelle skill personali che non impari dai libri, ma dalla strada. Adesso lo chiamano Personal Branding, ma è saper vendere bene le proprie capacità (oltre a possederle).
Sulla scrittura è uguale. C'è la fatica di scrivere, accidenti sì, ma vogliamo parlare della fatica di pubblicare o vendere il romanzo finito? C'è chi riesce ad arrivare a un editore anche senza conoscenze con un prodotto medio, e chi continua a tenere un manoscritto meraviglioso dentro il cassetto.
Anche questa settimana mi hanno chiesto come faccio a fare tutto. Beh, non ho whatsapp (e se siete onesti, ammetterete che è una grossa distrazione, più degli altri social), mangio in quindici minuti per avanzare il resto della pausa pranzo per fare altro, non fumo (e quindi non ho al lavoro la "pausa sigaretta", ma la "pausa email personali"), evito il divano come la peste (e quindi non rispondo mai a chi stava aspettando una mia attività "scusa, mi sono addormentato sul divano"), ho dovuto ridurre, ancora prima del Covid, le uscite e lo shopping. Il prossimo step, per riprendere a scrivere il romanzo, è avere un part-time o cambiare nuovamente lavoro (se non ora, quando? mi dico).

Giulia Lu Mancini ha detto...

Brava Barbara a evitare il divano, caspita dovrei farlo anch’io, solo che ogni tanto mi ci tuffo consapevolmente, vabbé è un vizio che ho, ma sicuramente meglio del fumo, no assolutamente la pausa sigaretta non fa per me, ho smesso vent’anni fa.
Anche tu ragioneria! Abbiamo diverse cose in comune, mi dispiace per il blocco all’esame di maturità, purtroppo può capitare, deve essere stato l’impatto con i docenti esterni oppure l’ansia che genera brutti scherzi.
Ci sono qualità personali che non si imparano dai libri, lo so bene, pensa che c’era una mia compagna di corso all’università che studiava molto poco, ma riusciva a imbastire un discorso con quel poco che aveva studiato e alla fine prendeva anche dei voti discreti...anche nel lavoro ha fatto più carriera di me, se fosse entrata in politica avrebbe fatto strada, ha una capacità di comunicare che le ho sempre invidiato. Tuttavia anche applicarsi con il lavoro può portare dei risultati, sono convinta che anche la comunicazione si possa imparare, ma una come me deve applicarsi di più proprio perché non sono naturalmente portata...
Forse però ognuno ha le proprie qualità, chissà.