sabato 22 ottobre 2022

Scrivere o Vivere?

Ci sono due grazie, di cui è priva la maggioranza degli uomini e di cui essi non apprezzano il valore: la salute e il tempo libero. Maometto.

Rubo, solo per questo post, il nome del blog Scrivere Vivere di Grazia Gironella - mettendoci però una O in mezzo - per una riflessione che mi è nata dall’ultimo week end pure di sole in cui mi sono ritrovata a scrivere. Parto da una premessa, a settembre 2021 o forse fine agosto, non ricordo con esattezza, ho iniziato a scrivere il sesto episodio de Le indagini di Saverio Sorace, molto blandamente dedicandoci più o meno ogni week end, poi ci sono state alcune interruzioni per impegni vari, tra cui nel mezzo la pubblicazione del mio romanzo “Il male non perdona” che era rimasto sospeso per parecchio tempo. Superato il periodo ho ripreso tra alti e bassi la scrittura di Sorace, ma la mia costanza ha subito parecchie battute di arresto per vari motivi:

La guerra: il 24 febbraio ha portato uno sconvolgimento nella vita di tutti, vivere con la guerra alle porte di Europa con i connessi sconvolgimenti non ha stimolato molto la mia vena creativa, per cui ogni volta che mi mettevo a scrivere faticavo a trovare la concentrazione, soprattutto per la mancanza di “futuro”. Non è facile concentrarsi sulle storie da creare quando intorno c’è l’inferno con la minaccia continua di un’espansione. In questi mesi ci siamo assestati pur nell’angoscia continua per le minacce che incombono sul mondo e la vita è ripresa, almeno finché non ci buttano una bomba sulla testa...

Il lavoro: alcuni week end del 2022, invece che dedicarmi alla scrittura mi sono dovuta dedicare alle scadenze lavorative, perché quei furbi dei miei capi hanno pensato bene di affidarmi un secondo incarico, al posto di una collega andata in pensione beata lei, così mi ritrovo da gestire due strutture con doppie scadenze, a volte anche triple perché la seconda struttura è particolarmente problematica per un pregresso di adempimenti arretrati incompleti che sono ricaduti sul mio groppone e io per cercare - di fare tutto nei tempi - ho lavorato anche nei week end. 

Il caldo: il grande caldo di questa estate mi ha tolto la volontà. Abbiamo avuto un’estate torrida, forse sarà il cambiamento climatico, forse un grande complotto dell’America o di qualche entità aliena, ops...(questa la capite solo se vedete Crozza) ma alla fine le alte temperature fondono il cervello, quindi, nel corso dell’estate, mi sono preoccupata meno di scrivere e più di provare a vivere.

La vita: per alcuni fine settimana e altri giorni del mio tempo libero ho deciso consapevolmente di dedicarli alla mia vita, una passeggiata all’aperto, una gita fuori porta con un pranzo fuori, un giro in moto, un aperitivo in centro con le amiche. Tante piccole cose per riappropriarmi di frammenti di vita e anche riallacciare rapporti con alcune persone che avevo finito per perdere di vista. Mi sono anche concessa dei momenti di ozio per guardarmi allegramente un film su prime o recuperare delle serie tv, ma perfino navigando su YouTube a guardare dei video simpatici (ho scoperto i jackal e altri simpatici YouTuber).

A fine agosto, comunque, ho cercato di dare una svolta al romanzo, presa di nuovo dal desiderio di scrivere e da una ritrovata ispirazione che mi ha portato ad avanzare nella trama, per poi bloccarmi nuovamente stavolta non per mia volontà ma proprio per mancanza di tempo. Così lo scorso week end mi sono accorta che ero a metà ottobre e, visto che per una combinazione di eventi ero libera da impegni con il mio compagno fuori città, mi sono buttata a capofitto nella scrittura dei capitoli finali. Insomma ho passato due giorni di immersione totale nella scrittura, l’intenzione era quella di scrivere tutto sabato, ma domenica ritagliarmi un po’ di spazio per me per una passeggiata all’aperto, invece ho finito per scrivere anche tutta domenica fino a sera. Il fatto è che avevo la vena giusta, oltre che l’ansia di finire il romanzo e, nonostante il sole piacevole che poteva accogliermi fuori casa, sono rimasta lì davanti al pc.

