sabato 11 settembre 2021

Io vagabondo

Nulla apre gli occhi della memoria come una canzone
(Stephen King)

Era una sera di inizio estate, probabilmente fine giugno o inizio luglio, del 1984, me lo ricordo perché era il primo anno di università e vivevo a San Lazzaro di Savena provincia di Bologna. 

Ogni mattina mi svegliavo alle sei per poter prendere l’autobus n. 45 e arrivare all’aula Pincherle della Facoltà di matematica a porta San Donato prima delle otto del mattino. Non frequentavo matematica, era un’aula prestata alla facoltà di Economia che allora contava quasi 2000 matricole, non ho capito perché la facoltà di Matematica (che aveva pochi studenti) avesse delle aule enormi come la Pincherle disposta su più piani, mentre la facoltà di Economia, ben più affollata, avesse aule molto più piccole. 

Ora l’autobus 45 non c’è più, o meglio, c’è sempre ma ha cambiato numero. Tutto il primo anno di università fu caratterizzato da quel percorso in autobus, ricordo che ogni volta che andavo in centro davo appuntamento alla fermata del 45 sotto le due torri...ma smetto di divagare, torniamo a quella sera d'estate.

Era molto caldo, anche se non ricordo delle estati torride come adesso, è pur vero che l'edificio adibito a studentato in cui abitavamo era immerso in una specie di ampio spazio verde e quindi l'aria circolava molto di più, insomma era caldo ma si stava bene. Il nostro unico cruccio, di studenti squattrinati, era quello di non poter fare molto la sera perchè non avevamo la macchina e l'ultimo autobus era a mezzanotte, non ci era concesso vivere le lunghe notti bolognesi (Bologna è sempre stata la città che non dorme mai, regno dei biassanott) però quella sera non avevamo bisogno di spostarci da San Lazzaro perchè potevamo giocare in casa, al parco della Resistenza c'era un concerto dei Nomadi ed era gratis.

Così io, Maria, Rosanna con i ragazzi dell'ultimo piano, Antonio, Pino, Roberto e Bruno ci organizzammo per mangiare una pizza in casa e poi andare al concerto dopo cena. Eravamo un gruppo di fuorisede molto affiatato uniti dagli stessi interessi o dallo stesso tipo di povertà. 

Il parco della Resistenza era gremito di gente, ma tutto sommato si stava abbastanza larghi, noi riuscimmo ad arrivare quasi vicino al palco e vedere dal vivo Augusto Daolio, il cantante più famoso del gruppo, dalla voce e dal timbro inconfondibile, scomparso nel 1992 a soli 45 anni. Ogni tanto il gruppo dei ragazzi intonava una specie di cantilena inneggiando al Vagabondo, era un modo per richiedere quella canzone che ovviamente i Nomadi cantarono per ultima e poi replicarono su richiesta del pubblico. 

Che poi ci sentivamo tutti noi un po' vagabondi sarà per la frase: Io un giorno crescerò e nel cielo della vita volerò...

Il ricordo che ho di quella sera è una sensazione di beatitudine e libertà, con la percezione di essere al centro del mondo, protagonista della mia vita.  

Avevo già finito brillantemente gli esami della sessione estiva e mi sentivo in vacanza, pronta a cogliere nell’ozio e nella spensieratezza la ricompensa delle mie fatiche, presto saremmo partiti tutti per i nostri paesi di origine e quella fu una sera che celebrava l'estate e la nostra giovane amicizia.

Nel nuovo anno accademico ci perdemmo di vista, io mi trasferii in uno studentato nel centro di Bologna in un appartamento perfino più bello e appena ristrutturato, mantenni i contatti con Maria e Rosanna ancora per un anno poi restarono solo saluti sporadici. Antonio frequentava il DAMS e voleva fare il regista, Pino e Roberto erano iscritti a Economia come me e con Roberto per un po' ci incrociammo a lezione, ma eravamo in corsi diversi e dopo divenne più difficile incontrarsi. Invece Pino, quello stesso autunno, dovette ripartire in fretta e furia da Bologna perché suo padre si ammalò, conservo ancora una sua lettera in cui mi racconta di quei giorni e stranamente mi è capitato di rileggerla proprio dopo la morte di mio padre e, solo in quel momento, attraverso quelle righe ho compreso bene tutto il suo dolore. Bruno lo incontrai per caso, qualche anno dopo, dentro l’ospedale Bellaria, entrambi in un momento difficile per una persona cara.

