sabato 23 ottobre 2021

Racconti intorno al fuoco


 

Le storie che ascoltiamo da bambini sono quelle che ricordiamo per tutta la vita.
(Stephen King)

Se c’è un rimpianto che mi assale spesso è quello di non aver parlato abbastanza con mia madre, non ne ho avuto il tempo, ma penso che mi sarebbe piaciuto farmi raccontare da lei la sua vita con i miei occhi di scrittrice, che grande ricchezza sarebbe stata per me. 

Invece mi sono dovuta accontentare dei frammenti di memoria radicati in me, ripescando i suoi racconti lontani nel tempo.

Viviamo distrattamente e, purtroppo, ce ne accorgiamo solo quando è troppo tardi. 


Ripensando un po’ al mio post precedente del black out, mi sono ricordata dei racconti intorno al fuoco della mia infanzia, beh, più che intorno al fuoco erano intorno a un braciere.

Sembra preistoria, ma non tutte le case una volta avevano il riscaldamento. Fino ai miei sei anni abitavo in una casa senza termosifoni, in cucina avevamo però un bel caminetto in un angolo che scaldava abbastanza la stanza, poi c’era la cucina con i fornelli e poi al centro della cucina mia madre metteva un braciere di rame, lo riempiva di carbonella (prendendo la brace dal camino) poi ci appoggiava sopra una specie di tavolino di ferro con le grate, chiamato asciugapanni, su di esso veniva apposto un panno di lana o materiale analogo (non credo fosse ignifugo ma non siamo mai andati a fuoco), poi ci sedevamo intorno ad esso al calduccio e parlavamo del più e del meno. 

Ogni tanto con una una palettina di ferro, mia madre smoveva la carbonella per ravvivare il fuoco che riemergeva luminoso dalla cenere, inoltre aggiungeva una scorza di arancia o di mandarino per profumare l'aria della sala. Ancora oggi quell'odore riesce a riportarmi indietro nel tempo. 


Si finiva sempre per raccontare una storia, quel braciere, di fatto, era la nostra televisione.

La brace era anche un modo per cucinare, ricordo che mia madre metteva della patate o delle castagne sotto la brace e dopo un po’ erano cotte. 

Metteva le patate arrostite in un grande piatto, poi ce le sbucciavamo piano piano e le mangiavamo condite con un po’ di sale, erano buonissime. Era il 1970, un tempo remoto, semplice, dove imperava la povertà, eppure un’epoca di grande fiducia nel futuro in cui tutto sembrava possibile da realizzare.


Ho letto tempo fa in un articolo un concetto che mi ha colpito: la scomodità serve ai ricordi, quello che, nella vita, scorre senza intoppi non lo ricorderai, l’agio è nemico della memoria perché ricordiamo davvero solo ciò per cui abbiamo faticato. 

Questa considerazione mi è tornata in mente ricordando la mancanza di agi della mia infanzia, di tempi in cui certe comodità di oggi erano quasi fantascienza. In realtà non ce ne rendevamo conto, certi oggetti non erano di uso comune ai più (come per esempio la televisione, oppure l’automobile, ma chi ce l’aveva? Erano davvero in pochi a possederle) quindi non era una sofferenza.

A ripensarci oggi non rinuncerei alle mie serate passate intorno al braciere con mia madre, mio padre e le mie sorelle. Nei pomeriggi d’inverno intorno a quel braciere si univa anche mia nonna e qualche zia. Quei racconti hanno permeato la mia infanzia e la mia formazione, alcuni erano racconti dei tempi prima della guerra, la vita dei miei genitori quando erano ragazzi, poi c’erano i racconti del periodo della guerra, quelli a lieto fine, quelli della guerra finita e della rinascita, poi c’erano le storie di paese, d’amore e di amicizia, ogni racconto era ispirato dal momento e dalle nostre richieste di figlie. 

Quelli che preferivo erano i racconti di paura, quasi un preludio di hallowen, ma erano tutte storie vere, per esempio amavo farmi raccontare, da mio padre, la storia di un tale che era andato di notte nel cimitero del paese con degli amici tanto per fare una goliardata e, a un certo punto, mentre tutti gli altri erano usciti lui era rimasto indietro. Mentre correva veloce per raggiungere gli altri, il suo maglione rimase impigliato in un ramo d'albero, lui cominciò a urlare per divincolarsi, convinto che fosse l'anima di un morto che lo tratteneva.