Premesso che non l’ho finito perché mi manca, in un certo senso, l’epilogo, il mio pensiero domenica sera mi portava questa domanda: ma per me vale più la pena scrivere o vivere?

La voglia di scrivere da parte mia c’è sempre, ma quanta vita mi porta via considerato che per per tutta la settimana devo lavorare. La scrittura è davvero un lusso per ricchi, come affermava Barbara Businaro nel suo post La scrittura è un lavoro per ricchi  oppure nel suo successivo post  La scrittura è un lavoro per ricchi, ma non ricchissimi ?

Noi scribacchini della domenica ci tocca sacrificare il vivere per lo scrivere...ne vale la pena? 

Fonti immagini: pexels 

20 commenti:

Caterina ha detto...

Io penso che la scrittura oltre che un lavoro è una passione, per cui ne vale la pena anche se questo significa sacrificare qualche domenica. Ovviamente è necessario ritagliarsi anche il proprio spazio, un po’ di tempo libero. Il problema è che ci sono sempre tante cose da fare e le giornate non bastano. Ad ogni modo scrivere è già vivere, sei catapultato in un altro mondo, un mondo creativo che sicuramente non è noioso come gli impegni a cui dobbiamo soccombere. Ci vorrebbe il giusto equilibrio, ma in questo mondo sempre più veloce è davvero difficile. Buona serata!

Giulia Lu Mancini ha detto...

Hai ragione Caterina, la scrittura è una passione, altrimenti non avrei resistono 8 anni con questi ritmi, devo anche ammettere che spesso questa passione mi ha salvato perché mi ha permesso di esplorare la mia interiorità attraverso la creatività. Ritagliarsi il proprio tempo in questo mondo troppo veloce è questa la vera impresa.

Barbara Businaro ha detto...

Se ne vale la pena scrivere... me lo chiedo un giorno sì e uno no (e perché sono così oberata da dimenticarmene :D ) Non a caso ho scritto quei post, il primo che non lascia molte speranze perché oltre a scrivere occorrono anche le altre competenze per pubblicare e pubblicizzarsi, il secondo quasi al contrario sembra lasciare un piccolo pertugio di speranza.
Io sono nella difficilissima settimana di scrittura di Halloween. Ogni anno tento di partire agli inizi di Ottobre e ogni anno arrivo in una corsa sfrenata gli ultimi giorni. Quest'anno avevo cominciato bene, ma poi la vita ha messo vari ostacoli (compresa l'officina che mi ha rovinato l'auto, il reflusso gastrico che mi ha costretto a letto un giorno intero e un pomeriggio a scrivere un reclamo ufficiale... ) Ne vale la pena adesso farsi venire l'ansia, temendo che un altro imprevisto mi faccia bucare la scadenza?
Adesso ti dico di no. Ma fra una settimana, quando arriverò all'ultima parola del racconto, di solito con le lacrime di gioia, ti dirò di sì.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Tu sei molto brava a rispettare sempre la scadenza di halloween, vedrai che ce la farai anche questa volta, ma capisco bene l'ansia che provoca voler fare qualcosa che ci appassiona e avere l'ansia di non farcela per le incombenze e/o imprevisti della vita. Io evito di mettermi delle scadenze con il blog perché ne ho già troppe nel lavoro, ottobre poi è un mese da incubo e quest'anno che ho due bilanci ancora di più, insomma un mese da paura in perfetto tema con Halloween. Poi anch'io alla fine quando finisco un romanzo e comincio la revisione, sono contenta...

Ariano Geta ha detto...

E' una domanda che a volte mi pongo anche io, ma credo che bisogna contestualizzare correttamente il verbo "vivere" per dare la giusta risposta.
Credo che molto dipenda dai contenuti effettivi nel momento contingente.
Farsi una passeggiata in centro, andare in qualche negozio che ci piace, è certamente un'esperienza diversa dallo scrivere, però è anche un "vivere" al quale siamo abituati, non eclatante. Se l'alternativa al passare il pomeriggio a casa a scrivere è una passeggiata in centro, magari da solo, tutto sommato ritengo che una volta ogni tanto posso pure preferire lo scrivere.
Se però l'alternativa fosse una visita a una mostra d'arte che starà solo per pochi giorni in città allora non avrei dubbi e andrei lì.