Insomma quel concerto estivo dell’estate 1984 era stato per noi proprio un momento di spensieratezza prima di una svolta piena di cambiamenti, del resto è così la vita, no? 

Poi ogni esistenza ha fatto il suo corso come succede sempre, li ho cercati sui social senza esito tranne Pino che ora vive a Firenze, dove si è trasferito per lavoro dopo la laurea, e ha una bella famiglia. Ogni tanto ci mandiamo dei messaggi, mi ha detto che Bologna gli è rimasta nel cuore. Googlando fuori dai social ho ritrovato Roberto che fa il commercialista nel suo paese di origine e Antonio che non fa il regista ma lavora nel campo delle belle arti, Maria, laureata in Scienze Agrarie, si occupa di qualità e controlli alimentari. Degli altri non so nulla, difficile trovarli perchè non ricordo il cognome, proprio come dei vagabondi si sono persi per le strade del mondo. È una settimana che mi frulla in testa questa canzone ed è sempre l’immagine di quella sera che si affaccia nella mia mente. Come affermava Ligabue nella sua canzone Per sempre C’è un istante che rimane lì piantato eternamente, per sempre.


 


Fonti Immagini: Pexel



18 commenti:

Ariano Geta ha detto...

Sì, il momento fuori dal tempo, quei pochi casi in cui ti rendi conto che è speciale mentre lo vivi, prima ancora che sia diventato un ricordo. Anche io ho vissuto momenti simili ai tempi dell'università, per fortuna qualcuno anche dopo. Speriamo che la vita ci conceda ancora momenti simili anche ora che siamo... meno giovani ;-)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Hai colto l’essenza del post, caro Ariano. È vero, la consapevolezza del momento speciale mentre lo viviamo e che lo rende unico. La giovane età rende tutto più intenso, anche se, in effetti, anche dopo ho avuto momenti altrettanto speciali, ma forse più confusi nella routine.

Caterina ha detto...

Mi è venuta un po’ di nostalgia a leggere il tuo post perché son risorti in me ricordi di esperienze simili. Poi ognuno se ne va per la sua strada, la vita ti spinge su altre rotte. Ognuno ha la sua, ogni tanto finiscono anche per incrociarsi. Ma la magia di certi momenti è indelebile, magia di una gioventù vissuta davvero, con tutte le gioie e tutte le difficoltà.

Giulia Lu Mancini ha detto...

È inevitabile che accada, ognuno segue la sua strada, ma è bello aver percorso un pezzo di vita insieme. Il primo anno di università é uno spartiacque per molti (così come può accadere per l’ultimo anno prima della maturità). La nostalgia può far male nel sollevare certi ricordi, ma è anche piacevole ricordare certi momenti indelebili.

Luz ha detto...

Questi ricordi sono come pennellate.
Non ho purtroppo avuto il piacere di studiare fuori casa, avrei fatto volentieri l'esperienza. Mi sarebbe piaciuto cambiare ambiente, trovare nuovi amici, lontano da casa così diversi, ciascuno con una caratteristica. E avrei magari avuto oggi un ricordo bello come il tuo cui pensare...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sì, studiare fuori casa può formare moltissimo, ma non sono mancati i momenti difficili, quel primo anno incontrai parecchie difficoltà e non pensavo neanche di farcela a studiare e superare gli esami, invece riuscii a fare gli esami nei tempi che mi ero prefissata e con buoni voti. Anche per questo quel concerto estivo rappresentava un momento felice e spensierato.

Elena ha detto...

Che bel ricordo! Potente e fresco perché fresca era quella gioventù. Riuscire a portare in ogni nostro momento quella sensazione è la sfida che sto cercando di vincere. Ognuna giorno. Perché non è questione di età, ma di presenza. Biassanot? Non avevo mai sentito questa parola!

Cristina M. Cavaliere ha detto...