La mattina dopo lo trovarono morto di infarto, con tutti i capelli diventati bianchi, ancora con il maglione impigliato nel ramo. La spiegazione logica era che fosse morto di infarto per la paura, qualcuno però azzardava l'ipotesi che avesse visto un fantasma sul serio...Mia madre, infine, per allentare la tensione concludeva sempre con la voce della sua saggezza: i morti non fanno del male, piuttosto bisogna aver paura dei vivi




Fonti immagini: la foto era in questo articolo Molfetta magazine

 

reperire l'immagine di un braciere dei tempi passati, così come lo ricordavo io, è stato piuttosto difficile, nessun sito free common l'aveva, spero di non violare nessun copyright, nel qual caso la rimuoverò

 

19 commenti:

Ariano Geta ha detto...

Io sono di poco più giovane di te, a casa mia la televisione c'era (però, a quel tempo, in bianco e nero, altro dettaglio che i ragazzi di oggi non possono neppure immaginare, come rimasi sorpreso dopo l'acquisto di un nuovo televisore quando vidi a colori ciò che sino al giorno prima era in bianco e nero...)
Comunque, benché io sia appartenuto a quella generazione che nacque col televisore in casa e lo guardò sin troppo (forse per reazione, oggi non guardo quasi più nulla in tv) anche io passavo parecchio tempo coi miei zii anziani - dei nonni per me - ad ascoltare storie del loro tempo. Anche a me è rimasto il rimpianto di non essermi mai fatto raccontare la loro vita da principio a vecchiaia secondo uno schema cronologico, anche se ricordo tantissimi episodi che mi hanno detto più volte, forse potrei anche provare a trarne un libro ma... non so se ci riuscirei, per me sarebbe quasi come profanare una memoria che ha un valore molto superiore alla mera trasposizione letteraria. Sono storie che per me possono esistere solo immaginando la voce dei miei zii che me le narrano, e io che resto incantato ad ascoltarli.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Quando avevo sei anni ci siamo trasferiti in una casa nuova con i termosifoni e con la televisione, la casa era più grande e più comoda eppure l’atmosfera della vecchia casa, nei miei ricordi, ha sempre avuto qualcosa di magico. Anche per te i tuoi zii rappresentano il legame con il passato e con un tempo lontano, con la loro voce che fa da sottofondo al loro racconto di vita.

Caterina ha detto...

Non immagini quanti ricordi emozionanti mi hai risvegliato. Sono più piccola di te, sono nata negli anni 80, ma ho passato gran parte della mia infanzia a casa dei miei nonni, i quali possedevano un braciere. E ricordo ancora mia nonna che ci cuoceva le patate ( quanto erano buone, non le ho più mangiate così) e mio nonno che quando smuoveva la carbonella ci inseriva le bucce di arance, di mele e talvolta anche un po’ di incenso. Quanto mi piaceva quell’odore. A volte chiedevo io a mio nonno di inserirvi dentro qualche buccia perché amavo tanto l’odore che poi il braciere emanava. E come a casa tua. tante storie si raccontavano intorno al “ fuoco”, storie della famiglia, di amici, a volte fiabe dal lieto fine, a volte storie tristi o spaventose. Momenti indelebili e meravigliosi della mia infanzia. Nella semplicità ci siamo arricchiti. Bei tempi. Grazie di questo piacevolissimo viaggio indietro nel tempo. Buon weekend.

Giulia Lu Mancini ha detto...

grazie

Giulia Lu Mancini ha detto...

Sono felice di aver risvegliato queste emozioni in te e che bello avere questi ricordi in comune. Che meraviglia le patate cotte sotto la brace e l'aroma delle bucce di arancia e mele. Buon week end anche a te!

Azzurrocielo ha detto...

Bellissimo post che ha evocato emozioni! Immagino quei racconti e ricordo, non il braciere che non abbiamo mai avuto ( nei primissimi anni d'infanzia avevamo una "cucina economica", si chiaMava così la stufa a legna in cui cucinare) ma mia nonna che raccontava le "cose strane"che adoravo: un misto di fantasy, horror, fatti buffi . .. insomma un mix che era ascoltato da me bambina come si ascoltano le fiabe. E poi le filastrocche che mia nonna mi insegnava, quelle imparare da lei che ha frequentato la scuola fino alla seconda elementare. Filastrocche che a mia volta ho insegnato ai miei figli, perché non vengano dimenticate. Buona domenica!
Azzurrocielo

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Azzurrocielo, felice di ritrovarti, è vero c’era anche la cucina economica, l’aveva mia zia che la usava sia per cucinare che per riscaldare. I nonni che grande ricchezza erano per i bambini, soprattutto con le loro storie e i loro insegnamenti saggi, anche attraverso le filastrocche. Buona domenica anche a te carissima.