Sandra ha detto...

Ho scritto tantissimo quando ancora lavoravo full time, e, in particolare, in un momento drammatico con mio padre ricoverato in un hospice piuttosto lontano che mi costringeva a lunghi percorsi oltre al dolore. Ho sempre sacrificato sonno e uscite, l'ho fatto per anni. Chiaro che col part time verticale, che ho da 6 anni, la situazione è migliorata e di tanto, eppure il sacrificio giusto ora credo non valga più la pena. Non è neppure mancanza di ispirazione. Ho infatti in mente il terzo romanzo della serie Nina Strick con un’idea portante che mi piace molto ma se non ho ancora pubblicato manco il primo, a fronte di tante promesse ed entusiasmo, chi cavolo me lo fa fare di mettermi al pc? Forse sto recuperando i tanti mesi di chiusura, lì sì che oltretutto costretta in casa anche dalla cassa integrazione di due mesi, scrissi tantissimo, mentre ora ho una vita sociale intensa, per cui in questo momento la mia risposta è “vivere”. Certo, la mia risposta sarebbe stata diversa se avessi raggiunto risultati diversi ma è inutile non riesco a placare la mia frustrazione nei confronti dell’editoria.

Giulia Lu Mancini ha detto...

É vero, dipende molto da quello che si fa, una passeggiata in centro può non essere particolarmente allettante e anch'io spesso preferisco scrivere, ma mi sono ritrovata a non fare un giro in centro per diversi mesi e, in questi casi, mi mancava e avevo voglia di respirare l'atmosfera della piazza e delle due torri...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Probabilmente anzi sicuramente incide molto il rapporto con la casa editrice e/o i risultati raggiunti, lo spirito ne risente per forza e la scrittura può essere percepita solo come una grande fatica senza un concreto risultato. Io sento ancora la passione per la scrittura ma ne percepisco sempre più la fatica, per questo vorrei sempre più soprattutto vivere, anche per recuperare un tempo che in passato abbiamo perso

Marco L. ha detto...

Credo che al nostro livello, più vicino a un hobby che a un quasi-mestiere, lo scrivere lo facciamo più che altro per noi stesso, pertanto può essere visto alla stregua di un'attività sportiva. Ovvero qualcosa che porta benefici, ma non esente da stanchezze e frustrazioni, a cui bisogna trovare del tempo, ma a cui alle volte si rinuncia per pigrizia o voglia.

Giulia Lu Mancini ha detto...

In effetti la scrittura come la svolgiamo noi è necessariamente un hobby, anche se piuttosto impegnativo e come con uno sport, se vogliamo raggiungere dei risultati, serve dedicarci del tempo con costanza.

Maria Teresa Steri ha detto...

Come ha detto Ariano, dipende da cosa si intende per vivere. La scrittura comporta dei sacrifici, ma è anche vero che se si è motivati a sufficienza non li si chiama neppure sacrifici. Penso che sia giusto concedersi periodi in cui ci si dedica alla vita reale, se è quello che sentiamo di voler fare. Per il resto, si può scrivere anche in situazioni difficili, anzi può essere un modo per svuotare la testa. Alla fine, nessuno ci obbliga a scrivere romanzi, quindi è giusto seguire le proprie esigenze interiori.

Grazia Gironella ha detto...

Preferisco non pormi la domanda, perché so già di non avere una risposta. La vita mi chiama, in questo periodo più che mai, e non voglio fare scelte sulla base delle mie convinzioni, delle abitudini, degli sforzi per raggiungere obiettivi, fosse anche soltanto portare a termine il romanzo che ho scritto. Ho voglia di farlo, in realtà, perciò credo che lo farò, ma non voglio rimanere legata a un modo di vivere la scrittura che ormai non è più mio. Il fatto è che si costruisce, e poi? Diventa difficile liberarsi. Cercherò di farlo.

Giulia Lu Mancini ha detto...