I ricordi delle nostre amicizie sono i migliori, proprio ultimamente mi sono venuti in menta tanti ricordi sulle sere d'estate in montagna con le mie cugine, a parlare per ore. Sono dei momenti magici irripetibili!
E adoro la canzone "Vagabondo", un vero manifesto esistenziale, stupenda la descrizione quasi impressionistica della natura, il rapporto tra il bambino che era, e che è rimasto dentro di lui, e l'adulto che è diventato.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Biassanot è un termine prettamente bolognese che stava a indicare i tiratardi, quelli che girando di osteria in osteria non andavano mai a dormire; deriva dal dialetto bolognese e significa “mangia notte”. Ci sono delle parole bolognesi che sono un vero spasso, molto suggestive. Settembre riesce sempre a portarmi dei ricordi lontani, sarà che è un po’ un mese di riflessioni e di bilanci. Questo è un ricordo indelebile, ormai scolpito nella memoria.

Giulia Lu Mancini ha detto...

È vero, è una canzone bellissima con un testo che sembra raccontare la vita di tutti, ognuno di noi ha desiderato andare per le strade del mondo a cercare se stesso per poi ritornare a ripensare al bambino che si era e ai sogni che coltivava. Hai ragione, un vero manifesto esistenziale. Bello il tuo ricordo delle estati con le tue cugine. Le sere d’estate passate a parlare hanno un sapore speciale.

Nicole ha detto...

Questo post mi ha ricordato del mio momento di spensieratezza, il primo e forse l'unico che mi è venuto subito in mente, ovvero l'estate dei miei 18 anni. L'estate in cui ho preso la patente e ho cominciato ad uscire con quello che è tutt'ora il mio ragazzo e anche l'estate in cui sono stata 2 settimane al mare con quelli che consideravo veri amici. Quelle due settimane sono volate, eravamo in un condominio diviso in 2 appartamenti tutto per noi, avevamo una terrazza panoramica da cui vedevamo il mare e la città. Era così bello stare lì in quel momento avrei voluto durasse per sempre. Quante risate e quanti pianti e quante cose abbiamo vissuto. Me lo sarei goduto di più se avessi saputo che sarebbe stata l'ultima volta tutti insieme così e se avessi saputo che dopo la mia vita non avrebbe preso una bella svolta.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Cara Nicole, quei momenti sono bellissimi proprio perché non sappiamo quello che ci accadrà dopo, sono momenti che ci godiamo per quello che sono e che ci danno sensazioni meravigliose, probabilmente anche perché c’è la sottile speranza di poterli rivivere in altre occasioni, speranza che non è detto che resti delusa prima o poi...

Marina ha detto...

Che bel ricordo! Posti, momenti, persone... ed è bello sapere che i ventenni di allora, adesso, hanno famiglie e lavori ed esperienze diverse... Mi hai fatto venire in mente un concerto a Palermo dei Marlene Kuntz, una canzone, “Lieve”, che mi frulla sempre nella testa e mi riporta sempre a quella sera, a quegli amici, a quella gioventù.

Giulia Lu Mancini ha detto...

La musica ha il potere di farci rituffare in pieno nel ricordo, credo sia uno dei motivi per cui la amiamo tanto. I concerti poi amplificano moltissimo queste sensazioni.

Rajani Rehana ha detto...

Fabulous blog

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie mille

Barbara Businaro ha detto...

Purtroppo non ho ricordi così belli di quel periodo, l'università l'ho vissuta da pendolare, la settimana divisa tra i compagni di studio che ho perso per strada, di alcuni ho smarrito anche il cognome accidenti, e gli amici che vedevo solo nel weekend perché non studiavano, che poi ho comunque perso per strada, con alcuni ci siamo anche lasciati male. Se devo pensare adesso a un momento perfetto per me è sull'Arthur's Seat, la collina di Edimburgo, dove quella domenica mattina del maggio 2019 c'era la marcia per My Peak Challenge. Quella mattina, buttate nell'erba a fare le foto, in marcia con tutte le bandiere al ritmo della banda con le cornamuse, parlando tutte le lingue del mondo, quella era una mattina perfetta. :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Bello, sicuramente condividere questi momenti di fatica, come la marcia, per un obiettivo comune è molto unificante (si dirà così?) è un bel ricordo. Fare l’università da pendolare sicuramente non contribuisce a creare momenti di condivisione insieme, se ti può consolare limita anche i momenti difficili, il primo mese l’ho vissuto molto in solitudine (a parte i momenti delle lezioni), prima di riuscire ad ambientarmi e a farmi degli amici.