Barbara Businaro ha detto...

Quand'ero bambina io la televisione c'era già, ma in bianco e nero e senza telecomando, al massimo dieci canali, ma si guardavano solo le Rai. La domenica a pranzo si guardava la messa del papa e tutti ci segnavamo in casa quando dava le benedizione. Non c'era il braciere, e il camino era stato sostituito dalla cucina economica a legna, sempre accesa, sempre un bel teporino, e soprattutto sempre un bel profumino di pane, arrosto e patate, polenta, mele cotte o fugassa (che per mia nonna era una torta di mele, uvetta, noci e forse cannella). Non ricordo storie, mio nonno era taciturno sebbene probabilmente essendo stato in America era quello che ne avrebbe avute di più da raccontare. Però c'erano le filastrocche, tante, le ricordo appena, ma da qualche parte ho un libro pubblicato localmente che le riporta. Se mancava la luce, si aprivano gli anelli superiori della cucina economica, e da lì uscivano le ultime falde del fuoco. E comunque c'erano sempre le candele, quelle lunghe e bianche, fatte anche benedire. E sopra la stufa mettevano le scorze dei mandarini per profumare l'ambiente. E ti dirò: nonostante tutta la tecnologia, sogno di avere una casa singola immersa nel verde, e una stanza dove mettere la cucina economica di mia nonna, che è stata conservata in granaio, quando è stata sostituita con stufa a pellet e cucina americana. :)

Giulia Lu Mancini ha detto...

Ricordo la tv in bianco e nero con solo i canali Rai, arrivò in casa mia dopo i miei sei anni, sembra incredibile ma li apprezzavo molto più di ora che ci sono un sacco di canali. La cucina economica era una bella alternativa al braciere, ce l’aveva mia zia, ricordo che anche lei aveva sempre sopra un tegamino con l’acqua che poteva usare in caso di necessità e le bucce di mandarino per profumare l’aria, oppure patate e frutta (le mele cotte andavano per la maggiore). É una bellissima idea riutilizzare la cucina economica di tua nonna per una casa immersa nel verde, il ritorno all’utilità delle cose antiche è qualcosa che è sempre più sentito.

Elena ha detto...

Tua madre ha detto una grande verità cui ci si abitua solo con il tempo. La mia per convincermi a stare brava (ero una vera ribelle) mi raccontava storie di paura e mostri che mi impedivano di dormire bene la notte e che mi hanno trasmesso una incredibile paura del buio che ho impiegato anni a togliermi di dosso. Il mio rimpianto è di non avere mai avuto momenti così intimi con la mia famiglia, specie nei primi anni della mia vita. Eravamo una famiglia modesta, in città abitavamo in un appartamento che i miei genitori mantenevano con il duro lavoro, più delle 8/10 ore consuete al giorno. Io e mia sorella siamo cresciute da sole. Le storie ce le raccontavamo io e lei per sopravvivere alle paure e alla solitudine. E' strano che questa esperienza non ci abbia poi unite durante la crescita, anzi. Con i miei genitori ho recuperato un legame scegliendo di farlo, negli ultimi anni. Per me, per conciliarmi con loro e il ricordo di loro, abbandonare il rancore e i giudizi e accogliere ciò che c'è. Mio padre non c'è più, ho seguito la sua terribile malattia passo a passo, con lui, aiutandolo e aiutandoci a congedarci. Con mia madre, sai già, sto facendo lo stesso. Si può sempre ritrovare il calore di un fuoco anche se non lo abbiamo mai acceso davvero. Grazie per questi post così calorosi. Abbracci

Giulia Lu Mancini ha detto...