Finché avrò voglia di scrivere sicuramente continuerò a farlo, e finché la passione supererà la fatica.
Ogni tanto però sento il peso di dovermi ritagliare il tempo per farlo, negli ultimi tempi lavoro 10-12 ore al giorno e mi ritrovo davvero sfinita con la sola voglia di "distrarmi", poi però ho i personaggi che mi chiamano e così corro da loro...

Giulia Lu Mancini ha detto...

Anch'io sento molto il richiamo della vita fuori dalla scrittura e lo accolgo, però sento anche il richiamo dei miei personaggi che vogliono vivere anche loro, così devo accontentarli, perlomeno voglio finire il romanzo del sesto episodio di Sorace. Forse è meglio non porsi domande hai ragione

Luz ha detto...

Per quanto gli amanti irriducibili del caldo perpetuo lamentino sempre il compiersi dell'inverno, io lo anelo proprio. Ho bisogno di normalità. Questo elenco di eventi e situazioni mette i brividi... siamo dentro un'era nuova e dovremo cercarci nuovi modi per "sopravvivere". Pandemia compresa, stiamo vivendo cosa significhi adattarsi al nuovo, all'ignoto. La Storia comunque ci insegna che non siamo i primi a farlo. Com'era bella quella normalità di 3 anni fa...

Giulia Lu Mancini ha detto...

@luz ti capisco, stanotte ho faticato a dormire per il caldo, nonostante abbia ancora un copriletto leggero, alla fine ho aperto la finestra, ma ormai il sonno era stato disturbato.
Sulla voglia di normalità posso capirti e credo sia il desiderio di tutti, ma il clima, la guerra e gli strascichi della pandemia ci dicono che la normalità è assai lontana, tuttavia faccio una riflessione, quando giro per le strade a piedi o in auto, mi rendo conto che la gente in giro è molto aumentata, con un gran caos di traffico molto più elevato rispetto a prima della pandemia, non mi pare un bene, inoltre sulle attività lavorative e non siamo tornati alla stessa frenesia, forse non abbiamo imparato niente, sotto questo aspetto io più che normalità vorrei sobrietà e tranquillità.

Cristina M. Cavaliere ha detto...

Secondo me i due aspetti sono inestricabili, non è possibile dividerli: in fondo si "scrive", perlomeno a livello mentale, anche quando si vive; e viceversa. Li vedo come due vasi comunicanti che si alimentano a vicenda. Per quanto riguarda i sacrifici del tempo dedicato alla scrittura, li considero un po' come quando ero chiusa in casa a studiare per gli esami con le giornate di bel tempo, e mi dicevo "Chi me l'ha fatto fare?" Poi però i 30 e i 30 e lode arrivavano! Inoltre considero la scrittura terapeutica: fa bene soprattutto a me ed è questo quello che conta.

Giulia Lu Mancini ha detto...

@Cristina
Carissima in effetti devo ammettere che anche per me la scrittura é terapeutica, molte volte mi ha salvato dandomi la possibilità di esprimermi e anche di usare meglio il mio tempo, in pandemia è stata una terapia salvavita per esempio. È una grande passione e comporta dei sacrifici, forse se non avessi un lavoro così fagocitante anche i sacrifici li vivrei meglio.

Enrica Masino ha detto...

Non mi sono mai cimentata nella scrittura di un romanzo vero e proprio ma porto avanti un blog tre volte alla settimana (a volte anche quattro) e sto ancora cercando di trovare un equilibrio. Da un lato la mia passione per la scrittura non so esaurisce mai ma dall'altro dopo il lavoro sinceramente sento il bisogno di vivere e uscire. Non ho proprio voglia di stare di fronte al PC e poi se non vivo di cosa scrivo? In sostanza per ora cerco di fare quello che posso ma sicuramente la scrittura è qualcosa di non facile da portare avanti, me ne rendo conto anche io nonostante l'estrema flessibilità dei miei orari❤️

Giulia Lu Mancini ha detto...

Cara Enrica hai proprio ragione per scrivere bisogna vivere, sono due elementi strettamente connessi. Certo non è facile scrivere un romanzo trovando il tempo negli incastri della priopria vita. Tu fai bene a prenderti il tempo per uscire e vivere, anche se poi tenere aggiornato il blog tre volte alla settimana è comunque un grande impegno. Un abbraccio