La paura del buio capita spesso nei bambini, ce l’avevo anch’io, perché dormivo in una camera cieca che aveva un lucernario che dava sulla camera dei miei genitori, quindi di notte non filtrava nessuna luce né lunare, né quella dei lampioni della strada. Solo nella casa nuova ho superato il problema visto che tutte le camere avevano le finestre, essendo una costruzione concepita con nuovi criteri...
Purtroppo quando i genitori lavorano e passano molto tempo fuori casa i figli ne soffrono, è inevitabile. Forse voi due passavate anche molto tempo in solitudine, senza una figura alternativa come può essere quella di nonni e zii. Occorre fare pace con il passato, perché probabilmente facevano del loro meglio per non farvi mancare il necessario. Certe situazioni si comprendono meglio crescendo, è bello avere ancora il tempo di riconciliarsi con gli affetti, fa bene all’anima. Un abbraccio

Nicole ha detto...

Effettivamente mi trovi d'accordo sul fatto che l'agio è nemico della memoria: fino ai miei 14 anni ho vissuto in una casa in affitto degli anni 70 in cui non avevo nemmeno una stanza per me (quella adibita era piccola come un ripostiglio) e d'inverno faceva veramente tanto freddo perché il riscaldamento costava caro e mio padre non voleva tenerlo acceso troppo tempo. Il bagno ero in fondo ad una rampa di scale e in generale le mattonelle del pavimento saltavano ad ogni passo. Ho odiato ogni singolo giorno passato in quella casa (anche per un'infanzia non troppo felice e facile) eppure, mi ricordo ogni cosa, ogni angolo, ogni parete scheggiata. Sogno spesso quella casa e quel periodo e a volte sento che mi mancano come se ci avessi lasciato un pezzo di me. Da quando vivo nella mia attuale casa (nuova e di proprietà) mi rendo conto che non ho quasi più memoria dei primi tempi in cui ci sono venuta ad abitare nè della gioia nell'avere finalmente una stanza mia da poter chiamare tale finalmente.
E' proprio buffa la vita a volte!

Maria Teresa Steri ha detto...

Che bello questo post, Giulia! Mi piace tanto leggere i tuoi ricordi, sono così vivi e ricchi di emozioni, anche se immagino che risveglino anche un'ombra di tristezza in te. Sono vere perle questi racconti, purtroppo oggi si è persa questa consuetudine ed è un vero peccato. Io non ho ricordi simili ai tuoi, ma penso che le case d'infanzia (con tutto quello che si è vissuto) restino nel nostro cuore per sempre.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Maria Teresa, sono ricordi che sono da sempre in me, ma ogni tanto riemergono con più prepotenza e sento il bisogno di raccontarli. I ricordi di infanzia sono quelli più tenaci forse perché fanno parte della nostra formazione più vera.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Credo che le cose per cui fatichiamo di più siano quelle che restano più impresse e, per questo, diventano un ricordo indelebile. La casa in affitto con il riscaldamento limitato, il bagno scomodo, i sacrifici, scolpiscono la nostra anima. Forse per te quel periodo scomodo rappresenta un periodo felice perché, tutto sommato, legato alla tua infanzia che, anche se non facile, ti porta un senso di nostalgia.

Grazia Gironella ha detto...

Sarà perché a me sembra di non avere ricordi, mi affascina molto sentire i tuoi. C'è dentro un'idea di famiglia che non conosco.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Mi fa piacere Grazia, ma davvero ti sembra di non avere ricordi?
Forse sono lì in qualche angolo pronti a emergere nell’occasione giusta, anche se non é indispensabile. Nel mio caso i ricordi vengono a galla perché sono ormai lontani ed è un modo per riabbracciare col pensiero persone che non ci sono più.

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Bellissimo questo post, mi hai fatto ricordare i miei soggiorni in Trentino in estate più che quelli cittadini. Anche noi avevamo una stufa con i cerchi per cucinare e da accendere con i legnetti o la carbonella, e quando mi lavavo dovevamo usare il mastello e scaldare bene l'acqua sopra la stufa. Per me, che era una bambina di città, era molto divertente, non altrettanto gradevole era il freddo terribile in inverno. C'era una stufa a olle in camera da letto, ma la casa non era stata abitata nei mesi precedenti e ci voleva moltissimo tempo per scaldarla.
Comunque è vero che i disagi e le conquiste ottenute a fatica rimangono impressi, non ci avevo mai pensato ma è una grande verità!

Giulia Lu Mancini ha detto...

Grazie Cristina, mi fa piacere che il mio post abbia risvegliato in te dei ricordi piacevoli, immagino che in Trentino facesse parecchio freddo...Le scomodità del passato restano impresse nella memoria, stranamente con una fitta di nostalgia (probabilmente per quello che eravamo e non per le scomodità vere e proprie).